Diamonds, they don't turn to dust or fade away

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    Serpeverde
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    [Colline intorno Hogsmeade - Fine Agosto, pomeriggio]



    Non sapeva nemmeno lui, di preciso, cosa l'avesse spinto a dirigersi verso Hogsmeade. O meglio, verso le verdi colline che circondavano il villaggio magico che, nel giro di qualche giorno, sarebbe tornato ad essere popolato principalmente nel weekend. La fresca brezza di fine estate scompigliava le ciocche di capelli castani che gli ricadevano sulla fronte, mentre lo sguardo color nocciola del Serpeverde avrebbe potuto facilmente perdersi nell'immensità del panorama che si espandeva davanti a lui, ché si era appostato sulla cima di una collina un po' distante dalle zone più frequentate da quelle parti. Invece le iridi scure del ragazzo guardavano in basso, più precisamente osservavano le sue stesse mani. La sinistra, posizionata sul manico legnoso dello strumento che teneva tra le braccia, le dita a premere sui tasti per tenere ferme le corde che avrebbero dovuto dare vita ad un accordo.
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    Le punte delle dita della mano destra sfioravano appena il nylon. Non si poteva dire che sapesse suonare la chitarra, Gideon. Non faceva parte degli strumenti che i Purosangue prediligevano, non era tra quelli che gli aveva imparato a suonare da piccolo. Eppure, in un momento indefinito della sua vita ne era rimasto affascinato e aveva deciso di imparare da solo. Non s'era mai preso davvero l'impegno, ed infatti la sua conoscenza di quello strumento in quel preciso istante si limitava a pochi e semplici accordi che non gli avrebbero consentito nemmeno di produrre una canzone complessa e articolata, giusto poche note che, magari, messe in fila avrebbero anche dato vita ad una semplice melodia ripetitiva.
    Il sole stava iniziando a calare in lontananza, ma Gideon non sembrava farvi troppo caso. Non aveva un reale scopo, non c'era un vero motivo per cui si trovasse lì e non altrove. Forse se a Bristol non fosse stata in corso una tempesta estiva avrebbe passato il suo pomeriggio sulla spiaggia del canale, che era il suo posto preferito al mondo. Ma aveva dovuto trovare un'alternativa, e quella gli era sembrata piuttosto valida.
    Tutto ciò che faceva, da ormai diverso tempo, non era altro che ripetere a bassa voce delle parole. Quasi un mantra, una preghiera. Senza nemmeno cantare davvero, quasi come una poesia accompagnata dalle note leggere prodotte dalle corde e le dita.

    «This morning I woke up still dreaming...»

    Erano le parole di una canzone che aveva sentito da qualche parte una sola volta, ma era rimasta impressa nella sua mente come stampata a fuoco. Non aveva idea di chi la cantasse, di quanto fosse vecchia, se fosse stata scritta da un mago o da un babbano. Non se n'era interessato, non aveva fatto altro che ricercarne il testo, così da poterlo fare suo.

    «...with memories playing through my head.»

    Non v'era particolare espressività nel suo volto, né nel tono della sua voce.

    «You'll never know how much I miss you.»

    Quasi a fatica uscivano quelle parole dalle sue labbra, l'aveva ripetute talmente tante volte quel pomeriggio che ne sembrava quasi stanco. Eppure non lo era affatto, anzi, tutto il contrario. Sembravano in qualche modo quasi poter guarire la sua anima. Ovviamente erano soltanto un momentaneo palliativo, che tuttavia gli dava quel minimo di conforto che gli permetteva di respirare. Gli sembrava di aver smesso di farlo da anni, paradossale visto che si trattava di una pratica necessaria alla sopravvivenza.

    «The day that they took you, I wish it was me instead.»

    A quel punto si fermò. Ciò che aveva detto non era soltanto una metafora, parole scritte da qualcun altro per essere ripetute senza capirle davvero. Era quello che pensava, quello che provava. Le iridi nocciola si soffermarono per qualche istante sull'inchiostro che marchiava la sua mano. Su quella rondine, per sempre incisa sulla sua pelle.
    Perso nel suo mondo, sarebbe potuto esplodere il mondo davanti ai suoi occhi e non se ne sarebbe nemmeno accorto.

    xxx

    Post evento: 2/10

    Celine Baxter <3
     
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    Un mese e mezzo prima il Felix-Gate svegliava il mondo, e nonostante ciò non era ancora riuscito a cambiare la sua vita in maniera sostanziale.
    Non poteva dire lo stesso del suo personale mamma-gate, che quel giorno compiva esattamente un mese: da allora la sua vita era un fuggire dal pensiero di lei, dagli occhi del padre e dagli sguardi della nonna. Le pagine del suo quadernino reclamavano sincerità a gran voce, eppure tutto ciò che lei era in grado di dare loro era sarcasmo e cinismo.
    Ma sapeva che prima o poi sarebbe esplosa, perché questo era ciò che le succedeva sempre: allontanare le emozioni negative non era che la miccia perfetta per la bomba che portava dentro al cuore.
    Passeggiava per le strade di Hogsmeade già da un'ora, Celine, approfittando di quegli ultimi giorni di libertà per godere dei paesaggi incontaminati del villaggio, del profumo dei fiori e del fruscio delle fronde estive.
    Sentiva l'erba piegarsi sotto al peso dei suoi passi e il cuore farsi più leggero ad ogni metro che percorreva sul terreno umido: forse non le serviva riempire le pagine del suo quaderno, dopotutto, per sentirsi meglio.

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    Si fermò tutto d'un tratto sulla cima di una collinetta, ammirando il paesaggio circostante, capace di mozzarle il respiro: gli occhi azzurri incontrarono montagne, il lago nero e Hogwarts, casa d'eterna bellezza. Sentì il petto gonfiarsi di qualcosa che non sapeva ascoltare, e che non avrebbe fatto parlare né su inchiostro né con la sua voce. Eppure, si manifestò comunque sul suo sguardo, lucido e ammutolito di fronte l'immensità del panorama che l'abbracciava e colmava il vuoto dentro le sue viscere.
    Sospirò, Celine, stringendo le nocche e trattenendo il respiro, per poi sussultare sul posto.
    Le bastò ascoltare con attenzione per sentire il suono di una chitarra e di una voce provenire da non troppo lontano da lì. Celine, al contempo grata e turbata per quell'interruzione, non poté che voltarsi in direzione della fonte di quei rumori, seguendo i suoni carponi per non disturbare e non farsi scorgere da chiunque gli stesse dando vita.
    Si nascose così dietro ad un cespuglio, ergendosi appena sopra le sue foglie per scorgere il volto di un suo compagno di Scuola, uno di quei Serpeverde con la puzza sotto il naso che ignoravano tutti e chiunque tranne i suoi amichetti del cuore. O almeno, questa era l'idea che Celine si era sempre fatta di lui.
    Eppure, alla luce del sole pomeridiano, con il rumore delle foglie e del vento a fare da sottofondo a quella chitarra, non poté che rimanere affascinata da ciò che vedeva e sentiva, convinta di star leggendo le pagine di un diario segreto fatto di voce e suoni anziché di inchiostro.
    Almeno fino a quando, nell'ergersi per osservare il ragazzo, non cadde lateralmente, graffiandosi il ginocchio su un ramo che spezzò col suo peso. Il suo quadernino, invece, era finito a pochi passi dalla sua postazione.

    «Merda.»

    L'unica cosa da fare a quel punto era sperare che il ragazzo non l'avesse sentita, per poi andarsene via da lì il prima possibile.

    Post Bonus: 5/10


    Edited by Celine Baxter - 22/8/2022, 12:51
     
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    Non c'era una singola volta in cui, pronunciando quelle parole, il suo stomaco non facesse almeno tre o quattro capriole, attorcigliandosi poi su sé stesso e lasciando un senso di vuoto incolmabile una volta apparentemente tornato al suo posto. Non era un testo chissà quanto poetico, strabiliante o dall'incredibile singolarità... e forse era proprio quello che le rendeva tanto efficaci e allo stesso tempo dolorose per Gideon. La loro semplicità si schiantava prepotente contro le ferite del Serpeverde che, nonostante fossero passati anni, erano ancora aperte e sanguinanti.
    E se fosse stato lui a morire al posto di suo padre, era sicuro che non avrebbe fatto stare male nessuno. Forse i suoi stessi genitori, ma tanto lo sapeva che lui non era mai stato davvero nei loro piani. Invece l'uomo, andandosene, aveva distrutto Gideon per sempre. Ma non era stata colpa di nessuno dei due, non era mai stata la loro volontà quella di separarsi.
    Era perso in quei pensieri da qualche secondo, quando sentì un insolito rumore provenire dalle sue spalle. Non fu tanto il tonfo della caduta di Celine a fargli voltare il capo, quanto quello del quaderno che atterrò poco distante da lui. Si girò, e solo in quel momento si rese di non essere più l'unica presenza umana sulla cima di quella collina,
    Inizialmente non disse nulla. Rivolse solo un cenno del capo alla ragazza, che riconobbe essere una sua compagna di classe. Aveva un aspetto troppa particolare per essere confusa o scambiata per qualcun altro, quindi non ne ricordava il nome ma ricordava il suo cognome e la divisa di Grifondoro che si abbinava nei colori ai suoi capelli.
    Tornò con le iridi nocciola sulle proprie mani, pronte a ricominciare a sfiorare le corde della chitarra. Sospirò per l'ennesima volta, riprendendo da dove aveva lasciato.

    «So I will keep you, day and night here until the day I die... »

    Riprese a mormorare canticchiando. La voce bassa, di chi sembrava star parlando più con sé stesso che con qualcun altro. Sembrava essersi già dimenticato della presenza di Celine. Non gli importava, non gli interessava di essere ascoltato. Tanto non sapeva niente di lui.

    «...I'll be leaving one life for the two of us. »

    Non sarebbe stato facile, vivere una vita per due. Stava già sprecando la sua e nemmeno lo sapeva. Come avrebbe fatto a portare sempre con sé ciò che suo padre gli aveva lasciato? Come poteva vivere anche la sua, di vita? Non ne aveva idea, eppure sentiva di volerlo fare. Glielo doveva.
    A quel punto alzò lo sguardo dalla chitarra, puntandolo sul vuoto di fronte a sé.

    «Se vuoi ascoltare puoi avvicinarti.»

    Era chiaro che si stesse rivolgendo a Celine, e non al cielo. Senza nemmeno sapere se la ragazza fosse ancora lì, ma l'avrebbe scoperto a breve. Non aveva idea del motivo per cui la Grifondoro fosse lì, ma immaginava l'avesse sentito suonare e cantare. E se era quello il motivo per cui aveva risalito la cima della collina, di certo non le avrebbe vietato di avvicinarsi a lui. Non mordeva e non mangiava umani, nonostante l'atteggiamento che teneva perennemente. Anzi, senza darlo troppo a vedere cercava sempre di trovare scuse per circondarsi di persone, ché la solitudine in cui era caduto lo stava consumando senza che nemmeno se ne rendesse conto.

    Post evento: 3/10
     
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    Celine alzò gli occhi al cielo quando sentì il ragazzo rivolgersi proprio a lei, maledicendosi di non essere un vermicolo in quell'istante per sparire dagli occhi dal mondo umano.
    Sospirando, allora, si costrinse ad alzarsi, più che altro per andare a riprendere il suo prezioso quadernino: non poteva permettere a nessuno di aprirlo, men che meno ad un Serpeverde che sicuramente si sarebbe presa gioco di lei e di ciò che scriveva fra quelle pagine, sebbene ci fossero per lo più imprecazioni e frasi contro il padre e la nonna.
    A quel punto, oramai in piedi di fronte il compagno, Celine si trovò combattuta fra la sua voglia di ascoltare una canzone nota, l'orgoglio di non dare al ragazzo le attenzioni richieste, e l'imbarazzo di restarsene lì imbalsamata come una carota che nasceva dal terreno.
    Sbuffando spazientita dalla sua stessa incapacità di vivere come un normale essere umano, Celine decise all'improvviso di sedersi, lasciando trasparire all'esterno che fosse annoiata e spazientita dalla proposta anziché semplicemente amareggiata dalla sua incapacità decisionale.
    Senza fissare il ragazzo, Celine tirò fuori dal suo quadernetto la penna che vi teneva nascosta, per poi prepararsi a scrivere qualche parola, limitandosi nel frattempo a mordicchiarla.
    Dei ciuffetti di erba gli apparivano ancora fra i capelli.

    «Continua pure.»

    Disse al compagno con tono sostenuto, senza ancora azzardarsi a guardarlo, come se avesse avuto bisogno del suo permesso: Celine era incapace di capire perché non fosse semplicemente andata via da lì anziché restare a crogiolarsi. Banalmente, Gideon non l'aveva attaccata o insultata, e in più la chitarra e la musica in generale, erano qualcosa che la lasciavano estremamente affascinata, tanto che anche lei, con scarsi risultati, provava di tanto in tanto a cimentarsi nell'uso di qualche strumento, principalmente la tastiera.
    Celine, inoltre, non poteva fare a meno di chiedersi come faceva un Purosangue a conoscere una canzone babbana, e a quel punto l'idea che il compagno non fosse di "sangue puro" iniziò a balenargli nella testa.
    Sospirando spazientita ancora una volta, Celine iniziò a scrivere di getto sulle sue pagine.

    CITAZIONE
    Diario della Positività: Agosto 2022
    Descrivi la situazione che ti preoccupa: un mese dal mamma-gate. Sulle colline di Hogsmeade ad ascoltare un Serpemerda suonare e cantare una canzone babbana. Sono incapace di muovermi, alzarmi o dire alcunché.
    Cosa provi fisicamente a riguardo?
    Cosa provi emotivamente a riguardo?
    Cosa hai pensato in quell'istante?
    Ci sono prove a favore di quello che pensi?
    Potresti pensare in modo diverso? Quali altre alternative esistono?

    Si interruppe dal continuare a scrivere per rivolgere finalmente la parola al ragazzo, sebbene senza ancora volerne sapere di guardarlo.

    «Prova con un altro accordo, quando canti l'ultima parte.
    Magari un Fa Diesis.»
     
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    L'idea di prendere il quadernino della ragazza e sbirciare ciò che c'era scritto al suo interno non era passata nemmeno per un istante nella testa di Gideon. Non era proprio il tipo di persona che viveva per rovinare la vita degli altri, farsi gli affari altrui quando aveva già tante cose per la testa che riguardavano solo e soltanto sé stesso.
    A dirla tutta, che Celine gli desse o meno delle attenzioni non gli importava nemmeno. La sua presenza lì era per il Serpeverde totalmente indifferente, avrebbe continuato a fare quello che stava facendo a prescindere da come avrebbe agito lei. Persino quando la vide prendere il suo quaderno e scrivervi qualcosa al suo interno decise di lasciar correre. Le lanciò una semplice occhiata curiosa, ma le sue dita non smettevano di muoversi delicate sulle corde della chitarra. Ogni tanto premevano il tasto sbagliato o sfioravano la corda nell'istante in cui non avrebbero dovuto, ma ciò non sembrava scuoterlo troppo. Imparare da soli non era semplice, lo sapeva bene anche lui che da sé stesso pretendeva sempre il massimo.
    E no, era perfettamente consapevole di non aver bisogno del consenso della Grifondoro per continuare a suonare, eppure eseguì il comando come se non potesse fare altrimenti. O come se non l'avesse proprio sentita, in alternativa. Non canticchiava più, perché decise di concentrarsi sulla base. Le parole le sapeva ed anche piuttosto bene, erano le note a restare ancora un enigma per lui.
    D'un tratto, come se Celine gli avesse letto nel pensiero, alzò lo sguardo color nocciola su di lei. Gli stava dando un suggerimento non richiesto - come lo erano la maggior parte dei suggerimenti che riceveva, quando li riceveva. Come avrebbe dovuto comportarsi? Nella maniera più semplice, l'ultima che forse ci si sarebbe aspettati da lui.

    «Fa Diesis?»

    Conosceva la parte teorica della musica perché l'aveva studiata, riconosceva anche il suono delle note e sapeva eseguirle, doveva soltanto trasportare tutto quello che aveva imparato con uno strumento su un altro.
    Decise allora di provare ad eseguire quanto gli era stato suggerito, ricominciando a canticchiare dall'ultima parte, quindi il ritornello.

    «So I will keep you, day and night, here untile the day I day, I'll be living one life for the two of us.»

    Proseguì canticchiando i versi successivi, fino a quando non arrivò a dover eseguire la nota suggerita dalla ragazza dai capelli rossi.

    «Tattooed on my heart are the words of your favourite song. I know you'll be looking down, I swear I'm gonna make you proud, I'll be living one life for the two of us.»

    Si rese conto da solo della differenza con i tentativi precedenti. Suonava tutto decisamente meglio, più armonico, più coerente. E lo si poteva intuire dal suo sguardo, che era grato nei confronti dell'altra e allo stesso tempo incuriosito.
    Fece qualche secondo di pausa prima di prendere i nuovo la parola, allontanando le dita sia della mano destra che della sinistra dalla chitarra, ma allo stesso tempo tenendola ancora in posizione per essere suonata.

    «Sai suonare?»
     
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    Celine si trovava su quel pezzo di montagna ormai da un po' di tempo, benché non ne avesse preso le misure. Anzi, proprio il tempo stava letteralmente scorrendo via come le nuvole nel cielo sopra le loro teste e lei sembrava non accorgersene neanche.
    Dopo aver recuperato il suo quadernino, tornò a sedersi sull'erba di fronte al ragazzo, senza più cercare la protezione del cespuglio.

    Non proprio.
    Ma mi piace ascoltarla.


    La sua esperienza musicale si limitava a una tastiera strimpellata ogni tanto durante i mesi estivi e al pianoforte di Hogwarts durante il periodo scolastico.
    Conosceva però gli accordi, il modo in cui funzionavano fra di loro e, per fortuna, il suo orecchio sembrò suggerirle bene anche in quel caso.
    Sentendosi particolarmente a suo agio col cielo limpido di fine estate a dare luce al suo sguardo e la musica a solleticarle l'udito, Celine riaprì le pagine del suo quaderno rosso rileggendo le parole che aveva scritto poco prima.
    Ne cancellò alcune, allora e, sentendosi ispirata dalla natura e dall'improvvisa pace in cui riversò il suo animo, riprese a scrivere.
    Il ragazzo non faceva più così paura.

    CITAZIONE
    Descrivi la situazione che ti preoccupa: un mese dal mamma-gate. Sulle colline di Hogsmeade ad ascoltare un compagno di scuola suonare e cantare.
    Sento una strana pace invadermi e la malinconia che si fa un po' più distante.
    Eppure, mamma, ovunque tu sia, continuo ad odiarti perché hai permesso che questo accadesse.
    Non avrei mai voluto che “Mamma-gate” entrasse nel mio vocabolario.

    Scrisse quelle parole di getto, Celine, sentendo la rabbia improvvisa mescolarsi alla calma in un tutt'uno sfumato e contorto.
    Portò un dito all'occhio per asciugare la lacrima che ne venne fuori un istante dopo e, lanciando un'occhiata al ragazzo, lo invitò a non smettere di suonare.

    Continua.

    Ma aggiunse poi un'ulteriore richiesta con un tono di voce più simile ad una supplica.

    Per favore.

    Tornò a guardare il suo diario. Non sapeva cosa rispondere alle domande successive o, banalmente, non voleva.
    Soltanto l'ultima attirò la sua attenzione al punto da spingerla a scrivere, lasciando che fosse il suo animo a parlare, quello vero, che non macchiato da cinismo, sarcasmo o rabbia inespressa.

    CITAZIONE
    Potresti pensare in modo diverso? Quali altre alternative esistono?

    Al momento, rimanere qui ad ascoltare la musica.

    Andava bene anche così, dopotutto.
     
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