effort over words

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    [ 4 gennaio, 16:30 ]


    Che la presenza di una toga dai colori scarlatti potesse destare sospetti (visto e considerando che a quell'ora e in quel posto si sarebbero tenuti gli allenamenti di Quidditch dei Tassorosso, e soprattutto data la neve bianca e candida che altro non faceva che rendere il rosso dei suoi capelli ancor più acceso), Venetia l'aveva perfettamente messo in conto. Sapeva e sperava che avrebbe attirato qualche attenzione con quella mossa, tuttavia era proprio ciò di cui aveva bisogno in quel momento: attenzioni. Se ne nutriva in maniera quasi viscerale, tuttavia cercando di restare in qualche modo nascosta. Attirare occhiate e farsi notare in modo troppo plateale era da scemi, esibizionisti, banali. Lei aveva bisogno di far credere agli altri che, quella di guardarla, fosse una loro decisione. In più, quando voleva, sapeva essere davvero ossessiva. E la sua ossessione del momento aveva un nome ed un cognome:Petyr Kirkoven. Un ragazzo dal sorriso grande quasi quanto la larghezza delle sue spalle - almeno così l'aveva idealizzato Venetia, che ora percorreva a ritroso il sentiero appena fuori dallo stadio di Quidditch. Aveva osservato, in completo silenzio, tutto l'allenamento dei Tassorosso. Adorava il Quidditch. La partita dei Cannoni di Chudley si sarebbe tenuta solo la settimana seguente, e non aveva resistito ad andare a guardare un'amichevole tra concasati. Sarebbe stata questa la versione dei fatti che avrebbe raccontato a chi avesse fatto domande sulla sua presenza? Non era del tutto una bugia, dopotutto. Seguire il Quidditch era l'unica cosa che la faceva sentire più vicina a sua madre. Ma questo non l'avrebbe incluso nella storia. Il cielo sopra di lei era tinto di sfumature rosse e oro, colori che richiamavano la sua casa ed i suoi capelli, legati da un fiocco nero che ne avrebbe limitato i movimenti, ma che non riusciva comunque ad impedir loro di cadere ribelli sulle sue spalle dopo ogni movimento. Fermò la sua camminata solo per stringere ancora un po' il fiocco sulla testa, guardando intanto il cielo sopra ad Hogwarts. Si era fatta notare dalla squadra di Tassorosso, dentro di sé ne era certa, e questo poteva farla sentire abbastanza soddisfatta da andare a cena. Chissà se c'era il pasticcio di carne. Mentre riprese la camminata, sperò di no.

    Edited by Venetia E. Prewett - 10/1/2024, 03:36
     
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    Non c'era stato molto a fargli pensare ad altro, la scopa che lo accompagnava assecondando le sue curiose manovre a mezz'aria, la mazza da battitore che colpiva più volte il Bolide e l'aria stessa, in quello che era stato stabilito come un allenamento di routine per la Squadra Tassofrasso. Il tempo avanzava, gli allenamenti si accavallavano, gli studenti chiacchieravano sempre di più di quello che sarebbe arrivato col senno di poi, oltre al Lumaclub. Le partite di Quidditch erano in grado di conquistare l'attenzione di moltissimi studenti, spesso sulle loro bocche per discutere di come sarebbe andata a finire, quali mosse o strategie sarebbero state attuate per garantire la vittoria alla propria squadra, senza tralasciare però un punto di sospensione che era il Boccino d'Oro. Era imprevedibile, era una continua sorpresa, quasi ricoprisse un ruolo jolly per scombinare quello che aveva un insieme di regole precise e andava incontro - più o meno - a determinate caratteristiche, fisiche o psicologiche. C'era chi era veloce, c'era chi era furbo, c'era chi era atletico, e così tanto altro. Petyr trovava il tutto sempre elettrizzante, senza dimenticare l'atmosfera gioviale e festosa che le partite trascinavano spesso e volentieri con sé.

    Aveva perso il conto delle varie mazzate che aveva dato ai Bolidi ma quando arrivò il fischio da parte del capitano, ad indicare la conclusione dell'allenamento, il giovane Kirkoven si poteva considerare abbastanza soddisfatto, certo che la prossima volta avrebbe fatto meglio e così quella dopo, ancora e ancora, finché il tutto non fosse andato a favore della sua squadra. Stava scendendo con la scopa fino a toccare con i piedi il manto di neve bianca, quando gli era venuto l'impulso di guardarsi attorno. Quando partiva sulla sua scopa, tendeva a pensare molto alla partita in sé, perciò ora si chiedeva chi fosse venuto fin lì ad osservare i Tassi all'opera, alla barba delle condizioni climatiche. A parte alcuni concasati, di certo, non gli era sfuggita la curiosa presenza di una toga dai colori di Grifondoro. E come dimenticare quel fuoco acceso che teneva in testa e non sfigurava nemmeno in mezzo a tutto quel bianco?

    Si congedò dai compagni di squadra, fece una rapida corsa verso gli spogliatoi personali dei Tassofrassi, almeno per quanto la neve glielo consentisse, si diede una ripulita e cercò di mettersi velocemente i vestiti. Il risultato era che non aveva nemmeno annodato la cravatta color nero e giallo insieme e la camicia spuntava sotto il maglione anziché dentro i pantaloni, tentando di nascondere il tutto con la toga e la sciarpa sempre nero-gialla. Seguì il sentiero che portava al Castello, vedendo le orme a terra, mentre si lasciava dietro alle spalle il Campo di Quidditch.

    « Ehi, rosso fuoco! »

    Esordì ad alta voce, un po' col fiato in gola, le guance visibilmente arrossate che evidenziavano ancora di più le lentiggini, come un insolito peperone che stonava con enormi distese di manto bianco intorno a loro.

    « Stavi guardando per piacere o per prendere appunti? »
     
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    Stava già fantasticando su cosa avrebbero servito per cena di lì poco, quando la sua camminata si fermò. Avrebbe aspettato un po’ prima di voltarsi verso la voce che si era insinuata prepotentemente tra i suoi pensieri: non poteva essere. Rosso fuoco. Si riferiva a lei. Doveva riferirsi a lei!
    Sul suo viso apparve un sorriso soddisfatto, che tuttavia avrebbe mascherato una volta voltata in direzione di Petyr, a cui avrebbe rivolto un’occhiata ingenua. Niente di tutto quello che stava accadendo era casuale, e non perché Venetia frequentasse le lezioni di Divinazione, durante le quali aveva imparato che i fili di cui è composta la fitta rete del Destino sono già legati inesorabilmente tra di loro, ma poiché perfettamente conscia della mossa appena giocata.
    Venetia osservò Petyr con occhi scintillanti di curiosità e un sorriso che aveva tutta l’aria di essere cordiale. La sua risposta fu accompagnata da una leggera risata, un suono che danzava nell’aria gelida e si mescolava al fruscio delle ali di qualche creatura magica nei paraggi.

    « Solo un po’ di osservazione strategica. » disse con un tono giocoso, buttandola sul suo interesse per il Quidditch. Lo guardò con sguardo innocente, come se il Quidditch fosse solo una scusa per trovarsi lì, sul sentiero ghiacciato. « I Cannoni di Chudley non giocheranno prima della prossima settimana, devo passare il tempo in qualche modo. »

    La ragazza si avvicinò a passo leggero, la curva delle sue labbra che svelava un flebile sorriso. Sembrava disordinato, con la cravatta slegata e la camicia fuori dai pantaloni, ma così carino.

    « Rosso fuoco, huh? » scherzò, sforzandosi di apparire quanto più normale possibile, col mantello pesante che si frapponeva tra lei e la temperatura gelida dell’inverno. Che razza di soprannome era? Ci avrebbe lavorato al momento opportuno, pensò Venetia, che al momento si limitò ad alzare un sopracciglio come se fosse poco convinta, ma ridacchiando per non farglielo pesare. Teneva le braccia ben conserte sul petto e l’espressione genuina fissa su di lui. Non avrebbe fatto il primo passo per presentarsi, ma il desiderio che fosse lui a farlo era estremamente ardente.
     
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    Prima si riprendeva da quella camminata decisamente faticosa e frettolosa allo stesso tempo, prima poteva darsi un po' di contegno, ché sentiva le guance abbastanza calde e si chiedeva se non fosse lui ad essere rosso fuoco piuttosto che la Grifondoro a cui... aveva importunato? Sperava di no, almeno era di questo pensiero perché se aveva osservato bene l'allenamento della squadra Tassofrasso, doveva aver avuto parecchio tempo libero da investire in ciò che più le aggradava. Questo compreso osservare e girovagare dove più preferisse naturalmente. Una volta realizzato sul momento che non fosse propriamente in condizioni quantomeno presentabili, e si chiedeva a quel punto che figuraccia enorme avrebbe fatto a farsi vedere così come Auror, forse la strigliata all'orecchio sarebbe stata dietro l'angolo, cercò di aggiustare velocemente la cravatta annodandola nel modo che aveva appreso da suo padre, per poi tirare meglio i lembi della toga e coprirsi più possibile, in questo modo ci si poteva fare meno caso alla camicia che spuntava da sotto il maglione.

    « Oh! »

    Si sprimacciò un poco le guance, non aspettandosi più che altro di ritrovarsi davanti un'effettiva appassionata di Quidditch. I Cannoni di Chudley erano piuttosto famosi ma per il giovane Kirkoven, di certo, non quanto i Montrose Magpies.

    « Anche io sto aspettando... be', più per i Montrose Magpies, che giocheranno quella settimana dopo! »

    Parlare delle sue passioni, soprattutto i Montrose Magpies, lo metteva sempre di buon umore che si trovò a ricambiare il sorriso con uno più amichevole e vispo insieme, sollecitando una piccola parte del suo cervello a mettere in secondo piano - se non almeno settimo piano - la figuraccia che pensava di aver fatto, certo di poter rimediare a suo modo... in qualche modo.

    « Ma per una volta, devo dirlo, mi preme più la prossima partita che si terrà qui: Tassofrasso e Serpeverde. »

    Avanzò di qualche passo verso Venetia, le guance lentigginose che man mano riprendevano il loro colorito naturale, mentre traeva un profondo respiro, sentendo il freddo pungere le narici e poi insinuarsi come una secchiata d'acqua fredda. Non tanto male, a pensarci bene, dopotutto a vivere in Inghilterra ci si poteva solo abituare al suo clima che non faceva alcun sconto di pietà a nessuno.

    « Devi aver osservato abbastanza, qualche accorgimento da tenere in mente? E perché no... qualche tattica? Di certo, ai Grifondoro, farà piacere vedere Serpeverde perdere! »

    Propose tutto d'un fiato, e quando l'altra gli fece subito presente del nomignolo quasi scherzosamente, fu come venir costretti a tornare alla realtà. Sbatté due o tre volte le palpebre, e se non ci fosse stato il freddo, molto probabilmente l'avrebbe fatto di più. Schiacciò le labbra l'una sull'altra per qualche istante, in una smorfia di chi stava cercando di capire come porre rimedio a quell'altra figuraccia, poi le lasciò andare decidendo di sventolare la bandiera bianca.

    « Qualcosa mi dice che dovrei ricordarmi del tuo nome, e vorrei tanto saperlo per non fare l'ennesima figuraccia, è qualcosa... come Velia? »
     
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    Si era soffermata ad osservare la camminata del Tassofrasso in sua direzione drizzando la schiena ed allineando le spalle, assumendo così la posa di chi è in semplice attesa. Lo accolse senza problemi nei suoi paraggi, sistemandosi intanto i capelli mossi con la mano infilata nel guanto di pelle di Girilacco, un ottimo rimedio alle giornate di freddo pungente tipiche della Scozia.
    Nonostante il clima, il viso di Venetia sarebbe riuscito a risultare comunque candido e pulito, se solo non fosse stato per il suo naso: al minimo calo di temperatura, il naso dei Prewett diventava rosso e gelido, conferendo così alla sua faccia le sembianze di quella di un qualche cartone animato. Anche le sue lentiggini sentivano il peso dell’inverno. Erano drasticamente diminuite dalla fine dell’estate e, a causa della poca luce, sembravano come sbiadite e visibili solo a distanza ravvicinata — un po’ come quella tra lei e Petyr in quel momento.

    « I Montrose Magpies? »

    Domandò lasciandosi andare ad una risatina ironica. Per com’era fatta, era normale per lei un po’ di sana competizione sportiva. Scosse la testa per esternare che non approvasse del tutto: per lei esistevano solo i Cannoni di Chudley, dopotutto.

    « Allora attendo con ansia la partita del prossimo mese, quando si sfideranno coi CdC. Puoi sempre consolarti battendo i Serpeverde! Tifo per voi, per quello che vale, ma solo perché sarebbe divertente vedervi sfidare i Grifondoro prima della fine dell’anno. »

    Ridacchiò a sua volta, non del tutto conscia dello stato di disagio dell’altro. Lei, al contrario, si stava rivolgendo a lui con una certa naturalezza. Nelle sue parole non c’era della vera superbia, né egocentrismo: parlava con leggerezza, come se fosse facile scherzare con uno sconosciuto. Ma questo, forse, solo perché aveva avuto modo di osservarlo a lungo.

    « Si pronuncia Venetia. »


    Un ultimo sorriso anticipò quella piccola correzione, seguita poi dal gesto della mano che, ancora nel guanto, si avvicinava al ragazzo cosicché la stringesse. Dentro di sé sperò che avesse le sue stesse intenzioni: dopotutto quale ragazzo approccerebbe con una ragazza per altri motivi? In attesa che anche lui ricambiasse la presentazione, sebbene sapesse già il nome del giovane Kirkoven, spostò lo sguardo sul Castello che si stagliava imponente ed in lontananza alle loro spalle, aspettandosi che Petyr le proponesse di accompagnarla lungo il sentiero. Ma non lo disse. Piuttosto, batté dolcemente le ciglia e lo guardò con un tenero ed innocente sorriso.
     
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    « I migliori dell'Inghilterra... indubbiamente. »

    Ruggì giusto un poco energico, lasciando che l'ardore che provava e tifava per quella squadra riempisse i suoi polmoni, quasi riscaldandoli e impedendo all'inverno di raggelarlo altrimenti. Si sfregò intanto le mani perché si era decisamente dimenticato di portare anche i guanti, forse lasciati da qualche parte negli Spogliatoi della squadra, al contrario di Venetia. E tornare indietro a prenderli, lasciando così la Grifondoro o chissà cos'altro, non sembrava un'opzione contemplabile, sia perché era abbastanza provato e tutto ciò che voleva adesso era un copioso succo di zucca per riprendere le forze... o tutt'al più fare qualche strappo alle regole e concedersi una meritatissima cioccolata calda, sia perché poteva tranquillamente riprenderli in un altro momento successivo. Nel dormitorio doveva avere un altro paio di guanti.

    « Facciamo così: se i tuoi Cannoni di Chudley stracciano i miei Montrose Magpies, mi farò da parte e accetterò pure il secondo posto. Mi metterò un loro maglione. »

    Rimuginò a tratti tentennante, mentre cercava di riprendere la camminata e invitava la Grifondoro a fare altrettanto, ché di restare immobili e inermi lì con le temperature basse non era di certo un'ottima idea. Non badò nemmeno alle orme che si lasciava dietro, l'attenzione fissa su Venetia e sulla loro strada davanti, un po' per prestarle ascolto, un po' per fare attenzione a non inciampare in chissà cosa.

    « Altrimenti, se fossero i Montrose Magpies a stracciare i Cannoni di Chudley, non dovrebbe essere un problema se ti offrissi una o due Burrobirra a Hogsmeade, giusto? »

    Propose lì per lì, le labbra che si distendevano in un sorriso affabile mentre le guance riprendevano il loro lieve rossore, una chiara ammissione del fatto che ormai il giovane Kirkoven sembrava aver messo da parte qualsiasi menzione d'onore potessero avere le partite di Quidditch a Hogwarts, concentrandosi perlopiù su quelle fatte da effettivi professionisti. La posta si era fatta decisamente alta, non poteva tirarsi indietro a quel punto.

    « Oh... Venetia... Venetia. »

    Cercò di rimodulare meglio, un po' per fare una migliore impressione, un po' per non fare un'altra brutta figuraccia.
     
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    Poteva dissentire fortemente sul fatto che i Montrose Magpies fossero “i migliori d’Inghilterra”, e lo avrebbe sicuramente fatto con uno dei suoi infiniti monologhi sui Cannoni di Chudley, la loro tecnica, il loro duro lavoro e la loro storia (menzione d’onore alle ingiustizie subite durante il campionato dell’89, quando un Bolide aveva colpito uno dei loro Cacciatori così forte che non era più stato lo stesso — così si diceva a Chudley per trovare una spiegazione a quella sconfitta, almeno)
    Ma voleva davvero che fosse quella la sua prima impressione sul Kirkoven? Certo che no e, nonostante si stesse comportando con estrema naturalezza, Venetia non poteva venir meno agli insegnamenti di buone maniere e simili che avevano ossessionato la sua famiglia così tanto da instillarli, almeno in parte, nell’inconscio puerile della ragazza. La prima impressione non è importante: è tutto.

    « Sembra una proposta allettante! »

    Confessò la giovane dei Prewett con un sorriso sincero; l’immagine di Petyr con addosso la felpa della sua squadra di Quidditch del cuore non solo era divertente, ma anche, e soprattutto, un bel vedere.
    Certo è che la proposta che venne successivamente catturò ancor di più la sua attenzione, e mentre accettava di buon grado di seguirlo lungo il sentiero innevato lasciando alle loro spalle solo le impronte degli stivali, non poté che ringraziare la genetica dei Prewett che le aveva reso il viso già arrossato per il freddo, impedendole di dover giustificare quello che altro non era che un rossore da eccitazione, imbarazzo, felicità. Non si sentiva così spesso, non nei tempi recenti almeno, da quando la sua adorata mamma era venuta a mancare prima della fine dell’estate. Da quel momento la donna era sempre stata nei pensieri di Venetia, e ci mise poco a ricomporsi e a rispondere con educazione, proprio in virtù di come l’aveva cresciuta.

    « Mi piacerebbe, sai, ma dovrei sapere il nome del ragazzo con cui dovrei uscire. Non credi? »

    Domandò con finta riluttanza, ché se c’era una cosa che aveva capito era che tenere i ragazzi un po’ sulle spine doveva essere una mossa vincente, e virare l’attenzione del discorso lontana dalla proposta appena ricevuta le avrebbe consentito di evitare di dover ammettere ad alta voce che alla luce di ciò, in qualsiasi modo sarebbe finito il match tra i Montrose Magpies e i Cannoni di Chudley, sarebbe stata una vittoria.

    Edited by Venetia E. Prewett - 10/1/2024, 03:02
     
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    « Lo so, vero? »

    Si trovò a replicare immediatamente, con un fare decisamente sornione, e pensare che di proposte allettanti ne aveva altre, ma non era il caso di mettersi a sbandierarle tutte quante. Riteneva più o meno di aver fatto una buona impressione parlandole di Quidditch, delle squadre ufficiali che molto spesso si sfidavano per il Campionato nazionale, senza farsi mancare nell'aggiungere una certa tifoseria che rendeva più interessante il tutto. D'altro canto, tuttavia, il pensiero di aver fatto una buona impressione scemò subito nell'istante in cui Venetia gli fece notare giustamente che non si era presentato... almeno non nella maniera ufficiale, civile e consona che la società imponeva o meglio dire, suggeriva caldamente. Si mordicchiò non tanto velatamente l'interno della guancia mentre acquisiva quella realizzazione e ci faceva addirittura i conti da saldare, tanto chiaro era il fatto che il freddo pungente del clima scozzese gli avesse congelato le sinapsi, di conseguenza facendogli dimenticare le buone maniere.

    « E pensare che di solito mi viene da dirlo subito, quasi come sfoggiare le figurine dopo una piacevole abbuffata di Cioccorane. »

    Tentò prima di scusarsi e poi di strofinarsi le dita, rendendosi conto col senno di poi che una stretta del genere non sarebbe stata proprio il massimo, con le sue mani tanto infreddolite al contrario di quelle tenute al calduccio della Grifondoro.

    « Mi viene anche da pensare che una stretta di mano non sia il massimo. »

    Cercò di divincolarsi da quella situazione che sembrava fatta per metterlo in difficoltà, tanto da portarlo nuovamente ad accorgersi che non aveva ancora proferito alcun nome... nemmeno il suo, per giunta. Sfoggiò un sorriso impacciato e affabile insieme, mentre nella testa si imponeva un certo contegno finalizzato a riscaldare quelle maledette sinapsi e spingerle a rimettersi in funzione.

    « Sono Petyr, comunque, e apprezzo tanto il tuo tifo! Sarebbe proprio il massimo arrivare alla finale, ci metteremo il nostro possibile. »

    Che era più o meno un ci metterò il mio possibile abbastanza mascherato da una collaborazione con i suoi concasati.
     
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    Venetia continuò a camminare lungo il bianco sentiero con movimenti eleganti e pacati, ché se non ci fosse stata l’espressione entusiasta e divertita presente sul suo viso sarebbe sicuramente passata per una snob altezzosa. Era la stessa espressione che avrebbe fatto intendere all’altro di non preoccuparsi, dopotutto, dopo averlo punzecchiato appena, non voleva mica metterlo alla gogna o farlo sentire a disagio sul serio.

    « Si fa ancora la collezione delle figurine? Cielo, non sono mai riuscita a trovare la Granger. »

    Se lo lasciò scappare come se avesse appena dato voce ad un pensiero rivolto a sé stessa o ad una memoria sopita e riaffiorata solo in quel momento. Aveva anche spostato lo sguardo altrove, probabilmente con la mente rivolta verso ricordi lontani, ma non passò molto prima che tornasse a guardare le mani infreddolite di Petyr. Niente di troppo invidiabile, in effetti, ed era il loro rossore a confermare l’ottimo acquisto che aveva fatto con quei guanti di pelle di Girilacco.
    Certo che era tutto strano, quello lì. Non aveva mai conosciuto qualcuno che si scordasse del proprio nome, né che non pensasse ad indossare dei guanti quando fuori c’erano almeno tre dita di neve. E lui aveva appena fatto entrambe le cose contemporaneamente? Se era vero quello che diceva sua nonna, cioè che la prima impressione era tutto… Petyr doveva essere un tipo assolutamente divertente e fuori dagli schemi.

    « Certo che puoi contarci! Siete in buone mani: fare il tifo è la mia arte. Non prometto nulla sulla finale, però… Conflitto di interessi, sai. »

    E proprio quando stavano per arrivare alla fine del sentiero tornò a scherzare, senza poter però ignorare ancora a lungo le stranezze del Tassofrasso — o meglio, quelle che parevano in tutto e per tutto essere stranezze per una ragazza di buona famiglia com’era lei.

    « Hai mai pensato ad indossare dei guanti? »

    Domandò con sincera ingenuità, risultando forse perfino un po’ sciocca. Ma per quale altro motivo, altrimenti, le sue mani erano nude?
     
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    Annuì più volte e volte, rendendosi conto che intanto si fossero già lasciati alle spalle il Campo di Quidditch perché il sentiero li conduceva sempre di più sulla via di ritorno al Castello, che si ergeva maestosa in tutta la sua bellezza, anche ricoperto da tutta quella neve. Lui lo faceva ancora la collezione di figurine, a dire il vero non aveva mai smesso e non trovava alcun motivo per cui dovesse smettere, se quello era un piacevole passatempo e non faceva alcun male a nessuno, avrebbe continuato finché non si fosse proprio stufato o si potesse considerare soddisfatto di aver completato la serie di figurine. Cosa non tanto semplice, a onor del vero, perché stimati maghi e streghe continuavano a spuntare fuori e periodicamente venivano apportate le aggiunte, rendendo il tutto un passatempo delizioso e fruttuoso per ambo le parti. Alla menzione della figurina di Granger, non poté non pensarci tanto da mettersi a calcolare mentalmente le sue figurine e provare a capire se avesse già un doppione da regalare a Venetia. O la scambiava con un altro o la dava via in cambio di compensi, tanto conveniva darla a chi la cercava ancora.

    « Dovrei averlo io, qualche doppione, se non sbaglio. Poi ti faccio sapere, devo vedere meglio nel dormitorio. »

    Si trovò a dire, la voce un po' colorata dall'entusiasmo che derivava dalla possibilità di approfondire la conoscenza con Venetia in un'altra situazione e, perché no, continuare a parlare di Quidditch, argomento che sembrava toccarli molto.

    « Lo comprendo bene, quel conflitto di interessi, ma sai cosa diceva Tosca? Be', almeno è quel che dicono gli Elfi a noi... »

    Si ritrovò a ridere spontaneamente e quasi tutto l'imbarazzo-figuracce-freddo sembrò diventare un lontano ricordo, tanto da sbilanciarsi anche su quel che veniva un po' detto in Sala Comune. Nascose le mani sotto il mantello dopo averlo avviluppato meglio su di sé, non era decisamente male come compromesso e più camminavano, meno mancava al caldo che lo avrebbe subito investito, che non era altro che una curiosa magia degli interni del Castello.

    « Che si può essere da una parte e dall'altra parte insieme, senza dimenticare le proprie convinzioni e non fare alcun male agli altri. »

    Confessò qualche minuto dopo, quasi avesse voluto tenere alzata la curiosità di Venetia per puro divertimento, col senno di poi aveva difatti aggiunto una sua piccola postilla che doveva dare un senso a quella massima degli Elfi.

    « Il che è un po' facile per loro, non trovi? »

    Sollevò le sopracciglia all'udire la domanda in una smorfia di sincera sorpresa e realizzazione insieme, il lieve rossore che riprendeva a lasciarlo per evidenziare le lentiggini, sintomo di come stesse cercando di non provare imbarazzo e darsi intanto un po' di contegno, non perché provava un assoluto rispetto per le regole del buon comportamento o chicchessia, ma perché non poteva essere sempre e comunque imbarazzato agli occhi di Venetia.

    « A dirla tutta, sì. Solo che li avevo dimenticati negli Spogliatoi e mi sembrava già brutto lasciarti o, ancora peggio, chiederti di tornare lì. Va bene però, ne ho un altro paio al Castello. »

    Edited by Petyr H. Kirkoven - 10/1/2024, 04:44
     
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    L’idea di ricominciare con le figurine delle Cioccorane balenò nella mente di Venetia e sembrò perfino stuzzicare un po’ della sua curiosità. Non ci metteva mano da tanti anni, e non perché lo ritenesse un hobby da bambini o cose del genere. Semplicemente, crescendo, ne aveva perso interesse senza motivo, e se ne stava accorgendo davvero solo in quel momento di aver accantonato le sue Streghe e Maghi Famosi da qualche parte nella sua camera da letto a Chudley.

    « Mi piacerebbe ricominciare a scambiare figurine! Anche se ormai credo di essere troppo indietro per avere qualche doppione rilevante. »

    Si trovò a dire, il fare divertito di chi è abituato a prendere la vita con una certa leggerezza. E questo era Venetia, che nonostante la provenienza di nobile stirpe non badava più del necessario a norme sociali e snobismo. Quando lo faceva, di solito, era perché era semplicemente stata abituata a farlo e credeva che fosse “normale” avere un po’ la puzza sotto al naso, in certi casi.

    « Be’, se lo dicono gli Elfi. Anche il mio Elfo mi racconta cose simili. “La competizione porta alla sconfitta”, dice sempre. Però poi quando giocano i Cannoni diventa un Dugbog! »

    Ridacchiò con naturalezza, ché comunque di quell’insegnamento ne aveva fatto tesoro tanto da imparare come e quando fare il tifo, sia per gli altri che per sé stessa, motivo per il quale si trovò assolutamente d’accordo la frase elargita a Petyr da parte degli Elfi.
    Un timido sorriso avrebbe risposto per lei alla fine di quel lungo sentiero, ora che erano arrivati ad Hogwarts e dei guanti, così come del cappotto e delle sciarpe, non ci sarebbe più stato bisogno. Non poté che apprezzare la sincerità dell’altro nell’ammettere che l’aveva seguita di proposito, il che non solo le avrebbe dato anche qualche punto di vantaggio sulla conoscenza, ma le faceva anche incredibilmente piacere.

    « Siamo arrivati. »


    Annunciò, infine, con un certo imbarazzo. Si sarebbero salutati — certo, sempre se Petyr si fosse ricordato di farlo; ormai si aspettava di tutto— e poi? Di certo avevano un conto in sospeso, ma mancava ancora un mese al match tra i Montrose Mugpies e i Cannoni di Chudley. Intanto che la sua mente stilava nuovi piani che le avrebbero consentito di incontrare Petyr “per caso”, lo guardò in attesa che fosse lui a fare, ancora una volta, il primo passo verso di lei.
     
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    « Non si è mai troppo indietro, non con il fiorente commercio di figurine al Castello. »

    Rassicurò l'altra con fare affabile, le figurine circolavano numerose per quanto erano famose e apprezzate dagli studenti. Di certo, salvo qualche figurina rarissima, si potevano trovare numerosi doppioni da reclamare e rimettersi in pari. Non era solo mero collezionismo per Petyr, si trattava perlopiù di scambiare gli uni con gli altri l'entusiasmo che ne derivava, le aspettative consolidate o tradite nel vedere un certo nome svettare su carta patinata e incantata. E come dimenticare la compagnia che si ricavava, discutendone e stando tutti insieme? Tutto ciò che faceva piacere a uno come il giovane Kirkoven e non si sarebbe mai distaccato da simili opportunità, socievole ed estroverso com'era.

    « Come, Dugbog? Diventa proprio brutto-brutto... »

    Ridacchiò divertito e incuriosito al contempo, non potendo fare a meno di immaginare un Elfo con le fattezze trasfigurate in quelle di un Dugbog, uno spettacolo che aveva dell'assurdo e dava per certo che non sarebbe stato facile da dimenticare, nemmeno con tutte le migliori Pozioni Obliviose al mondo. Il tempo doveva essere andato avanti velocemente da rendersene conto, per Petyr, solo quando glielo aveva fatto notare Venetia. Un po' ci faceva caso via via che si avvicinavano sempre di più ai dintorni del Castello e la magia li investiva tenendoli al calduccio. Si sbottonò un poco la toga per non restare troppo coperto e intanto si rivolse alla Grifondoro.

    « Be', sì. Eccoci qui, è stata una chiacchierata piacevole, non capita tutti i giorni di parlare di squadre professionistiche. »

    Disse in un primo momento e nel guardarla lì, in attesa, si disse cos'era giusto che facesse per congedarla. Un po' pensò a qualche idea e subito si disse che non fosse propriamente ideale, l'aveva conosciuta soltanto da poco, quasi meno di un'ora se non aveva sbagliato i conti, perciò si limitò al saluto che più gli riusciva bene, un abbraccio vigoroso e amichevole, ben sentito, come se le parole per ringraziarla non fossero mai abbastanza e bisognasse esprimerla più con il corpo. Questo non era una novità per il giovane Kirkoven, che per quanto fosse bravo con le parole, di solito almeno e quando non farfugliava in preda all'imbarazzo, aveva sempre apprezzato più i gesti.

    « Ci vediamo presto, Venetia! Questo è poco ma sicuro. »

    [Role chiusa]

     
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