Timeless

Sala Comune di Grifondoro - Dormitorio dei ragazzi

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    [ 21 Marzo, 07:54 ]

    Erano state giornate difficili, strane e lunghe quelle appena trascorse. Il mondo sembrava essersi fermato e la vita era rimasta in sospeso di conseguenza, ma anche in una circostanza simile nessuno si era potuto permettere il lusso di restare indietro o di rimanere spettatore. Le lezioni avevano ripreso subito il loro regolare corso, così come le amicizie, lo studio, i pranzi e le cene, gli allenamenti di Quidditch e quant'altro. Era solo tutto ricoperto da una strana patina opaca difficile da attraversare e da comprendere, come se vi fosse un prima e un dopo degli eventi del dieci di marzo. Per Venetia era così; non era stata colpita in prima persona dalle aggressioni, tuttavia si era sentita scossa per la prima vera volta dal giorno in cui era ufficialmente iniziato il Felix-Gate, forse perché prima di allora non era mai stato colpito nessuno che fosse vicino a lei. Solo adesso capiva quanto fosse stupido, superficiale e privilegiato l'atteggiamento che aveva sempre adottato a riguardo. Se ne pentiva, certo, che ci fosse stato bisogno di sentirsi dire dalla professoressa Garfield che uno dei suoi migliori amici era stato aggredito e che si trovava in un letto d'ospedale per farla svegliare dal mondo delle favole in cui era sempre stata abituata a vivere. Da quel giorno aveva pensato spesso ad Eren e a Celine. Il letto vuoto della sua compagna di stanza le dava i brividi, così come il banco che un tempo aveva occupato il McCall in classe. Però era tutto finito adesso, Eren era tornato ed aveva sentito che stesse bene, anche se Venetia si domandò cosa volesse dire stare bene in quel caso. Purtroppo o per fortuna aveva finito le lacrime da piangere, dunque era pronta a scoprirlo con i suoi stessi occhietti vispi; la sera precedente aveva lasciato perdere, non voleva essere inopportuna o privarlo del riposo di cui aveva bisogno, ma quella mattina aveva bisogno di un po' di normalità anche lei, ed andare a lezione di Cura delle Creature Magiche con Eren era una delle cose che più si avvicinavano a quel concetto. Così bussò due volte con la mano libera sulla porta che divideva la sua stanza dal corridoio della Torre di Grifondoro, mentre nell'altra stringeva un pacchetto rettangolare incartato in modo impeccabilmente ordinato.

    Toc toc...

    Forse a quell'ora era troppo presto? Nella sua mente no, anzi, le otto meno cinque del mattino era già mattinata inoltrata! Venetia aveva già fatto una doccia, skincare, ed aveva anche avuto del tempo per ripassare Erbologia e sistemare il suo saggio di Difesa Contro le Arti Oscure. Chissà se anche Eren era un tipo mattiniero... Il tempo glielo avrebbe fatto sapere.

    È permesso?!

    Eren McCall
    Porta con sé questo
     
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    Non era presto nemmeno un pò per qualcuno che non aveva chiuso occhio nemmeno un secondo per tutta la notte. Aveva fatto una vera e propria lotta con i suoi genitori per tornare a Hogwarts nonostante quello che era successo, e alla fine aveva vinto lui, almeno in quello. Perciò la sera prima dopo essere stato dimesso dall’ospedale, Colin e Doreen lo avevano accompagnato fino ai cancelli di Hogwarts elargendo raccomandazioni e pregandolo di non mettersi nei guai. In fondo, lo conoscevano abbastanza bene, ma in effetti non serviva conoscerlo da tutta la vita per capire che qualcosa in Eren era cambiato.
    Lo sguardo solitamente brillante e pieno di vita si era spento il pomeriggio del 10 Marzo e non c’era stato ancora nulla capace di farlo tornare vivo e brillante come era giusto che fosse.
    Nel silenzio assoluto era rimasto a letto fino a quando tutti i suoi compagni di stanza si erano fiondati fuori diretti in sala grande per la colazione, qualcuno aveva temporeggiato forse cercando di farlo uscire da dietro al baldacchino, ma Eren aveva preferito rimanere lì con ogni scusa possibile. Non è che non gli andava di vedere i suoi compagni, ma era evidente che si sentisse a disagio. Sapeva, che tutti sapevano, e la sola idea che qualcuno potesse fargli domande gli dava la nausea.
    Sarebbe successo, ne era consapevole, ma ciò non significava che si sentisse pronto per affrontare l’argomento con gli altri.
    Rimase in silenzio dietro le tende fino a quando non fu certo che non ci fosse più nessuno in stanza, quindi sgattaiolò fuori dal letto e veloce come la luce andò a chiudersi in bagno per darsi una rinfrescata doverosa come ogni mattina.
    Non ci mise molto, ma quando andò ad infilarsi sotto la doccia badò bene di non guardarsi la cicatrice che era ancora troppo visibile sul suo avambraccio.
    Una volta fuori, si vestì indossando la divisa di tutto punto, sistemò i capelli corvini com’era solito fare, si lavò i denti e fu pronto ad uscire dal bagno. Nell’esatto momento in cui afferrò la maniglia, la voce dei Venetia annunciò il proprio arrivo.
    La riconobbe immediatamente.
    Si bloccò con la mano destra sulla maniglia, senza aprire.
    Chiuse gli occhi.
    Non poteva nascondersi in eterno anche se avrebbe voluto; ed in quel momento si rese conto di come forse era stato insensibile quando era andato a chiedere a Lysander Scamander come stesse e cosa gli era successo quando al centro delle attenzioni per un incidente avvenuto a scuola, c’era stato lui.
    Respirò a fondo Eren, gli erano rimaste poche certezze, una delle quali era che non sarebbe mai scappato, davanti a nulla.
    Abbassò la maniglia e uscì dal bagno situato alla destra della porta d’ingresso, proprio mentre Venetia chiedeva il permesso per entrare.
    Non la guardò subito anche se con la coda dell’occhio l’aveva già vista. Umettò le labbra e girò solo il capo verso di lei posandole addosso lo sguardo grigiastro, stanco e spento.
    Un pò tutto di Eren era spento, era come se fosse soltanto il guscio del ragazzo che era stato, ma anche quello aveva subito delle ammaccature. Era pallido e provato nonostante stesse cercando di darsi un contegno e la solita aria da figo, non ci riusciva troppo bene. Non stava bene almeno sul piano morale, e si vedeva.

    Buongiorno…

    Solo questo riuscì a dire, prima di far risalire lo sguardo chiaro lungo la figura di Venetia e cercare quindi quello di lei.

    Venetia E. Prewett <3
     
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    In realtà, non sapeva che tipo di Eren avrebbe trovato dall'altra parte della porta. Si era immaginata più e più volte le condizioni dell'amico, riflettendo più su quelle emotive che su quelle fisiche, ed ora che ce lo aveva davanti iniziava a realizzare che forse non poteva neanche immaginare quello che aveva provato Eren in quel periodo frenetico. Se non altro, fu piacevolmente sorpresa di scoprire che i suoi compagni di stanza erano già usciti e si sforzò di rivolgergli un sorriso ampio e felice, perché nonostante tutto era davvero felice di rivederlo.

    Buongiorno!


    Magari un po' di buonumore l'avrebbe contagiato, anche se fu terribile vederlo così spento e mogio. Era stata la prima cosa che aveva notato di lui: i suoi occhi spenti ed il suo viso pallido. Entrò nel dormitorio con molta più educazione di quanto avrebbe fatto prima, facendo ben attenzione a dove mettere i piedi, ma anche se si vedeva che Eren non fosse al massimo delle sue forze, Venetia preferì non infierire. Però non poté neanche evitare l'argomento. Fece un passo verso di lui per salutarlo come si deve, ma quando aprì le braccia per stringerlo in un abbraccio si ricordò del pacchetto che stava ancora stringendo in mano, e si fermò per consegnarglielo.

    Ah, questo è per te. Dovevo farlo arrivare al San Mungo ma non sapevo bene... Cioè, mi vergognavo di chiedere alla Garfield certe informazioni personali più che altro.

    Confessò con un velo di imbarazzo nella voce. L'idea di base era quella di spedirgli qualcosa con cui passare il tempo finché era confinato in un lettino asettico, però quando aveva realizzato il tutto si era resa conto che forse sarebbe stato un po' inopportuno nel caso in cui Eren avesse voluto stare da solo.

    Vai, aprilo!

    E tornò a sorridergli con rinnovato entusiasmo, attendendo che spacchettasse quella copia nuova di zecca di I Magnifici Sette, un libro sui Cannoni di Chudley - che erano la squadra del cuore di Venetia - ed un bigliettino con gli auguri di pronta guarigione scritto di suoi pugno.
    In realtà, non sapeva neanche quanto ad Eren piacesse leggere, però sapeva che gli piaceva il Quidditch e che non gli piaceva, invece, restarsene fermo in un letto d'ospedale. E poi doveva giocare la finale del torneo scolastico di lì a qualche mese, doveva assolutamente ricordarsi chi fosse e rimettere insieme i pezzi. Alla fine sospirò, perfettamente cosciente di non poter fingere che fosse tutto rose e fiori ancora per molto. Gli rivolse un'occhiata preoccupata, ma anche piuttosto apprensiva e premurosa.

    Ci sei mancato. Stai meglio?
     
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    Non mosse un solo passo in direzione di Venetia, era come congelato, tuttavia rimase con lo sguardo puntato su di lei vedendola avanzare a braccia aperte e poi arrestarsi prima di abbracciarlo solo perché si era ricordata di un pacchetto misterioso che la ragazza portava con sé.
    Gli occhi chiari del grifondoro scivolarono dal volto dell’amica al pacchetto che aveva tra le mani e che ora lei gli stava porgendo.
    Venetia non poteva di certo saperlo che se avesse spedito quel regalo al San Mungo, Eren non lo avrebbe nemmeno guardato, in fondo aveva passato la convalescenza in ospedale disteso sul suo letto a fissare la finestra salvo che per due episodi in particolare in cui era stato mosso da qualcosa di diverso, la presenza di Eunjoo e la voglia di scappare da quella struttura che lo aveva spinto sul tetto ritrovandosi poi face to face con un perfetto sconosciuto.

    Non dovevi… cioè davvero Venetia, non c’era bisogno…

    Borbottò, ma a quel punto non poté fare a meno di prendere il pacchetto utilizzando stranamente la mano sinistra anziché la sua dominante che però si mosse per iniziare a sciogliere eventuali nastri e spacchettare il dono appena ricevuto.
    Si ritrovò tra le mani una copia di “I Magnifici Sette” che era riconducibile oltre alla squadra del cuore di Venetia, ad una delle loro prime conversazioni avute quell’anno, il primo di Eren a Hogwarts, quando tutto era più facile e gli bastava annusare una fogliolina che sapeva di limone per sfoderare un sorriso raggiante, o pensare di giocare a quidditch volando non come un drago, ma sopra un drago.
    Da quel momento, all’istante in cui aveva scartato quel libro, le cose erano molto cambiate, e se Eren si fermava a pensare come si erano evolute, gli sembrava di guardare indietro e osservare la vita di un’altra persona. Non si riconosceva, e non aveva nemmeno idea se sarebbe mai tornato quello di prima oppure no.
    Quello che tratteneva la copia dei magnifici sette tra le mani, era un mago diverso che non riuscì nemmeno a sorridere come avrebbe dovuto. Sul suo volto apparve una specie di smorfia che era l’eco lontano del sorriso raggiante che avrebbe sfoggiato se questo regalo l’avesse ricevuto solo dieci giorni prima. Stirò l’angolo destro delle labbra nell’eco di un sorriso sghembo che non riuscì ad arrivare ai suoi occhi, quelli rimasero macchiati da un alone di tristezza e dolore difficile da nascondere come da reprimere nonostante si stesse impegnando e lasciava trapelare solo la parte marginale delle cose che provava.

    Grazie Prewett…

    Deglutì, forse non era sufficiente un ringraziamento così distaccato, e non era nemmeno proprio della personalità brillante e solare di Eren, il che lo spinse e sollevare gli occhi chiari verso Venetia e cercare quelli di lei in un attimo di silenzio, lo stesso di chi non ha la minima idea di cosa dire o fare.

    Lo apprezzo, ma non mi farà comunque cambiare idea sulla squadra da sostenere.

    Nonostante fosse una battuta il suo tono rimase un pò piatto e i tratti del suo viso non subirono nessun mutamento. Si sentiva dilaniato e stava avendo serissime difficoltà nel provare a passare oltre quei sentimenti negativi che ne attanagliavano le viscere, gli squarciavano il petto e ne avvolgevano l’anima rendendola cupa. C’erano poche cose che riusciva a percepire chiaramente ed una di queste era il dolore. Non aveva mai pensato che l’anima potesse fare male, eppure in quel momento così come negli ultimi giorni, c’era qualcosa che gli faceva un gran male e non poteva essere che l’anima se fisicamente stava bene. La rabbia che stava covando lo rendeva serio e più rigido di quanto non fosse mai stato, tutto di lui era impegnato ad evitare una mega esplosione degna di quella che i babbani chiamavano bomba atomica. Era costantemente in tensione.

    CITAZIONE
    Ci sei mancato. Stai meglio?

    Abbassò il capo e deglutì mandando giù una boccata di fiele mentre Venetia lo guardava con apprensione, potè vederlo accigliarsi e stringere le labbra perché sopraffatto forse dalle risposte che avrebbe dovuto e potuto dare a quella domanda appena ricevuta, ma non fu un’espressione che durò molto. Si era già allenato a ricacciare indietro quei moti di rabbia e dolore che rischiavano di fargli perdere il controllo ogni volta che certi tasti venivano sfiorati da qualcuno, perciò quando le rispose lo fece annuendo con convinzione.

    Sì… sto bene.

    Ed in conclusione provò anche a sorriderle se pur il risultato non fu nemmeno lontanamente paragonabile a quanto avrebbe fatto prima, il suo sguardo non si accese. Era come se una parte di Eren fosse morta sull’erba del campo da Quidditch e quello che Venetia poteva osservare, era forse solo il guscio vuoto dell’Eren che era stato che forse non riusciva nemmeno ad avere il coraggio necessario per abbracciarla quando avrebbe voluto tantissimo farlo e nella vita precedente non si sarebbe nemmeno fatto tanti problemi visto che era anche noto per essere uno piuttosto espansivo.

    Mi sei mancata anche tu…

    Aggiunse con un tono sommesso.
     
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    È una sciocchezza.

    Non era per minimizzare, ai suoi occhi era davvero solo un pensierino: avrebbe potuto fare molto di più se avesse avuto gli strumenti necessari per farlo, ma confinata tra le mura di Hogwarts non poté fare più di quello. Non fare nulla sarebbe stato ancora peggio per lei, a cui era stato sempre insegnato il valore della bontà e della buona educazione. Se c'era anche la remota possibilità che un piccolo gesto potesse migliorere l'umore degli altri, allora valeva la pena farlo. Quello che disse le strappò tuttavia un sorriso, nonostante la quasi totale mancanza di entusiasmo dall'altra parte.

    Ci perdi tu, i Cannoni sono una grande squadra.

    Lo superò ed andò a sedersi sul letto, pronunciando quella frase colma di ironia salvo poi riprendersi per tornare vagamente seria.

    Non era per quello. È che c'è la finale a breve e ho pensato che potesse invogliarti a... Tornare in sella.

    Solo quando lo aveva detto ad alta voce si era accorta che potesse sembrare un pensiero decisamente stupido, come se quello che era successo potesse essere spazzato via con così poco e come se bastasse leggere della squadra con la più vasta collezione di sconfitte della Gran Bretagna per ritrovare la voglia di seguire le proprie passioni. Appiattì le labbra tra di loro ed alzò un po' le spalle per mostrarsi dispiaciuta, scusandosi con lo sguardo per aver stipulato un pensiero forse così superficiale. Era sinceramente dispiaciuta per quello che era successo, ed altrettanto era arrabbiata ed amareggiata. Per una persona empatica come lei era una tortura non riuscire a mettersi appieno nei panni altrui, soprattutto se appartenevano ad Eren, che in poco tempo era diventato davvero il suo migliore amico. Si sforzò di trattanere le lacrime, non aveva bisogno di vederla in quel modo in quel momento della sua vita, avrebbe voluto mostrarsi forte per lui ed essere un sostegno, ma allo stesso tempo portava con sé quel bagaglio di emozioni che da sempre aveva fatto parte della sua natura, ma di cui non si era mai vergognata.

    Vuoi parlarne?

    Si premurò di avere estremo tatto in quella domanda, non volendolo forzare ad aprirsi se non avesse voluto. Allungò un po' il collo per cercare i suoi occhi, ora rivolti verso il pavimento, e con la mano azzardò una carezza all'altezza della spalla. Anche dopo tutto quello che era successo, Venetia non riusciva a smettere di vederlo come il ragazzo solare ed espansivo che aveva conosciuto, anche se lì vi era rimasto solo l'involucro accartocciato di quello che era Eren un tempo. Ma per lei non aveva importanza il suo Stato di Sangue e i giudizi che ne erano derivati, sfociando in qualcosa che andasse oltre l'immaginazione di chiunque. Anche se il Grifondoro dichiarava di stare bene, agli occhi di Venetia quella sembrava una menzogna.

    Guarda che quello che ti è successo non è lo specchio di quello che sei o di quello che ti meriti. Tu sei buono con tutti, sei premuroso e gentile, ed è questo il riflesso del tuo valore. Come ti trattano gli altri è il riflesso del loro, non del tuo.

    Un pensiero che aveva avuto modo di assorbire nel corso del tempo, anche grazie ad Eren stesso quando si era premurato di difenderla con le unghie e con i denti quando gli aveva raccontato del suo incontro con la Zabini avvenuto qualche settimana prima. Se solo avesse potuto applicare su di sé i consigli che aveva dato a lei quella volta, pensò Venetia, sarebbe stato tutto più facile.
     
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    Allungò l’angolo destro delle labbra nell’eco di un sorriso sghembo che comunque non riuscì ad accendere lo sguardo con la solita brillantezza da cui era caratterizzato, però annuì con convinzione, come se Ventia fosse stata più che chiara nel fargli presente che i Cannoni di Chudley erano uno squadrone bestiale e che Eren stesse sbagliando a non tenere per loro. Peccato che non ebbe molta voglia di ribattere e dar vita ad uno dei loro soliti battibecchi sul quidditch.
    Tornò ad osservarla quando lei si allontanò per andare a sedersi sul letto e mantenne lo sguardo su di lei per tutto il tempo se pur non si fosse mosso di un solo passo.
    Eren non era lo stesso, e se il giovane mago irlandese che la Prewett aveva conosciuto all’inizio dell’anno e con cui aveva legato, c’era ancora dentro quel guscio ammaccato, in quel momento, era impossibile da vedere.

    CITAZIONE
    Non era per quello. È che c'è la finale a breve e ho pensato che potesse invogliarti a... Tornare in sella.

    Non aveva pensato nemmeno per un momento di smettere di volare o di giocare a quidditch, ma le parole della compagna lo catapultarono davanti alla cruda realtà. Nello stato in cui si trovava in quel momento come avrebbe potuto giocare una finale di quidditch con la responsabilità che aveva in quanto cercatore?
    Deglutì, a sguardo basso, mentre rifletteva.

    Grazie... ma sta tranquilla, non smetterò di volare. Mi serve solo un pò di tempo.

    Borbottò, e nel pronunciare quelle parole, sembrava più voler convincere se stesso che la compagna. Gli avevano tolto il sorriso, non poteva permettere che gli togliessero anche il quidditch, il volo, le scope, il vento tra i capelli. Non lo poteva permettere. Quando rialzò lo sguardo per indirizzarlo nuovamente verso la compagna, non potè non notare i suoi occhi lucidi e non ci volle certo una sfera di cristallo per lasciar intuire al grifondoro che Venetia fosse estremamente dispiaciuta.
    GgBrWZU

    Non aveva moltissima voglia di parlare di quello che era successo, non in quel momento almeno, lo stesso in cui raccolse il coraggio a quattro mani, spinto anche dal tocco gentile di lei sulla propria spalla. Posò il libro appena ricevuto in dono sul letto, e se Venetia l’avesse assecondato, avrebbe tentato di stringerla a se, con il solo braccio sinistro. Serissimo, non fece una sola piega, ma forse comprendeva la preoccupazione di lei, l’aveva già visto in più persone quello stesso sguardo. Lo sguardo di chi cerca di sopprimere quello che prova per evitare che lui ne risentisse. Allora doveva fare qualcosa. Nel silenzio assoluto, la strinse a sè.

    CITAZIONE
    Guarda che quello che ti è successo non è lo specchio di quello che sei o di quello che ti meriti. Tu sei buono con tutti, sei premuroso e gentile, ed è questo il riflesso del tuo valore. Come ti trattano gli altri è il riflesso del loro, non del tuo.

    Eren queste cose le sapeva, le aveva sentite fino alla nausea, eppure non poteva evitare di sentirsi così sporco, così marcio, esattamente come recitava la scritta sul suo braccio che se pure fosse ben nascosta dai vestiti, lui la avvertiva come fosse stata sotto lo sguardo di tutti. Sapeva di essere gentile, perché da sempre aveva notato la differenza tra se stesso e gli altri, ma se quello era il prezzo da pagare per la propria bontà e la propria gentilezza, non era sicuro che ne valesse la pena. In fondo, quanto gli stavano costando tutta quella bontà, quella gentilezza e il suo valore? Tanto. Troppo. Magari era ora di smettere di prodigarsi per il prossimo e pensare a se stesso. Ce l’avrebbe fatta? Con ogni probabilità no, perchè era nato altruista, e un giorno sarebbe morto altruista. Anche per quello aveva scelto di abbracciare Venetia. Sapeva di rischiare tanto, sapeva di rischiare un crollo, ma la vista dei suoi occhi lucidi gli aveva lasciato intuire che la ragazza avesse bisogno di lui, o così aveva interpretato il suo atteggiamento.

    Sono… così… arrabbiato…

    Scandì lettera per lettera in un ruggito sottovoce che sembrava nascere dal petto e graffiargli la gola, lo stesso di una bestia feroce che si prepara nell’ombra, attendendo di poter uscire allo scoperto e scatenare tutta la sua furia per saltare alla gola della preda e divorarla. Anche il suo respiro era cambiato. Lunghi e profondi, mentre cercava di non crollare.
     
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    Il tempo avrebbe probabilmente fatto il suo corso e curato le ferite, come sempre. Quelle fisiche erano più facili da guarire, ma la ferita di Eren sembrava andare ben oltre la cicatrice che gli era rimasta addosso. Venetia non dubitava che sarebbe tornato in sella, ma sapeva che avrebbe avuto bisogno di tutto il tempo possibile ed era intenzionata a stargli accanto nel processo di guarigione. Sorrise ed annuì, in realtà piuttosto convinta che i suoi occhi lucidi non fossero tanto evidenti all'esterno ma che il pizzichìo fosse limitato ad una sensazione circoscritta a sé stessa e basta. Tuttavia quell'abbraccio ebbe il potere di metterla davanti alla realtà, probabilmente doveva essere evidente il suo stato d'animo e si dispiacque di poter aver aggiunto un'ulteriore preoccupazione allo stato emotivo di Eren, ma sentì anche che quel contatto fosse ciò di cui aveva bisogno in quel momento: non doveva più essere triste ed in pensiero. Eren era vivo e vegeto, un po' ammaccato, ma era lì. Lo avrebbe stretto con più forza della sua, godendosi per un po' la sua vicinanza dopo un lungo periodo di assenza.

    Lo so... Anch'io lo sono.

    Confessò ad un fil di voce. Era davvero arrabbiata per quello che era successo, ma allo stesso tempo quella sensazione di impotenza di fronte ai disastri che si susseguivano uno dietro l'altro negli ultimi anni era diventata parte di sé, l'aveva assimilata al punto da non riuscire nemmeno più a notarla del tutto.
    L'eco dell'ultima conversazione avuta con Eren sembrava propagarsi a macchia d'olio tra le pareti di quella stanza, la stessa in cui si erano visti ed avevano avuto modo di parlare con leggerezza di drammi adolescenziali, cotte e baci, e che ora era testimone di ben altro. Quel giorno lì non avrebbe mai pensato che sarebbe potuto accadere tutto ciò.

    Ci eravamo detti che ci saremmo dati buone notizie una volta rivisti.

    Se lo ricordava ancora, ma in quel momento la prospettiva sembrava così assurda e surreale da apparire quasi ridicola. Non poté che sospirare ed abbassare lo sguardo, perché ad onor del vero lei delle notizie che potessero essere considerate buone ce le aveva, ma forse messe in prospettiva con quello che aveva vissuto Eren, la sua felicità sembrava quasi sbagliata. Riuscire ad essere felice in mezzo a quel casino era un vero e proprio privilegio, Venetia lo riconosceva ed era grata ogni giorno per la presenza di Petyr nella sua vita, soprattutto in quel periodo grigio.

    Io e Petyr ci siamo baciati.

    Rialzò lo sguardo su di lui abbozzando un sorriso, gli occhi un po' meno bagnati di prima ma ancora piuttosto scintillanti sotto alla luce del sole mattutino. Di certo non era così che si aspettava di annunciare quella novità, probabilmente in casi normali avrebbe fatto i salti di gioia di fronte a quella notizia, ma adesso sembrava un fiore nel deserto. Che non era poco, e se Eren non aveva voglia di parlare dell'accaduto come sembrava, magari sarebbe stato meglio parlare di qualcosa di un po' più allegro rispetto agli attacchi.
     
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    Eren era da sempre un ragazzo molto affettuoso che non lesinava gli abbracci nemmeno per idea. Molto spesso era sempre il primo a spingersi ad un contatto fisico qualunque motivo lo spingesse a farlo, e lo aveva fatto anche in quel momento con Venetia, una delle persone che preferiva di più non solo ad Hogwarts, ma sulla faccia dell’intero pianeta.
    L’abbraccio in cui strinse Venetia, di sicuro non servì solo a lei, il confortò che Eren cercava disperatamente senza nemmeno rendersene conto, prese la forma delle braccia della sua migliore amica avviluppate al busto del giovane irlandese e nonostante la differenza d’altezza sempre maggiore visto che Eren stava crescendo molto velocemente, sembrò abbandonarsi quasi completamente tra le braccia della rossa di Chudley.
    Respirò a fondo un paio di volte mentre parte di quel grosso nodo che aveva nel petto e gli bloccava il respiro cominciò a sciogliersi permettendogli quantomeno di respirare liberamente e ammorbidire i muscoli del corpo perennemente in tensione, cosa che senza ombra di dubbio poteva avvertire anche Venetia dato che lo stava stringendo.

    Se lo sei la metà di quanto lo sono io… allora potrei aver bisogno del tuo aiuto.

    Sussurrò al suo orecchio quella richiesta con una strana determinazione, forse cozzava un pò con il suo aspetto ammaccato, ma poteva essere il barlume di speranza e la dimostrazione che sotto quel guscio in apparenza vuoto, magari c’era ancora qualcosa, sepolto in profondità e che stava annaspando per risalire.
    Sciolse l’abbraccio solo dopo un pò, limitandosi a puntare gli occhi grigi in quelli della compagna. Non sembrava intenzionato a scucire informazioni in quel momento, ma forse era il preludio del fatto che stava iniziando a tramare qualcosa. C’era il fuoco della battaglia nei suoi occhi.
    Tuttavia, accantonò il discorso per lasciare che lei potesse parlare, al contrario di Venetia, Eren non aveva nemmeno una buona notizia da darle, cosa avrebbe potuto dirle?
    Certo, era vivo, ma questo lo aveva visto anche lei senza la necessità che Eren facesse presente quel piccolissimo ma non meno importante dettaglio. A momenti sembrava un miracolo persino a lui il fatto che fosse riuscito a cavarsela comunque e che i suoi genitori si fossero convinti a lasciarlo tornare a Hogwarts piuttosto che rispedirlo in Giappone come avevano preannunciato dopo quello che gli era successo il 10 Marzo.
    Ascoltò in silenzio e rimase in attesa che Venetia lo informasse su quale fosse la sua buona notizia, e quando apprese, gli angoli delle labbra si sollevarono verso l’alto in una sorta di sorriso molto dolce che però non arrivò ad illuminare il suo sguardo, quello rimase carico di tristezza e dolore, cose di cui non riusciva a liberarsi, non ancora.

    Grande

    Borbottò, ed era sul serio felice per lei, ma suo malgrado quello fu il massimo dell’entusiasmo che riusciva a dimostrare. Il giorno prima di finire al San Mungo aveva saputo che anche Noah e Raissa si erano baciati, a quanto pareva, ai suoi compagni le cose stavano girando piuttosto bene. Com’era possibile che l’unico sfigato a beccarsi un marchio invece di un bacio era stato lui?
    La sua solita fortuna, non poteva essere altrimenti.
    Per qualche istante riaffiorarono nella sua mente certi discorsi avuti con Eunjoo al San Mungo, ma era ancora troppo provato e stanco per fermarsi a riflettere su quei particolari discorsi e sulla stramba reazione di Eunjoo ad una lettera che Eren aveva ricevuto mentre era ricoverato. Era certo che Ventia avrebbe trovato un nome piuttosto chiaro a quella reazione, ma in quel momento Eren non ci pensò più di tanto.

    Allora… è ufficiale? State insieme?
     
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    Dovette farsi indietro col busto di qualche centimetro per arrivare a guardare Eren negli occhi, posizione in cui sarebbe rimasta per qualche secondo mentre l'eco di quel sussurro le risuonava nella mente. Aveva sentito bene o se l'era immaginato? Lo guardò a lungo cercando una risposta a quella domanda, poi inclinò il capo in un'espressione interdetta e confusa, ma comunque piuttosto sorridente. Il solo fatto di riavere Eren così vicino aveva spazzato via in un secondo tutte le angosce che si era portata dietro in quelle ultime settimane, come se riuscisse a respirare finalmente un po' di aria fresca dopo interminabili ore di apnea.

    Bisogno del mio aiuto per cosa?


    Squittì a gran voce, non adattandosi affatto al sussurro dell'altro. Aiutare i suoi amici era una delle cose che la faceva star meglio in assoluto, e di qualsiasi cosa avesse avuto bisogno Eren si sarebbe sicuramente fatta in quattro per provare a dargli una mano; aveva messo anche da parte solo per lui tutti i compiti e gli appunti delle lezioni che si era perso durante i giorni di assenza, ed infatti gli avrebbe mostrato il più ingenuo dei sorrisi a tal proposito. Fu con rinnovato buonumore che si rivolse a lui, perché ora che avevano finalmente cambiato argomento non sentiva più le lacrime premere e bruciare contro la parte posteriore dei suoi occhi, e poté finalmente godersi il rientro di Eren senza pensare a quello che era successo. Almeno, questo è quello che avrebbe voluto fare, e che avrebbe fatto se non ci fosse stata la giusta e comprensibile espressione affranta di Eren, che tutto sembrava meno che il ragazzo che era diventato il suo migliore amico. Quel pensiero la spezzò, ma non gliene avrebbe fatto una colpa, né gliel'avrebbe fatto notare: gli sarebbe stata accanto per tutto il tempo di cui aveva bisogno, e lei nel frattempo avrebbe sopportato in silenzio quella condizione legittima in cui versava l'amico. Infatti avrebbe annuito con allegria alla sua domanda, tornando indietro coi ricordi fino a quel giorno passato con Petyr sulla Torre dell'Orologio.

    Beh... Sì.

    Era comunque sempre la stessa ragazza tradizionalista e vecchio stampo, Venetia, per la quale un bacio significava assolutamente esclusività e relazione stabile. Non esisteva, nel suo mondo, che questi due concetti non andassero di pari passo.

    Ti manda i suoi saluti, a proposito. È dispiaciuto un sacco anche a lui.

    Confessò con voce un po' più seria, ritenendo giusto fargli presente che anche il Tassorosso era dalla sua parte come lo era lei, anche se sicuramente non avrebbe perso occasione di dirglielo lui stesso non appena i due si fossero incontrati anche solo per caso.
     
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    Bisogno del mio aiuto per cosa?

    Chiuse le palpebre. I modi spontanei di Venetia lo avevano sempre divertito, ma in quel momento non si aspettava certo che rispondesse con un fare così vivace e un tono così alto a quella richiesta d’aiuto che lui aveva invece mormorata. Questo fu di certo il motivo principale che lo spinse a deviare il discorso. Non era forse il momento giusto per parlare a Venetia dei suoi progetti, quindi umettò le labbra e respirò a fondo prima di allontanare il capo di poco da quello di lei per poterla guardare dritta negli occhi. Con un’altra ragazza sarebbe stata una situazione piuttosto imbarazzante tutta quella vicinanza, quell’abbraccio, ma era Venetia quella che lo stava abbracciando, e il rapporto che aveva con lei era così bello, genuino e privo di malizia che pensò dovesse sentirsi in quel modo un fratello maggiore, anche se in realtà era la rossa ad essere più grande di Eren, se pure di poco.

    Con i compiti.

    Mentì spudoratamente e cercò anche di far passare la scusa per buona azzardando ad inarcare le labbra in una sorta di sorriso mite che non era nemmeno la metà di quelli suoi belli di un tempo.

    Sono mancato dieci giorni… praticamente ho reso vani tutti gli sforzi che avevo fatto prima.

    Giustificò quel cambio di direzione con una mezza verità, o quantomeno provò a farlo, per poi sciogliere quell’abbraccio e rimanere comunque davanti a Venetia, vicino ma senza toccarla nuovamente.
    Era sinceramente contento che almeno lei fosse arrivata a concludere qualcosa con Petyr, era sinceramente contento che Venetia fosse felice, e per un momento gli sembrò di assistere come spettatore esterno alla sua vita e a quella dell’amica.
    Nella stessa stanza in cui si trovavano in quel momento, solo poche settimane prima aveva sviscerato tutte le sue preoccupazioni, i suoi dubbi e pensieri causati dalla cotta stratosferica che si era preso per una loro concasata che tra l’altro non aveva ancora avuto l’occasione di vedere da quando era tornato la sera prima, eppure adesso gli sembrava tutto così assurdo. Come si poteva preoccuparsi di cose così, quando sulla sua testa pendeva un destino tanto infame? Col senno di poi, sapeva di essere stato stupido e disattento, e avrebbe fatto qualunque cosa perché cose del genere non gli sarebbero mai più capitate.
    Nel dolore, nella sventura, nel sentirsi dilaniato, aveva aperto gli occhi.

    CITAZIONE
    Ti manda i suoi saluti, a proposito. È dispiaciuto un sacco anche a lui.

    Annuì lentamente.

    Beh, se lo vedi oggi digli che lo saluto anch’io.

    Inumidì le labbra, apparve indeciso, e istintivamente lanciò uno sguardo in direzione della porta. Doveva passare da lì prima o poi, uscire, riprendere con la normalità, quantomeno in apparenza… perché niente sarebbe più stato normale per Eren dopo il 10 Marzo.

    Che aria tira lì fuori?

    Le domandò. Una vaga idea ce l’aveva. Joy lo aveva informato, ma tra sentire con le orecchie e camminare per i corridoi della scuola sotto gli innumerevoli sguardi dei compagni c’era una grande differenza, e tra quegli sguardi, Eren era certo che ci fosse anche chi gli aveva inferto quel durissimo colpo. L’idea che potesse trovarsi casualmente a parlarci, incrociarlo a lezione, in sala grande, ovunque in giro per il castello, lo mandava in bestia.
    Se solo avesse ripreso coscienza qualche istante prima, avrebbe saputo perfettamente chi c’era dietro quell’atto così vile e meschino.

    E’ meglio se vado in giro con un cappello senza testa?

    C'è un punto in cui Eren mente, se vuoi puoi provare bugiardo vs intuitivo
     
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    Non era bastata la prontezza di Eren nel giustificare quella sua piccola bugia, né il sorriso con cui tentò di abbellire le proprie parole. Venetia, infatti, forte di una sensibilità e di un intuito rari, avrebbe percepito come le parole del Grifondoro non corrispondessero esattamente alla verità. C'era sicuramente infatti qualcosa per cui il moro avrebbe avuto bisogno di aiuto, ma tutto alla rossa suggeriva come i compiti non c'entrassero poi molto.

    Venetia vince Bugiardo vs Intuitivo!
     
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    Te li ho presi tutti, anche gli appunti.

    Gli mostrò un sorriso genuino ma appena accennato, non sentendosi affatto in imbarazzo nel confessargli di aver pensato a lui per tutto il tempo in cui non c'era. In tutta onestà, ogni volta che metteva via una pergamena in più riservata ad Eren, pensava che probabilmente non sarebbe stato il migliore dei regali per l'amico: era davvero un sacco di roba ed avrebbe avuto bisogno di riposo, immaginò Venetia, tuttavia si mostrò disponibile a dargli una mano in qualsiasi momento avesse voluto farlo.

    Sei sicuro che non ci sia dell'altro?

    Non pensò che Eren potesse averle mentito, ma semplicemente perché per lei le bugie non avevano proprio senso di esistere, a parte quelle bianche, che però la facevano comunque sentire piuttosto in colpa ogni volta che si ritrovava a dirne una, tuttavia sentiva come se ci fosse dell'altro, del non detto, qualcosa che aveva omesso in quella confessione sui compiti. Soprattutto perché erano così vicini che poteva specchiarsi nei suoi occhi spenti, dentro ai quali assottigliò i suoi come se stesse cercando risposte al suo interno. Non aveva intenzione di insistere più di così, però la cosa iniziava a puzzarle un po', soprattutto in virtù del fatto che Eren era sempre stato sincero con lei riguardo a tutto. Abbozzò quindi un altro sorriso, anche mentre scrutava l'amico dal basso.

    Puoi salutarlo direttamente tu, penso che ci stia aspettando fuori dalla Signora Grassa.

    Non sapeva se ci fosse il rischio che si chiudesse in sé stesso o meno, in realtà, ma pensò che prima o poi sarebbe dovuto tornare a socializzare e a far parte del mondo esterno, dopotutto, e con dolcezza avrebbe provato ad incitarlo in quel senso. E poi Petyr la andava a prendere fuori dalla Sala Comune praticamente ogni mattina, quindi Eren avrebbe dovuto fare i conti anche con quella nuova tradizione. In effetti i minuti stavano passando, l'orario di lezioni si avvicinava sempre di più e probabilmente la Signora Grassa stava importunando già da un pezzo il Tassorosso con le sue domande inopportune.

    Là fuori tira un'aria... Strana.


    Confessò con rinnovata serietà e lasciandosi andare ad un profondo sospiro al ricordo delle settimane appena trascorse. Non sapeva fino a che punto avrebbe dovuto edulcorare la situazione, ma pensò che non avrebbe avuto molto senso in ogni caso. Una volta varcato il quadro della Signora Grassa, tanto, l'avrebbe visto coi suoi stessi occhi. Ma almeno così sarebbe stato più preparato. Piantò gli occhi in quelli grigi che aveva davanti, un'espressione pensierosa ma altrettanto seria.

    Sono tutti preoccupati. Girano tante voci, ma nessuno sa nulla di concreto. Io stessa non so quanto fidarmi.


    Il che, detto da una delle persone più stucchevolmente ottimiste del castello, poteva far capire quanto fosse seria la situazione. Incrociò le braccia all'altezza del petto e distolse lo sguardo da Eren per dedicarlo alla porta che li divideva dal mondo esterno; bastava un solo passo e la bolla in cui erano rinchiusi sarebbe scoppiata.

    La più assurda è che Setoshi sia coinvolto in questa storia, secondo me.


    Cercò nuovamente il suo sguardo in attesa di una sua reazione; per lei era a dir poco assurdo e ridicolo tutto ciò, ma allo stesso tempo non voleva che Eren lo venisse a sapere da altri che, magari, avrebbero rincarato la dose nei confronti del Corvonero anziché andarci piano come stava tentando di fare lei. In più non era ancora riuscita a beccare Elliott per parlarne anche con lui: se lui si fidava di Setoshi, allora si sarebbe fidata al cento percento anche lei.

    Potresti ricevere qualche occhiata di troppo, è bene che tu lo sappia.

    Questo lo aveva decisamente edulcorato.
     
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    Quasi non aveva dubbi sul fatto che Venetia avesse tenuto da parte per lui tutti i compiti che si era perso e avrebbe dovuto recuperare quindi non se ne stupì affatto. Non aveva voglia nemmeno un pò in quel momento di mettersi a testa bassa su libri e pergamene per tentare di rimettersi in carreggiata con quanto aveva perso a causa delle assenze più che giustificate, quindi allungò le labbra in mezzo sorriso sghembo, senza rendersi conto che nei giorni a seguire forse studiare sarebbe stata una delle poche cose che sarebbe riuscita a tenergli la testa impegnata e almeno per un pò lontana da certi pensieri.

    CITAZIONE
    Sei sicuro che non ci sia dell'altro?

    Gli incisivi agganciarono il labbro inferiore e presero a mordicchiarlo dall’interno, lentamente e in un gesto che denotava un pò di nervosismo. Quindi chiuse gli occhi e scosse il capo conscio che la sua migliore amica per forza di cose aveva beccato la bugia che aveva cercato di rifilarle. Non ci provò nemmeno a giustificare la menzogna con un’altra scusa, a parte che non era solito mentire, non era proprio in vena di inventare delle scuse quindi lasciò che lei potesse avere la sua conferma, senza protestare e senza sbottonarsi ulteriormente

    Te lo dico un’altra volta, ok? Promesso. Sennò ora rischiamo di fare tardi a lezione.

    Tutto quell’interesse per i compiti, lezioni e puntualità non era proprio nelle corde del giovane irlandese. Che avesse battuto la testa oltre ad aver ricevuto un bel tatuaggio? Possibile visto che era anche precipitato giù da una scopa, fortunatamente non stava volando ad altezze pericolose, ma una bella botta l’aveva comunque presa.

    E poi non vogliamo far aspettare Messere Senza Fortuna, giusto? Devo ancora minacciarlo di morte.

    Chiaro il riferimento a Petyr che a quanto pare aspettava Venetia fuori dalla torre di grifondoro. Solitamente si sarebbe sentito un pò a disagio a trascorrere del tempo con una coppietta, ma non quella mattina. In quel momento era grato a Merlino che ci fosse qualcuno con cui affrontare i corridoi della scuola, gli sguardi degli studenti e magari anche di qualche insegnante. Odiava la sensazione che scaturiva in lui a quei pensieri e se prima del 10 Marzo era uno di quelli la cui faccia tosta lo avrebbe portato più o meno ovunque e spinto a fare più o meno qualunque cosa, in quel momento esatto sentiva di aver bisogno del supporto di qualcuno che non lo avrebbe guardato come fosse stato un reduce di guerra. Venetia era una di quelli, sperava tanto che lo fosse anche il suo ragazzo perchè si sentiva come pronto ad esplodere al primo sguardo di commiserazione.
    Nessuno, a parte Celine e Christian avrebbe mai potuto comprendere a pieno quelle terribili sensazioni, di questo ne era certo.

    E’ facile, Venetia. Non devi fidarti. Di nessuno se non delle persone di cui sei assolutamente certa.

    Chiaro e diretto, lui che con uno stupeficium aveva perso la totale fiducia nel prossimo, e ci sarebbe voluto un pò per riconquistarla anche se forse non sarebbe mai tornata tutta.
    La successiva frase di lei lo lasciò un momento interdetto. Davvero girava voce che il corvonero chiamato in causa da Venetia fosse coinvolto in ciò che era successo?
    Ci mise qualche istante a capire che la ragazza non stesse scherzando, quella rivelazione gli fece uno strano effetto. Poteva davvero essere coinvolto Setoshi in ciò che era accaduto?
    Che cosa sapeva di lui Eren?
    Nulla.
    Lo vedeva come un ragazzo piuttosto stralunato e sognatore. Si era fermato a parlare con lui anche degli alfieri, e lo aveva visto abbastanza provato e sconvolto dalla questione, era davvero possibile che fosse uno di loro e che avesse fregato Eren con il suo atteggiamento?
    Aveva qualche difficoltà a crederci ma questo non gli impediva di certo di apparire tanto serio quanto sospettoso e colpito da ciò che aveva appena saputo. La linea della mascella si era fatta tesa, l’unica certezza che aveva Eren, era che fosse stato aggredito da uno studente.

    Mirai?

    Respirò a fondo ed in quel momento decide di non esprimersi sulla questione. Aveva bisogno di rifletterci su.

    CITAZIONE
    Potresti ricevere qualche occhiata di troppo, è bene che tu lo sappia.

    Non si aspettava niente di diverso. Respirò a fondo, allontanandosi da Venetia solo per recuperare la tracolla che aveva preparato coi libri da portarsi dietro per le lezioni del mattino. Con gesti misurati e lenti la afferrò e contrariamente alle sue abitudini appoggiò la cinghia sulla spalla sinistra. Sembrava tendere a “proteggere” in qualche modo il braccio destro e in quel momento lo mantenne disteso lungo il corpo. Nonostante si fosse fisicamente ripreso del tutto, era chiaro volesse nasconderlo alla vista altrui e lo stava facendo inconsciamente.

    Penso sia normale…

    Commentò, il tono che aveva usato era sommesso, come quello di un condannato a morte piuttosto consapevole.

    Tu sei pronta?

    Lui non lo era per niente, ma se c’era qualcosa di cui era certo, era che non sarebbe scappato, né si sarebbe nascosto, mai. E se questo significava uscire dal dormitorio e farsi mangiare vivo dalle occhiate dei compagni di scuola tra cui con ogni probabilità si nascondeva anche il colpevole, lo avrebbe fatto. Era ferito, ma ancora vivo… e finché sarebbe rimasto tale, avrebbe combattuto.

    Edited by Eren McCall - 24/4/2024, 14:15
     
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    Si fidava di Eren, dunque se diceva che le avrebbe rivelato ciò che aveva tentato di nasconderle in un secondo momento, Venetia ci credeva. Annuì, dunque, seria ma un po' preoccupata: non sapere cosa gli frullasse in testa la innervosiva, ma accettando la sua decisione avrebbe dovuto farsi forza e raccimolare la pazienza fino a nuovo ordine, e così fece. E poi era vero che stavano facendo tardi a lezione, il che contribuì a calmare i suoi pensieri a riguardo.

    Va bene. Promesso.

    Ripeté dopo aver controllato l'ora; una promessa era una promessa, soprattutto per una ragazza ligia alle regole come Venetia Prewett. Sistemò dunque la borsa sulla spalla e andò alla ricerca di uno specchio attraverso cui osservarsi, ché il momento di uscire stava lentamente arrivando e non potevano più rimandare, sempre se non avessero voluto ricevere una strigliata dal professor Scamander che li aspettava giù alla radura, o da Petyr che stava probabilmente esaurendo i sorrisi imbarazzati da mostrare alla Signora Grassa. Il pensiero la divertì, ma non quanto la prospettiva di un Eren minaccioso nei suoi confronti.

    Dai, poverino. È diventato il Tassorosso più minacciato di Hogwarts da quando stiamo insieme.

    Gli mostrò una risata appena accennata attraverso il riflesso dello specchio, intanto che dava un'occhiata veloce alle punte mosse dei suoi capelli e sistemava il cerchietto sulla testa in modo che non le finissero delle ciocche davanti al viso. Era abbastanza sicura che anche Elliott e Nathan avessero parlato di Petyr in quei termini, ma in fondo sapeva che fosse più una dimostrazione di affetto nei suoi confronti che un'esternazione di astio verso il Kirkoven. Il fatto che le volessero tutti molto bene - perché per lei di quello si trattava - le faceva piacere, soprattutto perché si domandava cosa avrebbero fatto se, anziché con un Tassorosso, famosi per la loro bontà e pazienza, si fosse messa con un Serpeverde.
    Quando poi si voltò nuovamente verso Eren, guardando la sua reale figura e non quella specchiata nel riflesso, restò in silenzio per qualche secondo ad ascoltarlo. Era un consiglio prezioso il suo, e sapeva che avrebbe dovuto farne tesoro. Più semplice a dirsi che a farsi, però, per una dalla sua indole, su cui il detto "buono sì, fesso mai" non era proprio facilmente applicabile. Annuì nel tentativo di farsi convincere dalla determinazione di Eren, cosa che voleva davvero fare.

    Sì, lui. Ma non saltare a conclusioni, sono solo voci. Girano anche altri nomi, ma nessuno che conosciamo... Credo. Magari a tavola ti aggiorno un po' meglio, ok?

    Si allontanò dallo specchio per raggiungere la porta. Primo step: colazione in Sala Grande. Lì sì che ci sarebbe stato da guardarsi alle spalle, pensò Venetia, ma era allo stesso tempo inevitabile. Con un cenno del capo rispose all'ultima domanda dell'amico: era pronta.

    [ Conclusa ]

     
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13 replies since 8/4/2024, 20:39   253 views
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