La primavera delle Rose

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    [Balcone, Domenica 21 Aprile - pomeriggio]



    Erano passate poco meno di ventiquattro ore da quando aveva inviato l’ultima lettera dello scambio avuto nei giorni precedenti con suo zio Benedict. Non aveva ancora proferito parola a nessuno al riguardo, né ad Everard né ad Elara, preferendo prima aspettare di avere le idee chiare e di finire di parlare con i loro genitori. Cosa accaduta giusto in quelle ultime ore, motivo per cui in quel momento si trovava sul suo balcone preferito dell’intera scuola proprio insieme al cugino coetaneo. Avevano passato insieme gran parte del pomeriggio, come al solito, e non avevano avuto grandi programmi in quella giornata se non mettersi a studiare un po’ di Pozioni insieme e fare quello che gli passava per la testa, fin quando Everard non sarebbe dovuto andare ad incontrare qualcuno di cui non aveva voluto rivelargli l’identità, dandosi praticamente il cambio con Elara.
    Durante il pranzo, infatti, Gideon le aveva detto che l’avrebbe aspettata per quell’ora in quel posto, per stare del tempo insieme e chiacchierare in tranquillità, respirando un po’ d’aria fresca. Il meteo non era stato clemente quel weekend: sembrava potesse venire giù il diluvio universale da un momento all’altro, motivo per cui non sarebbe stato saggio uscire dal castello per una passeggiata. Ma quel balcone era uno dei posti preferiti di Gideon: non era troppo frequentato, e spesso il Serpeverde ci si rifugiava per stare in pace o leggere un po’ lontano dai bui e cupi sotterranei.

    E’ in ritardo. Che avrà mai di così importante da fare?

    Everard si lamentava, ovviamente, ma senza troppa cognizione di causa. Era solo impaziente di andarsene.
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    Infatti Gideon guardò l’orologio che portava al polso sinistro, confermando la propria ipotesi che di lì a breve avrebbe comunicato anche al cugino.

    Non è in ritardo. Dovresti cominciare a portare anche tu l’orologio.

    Lo prese in giro a modo suo, come sempre, prendendosi poi la sua occhiata spazientita. Gideon scosse appena il capo, spostando lo sguardo da lui per puntarlo verso l’orizzonte ingrigito dai nuvoloni carichi di pioggia.

    Comunque puoi andare se hai fretta, non ho bisogno della balia.

    Ci tenne così a rassicurare il più grande dei Travers. Di fatto, da dopo gli eventi del 10 Marzo era accaduto che i tre cugini si fossero in qualche modo uniti tra loro ancora di più. Forse era stato questo a dar loro modo di intuire qualcosa sul proprio stato di famiglia e comunicarlo agli zii, allo stesso tempo forse avevano notato come Gideon, dai giorni successivi all’attacco e fino a quel momento, sembrava essersi fatto appena più silenzioso e pensieroso del solito. Che comunque tra l’interrogatorio, i controlli aumentati in giro per i corridoi, le proteste e le accuse che inevitabilmente e di sfuggita gli erano arrivate, quello che era successo con Eunjoo, negli ultimi tempi aveva avuto la testa piena e parecchie cose a cui pensare, ed all’elenco si era aggiunta da poco anche la questione di sua madre. Troppe cose per un solo ragazzino che credeva di portare sulle spalle il destino del mondo.
    Everard però rimase lì, sbuffando ed emettendo un suono gutturale che Gideon non riuscì ad interpretare, ma in ogni caso il biondo non si mosse e non lo lasciò da solo ad aspettare Elara.

    Elara <3


    Edited by Gideon G. Greengrass - 23/4/2024, 17:39
     
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    Durante il pranzo si era fatta spiegare da Gideon come arrivare al balcone che costeggiava il corridoio della Torre centrale, e tuttavia non era stato molto semplice raggiungere il cugino ed il fratello all’orario che le era stato indicato. Che per quanto la mappa trovata nella Stanza delle Necessità le fosse stata d’aiuto in moltissime occasioni e non era raro trovarla a studiare la carta nei momenti di noia in dormitorio, non padroneggiava affatto la planimetria pressoché infinita del castello ed erano molte le occasioni in cui si era ritrovata spaesata per scale e corridoi senza sapere dove fosse. Quel pomeriggio era stata un’occasione a metà, dal momento che riuscì nell’impresa per quanto con più difficoltà del previsto.
    Tanto Everard quanto Gideon, quindi, l’avrebbero vista spuntare con il solito passo tranquillo ma l’aria indispettita, mentre le iridi chiare del primogenito di casa Travers ne trafissero la figura come se da quella sola occhiata potesse capire tutto della sorella. Elara sbuffò, inevitabilmente.

    «Che c’è?»
    «Dov’eri?»

    Le domande arrivarono nello stesso istante, a comprovare un’intesa che si manifestava anche nel fastidio. Negli ultimi tempi la gelosia di Everard aveva infatti toccato vette nuove, mentre la bionda rivendicava i suoi spazi in maniera quasi snervante. Il risultato è che una sbuffava e l’altro pestava i piedi, ma incapaci di stare distanti per più di mezza giornata. La strega roteò quindi gli occhi al cielo, mentre il giovane mago distolse lo sguardo ed emise un grugnito molto simile a quello che Gideon aveva udito poco dopo. Fu quindi la moro che la Serpeverde indirizzò un sorriso più caldo, coprendo la distanza che la separava dal duo ed invece facendo segno con una smorfia di ignorare i borbottii di sottofondo.

    «Che stavate dicendo?»

    Chiese quindi con fare curioso, ed ovviamente fu il fratello a prendere parola per prima con quella sua faccia da schiaffi talmente odiosa che probabilmente solo il sangue che li legava faceva sì che non lo avessero mai davvero picchiato. «Gì stava dicendo che non ha bisogno della balia, ma mi sentirei di obiettare..»

    Lo prese infatti in giro, provocando uno sbuffo divertito in Elara alla quale, doveva ammetterlo, gli intermezzi tra i due cugini avevano sempre fatto molto ridere.

    «Io mi preoccuperei più per te, di solito questa è l’ora in cui sparisci e non dici mai dove vai.»

    Lo pungolò di rimando, giocando sporco.

    Edited by Gideon G. Greengrass - 18/4/2024, 18:29
     
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    Gideon riusciva a sentire in lontananza quelli che sembravano a tutti gli effetti tuoni. Da qualche parte c’era una tempesta in corso e credeva che entro la serata avrebbe raggiunto anche la collina della Scozia sulla quale sorgeva Hogwarts. Poco male: nemmeno a dirlo, le serate piovose erano le sue preferite.
    Non dovettero attendere ancora molto prima di vedere la figura di Elara comparire oltre la soglia del finestrone che conduceva al balcone dove si trovavano i due ragazzi. Ad una prima rapida osservazione non gli sembrava troppo entusiasta, ma Everard era già partito all’attacco interrogandola su dove fosse. Gideon scosse appena il capo, ché ormai era abituato a ritrovarsi in mezzo alle fugaci e mai davvero serie “discussioni” dei due, per quanto si trovasse sempre in un modo o nell’altro a concordare il più delle volte con la ragazza, da sempre più affine a lei sotto almeno un miliardo di punti di vista.
    Accennò un lieve sorrisetto alla sua domanda.

    Parlavamo male di te.

    Che non era vero ovviamente, ma era la classica risposta che si dava a quel genere di domande. Il cugino però confessò la verità sui loro discorsi, non che fossero chissà cosa, ma il suo modo di fare gli fece comunque guadagnare un’occhiataccia da parte dell’erede dei Greengrass, che figuriamoci se potesse accettare così placidamente di farsi ferire nell’orgoglio in quel modo. E quando fu la più piccola dei Travers a rispondergli a tono, Gideon non potè fare a meno di rivolgerle un’occhiata complice che aveva tutta l’aria di un ringraziamento.

    Cazzi miei, mh? Anzi, ora me ne vado proprio.

    Col più irriverente dei sorrisi ed una bella sventolata di mano, il ragazzo del sesto anno congedò la sorella ed il cugino abbandonando il balcone in favore di altre mete a loro nascoste. Poco male: lui aveva bisogno di parlare con Elara e non perché la presenza di Everard glielo impedisse o perché volesse avere dei segreti con lui. Soltanto aveva prima bisogno di un confronto con quella che in un certo senso si poteva quasi definire un’immagine di lui riflessa allo specchio, ma al femminile. Erano due persone diverse, Elara e Gideon, ed in quanto tali differivano su alcuni aspetti e su altri non concordavano, ma la percentuale di affinità invece sul miliardo di cose rimanenti rasentava quasi il numero massimo.
    Tornò con le iridi nocciola su di lei per qualche istante, mentre se ne stava ancora con la schiena poggiata contro l’alta balaustra del balcone. Quel posto gli piaceva anche perché guardare il panorama era precluso a tante persone, cioè quelle che non superavano una certa altezza. Forse nemmeno la ragazza ci sarebbe riuscita, non senza mettersi sulle punte dei piedi.

    Come stai?

    Le chiese spontaneamente, una domanda che forse non le faceva da un po’ di tempo. E per quanto non gli importasse dei sentimenti e degli stati d’animo altrui, ed era anche piuttosto risaputo, questo non valeva per lei. Glielo chiese così, come esordio per quella chiacchierata, le braccia incrociate al petto e la solita aria da persona che credeva di avere le potenzialità per far cadere il mondo ai propri piedi a donargli quell’aura sempre misteriosa che sia mai potesse un attimo abbandonarlo in favore d’altro.
     
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    Il temporale in lontananza rendeva l’aria particolarmente fresca, soprattutto su quel corridoio in alto e quindi esposto alle intemperie. Si strinse così nelle spalle e nel mantello della divisa, da sempre abituata a temperature non troppo miti anche nelle stagioni più favorevoli, ed invece coprì la distanza tra lei ed i due ragazzi con la solita grazia. La bionda era alta, ma probabilmente non abbastanza ed in ogni caso non sembrava – al momento – particolarmente interessata al panorama.

    «Mi fischiavano le orecchie, in effetti.»

    Rispose pronta ed ironica, che dubitava fortemente potessero avere dei reali motivi per sparlare dietro le sue spalle. Non Gideon almeno, mentre gli scoppi di Everard non erano mai da considerare qualcosa di troppo serio. Non se nei suoi confronti, che ultimamente aveva preso a centellinare le informazioni lasciate al fratello perché potesse metabolizzare con i giusti tempi la vita che la strega si stava costruendo tra le mura del castello. In ogni caso il trio sarebbe rimasto tale per poco, dal momento che il primogenito di casa Travers colse la palla al balzo per sfuggire da quel quadretto familiare e scappare verso i propri appuntamenti della domenica pomeriggio. Nulla che non fosse noto, almeno a loro, ma che voleva ancora ammantare di un alone del tutto inutile di mistero.

    «Ev, la tua permalosità è davvero commovente.»

    Lo canzonò ancora mentre il Serpeverde salutava loro con la mano ed il solito sorriso impunito, e fu mentre la figura del fratello spariva dal corridoio per gettarsi nei meandri della Torre che la ragazzina lanciò uno sguardo eloquente al cugino. «Credo che cazzi suoi fosse letterale..»

    Una battuta che le strappò uno sbuffo rassegnato e divertito al tempo stesso, concedendosi il lusso del turpiloquio cui non avrebbe ceduto se fosse stata in presenza di qualsiasi altra persona. Non condivideva i passatempi di Everard, e tuttavia aveva imparato che cercare di arginare il fratello era come cercare di trattenere il vento. Lasciarlo libero nel suo caos era l’unica strategia per controllarlo davvero, e scosse così il capo come a dire che non c’era poi molto da fare.
    Le iridi verdi ed accoglienti si posarono quindi su Gideon, incrociandone lo sguardo in maniera più piena di quanto non fosse successo negli istanti precedenti, mentre si appoggiava alla parete per fronteggiarlo direttamente. Gli sorrise quindi, anche grata per quella domanda che sapeva non essere scontata da parte del moro.

    «E’ un periodo intenso.»

    Rivelò quindi, e dietro quell’aggettivo poteva ascrivere una lunghissima lista di variabili. Lo studio, cui si stava dedicando fino allo stremo, lo stress per la questione degli Alfieri e le nuove evoluzioni personali la rendevano molto più stanca del solito, e tuttavia c’era una luce particolarmente soddisfatta ad animare lo sguardo delicato della strega proprio nelle ultime settimane. Banalmente, aveva la sensazione di star finalmente trovando la sua quadra là dentro, e la fatica era ripagata dai piccoli successi quotidiani che riusciva a mietere. «Tra l’altro guarda qui, a quanto pare sono rientrata anche io nelle grazie di Lumacorno..»

    Fece quindi sapere, adoperandosi con entrambe le mani per aprire la tracolla e tirare fuori quello che Gideon avrebbe facilmente potuto riconoscere come uno dei prestigiosi inviti al Lumaclub presieduto proprio dal loro Capocasata e docente di Pozioni. Lo allungò all’altro con l’aria furba di chi sapeva aver compiuto un piccolo miracolo in poco più di tre mesi di permanenza ad Hogwarts, ma gli espose di fatto solo l’intestazione del destinatario per poi riporre la carta al suo posto. Le balenò infatti alla mente l’idea di sfruttare l’occasione per chiedere all’altro qualcosa che le ronzava in testa da giorni, e l’aria intima di quella location le suggerivano di concretizzare l’opportunità. Umettò le labbra, poi parlò diretta.

    «Tu, invece?»

    Sembrava una domanda lecita e normale, ma non era finita qui. «Ultimamente ti vedo più spento, anche più pensieroso del solito..» Fece quindi sapere, con quanto più tatto possibile ma comunque onesta. «Magari non ne vuoi parlare, ma lo sai che ti osservo e che ti sento, per cui se hai bisogno di qualcosa ci sono.»
     
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    Sembrava quasi paradossale il modo in cui Gideon riusciva a mostrarsi agli occhi altrui sempre estremamente calmo e composto, sempre elegante nei movimenti, nella postura, come se fosse stato dipinto, scolpito dalla mano di un talentuoso artista. Persino nello stare poggiato ad una balaustra con le braccia incrociate, a sorridere in direzione della cugina appena giunta a fare loro compagnia, era estremamente teatrale, da sembrare quasi finto, se non fosse stato per il fatto che era davvero sempre così. Non si preoccupava di certo di apparire falso o costruito di fronte ai cugini, ché loro non erano poi così tanto diversi da lui sotto quel punto di vista, cresciuti sotto i medesimi rigidi insegnamenti; si sentiva quindi perfettamente a suo agio.
    Gideon non avrebbe mai parlato male di Elara neanche se ne avesse avuto un motivo valido, ma visto che non era comunque quello il caso si limitò ad ascoltare lo scambio tra i due fratelli. Ridacchiò sotto i baffi nel sentire la più piccola dare del permaloso al più grande, pensiero che ovviamente condivideva, ma accettò senza opporsi l’uscita di scena di Everard perché gli andava più che bene così. Ma lo sguardo che la bionda gli lanciò lo costrinse a piegare appena il capo di lato con aria confusa.

    Tu dici?

    Molto più ingenuo di quel che potesse sembrare sotto quel punto di vista, non poteva immaginare quali fossero i cazzi del cugino, quanto questi potessero essere letterali o meno, totalmente digiuno di informazioni riguardo quelle faccende. Tanto di lui quanto di lei, di Elara, così come nemmeno lui aveva mai proferito parola al riguardo, come se quei discorsi tra di loro avessero l’aspetto di un taboo. In un certo senso poteva anche essere così: un legittimo velo di pudore tra famigliari, oppure semplicemente il retaggio dell’ambiente in cui erano cresciuti in cui la repressione di qualsiasi istinto e desiderio era tra i valori ed i requisiti fondamentali?
    Ad un certo punto i due ragazzi furono l’uno di fronte all’altra, e Gideon la osservava con aria curiosa e con tutta l’aria di chi voleva davvero ascoltare la risposta e farla sua. Risposta che un po’ lo sorprese, ma non di certo in senso negativo.

    Ah sì?

    Disse soltanto, come invito a farsi dire di più. Non immaginava cosa potesse riempire le giornate della ragazza al punto da renderle intense o, meglio, poteva immaginare soltanto quello che riguardava anche lui e che gli riempiva a sua volta la testa, per cui se si pensava soltanto a quello la domanda risultava anche banale. La questione degli Alfieri occupava gran parte di quello spazio, con tutti gli annessi e connessi. Ma lui aveva addosso un carico diverso riguardo quella faccenda di quello che poteva essere quello della cugina. Più volte si era sentito puntare contro il dito nell’ultimo periodo, chè lui era stato indiziato non tanto dai professori quanto più dagli altri studenti, tutti ben consapevoli di quel che era stato nonostante la condotta impeccabile fino a quel momento.
    Non potè, tuttavia, fare a meno di sorridere con aria compiaciuta nell’osservare quella busta da lettere rossa, che riconobbe immediatamente. Ne aveva ricevute varie fino a quel momento, ed ora una stessa di quelle era tra le mani della più piccola dei Travers.

    Beh, non poteva essere diversamente. Era solo una questione di tempo… Lumacorno ci vede lungo.

    Nonostante l’età avanzata e quindi di certo qualche evidente problema di vista, il vecchio Pozionista sapeva riconoscere i giovani talenti che gli ronzavano intorno e sua cugina era certamente uno di quelli. Certo, ricevere quell’invito in tempi record non era di certo da tutti.

    Complimenti.

    Le mormorò sincero, giusto in tempo per vederle mettere via quella stessa busta. Parlava praticamente quasi a monosillabi il ragazzo, non che di solito fosse il più socievole della stanza o chissà quale grande chiacchierone, ma che fosse particolarmente pensieroso era evidente. Elara aveva tutte le ragioni del mondo a crederlo, perché sì, lo sentiva e Gideon sapeva bene di non poter sfuggire da quella capacità che aveva la sedicenne di leggergli la mente ma ancora di più l’anima senza il bisogno che lui dicesse nulla. Le iridi nocciola la scrutarono a fondo, come se stesse cercando di capire qualcosa. In realtà non aveva nulla da capire. Staccò la schiena dalla balaustra per fare mezzo passo verso di lei, mentre scostava il mantello della divisa dal petto per infilare la mano destra in una tasca interna, intento a tirare fuori qualcosa.
    Senza dire nulla, le piazzò così davanti agli occhi la magi-foto che i genitori di lei gli avevano inviato per posta giusto qualche giorno prima. C’erano loro due che giocavano, insieme ad Everard, poi c’erano i loro padri sorridenti. Le avrebbe lasciato il tempo di prenderla e studiarla, ed anche quello di domandarsi di conseguenza dove l’avesse presa, salvo poi proferire finalmente parola.

    Tuo padre mi ha scritto una lettera, qualche giorno fa.

    Confessò, anche un modo per non rispondere in maniera troppo diretta alla sua domanda ed alla sua intelligente intuizione sul suo stato d’animo. Poteva in un certo senso sembrare che fosse quello il motivo principale dei suoi pensieri, ma non era esattamente così ed Elara poteva intuirlo.

    Abbiamo avuto uno scambio molto interessante.

    Snocciolava così, a poco a poco, la questione principale di cui aveva intenzione di parlarle dal momento stesso in cui aveva inviato a Benedict ed Helena l’ultima lettera. Era passato molto poco e quella era stata la prima occasione utile, per questo erano lì su quel balcone e non aveva voluto aspettare oltre.

    I tuoi genitori mi hanno offerto un… regalo di compleanno molto particolare. Che ho accettato, ovviamente.

    Raccontò senza aggiungere ancora troppi dettagli, prima desideroso di scoprire quanto l’altra ne volesse sapere ed in che modo. In che termini, soprattutto. Lui era disposto a raccontarle tutto, anche perché era un parere che voleva da lei e non poteva averlo omettendo dettagli della faccenda.
    Ormai era staccato dalla balaustra e a non più di un paio di metri di distanza dalla cugina, in piedi, e se fino a quel momento l’aveva guardata con aria seria e riflessiva, in quel momento decise di gettare lo sguardo oltre le colline che circondavano Hogwarts, intercettando i tetti di Hogsmeade sovrastati da nuvoloni grigi.

    Ma è stato un po’… strano, lo ammetto.

    Confessò, centellinando quelli che erano i dettagli sul suo stato d’animo, sia mai che dicesse più del dovuto. Ed il solo fatto che davanti avesse Elara era comunque un requisito fondamentale a permettergli anche solo di iniziare quella pratica, ché se ci fosse stato chiunque altro, anche solo Everard, allora non avrebbe scucito una parola al riguardo. Sacrilegio dei sacrilegi, ed invece eccolo lì.
     
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    L’ingenuità che intravide nella domanda di Gideon la avvolse completamente e le strappò un’occhiata quasi tenere nei confronti del cugino. Era vero che tra loro, a maggior ragione da che la loro frequentazione era ripresa solo da pochi mesi, certi argomenti non trovavano spazio ma era altrettanto indubbio che Everard aveva un modo completamente diverso di approcciare tutto ciò che istinto e desiderio. Nel suo essere una mina vagante, aveva infatti scelto di abbracciare completamente ogni suo istinto per non esserne né schiavo né succube, esplorando invece l’indecenza e l’indecorosità fino a che non avessero più presa ed attrattiva e non potessero costituire alcun pericolo per la sua missione. Elara, dal canto suo, viveva in una sorta di via di mezzo che le impediva categoricamente di associarsi all’immagine del fratello tale era l’investimento che aveva fatti nella propria reputazione, concedendosi però sfogo e libertà in momenti precisi e calcolati. Lanciò così un’occhiata eloquente a Gideon, chiedendosi nella loro vita di repressione quale fosse stato lo stratagemma adottato dal cugino per sopravvivere.

    «Beh, sì.»

    Rispose così netta, e sincera. «Everard ha delle passioni tutte sue, molte delle quali includono un bagno e studenti di cui non sa neanche il nome.»

    Perché lei ne fosse a conoscenza non era forse necessario saperlo, ma da come parlava la bionda era evidente come le preferenze del maggiore di casa Travers comprendessero tutti i generi disponibili nel creato. Non ne sembrava disturbata o preoccupata, probabilmente più rassegnata, ma era altrettanto intuibile come quell’informazione la stesse dando a Gideon in quanto tale e non perché fosse qualcosa che dovesse arrivare ad orecchie al di fuori del castello e nello specifico quelle dei coniugi Travers.

    «Un po’.»

    Si ritrovò invece a confermare, mentre continuava a stringere tra le dita ma delicatamente la lettera scarlatta che sanciva il suo ingresso nell’elitè degli studenti del castello. «Sono riuscita ad avere il massimo anche in Pozioni e Cura, mi manca solo Erbologia per una media perfetta.. Ma è faticoso, Merlino sa se detesto queste materie.»

    Fece così sapere, additando principalmente allo studio l’intensità delle ultime settimane. Nominare gli Alfieri, infatti, era pleonastico dal momento che condivideva con Gideon il medesimo stato d’animo e la medesima sorte in bilico, per cui quella fonte di stress era più che nota. Ci fu un altro pensiero, tuttavia, che la fece sorridere, per poi scuotere la testa ed abortire l’idea di raccontare al cugino delle sue ultime avventure in giro per la Sala Comune. Non era il momento, ed in ogni caso non c’erano stati sviluppi tali da rendere la questione anche solo un po’ più avvincente.

    «Grazie.» La busta rossa sparì nella tracolla, ma servì ad ampliare il sorriso soddisfatto della Serpeverde. «Ti dirò, non ci tenevo molto di per sé, Lumacorno non è di certo tra i miei professori preferiti.» Per una serie di motivi, tra cui proprio quell’animo mellifluo che una persona concreta come la Travers non poteva che mal sopportare. «Ma i miei continuavano a ripetere che fosse importante, per cui.. Non mi aspettavo di riceverla così presto, però.» Ammise, per poi modulare un sorrisetto furbo. «Non puoi capire la faccia di Ev.»

    Sottolineò allora in confidenza, che rientrare nelle grazie del docente di Pozioni prima del fratello nonostante il suo talento indubbio attorno ad un calderone l’aveva fatta brillare di soddisfazione. Gliel’aveva sventolata sotto al naso con fare impudente, consapevole delle conseguenze ma non riuscendo a non vantarsi almeno con lui di quel successo. Con Gideon invece, ben più in vista di lei, non era il caso e quindi il tono si mantenne più pacato. Non aggiunse altro però, che la conversazione scivolò lentamente sul cugino e quando questo sembrò dare segnali di apertura la strega non avrebbe rovinato l’opportunità per nulla al mondo. Assottigliò invece lo sguardo chiaro nel tentativo di scrutare ancora meglio l’altro e le sue espressioni, sentendosi legittimata da quel rapporto intimo che le permetteva margini di manovra ben più ampi che il resto del mondo, ed allungando le dita di nuovo libere verso la fotografia che le venne mostrata. Inevitabilmente sorrise, tuffandosi per una manciata di istanti in ricordi lontani ma dal sapore dolcissimo. Era stata una bella infanzia, la loro, nel suo essere isolata e protetta. L’avrebbe stretta il tempo necessario ad imprimersi quei volti felici nella mente, per poi restituirla al legittimo proprietario.

    «L’ha fatto, quindi.»

    Si fece sfuggire, mostrando come fosse a conoscenza delle intenzioni paterne senza tuttavia avere avuto indicazioni sulla loro reale attuazione. Fece quindi per incrociare le braccia al petto, ora molto più concentrata ed attenta, e lasciando che fosse il moro a spiegare i contenuti di quello scambio a modo suo. Lei avrebbe annuito ogni tanto, incastrando lo sguardo caldo ed accogliente sul Serpeverde senza mollarlo neanche quando il giovane mago sentì il bisogno di interrompere il contatto visivo e spostò le proprie iridi scure all’orizzonte. La bionda aveva giocato un ruolo in quella storia, seppur iniziale e marginale, ma sapeva benissimo che le conseguenze di quell’iniziativa poteva rappresentare un punto di svolta. Ci sperava se non altro, ma c’era da fare i conti con le resistenze di Gideon e le difficoltà che aveva passato negli ultimi anni. Non lo biasimava, affatto.

    «So già tutto, più o meno.»

    L’entità del regalo se non altro, cosa che ci tenne e specificare perché la loro conversazione potesse procedere dando per scontato quell’aspetto.

    «Ci credo, voglio dire.. E’ un gesto importante.»

    Commentò, cercando di dare una sfumatura di neutralità a quel commento così da non influenzare in alcun modo il cugino. Chiaro che per lei fosse qualcosa di positivo, e sapeva anche quali fossero le motivazioni a muovere i propri genitori, ma lì, su quel balcone, il punto era un altro. Il punto era Gideon.

    «Strano come? Come ti ha fatto sentire?»

    Chiese, delicatamente, per poi prendere aria e sciogliere la propria stasi per muovere un passo verso la balaustra. «Conosco le intenzioni di mio padre e di mia madre, cosa pensano di te.. Ma so anche che è passato troppo poco tempo, che potresti essere confuso o ferito o ancora arrabbiato.» Sottolineò, sincera. «Ed a me va bene tutto, Gì, in qualsiasi modo tu la voglia gestire. A me interessa che tu stia bene, qualsiasi cosa ti faccia stare bene.»

    In quel momento, voleva soltanto dimostrargli che stava dalla sua parte a prescindere, nulla di più.
     
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    Oh.

    Per qualche strana ragione sembrò sorpreso nell’apprendere da Elara quali fossero le cose che ad Everard piaceva fare nel tempo libero. Non che non se lo aspettasse, sapeva benissimo che il cugino aveva un modo tutto suo di affrontare la vita, che tuttavia non gli invidiava affatto. Gideon infatti molto spesso non lo capiva: non capiva come si potesse approcciare tutto con la sua irruenza, la sua istintività, senza un minimo di riflessione alla base. Che poi questo comprendesse ogni aspetto della sua vita, forse, avrebbe dovuto immaginarselo.

    Almeno il nome potrebbe chiederlo.

    Si sentì soltanto di dire, senza nemmeno essere certo di aver capito benissimo quello che la bionda intendesse, ma nel notare come lei non ne fosse sconvolta o altro di simile, si sentì addirittura abbastanza simpatico da tentare una battuta. Magari con scarsi risultati, ma era da apprezzare l’impegno visto anche lo stato d’animo non propriamente roseo che si portava dietro da qualche settimana.
    In ogni caso, per quanto gli interessasse del cugino, non sarebbe stato lui il focus principale di quella conversazione. Motivo per cui si premurò di chiedere alla più piccola come stesse, ascoltandone con attenzione ed interesse la risposta. Sembrò piuttosto compiaciuto nel momento in cui gli parlò della sua media e delle materie che aveva recentemente migliorato.

    Pozioni dici? Allora un giorno di questi mi fai vedere come te la cavi.

    La stuzzicò con un sorrisetto furbo, ché in realtà quella rivelazione non fu altro che un assist per qualcosa che aveva in mente di fare da un po’ di tempo, ma che non aveva ancora messo in pratica per dei motivi non ben definiti, anche se ne sentiva una certa urgenza. Sapeva che avrebbe trovato in Elara una spalla perfetta, ma ne aveva appena avuto una conferma vivida.
    La testa piena di pensieri, drammi e preoccupazioni ce l’avevano entrambi, quello era poco ma sicuro, ma almeno nel mentre qualche gioia e soddisfazione arrivava. Che poi i traguardi della bionda li sentisse anche un po’ suoi, tanto era fiero di vederla brillare e trovare il suo posto ad Hogwarts, era un dettaglio non da poco che comunque a lei non avrebbe tenuto nascosto: a lei sarebbe bastato guardarlo negli occhi per rendersene conto, quel lieve brillio dato dalla fierezza che stava provando nel sentirla parlare del Lumaclub.

    Immagino sia fastidioso… – sentirsi ripetere continuamente di quelle aspettative da rispettare da parte dei genitori. Lo immaginava perché lui non aveva nessuno che gli ripeteva quanto fosse importante fare questa o quella cosa. …però in questo caso hanno ragione. È un buon trampolino di lancio. E Lumacorno, nonostante la vecchiaia, riesce ancora a far funzionare queste cose.

    Per qualche motivo ad Hogwarts esisteva ancora il classismo, ma chi era Gideon per privarsene visto che ci sguazzava dentro come un pesciolino in acque dolci? Non disse molto altro al riguardo, che una faccenda più importante – quella per cui Gideon scalpitava – diventò il nucleo principale della conversazione. Non disse molto in un primo momento, deciso a snocciolare la questione insieme a lei a poco a poco, ritrovandosi per qualche motivo persino a dover guardare altrove mentre si apriva e si mostrava agli occhi oliva della sedicenne più vulnerabile del solito. Un lusso che si concedeva soltanto con lei, ma nel momento in cui sentì le sue primissime parole al riguardo si ritrovò a spostare di scatto le iridi nocciola su di lei. Preso in contropiede, schiuse le labbra con l’intenzione di dire qualcosa ma nemmeno una parola uscì dalla sua bocca. Quindi lei sapeva già che i suoi genitori l’avrebbero contattato per quello speciale regalo di compleanno. Benedict gli aveva detto che erano stati i due biondi a metterlo al corrente della situazione familiare dell’erede dei Greengrass, eppure non si aspettava che ogni aggiornamento fosse condiviso tra figli e genitori in un rapporto quasi alla pari, almeno su queste cose – o su quel che riguardava lui? I Travers dovevano essere una famiglia più unita di quello che credeva, pensò, e per qualche istante provò una punta di invidia per quell’amore che in effetti aveva sempre visto unire Benedict ed Helena e che tra i suoi genitori non c’era mai stato. Aveva avuto dodici anni di tempo soltanto per rendersene conto, ma anche un bambino si sarebbe facilmente reso conto del rapporto che c’era stato tra Simon e Adele Greengrass.
    Non si era reso conto che aveva cominciato a prendere respiri profondi quando Elara gli aveva chiesto come quella cosa l’avesse fatto sentire. Era una delle cose più difficili in assoluto, per Gideon, esprimere e descrivere i propri sentimenti. Perché non era mai stato educato ed allenato a riconoscerli, abituato invece a reprimerli, cancellarli, ridurli ad una linea retta e sottile che l’avrebbe reso imperturbabile. Quindi quando gli veniva chiesto di parlare di come si sentisse, Gideon non lo sapeva mai. Di fatto, nel tempo che impiegò a trovare delle parole adatte a rispondere, fu di nuovo la bionda a riprendere la parola ed a dire esattamente ciò che il Serpeverde aveva bisogno di sentirsi dire. Come se gli avesse letto nel pensiero, come se avesse scavato nel profondo della sua anima per cercare la cosa più giusta, più necessaria da dire, Elara aveva colto in pieno il punto della faccenda.
    Gli occhi scuri del ragazzo la osservarono ancora per qualche istante.

    Strano nel senso che… non me lo aspettavo.

    Non era un gran modo di descrivere le proprie emozioni, ma l’attimo dopo ritentò.

    Insomma… sono stati anni difficili. – era ancora un periodo difficile, la sua vita era diventata difficile da quella notte di Giugno del 2019 e non era mai davvero migliorata. - Quando ti abitui a stare solo, ti dimentichi di come sia ricevere l’aiuto di qualcuno.

    Gideon era più che abituato a stare solo. Di fatto, sua madre aveva sempre continuato a considerarlo ma lui aveva smesso di considerare lei da quando aveva fatto le sue supposizioni sulla morte di Simon. Ma Adele non si meritava nulla, non era degna di un figlio come lui, aveva scelto di unirsi con una Mezzosangue ed il fatto che condividesse il sangue stesso di una madre come lei lo faceva vergognare. Era però pur sempre la sorella di Benedict, ed era grazie a lei che quel ramo della famiglia era agganciato al suo, era grazie a lei che poteva avere nella sua vita Elara ed Everard.

    E quando poi ti viene offerto... la prima reazione, quella più istintiva e spontanea, è di rifiutarlo.

    Aveva sempre fatto così lui. Aveva sempre rifiutato l’aiuto di chiunque, anche per questo era solo. L’aveva fatto anche con gli zii, cercando ulteriori spiegazioni, che erano arrivate prontamente. Chi aveva avuto il coraggio di andare oltre il suo primo rifiuto, chi non aveva mollato subito la presa, aveva comunque fatto breccia in un animo difficile con cui avere a che fare. Se fosse stato un buon investimento, di tempo e di energie, o meno, non spettava a lui deciderlo: se gliel’avessero chiesto avrebbe risposto ovviamente in maniera negativa.

    Ma tu sei l’unica persona di cui mi fido al mondo, El.

    Gliel’aveva già detto, ma in quell’occasione era necessario ribadirlo.

    E mi fido ciecamente del tuo giudizio.

    Quindi se lei gli diceva che conosceva le intenzioni dei suoi genitori, dava per scontato che queste fossero sincere, pure, altrimenti lo avrebbe avvisato. Nel ripercorrere mentalmente quello che gli aveva detto l’attimo prima la cugina, dovette fare i conti con quel “a me interessa che tu stia bene”. Perché non sarebbe bastato quel gesto da parte degli zii a farlo stare bene, la strada da fare era molto lunga, e lo sguardo scuro con cui la guardò per qualche istante ne era un chiaro segno. Non sapeva nemmeno come ringraziarla di tutta quella premura, del suo modo così genuino di stargli vicino, di volere il suo bene in quel modo.
    Qualsiasi tipo di ringraziamento sembrò morirgli in gola, motivo per cui l’unico modo di dimostrarle quello che stava provando in quel momento era spostarsi: passò di fianco alla più piccola e, nel farlo, avrebbe cercato di afferrare la punta delle dita della sua mano più vicina. Non che dovesse fare molta strada, ma avrebbe cercato di trascinarla fino al muro dove poco prima lei era poggiata con la schiena – questione di un paio di passi – e, una volta lì, si sarebbe voltato per poggiarvi stavolta la sua. Nel farlo però avrebbe poi cercato anche di piegare le gambe, lasciandosi scivolare perpendicolarmente al pavimento del balcone fino a trovarsi seduto su di esso, mentre ancora stringeva – se gli fosse stato concesso – le dita della più piccola e quindi cercando di trascinarla accanto a lui. Le avrebbe lasciato la mano solo in quel momento e soltanto per il bisogno iniziare a giocare con l’anello al medio della mano destra, il suo personale antistress, un riflesso involontario di cui non si rendeva nemmeno conto. In maniera del tutto inconscia, aveva voluto ricreare ricreare uno di quegli angolini di pace in cui si nascondevano e rifugiavano da piccoli per scappare dal mondo, dalle urla dei suoi genitori che litigavano, dai Travers impegnati con l’intrattenere questo o quell’ospite.

    Stavo pensando anche ad un’altra cosa. Ma non l’ho detta a tuo padre e forse non gliela dirò finchè non sarà il momento di agire.

    Ma voglio dirla a te era il sottinteso di quell’affermazione, perché era ovvio che Elara fosse infinitamente più importante di qualsiasi cosa potessero dirgli Benedict ed Helena, sui zii si, ma non parte della sua anima come lo era lei.

    Edited by Gideon G. Greengrass - 22/4/2024, 21:31
     
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    Le venne da ridere, ma si limitò ad uno sbuffo divertito per non indispettire il cugino. Che se non biasimava l’altro per non conoscere dettagli così intimi della vita del cugino, del resto le specifiche offerte dalla bionda non avrebbero dovuto stupirlo troppo.

    «Non è un gentiluomo come te.»

    Sottolineò, parimenti seria ed ironica, che se da un lato voleva punzecchiare il lato più nascosto di Gideon, dall’altro non aveva dubbi sull’eleganza ed il decoro altrui. Everard aveva un fascino più selvatico, e tuttavia magnetico a modo suo, al punto che i due non avrebbero potuto essere più diversi tanto esteticamente quanto nella personalità. Ad ogni modo non volle aggiungere altro, perché in effetti disquisire delle pratiche promiscue del fratello non era tra le sue attività preferite. Preferì invece lasciar scorrere e concentrarsi sugli argomenti successivi, che era sempre una parentesi di sollievo quando i due trovavano tempo e spazio per raccontarsi e viversi in maniera più intima.

    «Pozioni, giuro.»

    Confermò sorniona, che sapeva perfettamente come quello fosse il campo di applicazione prediletto dei maschietti del loro trio mentre lei era sempre stata, anche per volontà ed inclinazione, il fanalino di coda. «Quando vuoi, però prometti di non essere detestabile come Everard davanti ad un calderone.»

    Chiese in un lamento sarcastico, che ogni volta si era approcciata con il biondo se n’era andata infastidita per la spocchia che le era stata riservata. Il moro era senza dubbio di un’altra pasta, ma volle comunque mettere avanti le mani. Non aveva idea di come quella richiesta avesse secondi fini che la sola pratica scolastica, ed invece si accontentò di credere che avrebbe fatto degli esperimenti assieme ad uno degli studenti più talentuosi tra le mura del castello in quella materia. Nel frattempo, non le sfuggì il luccichio fiero nello sguardo del cugino per quel suo primo piccolo successo, al punto che non poté evitare di arrossire appena all’altezza delle guance. Almeno nel tono di voce cercò di mostrare il solito contegno, il tono che si mantenne basso e soffuso come sempre.

    «Lo so, infatti mi sono impegnata.»

    Sottolineò pratica, che così funzionava la sua vita. I genitori le imponevano qualcosa, e lei lavorava duro per soddisfare le loro richieste. Sedici anni vissuti nella dedizione e nell’obbedienza più totali e cieche, senza mai un appunto o una reale rimostranza. La naturalezza con cui rispose a Gideon esprimeva proprio l’essenza della sua impostazione, plasmata dai coniugi Travers perché fosse quanto più possibile vicina al loro ideale di perfezione. Venne quindi il momento che il discorso si spostasse del Serpeverde, e la bionda ritenne di non dover nascondere la sua conoscenza dei fatti. Avrebbe fatto un torto al moro mentendogli, ed il silenzio sulla questione fino a quel momento era stato legittimamente motivato dal non sapere come e quando il padre avrebbe portato avanti i suoi intenti. Ma una volta fatto, la strega non aveva motivo per fingere che non fosse stata coinvolta, potendosi invece permettere di andare dritta al punto della questione. Non era facile affrontare quell’argomento, ed in effetti erano stati scambi intensi quelli che avevano coinvolto la famiglia per cementare l’idea che si trattasse della cosa giusta da fare, ma era soprattutto gestire la reazione di Gideon l’elemento cruciale. Su questo però la bionda era stata categorica, e non si assunse il compito di facilitare nessuna operazione. Avrebbe infatti supportato il cugino da spalla e non da influenza, perché si trattava di questioni troppo importanti perché potesse anche solo a manipolarlo in qualche maniera. Non voleva farlo, ed anche in quel momento il suo unico pensiero era spingere l’altro a fare solo ed esclusivamente ciò che pensava sarebbe stato meglio per lui. Sapeva, d’altra parte, che spingere Gideon a parlare di se stesso e delle sue emozioni era un’impresa ostica, se non impossibile. Per questo lo chiese si in maniera diretta, ma lasciò che il silenzio accogliesse le riflessioni del mago e che fosse lui a decidere se rispondere o meno. Gli si fece più vicina ma comunque a distanza, respirando a sua volta lentamente ed osservandolo con una delicatezza rara. Non voleva infatti che si sentisse in soggezione, e che le proprie iridi fossero accoglienza e non giudizio. Ne restituì quindi lo sguardo scuro, stiracchiando un sorrisetto docile che si distese di più quando sentì le prime, stentate parole. Era comunque un inizio e, se aveva imparato qualcosa, era che bastava rompere un poco gli argini perché poi la piena esplodesse. Attese così che Gideon trovasse i suoi tempi e le sue parole, annuendo alla fine e mordicchiandosi il labbro per quello che sentì.

    «Mi dispiace.»

    Sincera, onesta. Che per quanto ragazzini, la sensazione di portare sulle spalle il peso del mondo era costante ed anche in quel caso galoppava spedito il senso di colpa per non aver fatto nulla negli anni per sollevare la condizione miserabile che il cugino stava vivendo. Scosse la testa, spostando appena lo sguardo sullo squarcio di orizzonte che si apriva sopra l’altezza della balaustra. «So che nessuno ti ridarà quello che hai perso, e che nulla potrà cancellare quello che hai vissuto.. Lo sa anche mio padre, non si tratta di questo.»

    Volle quindi specificare in prima battuta, cercando le parole più adatte per esprimere concetti affatto agevoli. Cercò di scrollarsi quindi di dosso la sensazione di essere portavoce di altri, ed invece si concentrò soltanto sulla fiducia che il riccio le stava dimostrando e che sentiva di voler ripagare nella maniera più genuina. «Semplicemente abbiamo sbagliato, tutti. Abbiamo sbagliato io ed Everard, nello sparire completamente, ed hanno sbagliato i miei genitori a pensare che la patria potestà di tua madre fosse un elemento invalicabile per avere rapporti con te.» Spiegò ancora, stringendosi nelle spalle. «Papà non lo ammetterebbe mai, ma soffre per il comportamento di zia Adele.. E per anni si è raccontato che tu fossi un affare che non lo riguardava più per non dover riaprire una ferita sempre sanguinante.»

    Stava forse offrendo uno spaccato inedito di Benedict Travers, ed in qualche modo sapeva che il padre non ne sarebbe stato contento, ma l’istinto le suggeriva che l’unico modo per parlare al cuore di Gideon era essere il più sincera possibile.

    «Nell’ultimo anno soprattutto, dopo tutta la questione degli Alfieri, il tuo nome è tornato spesso in famiglia ed è stato strano scoprire come sembrava che fossi sempre stato con noi.» Anche solo leggendo il giornale, l’apprensione che generava a Travers Hall bastava per capire come nessuno avesse davvero dimenticato quel cugino bistrattato. «A quel punto è stato naturale provare a riavvicinarsi, anche se penso sia stato il nostro arrivo ad Hogwarts ad aver accelerato tutto.» Innegabile, vista l’intensità con cui i tre si erano ritrovati. «Tutto questo per dirti che il regalo di mamma e papà arriva da lontano, e non è di certo un tentativo a caso.. Ti considerano davvero un figlio, e questo è il loro modo per tagliare con il passato e dare a tutti una nuova possibilità.»

    Affrontare lo scheletro nell’armadio una volta per tutte, prendendo il toro per le corna e smettendo di scappare da una situazione che inevitabilmente avrebbe continuato ad esistere. Poi tacque, sentendosi esausta per quell’arringa che l’aveva smossa nel profondo e che trovò consolazione nello sguardo che Gideon le rivolse poco dopo. Non avrebbe saputo interpretarlo, non senza strumenti a supporto, ma rimase immobile quando lo vide avvicinarsi fino a che non sentì le proprie dita sfiorate da quelle altrui. Seguì il gesto con lo sguardo prima di tornare con le iridi al volto spigoloso del Serpeverde, lasciandosi guidare docile e mansueta fino al muro e seguendolo nel far scivolare la schiena lungo la parete per poi sedersi accanto a lui. Riconobbe a sua volta quella posizione ma non disse nulla per non rovinare il momento, stringendo appena la presa a sua volta l’attimo prima di tornare libera. Piegò le ginocchia che andò ad avvolgere con entrambe le braccia, ruotando a quel punto il capo verso il moro e dedicandogli la massima attenzione.

    «Ti ascolto.»

    Fece quindi sapere, cogliendo perfettamente il sottinteso e cercando di metterlo a proprio agio mentre il tono era quanto di più gentile e pacato possibile. Senza fretta o pressioni, che sarebbe potuta anche rimanere in silenzio lì seduta per ore tanto si sentiva in pace.
     
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    Che Gideon fosse un gentiluomo era risaputo, in effetti. Non era affatto come Everard ed era innegabile invece la sua galanteria ed il suo sapersi orientare senza alcun tipo di problema in quel genere di cose. Anzi, nelle occasioni in cui aveva la possibilità di sfoggiare le sue doti dava il meglio di sé. Che poi si stesse parlando di argomenti non propriamente fini ed eleganti era un altro conto, ed infatti il Serpverde si limitò a rivolgere alla cugina un’occhiata compiaciuta senza aggiungere altro, ed anche senza voler sapere altro su cosa facesse il più grande dei due cugini e con chi.
    Ridacchiò al dire riguardo le pozioni, alzando appena gli occhi al cielo ad assumendo un’espressione realmente altezzosa ma che nacque in maniera spontanea sul suo volto e non per voler mostrare superiorità nei confronti della ragazza. Era semplicemente fatto così.

    Posso provarci, ma non ti prometto nulla.

    Di fatto, davanti ad una postazione e con un calderone tra le mani diventava insopportabile – almeno a chi non era come lui. Era infatti un perfezionista, un maniaco dell’ordine e della pulizia quando si trattava di avere a che fare con le pozioni - meno con tutto il resto- ma era qualcosa a cui teneva in maniera profonda, un legame quasi viscerale che aveva con quell’arte che nasceva direttamente dal suo DNA e per cui non era disposto a fare troppi compromessi. Con Elara però era diverso, motivo per cui non aveva idea nemmeno lui stesso di come sarebbe stato averla accanto durante la preparazione di un qualche tipo di intruglio.
    Aveva poi notato il lieve rossore sulle guance della più piccola al suo complimento sul Lumaclub, ma non l’avrebbe commentato per evitare di metterla maggiormente in imbarazzo. Prese soltanto atto della cosa, oltre al fatto che era davvero fiero di sapere che fosse riuscita a raggiungere l’ennesimo brillante obiettivo in pochissimo tempo.
    I discorsi che fino a quel momento avevano avuto come protagonista principale la bionda lasciarono presto spazio invece a quelli che riguardavano Gideon, ma che comunque toccavano e nemmeno poco anche Elara. La fatica che metteva nell’aprirsi, nel condividere i propri pensieri e le proprie emozioni, nel tirarli fuori in una forma concreta e realistica che non fosse soltanto nella sua testa gliela si poteva leggere in volto. O sentirla dal respiro, affaticato come se avesse corso una maratona, o addirittura dalla bocca che si seccava nemmeno dovesse pronunciare chissà cosa. Era persino difficile sostenere lo sguardo altrui, nonostante questo fosse il più accogliente che gli fosse mai stato rivolto, nonostante la delicatezza che Elara gli riservava sempre ed i suoi dubbi riguardo il fatto che se la meritasse davvero.
    Un lator motivo per cui raramente parlava di sé era che la reazione era più o meno sempre la stessa: nella sua ipocrisia e nel suo vivere a cavallo dei paradossi, cercava e bramava le attenzioni ed il calore altrui ma quando poi lo riceveva, se condito con un po’ di compassione, si sentiva in difetto ed in difficoltà. Perché odiava essere compatito e che le persone si dispiacessero per lui, ma allo stesso tempo voleva che lo facessero. Non era affatto semplice stare nella sua testa.
    Comunque non poteva di certo prendersela con Elara, che era stata vittima tanto quanto lui degli eventi e che quindi non aveva nessun tipo di colpa. Ascoltò allora il resto della sua spiegazione, la testa appena più incassata nelle spalle come se all’improvviso si stesse facendo molto più piccolo di quello che non era, nel sentire quello che c’era dietro le decisioni e le elucubrazioni dei coniugi Travers, nell’ascoltare la campana che per anni ed anni aveva smesso di suonare verso di lui. Era contento di sentire che anche lo zio soffrisse per il comportamento di sua madre, perché significava un’ulteriore punto a suo favore di cui forse aveva estremamente bisogno. Perché non poteva credere che Benedict Travers fosse d’accordo con lo stile di vita che sua madre stava conducendo, altrimenti lei ed il figlio non sarebbero stati allontanati in quel modo da tutti. Fortuna che il compimento della maggior età di Gideon aveva portato il resto dei Greengrass a riconsiderarlo uno di loro. Lo stesso Gideon aveva pensato che Benedict ed Helena avessero voluto provare a riavvicinarsi a lui proprio per questo motivo, per la rilevanza che sarebbe tornato ad avere nel proprio albero genealogico, ma Elara gli stava proprio spiegando che non era così. Ascoltava ogni parola con attenzione, nutrendosi di quei discorsi anche se non parlava, a lasciare che fossero i suoi occhi bisognosi di spiegazioni a farlo per lui.

    So che non mi pentirò di questa scelta.

    Non aveva alcun tipo di motivo di farlo. Non si sarebbe privato della possibilità di togliersi sua madre dal groppone.

    E so anche che mi stai dando tutti gli strumenti per arrivare a fidarmi dei tuoi genitori come mi fido di te.

    Ma mi serve ancora un po’ di tempo, era invece il sottinteso di quell’affermazione, dato che Gideon Greengrass non diceva mai tutto quello che doveva dire, parlava sempre per metà, sperando che fossero gli altri a capirlo per poi lamentarsi o disperarsi quando questo non accadeva, oppure gioendo quando il suo intento era proprio quello di non farsi capire. C’era poi Elara, per cui sapeva di non aver bisogno né di lamentarsi né di gioire, dato che con lei non gli serviva né fingere né spiegarsi ulteriormente. A lei sarebbe bastato un niente per capirlo. In ogni caso, il livello di fiducia che riponeva in lei andava oltre qualsiasi limite, motivo per cui nemmeno gli zii vi avrebbero avuto accesso così facilmente.
    L’attimo dopo erano seduti l’uno accanto all’altra sul pavimento di quel balcone, come avevano già fatto un milione di volte in passato. L’intento inconsapevole di Gideon era stato proprio quello di ricreare un loro spazio in quel posto che condividevano con altre centinaia di persone, nonostante questo gli bastava starle così vicino per sentirsi più al sicuro. Di fatto le loro spalle e le loro gambe si toccavano, nonostante il ragazzo avesse le ginocchia piegate e gli avambracci poggiati su di esse. Il dito medio ed il pollice della mano sinistra sfilavano ed infilavano di nuovo l’anello nel medio della mano destra, mentre lo sguardo corrucciato restava fisso su quel gesto. Non ricambiava il suo sguardo, tanto era concentrato su se stesso e sui propri pensieri, di fatto le prime parole uscirono dalle sue labbra quasi senza che se ne rendesse conto.

    Ora che mia madre avrà una rendita sua con cui vivere, la manderò via.

    Confessò così, gelido e serio come se stesse parlando di un cagnolino da abbandonare in autostrada e non di sua madre, la donna che lo aveva messo al mondo.

    Non voglio che stia più in casa mia insieme alla sporca Mezzosangue con cui si accompagna.

    Sibilò quasi tra i denti, la frustrazione repressa per anni ed anni che cercava di venire a galla ma che incontrava comunque l’opposizione della razionalità del ragazzo.

    Che sieda al posto di mio padre come se nulla fosse, che legga i suoi libri, che dia ordini ai suoi Elfi, che prenda il sole nei giardini che ha messo in piedi lui insieme ai migliori Erbologi del tempo.

    Per avere le sue scorte di ingredienti per Pozioni sempre a portata di mano, Simon Greengrass aveva fatto in modo di avere il meglio a disposizione sulla piazza. Ma non era quello il punto, tanto quanto il fatto che finalmente Gideon avrebbe potuto attuare la sua vendetta sulla donna che, nella sua testa, era stata la causa della morte di suo padre. Per cui non l’aveva ancora perdonata e non l’avrebbe perdonata mai, ed il fatto che si fosse unita in matrimonio a suo padre per risollevare la propria situazione economica non era che l’ennesima testimonianza che tutto ciò di cui lei si vantava non le apparteneva affatto. Era di Gideon, era tutto di Gideon, e poteva farne quello che voleva.

    La voglio fuori da casa mia e fuori dalla mia vita, che ne stia nella topaia in cui merita di stare insieme a quell’altra.

    Senza cuore, senza pietà. Né per Catrin, la compagna di Adele – come però ci si sarebbe aspettato da lui, né per sua madre stessa, che aveva non soltanto fatto in modo che Simon sparisse per stare insieme a lei – credeva Gideon – ma tra tante persone aveva scelto proprio una Mezzosangue. Non si preoccupò nemmeno del fatto che, a conti fatti, quella era la zia di Elara ed in un certo senso poteva anche provare qualche tipo di sentimento nei suoi confronti. No, era pieno di rancore e di rabbia per lei, e non si meritava nulla.
    Soltanto in quel momento si voltò verso la cugina, poggiando la nuca contro il muro e distendendo appena lo sguardo.

    Ho già deciso. Lo farò appena tornerò da Hogwarts.

    E non ci sarebbero stati Benedict o Helena Travers che tenessero, aveva deciso e l’avrebbe fatto. Già che quell’estate sarebbe stata più impegnativa del previsto, con il tempo che avrebbe dovuto passare in compagnia degli Auror. Aveva bisogno di consolarsi in qualche modo.
    Un sospiro pesante abbandonò le sue narici, mentre chiudeva per qualche istante gli occhi. Il profumo della pioggia in lontananza doveva aver raggiunto quel balcone grazie al vento. Sperava che questo avesse l’effetto di una medicina sulla sua testa, ma così non fu. Era ancora piena e pesante come l’attimo prima.
    Riaprì gli occhi, le iridi nocciola che cercarono lo sguardo della più piccola.

    Non manca molto a quando andrò via.

    A conti fatti, meno di due mesi ed avrebbe dovuto lasciare la scuola con l’anticipo di due settimane per mettersi a lavorare insieme a coloro da cui era sempre scappato.

    Ci sono ancora un po’ di cose che vorrei fare, prima della fine dell’anno.

    E forse avrebbe fatto meglio a stare zitto, buono, a farsi gli affari suoi. E qualcun altro invece avrebbe fatto meglio a ricordarglielo, che non era nella posizione di fare niente che non mettesse a rischio la sua vita per sempre. Ma Gideon era attratto dal caos, non sapeva stare con le mani in mano, non sapeva fare a meno di crearlo. Lo voleva sempre attorno a sé, così come voleva attorno a sé solo chi sapeva condividere quello stile di vita.
     
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    «Dio mio, non fare quell’espressione.»

    Mormorò di protesta quando il volto altrui si fece specchio della sua stessa presunzione, fingendosi esasperata ma senza riuscire a trattenere un sorriso divertito. Era cresciuta tra uomini dalla personalità ingombrante, perfettamente abituata a gestire ego notevoli e capace di solleticare ma anche di ridimensionare quando necessario. Così aveva visto fare a sua madre per tutta la vita, così aveva fatto lei fin da bambina con Everard e Gideon. A sedici anni era una maestra in quell’arte, ed il tono esasperato che usò serviva proprio a notificare all’altro come quell’aria trionfa con lei non attecchisse. Era però curiosa di mettersi dietro ad un calderone con il Serpeverde, che non era mai stato loro possibile e tuttavia lo stesso primogenito di casa Travers riconosceva l’indubbio talento del cugino. Avrebbe sopportato anche le manie di grandezza, prendendole in giro laddove esagerassero.
    Si illuse quindi che il proprio rossore alle guance fosse passato inosservato nonostante avesse sentito distintamente la pelle prendere calore, senza chiedersi se non fosse soltanto la galanteria altrui a non averle fatto notare quell’inciampo, ed invece abbandonò ogni argomento che la vedeva al centro dell’attenzione per spostare l’attenzione completamente sul moro. Lo guardava, lo studiava e lo sentiva pensare dietro lo sguardo nocciola e l’aria imperscrutabile. In quei pochi mesi aveva scoperto lati inediti del cugino, una chiusura ed una riservatezza che poco avevano a che fare con l’indole ma soprattutto con il passato. Glielo leggeva addosso, da come induriva lo sguardo a come serrava la mascella, che certi lati di quel diciassettenne non sarebbero appartenuti al bambino che aveva lasciato ad undici anni ed invece erano segni che l’uomo che sarebbe diventato si portava dietro come macigni. Non serviva parlarne per intuire quali spettri ne accompagnassero ogni passo e probabilmente la bionda avrebbe pagato oro pur di alleviare almeno per un po’ quella pesantezza, eppure era consapevole che il miglior modo per far riemergere il bagliore di Gideon era prendendo a martellate il muro che si era costruito fino alla breccia che le avrebbe permesso di stanarlo. Serviva pazienza ed a volte aveva la sensazione di star camminando su gusci d’uovo tanto doveva misurare parole ed occhiate, eppure sapeva che quella battaglia poteva essere solo e soltanto sua. Lo doveva a Gideon, lo doveva anche a se stessa ed a quello che aveva lasciato andare nel momento in cui lo aveva salutato senza sapere che sarebbe stata l’ultima volta. Così, lì seduta, con lo sguardo sulla figura del moro ed ogni senso settato su di lui, si chiedeva se fosse quello il tempo delle domande o delle risposte. Si disse che, semplicemente, quello era il tempo dell’ascolto.

    «Roma non è stata fatta in un giorno, Gì.»

    Sottolineò allora, dolcemente. «E questo è un primo passo, non il traguardo. Prenditi il tuo tempo, vedi come stai dentro a questa situazione.. Il resto lo scopriremo insieme, mh?»

    Non era servito che lo dicesse a voce alta perché la strega capisse quella richiesta di tempo da parte del moro. Non lo biasimava, e di nuovo la sua unica intenzione era quella di fornirgli un supporto. Che per quanto le intenzioni fossero delle migliori e l’affetto sincero, dopo anni di solitudine non importava quanto si desiderasse un abbraccio perché l’istinto sarebbe stato comunque quello di mordere la mano tesa. Sospirò invece, portandosi a casa la sensazione di calore che le parole altrui le avevano regalato. La fiducia era qualcosa prezioso, addirittura sacro in un ambiente come il loro, e sapere di godere di quella del cugino era forse il risultato più importante che avesse raggiunto fino a quel momento. Ci fu un breve attimo in cui si sentì in pace, come non avesse null’altro da chiedere alla vita, e domandandosi come sarebbe se fosse bastato semplicemente quello per vivere sereni. Batté le palpebre e la consapevolezza che non sarebbe mai stato possibile le ripiombò addosso, un peso ormai sopportabile ma mai più leggero, ma se non altro mitigato dall’idea di non essere sola su quel sentiero. Spostò meccanicamente le iridi chiare sulla propria gamba che toccava quella di Gideon, un’intimità che non aveva più bisogno di permessi, e sorrise tenera mentre si rese conto che le parole che uscirono dalla bocca dell’altro avevano un sapore nuovo. Più sicuro, quasi crudele nell’intonazione seria e l’aria gelida, al punto che la Travers sentì il bisogno di farsi più dritta con la schiena mentre non staccava lo sguardo dal profilo del cugino. Non lo interruppe e di fatto capì subito che non le stava chiedendo un consiglio, ma solo sputando una verità che fino a quel momento non era riuscito a dire a voce alta. Anche per questo non aveva osato interromperlo neanche con un cenno o uno sfiato, osservandolo gestire un’accozzaglia di sentimenti parimenti umidi e scivolosi con una razionalità quasi disumana. Lei, dal canto suo, accusò inevitabilmente il colpo. Con l’ipocrisia di un’ideale che si scontra con il caso specifico e noto, nei suoi ricordi Adele Greengrass era la zia amorevole ed accudente da cui scappava ogni volta che aveva bisogno di uno di quei sorrisi che raramente sua madre le aveva donato. L’Elara bambina era infatti dolce e spensierata, molto più simile a colei che aveva dato la vita a Gideon che non a Helena, e per tanto tempo aveva invidiato al cugino quella donna così amorevole e gentile. Sentirne parlare in quei termini, per quanto inevitabili e condivisibili, le fece provare sentimenti contrastanti che cercò di soffocare a sua volta con il lume della ragione. Adele aveva scelto di unirsi a chi non meritava di vivere, tradendo tutto ciò che l’aveva sostenuta fino al momento prima, e non ci sarebbe mai stata redenzione per lei.

    «Dillo a papà. Ti darà una mano.»

    Si permise soltanto di suggerire, che in due si sarebbero fatti forza e coraggio a vicenda. Non dubitava delle intenzioni di Gideon, ma sapeva benissimo come tra il dire ed il fare ci fosse di mezzo il mare. Solo a quel punto tornarono a guardarsi, e le mani della Serpeverde salirono fino al braccio altrui per aggrapparvisi metaforicamente mentre poggiava la guancia alla stoffa. Senza troppi motivi, lo strinse delicatamente che anche per lei era stata una conversazione impegnativa ed aveva bisogno di sentirlo lì, per lei. Annuì, l’idea di un intero anno a scuola senza né Gideon né Everard la atterriva, ma capì che l’altro si stava riferimento ad un lasso di tempo molto più vicino e sospirò di sollievo. Quell’estate invece aveva il profumo delle cose belle, da passare tra le spiagge vicino a Bristol e le distese verdi di Newbury.

    «Dimmi tutto.»

    Qualsiasi cosa fossero, a lei andava bene.

    [Role conclusa]

     
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