And off to work we go

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    [ Diagon Alley - tardo pomeriggio di fine aprile ]



    Era una qualunque giornata di fine aprile, e come tale, era un qualsiasi giorno lavorativo per gli Auror. A qualcuno era stata affidata una missione, a qualcun altro ne era stata affidata un'altra. Faramir era stato assegnato alla pattuglia di Diagon Alley, per accertarsi che tutto filasse liscio e che non ci fossero problemi di alcun genere. E come spesso accadeva, non era stato mandato da solo, perché raramente gli Auror lavoravano da soli, preferendo una formazione a coppie o a squadre. In questo caso, essendo un lavoro semplice, si trattava solo di una coppia.
    In coppia con lui c'era Bloom Cohen, una collega con cui non aveva lavorato molto in passato, e che quindi Faramir non conosceva in maniera approfondita. Quanto lei conoscesse di lui, invece, non poteva esserne certo. Tutti, nel Dipartimento Auror, bene o male conoscevano il suo cognome, per via della fama da grande Auror che aveva avuto suo padre, prima di perdere completamente il senno e ritirarsi dalle scene, per non parlare della morte prematura di suo fratello maggiore in missione. Insomma, per quanto Faramir cercasse di fare solo il suo lavoro e non mettersi particolarmente in mostra, il suo cognome lo precedeva, almeno nel suo ambito lavorativo, per via di faccende che riguardavano la sua famiglia e non lui. Anche se, in effetti, c'erano anche cose per cui gli Auror parlottavano di lui: la morte di suo fratello, dopotutto, era stata causata da un errore di Faramir in missione. Eppure, nonostante le dicerie sul suo conto, Faramir era un Auror serio, diligente ed interessato solo al bene comune, senza nessuna mira verso gloria o interesse personale.
    Dunque, non si faceva mai problemi quando i suoi superiori gli dicevano con chi doveva andare in missione, di chiunque si trattasse. Quando erano colleghi più anziani, generalmente era costretto a sentire parole che ricordavano il valore di suo fratello o di suo padre, ma quando erano persone più o meno della sua età, era più difficile che tirassero fuori vicende del suo passato, conoscendolo più per le missioni portate a termine con successo che per le sventure della sua famiglia. E la donna con cui era in missione questa volta, per fortuna, era più o meno sua coetanea. Anche se davvero non si poteva mai sapere quello che i colleghi avrebbero potuto tirare fuori durante i momenti di noia di una missione semplice.
    Già, perché stavolta la missione del giorno era davvero semplice. Dovevano fare la ronda per Diagon Alley, camminando dalla zona sud a quella nord e viceversa, ed intervenire in caso di bisogno. Ma se tutto fosse andato liscio, se non ci fossero stati disguidi di alcun genere, sarebbe stata una tranquilla passeggiata di salute. Tra l'altro era già tardo pomeriggio, quindi voleva dire che presto la maggior parte dei negozi avrebbero chiuso, e la gente avrebbe quindi cominciato a lasciare la zona, tornando a casa o rifugiandosi in una locanda.

    Anche se sembra essere tutto tranquillo, è sempre bene tenersi in guardia. Non possiamo mai sapere che cosa potrebbe accadere.

    Non era ben chiaro se lo stesse dicendo alla collega, a se stesso, o se stesse semplicemente recitando a memoria le regole del buon Auror che il padre gli aveva inculcato in testa fin da bambino. Probabilmente era più l'ultima opzione, in effetti. In quel momento aveva la bacchetta magica in mano, stretta in maniera salda ma non spasmodica nella mano destra, mentre camminava con le mani l'una nell'altra dietro la schiena. Aveva la postura ed il portamento di un soldato, preciso e rigido. Probabilmente non aveva mai camminato in maniera disinvolta nemmeno una volta in vita sua, cresciuto con l'abitudine a marciare nei ranghi invece di camminare regolarmente. Insomma, se non si fosse capito, il padre gli aveva impartito un'educazione decisamente di stampo militare, per crescerlo come un Auror perfetto.

    Bloom Sylvie Loren Cohen
     
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