Di Esplorazioni e Nuove Conoscenze

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    [giovedì 2 febbraio 2023 – h. 15:06]

    pXamelo
    Credeva di non abituarsi mai all’Inghilterra o, meglio, alla Gran Bretagna, in un contesto molto più ampio, Bróðir; che, fin da piccolo, è stato circondato dalle sfumature del blu e del bianco. Davanti ai suoi occhi, infinite distese di ghiaccio e boschi, che fitti contenevano dalle più disperate storie e magie. Erano così estranee, per lui, colline e brughiere, così verdeggianti, ma soprattutto umide, insieme a colline e montagne. Anche il tempo, grigio e cupo, il cui cielo perpetuo della presenza di nuvole non aiutava di certo il suo umore o l’umidità, aumentando la nostalgia che provava ogni giorno di più per il sole e per le limpide giornate trascorse nella fredda Norvegia. Gli mancavano le giornate passate a scorrazzare nella foresta, circondati da animali e piante (sia magiche che no), a pattinare sui laghi ghiacciati ed arrampicarsi sugli alberi più grandi. Andare in giro per la città era sempre stato divertente, grazie anche agli anziani che non mancavano mai di rievocare, ancora e ancora, i loro giorni di “gloria” e le storie di folclore che circondavano la piccola cittadina di Røros. Non aveva mai mancato, nei ormai quattordici anni di lontananza, di raccontare le leggende che, un tempo, erano state narrate a lui, ed ai suoi amici, quando era diventati abbastanza grandi da ricordarle ed apprezzare gli anni di storia che i più anziani elargivano ai più giovani. E, lui stesso, seguendo la tradizione, le narrò una ogni sera a Diana, al posto delle “storie della buonanotte” inglesi, magiche e babbani, volendo che la, oramai quattordicenne, portasse con sé un pezzo della Norvegia, parte del suo patrimonio genetico. Forse, fu anche un po’ per questo, che sua figlia si appassionò a questo piccolo mondo, fatto di speculazioni e tradizioni popolari. Questo interesse, portò la ragazza a fare molte ricerche ed a interessarsi all’argomento, coinvolgendo il padre che, sebbene da ragazzino ne fosse rimasto affascinato, l’interesse era rapidamente scemato, sostituito da altri hobby e passioni; ma, Bróðir che per sua figlia farebbe di tutto, supportò la ragazza in questo suo diletto anche accompagnandola nei luoghi dei suoi racconti e storie. Facendo, di conseguenza, riaffiorare quel lontano e nascosto stupore ed interessamento. Si ritrovò, quindi, quel giorno di febbraio a viaggiare fino in Galles per pre-sondare uno dei luoghi che quell’estate sua figlia si era messa in testa di esplorare insieme ad un paio di amici, esclusivamente babbani. Lo faceva per evitare, anche se non dovrebbe esserci il presupposto, che quei posti possano essere, in qualsiasi modo “infestati” (che fosse da veri fantasmi o animali magici, fatture o maledizioni di qualsiasi tipo). Era il suo modo, oltre che fare il suo lavoro, di “prendersi cura” di Diana, non era ovviamente necessario che lei ne venga a conoscenza.
    L’Abbazia di Tirtern, nel Monmouthshire (Galles), era oramai una rovina e un luogo di visita principalmente per babbani, ed era territorio di una leggenda in particolare, che aveva interessato molto sia la ragazza che il padre ed inspirato quel viaggio.

    Elladora Catchlove


    Edited by Bróðir C. Prince - 18/5/2023, 21:17
     
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    Il cielo era nuvoloso e preannunciava pioggia a volontà: niente di meglio per iniziare quella giornata di relax presso una delle abbazie più infestate di sempre – o almeno, secondo quanto sussurravano alcune leggende babbane.
    Non che la Gringott le avesse chiesto di ispezionarlo in quanto Spezzaincantesimi: lo faceva per puro piacere, Elladora, ché di macabro, spiriti e fantasmi non ne aveva mai abbastanza.
    Sedeva con le gambe incrociate sopra una tovaglia da tavola a scacchi rossi e bianchi su cui poggiava un cesto colmo di prelibatezze: scones, panini al burro, prosciutto, paté d'oca, frutta e crostata alle mandorle di Mielandia.
    Aveva ironicamente deciso di visitare quell'abbazia nello stesso modo in cui lo avevano fatto i ragazzi protagonisti della leggenda che aleggiava su di essa: mangiando e festeggiando i ritrovamenti di due scheletri. Certo, le mancavano ancora gli scheletri, e per questo motivo si era portata dietro del materiale da scavo babbano per riuscirci.
    Per il resto, Elladora sperava con tutto il suo cuore che la leggenda si rivelasse vera: non poteva immaginare qualcosa di più pauroso di alcuni spiriti che prendevano forma dalla polvere e in un tornado portavano via tutto il cibo che aveva fatto preparare a sua zia per quel picnic improvvisato.
    Superbamente magico.
    Proprio mentre cercava di prendere sulla sua pelle abbastanza ombra possibile, guardando verso il cielo con gli occhi chiusi e un sorriso soddisfatto, Elladora sentì dei passi avvicinarsi: forse erano lì, gli spiriti!
    E invece no: si trattava soltanto di un semplice ragazzo. Uno molto bello, alto e muscoloso, certo, ma pur sempre fatto di carne ed ossa.

    Hey, straniero.

    Almeno avrebbe avuto un po' di compagnia quel pomeriggio - finché le pale dietro di lei non lo avrebbero spaventato, probabilmente.
    Sorridendo, allora, si rimise dritta con la schiena, rimanendo comodamente seduta sopra la tovaglia con le gambe incrociate.
    Prendendo dal cesto uno dei panini preparati da zia Greta, Elladora iniziò a muoverlo in aria per attirare gli sguardi dello sconosciuto.

    Ti va del prosciutto?

    Edited by Lulu Sparks - 5/2/2023, 18:25
     
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    Era bellissimo... sarebbe stato molto più incantevole con il sole? O all’alba o, forse, al tramonto? Sì, ma a prescindere del decisamente discutibile tempo atmosferico inglese, non si poteva non notare la bellezza di quel luogo. Mai un uomo particolarmente socievole, Bróðir stava in piedi appoggiato con la schiena ad un muro in pietra mezzo cadente, ma ancora dopo tutti quegli anni ancora in piedi, e osservava le numerose pareti e archi che lo circondavano, ammirando l’architettura di quei tempi ormai antichi e le mille e una storia che quel luogo magico era capace di raccontare ai più attenti ascoltatori. Iniziando a gironzolare, estrasse una sigaretta e l’accese con lo zippo babbano regalatogli dalla figlia al suo quarantesimo compleanno, inspirando il fumo tossico nei polmoni, si godette la sensazione sentendo i nervi e i muscoli rilassarsi, e poi espirò emettendo una nuvola bianca dalla bocca socchiusa. Senza meta, camminava calpestando l’erba umida con gli stivali in pelle di drago, i jeans sbiaditi e bagnati sugli orli, insieme alla maglietta bianca e il maglioncino, infine la giacca di pelle completava il look che quel pomeriggio, dopo il delizioso pasto preparato dalle magiche mani di Nyambura, si era infilato di fretta e furia.
    Fu la voce di una donna ad attirare la sua attenzione, bionda e dagli occhi azzurri, seduta su una tovaglia a scacchi rossi e bianchi, vicino a lei un cesto ricolmo di cibo. Ma furono il materiale da scavo babbano, in particolare le pale, dietro di lei a fargli, prima alzare il sopracciglio destro e, successivamente, a storcere il naso dal dispiacere e dallo scetticismo.

    Non vorrà, di certo, mettersi a scavare, vero?

    Con le migliori cortesie purosangue, insegnategli dai tutor, fece un semplice cenno del capo per poi guardarsi intorno, cercando un modo per declinare l’offerta del panino al prosciutto fattogli dalla donna. Avendo già mangiato un pasto completo, roast dinner con una fetta di una deliziosa apple pie fatta in casa, quel panino gli sembrava un eccesso del quale non potersi permettere. Quindi con un cenno della mano sinistra, con la quale non teneva le sigaretta – che aveva continuato a fumare – declinò il panino.

    No, ho già mangiato, ma la ringrazio, signorina…

    Lasciò la frase incompiuta, nella speranza che la cortesia comune avrebbe fatto presentare la donna, ancora senza nome e per la ragione per cui l’uomo sentì un lampo di fastidio, oltre che per lo sfacciato saluto con cui la bionda lo aveva indirizzato.

    Bróðir Prince.

    Disse, dritto al punto, il Guerriero presentandosi e allungando la mano verso la più giovane.

    Lulu Sparks
     
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    L'uomo era decisamente uno di quelli riconosciuti dalla società come belli, con i capelli del colore del grano e gli occhi del cielo. Da quel punto di vista erano molto simili, lui ed Elladora, eppure la Spezzaincantesimi non condivideva metà del fascino che trasudava lui, bello, impossibile, poggiato ad un muro con il fumo ad oscurare momentaneamente la sua vista.
    La donna era talmente sovrappensiero da non accorgersi neppure di non essersi presentata, o meglio, del fastidio derivato da quell'assenza.
    Così, mandando giù il morso di panino e leccandosi le dita sporche di senape, Elladora porse la mano libera - e sporca - all'uomo senza abbandonare il sorriso che la contraddistingueva.

    Oh.
    Catcholve, Elladora Catchlove.


    Come la famosa zia strega, Greta, celebre per aver pubblicato un libro su come creare pozioni con l'uso del formaggio.
    Beh, forse non poi così famosa, però di certo non anonima, soprattutto per i maghi e le streghe di quella zona. Peccato che non avesse idea che il suo interlocutore fosse uno di loro, motivo per il quale avrebbe dovuto fare molta attenzione a non far trasparire nulla del suo essere strega – benché molto di lei lo urlasse, considerato quanto apparisse stramba e fuori dal mondo, caratteristica principale di ogni mago o strega del mondo magico.

    Brodir?
    Come brodino?


    Elladora non aveva mai sentito quel nome in vita sua e, sebbene le sembianze dell'uomo facessero pensare ad origini nordiche, il suo cognome lo riportava nei pressi dell'Inghilterra.
    Doveva saperne di più, Elladora: forse la sua nazionalità avrebbe spiegato e giustificato il motivo per il quale aveva declinato il panino che gli aveva offerto con così tanta gentilezza.
    Oltre quello, rideva già all'idea di qualcuno che si chiamasse con un nome simile a brodino: così tanto alto, bello e possente per poi essere accompagnato da un nome tanto simpatico.
    Divertente, sì, divertente.
    Almeno per Elladora, che aveva una strana concezione di “spiritoso” - e le pale dietro di lei non facevano che confermarlo.

    Mi ripeti come si pronuncia?
    Broudir?


    Gli parlò dandogli direttamente del tu, riprendendo a masticare il suo panino con ben poca grazia.
     
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    Sebbene non possa essere definita esattamente brutta, la donna con cui stava intavolando la conversazione, che da lì a poco avrebbe capito essere la più strana e semplicemente pazza della sua vita, non poteva nello stesso modo definirsi bella o meglio attraente, nel senso fisico del termine, ma non avrebbe mai espresso quest’osservazione o opinione ad alta voce, soprattutto perché, fin da bambino, a Bróðir era stato insegnato a non esprimere schiette osservazioni, che avrebbero potuto inavvertitamente offendere o insultare qualcuno. La classica educazione Purosangue, imponendo la maschera in ogni momento e occasione sociale, o meno, anche in privato, che sebbene gli sia sempre stata troppo stretta, e nonostante tutti gli sforzi, sia suoi che della sua famiglia, non aveva mai davvero lasciato che la maschera cadesse o lasciasse il suo viso. Comunque, non era un uomo così superficiale da guardare una persona o giudicarla solo per il suo aspetto fisico, anzi, per lui il carattere era una delle più importanti variabili per coloro che lo attraevano, se poi questo carattere doveva essere un po’ particolare – come: per niente appiccicosi, non troppo chiacchieroni, ecc… – quelli erano fatti solo suoi e di nessun altro.

    Elladora… davvero un bel nome.

    E, sorprendentemente, era… sincero. Tirò, di nuovo, dalla sigaretta. Non riconobbe il cognome però, avendo passato più di metà della sua vita tra i ghiacci e il freddo della Norvegia. Rispetto ai quindici tra le colline e i prati dell’Inghilterra, di conseguenza non poteva essere sicuro che la donna bionda fosse o meno una strega. Un lampo di fastidio iniziò a strisciargli dalla nuca alla base della schiena, facendogli raddrizzare la postura e sporgere il petto ampio in fuori, indispettito dalla anche solo possibilità che il suo nome sia anche solo lontanamente collegato alla parola brodino.

    Bróðir… significa fratello. È norvegese.

    Lo aggiunse all’ultimo, tenendoci particolarmente a sottolineare le origini del suo nome, oltre che alla pronuncia giusta, non vorremmo mica che lo si storpi ancora un po’.

    Cosa fa qui, all’Abbazia, in questa bella giornata?

    Che poi di bella non aveva proprio nulla, visto le nuvole scure portatrici di un bell’acquazzone. Non era uno da convenevoli, ma disposto a cambiare argomento per, oltre a far continuare la conversazione, anche per evitare che la donna, la quale a quel punto l’uomo aveva intuito fosse un po’ sopra le righe, trovasse divertente storpiare ancora il suo nome. Era, oramai diventata, un’arte glissare l’attuale argomento di conversazione.

    Lulu Sparks
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    Edited by Bróðir C. Prince - 24/2/2023, 17:57
     
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    Brodir non sembrava apprezzare particolarmente il nomignolo che Elladora aveva suggerito – non che la constatazione di una somiglianza verbale fosse sintomo del desiderio della donna di chiamarlo in quel modo, anche se probabilmente le cose stavano proprio così.
    Anzi, approfittò delle sue parole per spiegare alla donna cosa significasse il suo nome e quale fosse la corretta pronuncia: brodir, broudir, brudir... Elladora ci provò fra un morso di panino e l'altro, fino a quando non si ritenne soddisfatta del suo tentativo – e a prescindere che il possessore del nome lo fosse altrettanto.
    Ma il bel biondo non si scoraggiò, incalzando una conversazione piovuta dal cielo blu come i begli occhioni che si ritrovava.
    Elladora se ne stupì, abituata a spaventare chiunque avesse a che fare con lei per più di cinque minuti, piacevolmente colpita dalla tempra del baldo giovane.

    Io?
    Mi godo il panorama e aspetto che arrivino gli spiriti a rubarmi il cibo, ovviamente.


    Elladora non si poneva il problema che Brodir potesse non conoscere la leggenda che aleggiava su quel posto: come si poteva non conoscerla, dopotutto?
    L'abazia era grande, luminosa e spettrale: non vi erano fedeli pronti ad assistere alle celebrazioni al suo interno quel giorno, ma streghe desiderose di macabri spiriti e paurose avventure (o per lo meno, soltanto lei).
    Elladora era pronta ad accogliere i resti eterei di chi si diceva giacesse su quel terreno; c'era solo da sperare che non fosse una semplice leggenda babbana ma un vero e proprio fatto magico.
    Osservò allora l'uomo fumare e, nel farlo, le venne voglia di imitarlo ma non aveva del fumo con sé: forse avrebbe dovuto chiedere ad uno spacciatore di Notturn Alley di fornirle dei funghi allucinogeni, più che del fumo, considerato l'effetto fantastico che le procurato fatto l'ultima volta. Ma purtroppo avrebbe dovuto accontentarsi del suo panino, che continuava a mangiare senza preoccuparsi di chiudere la bocca come le buone maniere da purosangue insegnavano – fortuna che lei fosse cresciuta in campagna con la zia, per cui non era mai stata obbligata a rispettarle!

    E tu, “Fratello"?
     
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    Bróðir ascoltò con indulgenza le pronunce del suo nome borbottate dalla donna davanti a lui, che tra un morso del panino e l’altro stava distruggendo il suo nome nei più modi disperati. In qualsiasi altra circostanza avrebbe potuto continuare ad insistere per farle capire la pronuncia corretta del suo nome, insistendo all’infinito. Era, dopotutto, testardo e, come di sua natura, avrebbe girato la testa e commentato gli errori della donna con astio e terrore, ma era stanco. La bionda sapeva decisamente come riuscire a spremere le energie da qualunque persona con cui intavolava una conversazione di qualsiasi tipo. Il Guerriero era stanco, esausto già da soli una trentina di minuti di conversazione con quella donna estenuante, arzilla e decisamente strana. Si portò la sigaretta alle labbra, dando un tiro, il fumo che si espandeva nei polmoni grazie alla boccata di respiro che tirò, e poi buttandolo via prima che gli finisse in gola. Le sua sopracciglia si levarono quasi fino all’attaccatura dei suoi capelli biondi, gli occhi pieni di sorpresa e stupore, oltre che un bel po’ di confusione. Sembra un’esperta, questa donna, nel generare confusione e sorpresa, non sempre del tipo “buono”, al suo prossimo.

    Spiriti? È una strega?

    Mascherò i suoi sentimenti, quasi a tempo di record, cercando di non far notare alle donna della scivolata, in quei tempi così incerti, dopo il Felix-Gate, era molto importate la prudenza e il “mistero”, l’obbiettivo era cercare di non farsi scoprire. Avrebbe potuto essere un indizio, per fargli capire la sua “natura”, ma sembrava improbabile, in quei tempi dopotutto la riservatezza e la cautela dovrebbero essere i primi due vocaboli del dizionario nelle menti e nel comportamento di tutti i maghi e le streghe del mondo. Sembrava quasi impossibile, che una strega, anche se “strana” per i loro standard, rischiasse così con uno sconosciuto, con il rischio che qualcun altro possa sentirla, ma poi forse poteva essere vero anche il contrario.

    Capisco...

    Imbarazzo, uno dei mille e più disperati motivi per i quali ripudiava le conversazioni, nonostante la sua gentilezza nell’intrattenersi con gli sconosciuti. Amava il silenzio, o meglio la tranquillità dello stare da soli o anche in compagni, senza però dare sfogo alle corde vocali, ma erano i silenzi “comodi” che preferiva, mentre i silenzi “imbarazzanti” li odiava. Non saper di cosa parlare con qualcuno, esso sia uno sconosciuto o meno non aveva troppo importanza, l’imbarazzo era un ottimo deterrente per interrompere una conversazione scomoda.

    Meglio di “brodino”

    Pensò, un po’ cinico, all’appellativo che la donna gli affibbiò, non molto tempo dopo, sembrando sinceramente non notare l’imbarazzo provato da Bróðir, che un po’ schifato dalle maniere pressoché incivili di Elladora.

    Faccio un giro...

    Vago, molto vago, forse anche un po’ sospetto. Fu il meglio, però che riuscì a tir fuori.

    Lulu Sparks
     
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    “Capisco”.

    Ribatté Elladora utilizzando la sua stessa espressione di poco prima, mandando giù l'ultimo boccone del suo panino mentre lo sguardo chiaro continuava ad osservare l'uomo senza alcun genere di esitazione, convinta di doverne scoprire di più su di lui e sui suoi modi di fare, come fosse uno spirito da studiare o una maledizione da abbattere.
    Ermetico, chiuso, forse imbarazzato? Elladora non poteva esserne certa, ma riusciva a percepire il disagio dell'uomo sulla sua stessa pelle. Cosa, che, ovviamente, non faceva che aizzare la donna a volerne avere di più e per il solo gusto di nutrirsene e divertirsi.
    Così, sospirando, ripulì il suo addome dalle briciole con un infantile gesto delle mani, cambiando posizione sulla tovaglia e portando fuori dal suo cestino della frutta una mela.

    E' il momento della frutta!

    Esordì con tono squillante e divertito, portando alla bocca una mela rossa a cui diede un gran morso. Ripulì la bocca dal suo succo con un gesto secco del polso, tornando a fissare l'omone negli occhi.
    Sì, non sembrava particolarmente a suo agio in sua compagnia, oppure era terrorizzato dall'idea di incontrare per davvero degli spiriti nei pressi di quell'abazia. Probabilmente si trattava di quest'ultima ipotesi, anche se a quel punto si chiedeva come mai dei tanti posti esistenti al mondo avesse deciso di fare un giro proprio lì. Forse non era a conoscenza della natura magica e misteriosa di quella zona.
    Prese quindi il suo cestino da picnic con entrambe le mani, spingendolo in avanti e verso l'alto al punto da coprire il suo volto. In sostanza, gli stava offrendo uno dei frutti contenuti al suo interno.
    Doveva ringraziare che non gli avesse porto direttamente una banana, ché a quel punto probabilmente sarebbe morto sul colpo trasformandosi lui stesso in uno spirito.

    Sicuro di non volerti unire a me?
    Sembri un po' emaciato. Della vitamina D ti farebbe bene.


    Affermò con tutta la serietà di cui era capace da dietro il cestino, sinceramente preoccupata di vederlo svenire davanti ai suoi stessi occhi. E, ovviamente, non aveva intenzione di prendere in considerazione l'idea che fosse proprio lei a renderlo in quello stato.
     
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    Buttò la cicca della sigaretta, oramai finita e spenta, nell’erba ai suoi piedi per poi schiacciarla con il tacco dello stivale, ascoltando nel mentre la replica della Spezzaincantesimi, alla quale Bróðir storse la bocca, la risposta della donna nel contesto di una conversazione “normale” avrebbe potuto essere presa come sarcasmo, ma il Guerrieri non ne captò nessuna traccia nella voce della donna, cementando un po’ di più in lui la convinzione di essersi imbattuto in una pazza, strega o babbana che sia. In tutto questo, la cosa che lo spaventava di più di quella donna, erano gli occhi chiari e lo sguardo fisso verso di lui, come a volerlo studiare ed esaminare a fondo, a carpirgli tutti i suoi segreti. Necessari, certamente, ma anche in alcuni casi troppo oscuri e bui per venire rivelati dal loro più grande nemico, a detta del Norvegese, la curiosità. “La curiosità uccise il gatto…”, il proverbio per eccellenza, o più conosciuto, per far desiste qualcuno dall’essere curioso, perché può portare anche a pentirsene. Di questo era fermamente convinto Bróðir, che di segreti e bugie, ma soprattutto delusioni, era un vero esperto. Per anni, infatti, era stato esposto ai segreti dei genitori e dei nonni che, quando scoperti e venuti alla luce tutti i fatti e le azioni da loro compiuti, ne era rimasto sia inorridito che deluso. Per poi, venir risucchiato per la seconda volta in quel circolo vizioso, di segreti e azioni pericolose (molto spesso anche immorali), dal quale fu ancor più difficile uscire, doveva ringraziare la morte del padre e del nonno, che contribuirono al portarlo in Inghilterra, dove l’incentivo a rimanere più importante di tutti fu proprio la piccola Diana. La quale, ancora bambina, aveva conquistato il suo cuore e tutta la sua attenzione, spingendolo a mettere un punto alla parola fine a quella situazione andata avanti per anni e che prima o poi lo avrebbe ucciso. Il suo istinto urlava, intimandogli di scappare a gambe levate da quella donna prima che riuscisse a farlo parlare, aveva l’aria di una di quelle la quale sarebbe stata capace di stordirlo talmente tanto da confonderlo, anche senza l’uso della magia, e fargli confessare tutti i suoi segreti, anche i più reconditi e orribili. Girandosi intorno con gli occhi, vide più di una persona girarsi a guardarlo male, e questi senza riguardo per gli occhi che l’osservavano alzò sottilmente gli occhi al cielo. Era piuttosto sicuro che il giudizio nei loro occhi fosse dovuto alla cicca per terra, di questi tempi tutti volevano “salvare” l’ambiente, quando poi erano i primi che buttavano vetro che non poteva esser riciclato nel contenitore del vetro e non in quello dell’indifferenziato. Già si immaginava gli occhi furiosi della sua bambina se, in qualsiasi modo o forma, fosse venuta a conoscenza del gesto da lui appena compiuto. Gli occhi furiosi e la tirata d’orecchi che si sarebbe guadagnato, però non lo fecero desistere dal gesto o spingerlo a chinarsi per raccogliere la cicca. Cosa che mai e poi mai si sarebbe messo a fare, era un Purosangue cresciuto nella bambagia e nella seta, mai propenso a sporcarsi anche da bambino e, di certo, non sarebbe cambiato a quarant’anni, uomo fatto e finito, per giunta padre di una quattordicenne. La voce squillante della donna, che quasi gli perforò i timpani, e il successivo gesto con il cestino, gli fecero riportare lo sguardo azzurro verso di lei, la cui vista era però bloccata dall’intreccio di vimini che la bionda gli aveva spinto sul viso. Il gesto lo fece sentire in dovere, anche a causa della sua educazione e del rifiuto di prima per il panino, di accettare l’offerta per un frutto, quindi con un gesto del capo, in segno di assenso, allungò la mano un po’ incerto nel cestino, quasi si aspettava di venire azzannato da qualche creatura che la donna avrebbe potuto mere al suo interno, e ne tirò fuori un’altra mela che successivamente, dopo averla studiate attentamente, addentò. Dopo aver deglutito il boccone, fece un sorrisetto un po’ teso.

    Grazie

    Lulu Sparks
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    Elladora non poté credere ai suoi occhi quando il vichingo accettò qualcosa offerto da lei, dopo continui dinieghi e fallace insistenza.
    La sua bocca si spalancò in un sorriso genuino, felice di avere convinto – o esasperato – l'uomo al punto da spingerlo ad accettare uno dei suoi frutti.

    Ti piace?

    Gli chiese con ancora gli angoli delle labbra rivolti verso l'alto, guardandolo con attenzione mentre mordeva ciò che aveva scelto – una mela -, la masticava e la mandava giù, scrutandolo affascinata come si trattasse del primo pasto di un cucciolo appena nato.
    Probabilmente sarebbe apparsa più psicopatica del normale, e il biondo avrebbe potuto chiedersi se la donna non stesse aspettando che accadesse qualcosa. Quel pensiero le fece venire in mente un altro scherzetto da propinargli, col sorriso che da genuino si trasformava in machiavellico.
    Aspettò dunque che deglutisse il boccone prima di confidargli un segreto, col sorriso stampato sul volto e gli occhi illuminati d'euforia.

    E' avvelenata.

    La sua voce era calma e decisa allo stesso tempo, come si trattasse di un'informazione del tutto occasionale anziché di qualcosa che avrebbe potuto letteralmente rovinargli la vita.
    Contò fino a 7 – il suo numero preferito - , dopo di che scoppiò in una risata talmente forte da far volare i corvi nelle vicinanze: se ci fosse stato un fantasma da quelle parti, a quel punto sarebbe di certo uscito allo scoperto per rimproverare la Spezzaincantesimi del chiasso che aveva osato creare.
    Dopo aver asciugato una lacrima con il dorso del polso, Elladora cercò di ricomporsi, tornando seria all'improvviso.

    Scherzo.
    Non preoccuparti.


    Si rimise quindi in piedi, ripulendo il vestito dalle pieghe e dalla terra, per poi riordinare la tovaglia e le posate all'interno del suo cesto da picnic. Tornò quindi a scrutare l'uomo negli occhi, stavolta con meno euforia e divertimento che in precedenza.
    Gli avrebbe quindi confidato il motivo della sua visita e della sua improvvisa fuga.

    Beh, direi che è il momento di andare: nessun fantasma da queste parti.
    Una vera delusione.


    Facendo spallucce, allora, lo salutò, per poi correre lontana e smaterializzarsi alla prima occasione.
    Il tornado Elladora aveva portato a termine il suo dovere.

    Adieu!

    Chiusa

     
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