Di Lupacchiotti e Corse Mattutine

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    [Metà agosto 2023 - h. 06:45]

    6cAUZif
    Era diventata oramai un’abitudine, coltivata fin dall’Addestramento degli Auror ad Oslo, che ci fosse il sole o la pioggia, il fango o le pozze d’acqua, Bróðir si alzava dal letto tutte le mattine, prima del sorgere del sole e, vestendosi con un paio di pantaloni in felpa e una canottiera, insieme ad una felpa con cerniera, usciva di casa, preferendo il bruciore dei polmoni e dei polpacci delle gambe, al posto della classica mattinata tranquilla con tè caldo e biscotti. Ogni mattina veniva svegliato da una lingua ruvida e fredda che, bagnata di saliva, leccava la sua faccia corrucciata anche nel sonno e da due piccoli corpicini sovraeccitati che, cercando di salire sul suo letto, tiravano le coperte. Uno dei due piccoli corpi pelosi, una volta completato il proprio obbiettivo, sempre il più temerario, saltava giù dal materasso fino alla moquette e sfrecciava via nell’altra camera dell’appartamento, dalla quale un urlo femminile e squillante avrebbe poi sancito la sveglia dell’uomo. Ormai diventata una routine, neanche più si infastidiva al troppo rumore dei tre lupi e alle urla della figlia adolescente, chiamate anche le gioie di essere un padre single.
    Non era per niente facile, prendersi cura di un branco di tre cani, anche se tecnicamente sarebbero lupi, due dei quali ancora cuccioli. Eccitabili come pochi, Hati e Skǫll, avevano fatto della loro missione svegliare anche prima dell’alba i loro padroni tutte le mattine, che ci fosse bel tempo o brutto, ai due cuccioli non importava nient’altro che gli snacks e uscire a fare le passeggiate. E il Guerriero aveva obbligato, quella mattina uggiosa di febbraio; quindi, una volta che i due cuccioli furono con le loro mantelline anti-pioggia e collare, preparò Fenrir, facendogli indossare anche la museruola (più per tranquillizzare le persone con la paura dei cani) e uscì di casa per andare a correre.

    [Colline di Hogsmeade - h. 8:30]

    Dopo la corsa, durata come sempre un bel po’ di tempo, il cui obbiettivo era provare a stancare i due cuccioli, ovviamente senza successo, Bróðir era stato convinto da Nyambura a passare da casa sua, una piccola villetta alla periferia di Hogsmeade, e partecipare ad un piccolo pic-nic organizzato dalla donna, con i suoi figli e nipoti, che conosceva ormai da anni, ma con il quale non aveva instaurato chissà quale rapporto. L’uomo, infatti, mentre tutti gli “invitati” stavano chiacchierando tra di loro, era seduto sull’erba poco distante, più vicino alla via che portava al villaggio, a guardare i cuccioli rotolarsi tra i fili verdi, con il sempre fedele Fenrir, sdraiato al suo fianco, con gli occhi azzurri vispi e attenti sui suoi due “figli”.

    Bellamy Octavian Marvey


    Edited by Gideon G. Greengrass - 21/8/2023, 16:56
     
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    Era raro che Bellamy passasse le proprie mattinate a poltrire nel letto, soprattutto nei giorni infrasettimanali. Quello di ritardare la propria sveglia era un lusso che si concedeva soltanto nei weekend, mentre tutti gli altri giorni preferiva avventurarsi nelle sue ricerche. La vita del Magizoologo non era tra le più ''standard'', ché non avrebbe mai potuto lavorare da casa sua o chiuso all'interno di un ufficio. Doveva viaggiare, cercare, scoprire, muoversi e trovare quelle Creature che avrebbe poi curato e portato nelle riserve, perché altri se ne prendessero cura. Non sempre era necessario avventurarsi in parti del mondo sperdute, anzi, molto spesso era proprio vicino ''casa'' che si trovavano le specie meno accudite, proprio perché essendo comuni venivano un po' lasciate a loro stesse. E quando era di casa che si parlava, Bellamy non poteva fare a meno di pensare ad Hogwarts. Ed anche se era sabato e avrebbe di gran lunga preferito dormire un po' di più, quella mattina il ragazzo irlandese era stato costretto da doveri si fosse avventurato per le valli di Hogsmeade perchè aveva sentito parlare di una colonia di asticelli che andava controllata per assicurarsi che fosse tutto regolare.
    Ogni volta che metteva piede da quelle parti, era inevitabile per lui farsi assalire dalla nostalgia degli anni passati tra le polverose mura del castello. Non che fosse passato molto tempo da quando aveva messo piede al suo interno per l'ultima volta, ma Hogwarts era stata la sua casa quando non v'era nessun altro posto nel mondo ad accoglierlo ed in quanto tale gli sarebbe mancata per sempre.
    Col suo zaino sulle spalle, l'abbigliamento e l'attrezzatura del caso, il biondo camminava con lo sguardo rivolto verso le punte delle torri del castello, non troppo lontano dalle colline di Hogmeade. Doveva stare attento a non lasciarsi sopraffare troppo tra i ricordi, che tra i tanti felici che aveva collezionato nel corso degli anni, ve n'erano altrettanti meno piacevoli, ferite ancora aperte che non avevano smesso di sanguinare.
    Storse appena le labbra quando uno di questi provò a fare capolino nella sua testa, e fu proprio in quel momento che con la coda dell'occhio vide qualcosa muoversi sul manto verde smeraldo delle colline. Impossibile non notare quelle palle di bianco limpido che si rotolavano tra i fili d'erba, a pochi centimetri dai piedi del giovane Magizoologo. Improvvisamente, sul suo volto comparve un sorrisetto divertito e gli occhi si fecero appena lucidi di tenerezza.

    «Ma ciao piccolini.»

    Si piegò sulle ginocchia, così da poter allungare la mano sinistra nella loro direzione e lasciarsi annusare, per mostrare che era innocuo e non voleva far loro del male. Non sapeva se fossero randagi o vi fosse qualcuno nei paraggi a badare a loro. Cosa che scoprì poco dopo, quando le iridi color ghiaccio incontrarono prima il manto innevato di quello che doveva essere un genitori dei due cuccioli, la madre, forse, poi delle persone che si trovavano direttamente accanto.

    «Sono vostri?»

    La risposta era scontata, ma preferì comunque chiedere prima. Ancora abbassato sulle ginocchia, alternava lo sguardo tra Brodir e Fenrir e i due piccolini.

    «Cani lupo artici, giusto?»

    Doppi pp!
     
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    Non era sempre facile o semplice per l’uomo alto e ben piazzato esternare i propri sentimenti, o per quel che vale, distinguere molti dei segnali sociali caratteristici del comportamento umano, di conseguenza era normale per lui “servirsi” dei segnali canini – o lupini? – per determinare le sue interazioni con altri esseri umani come lui. Come si può immaginare, questa sua diciamo abitudine non sempre, anzi mai in realtà, funzionava con nessuno, non si poteva di certo aspettare che quando qualcuno stava male, qualsiasi tipo di male anche un semplice mal di pancia, si sdrai in mezzo ad una strada o marciapiede per poi iniziare a piagnucolare come un amico a quattro zampe. E, se per un po’ avesse anche guardato male questa persona, a causa del “teatrino” che stava facendo, avrebbe anche se con riluttanza dato una mano alla persona assicurandosi che stesse bene, continuando però a darle il malocchio per tutto il tempo e facendosela per cui nemica o facendosi dare dell’antipatico. In quel momento comunque, vestito con un paio di jeans scuri, la maglietta grigio scuro e la giacca di pelle, era seduto con lo sguardo perso nel vuoto, con i cuccioli che giocavano, mordendosi l’un l’altro aggressivi, e un po’ duri, ma non cattivi, erano fratelli dopotutto, e con Fenrir che al suo fianco si crogiolava al sole, godendosi un po’ di pace. Quasi non si accorse, quando il lupo adulto al suo fianco, che fino a quel momento era stato tranquillo, ma vigile rizzò l’orecchio sinistro, il quale fino a poco prima era stato tranquillamente rilassato sul suo capo, in allerta avendo captato, grazie all’udito sopraffino oltre che all’olfatto, il rumore delle scarpe di qualcuno non meglio identificato che si avvicinava. . Fu quando la testa bianca del lupo si sollevò ad attirare la sua attenzione sull’uomo che inginocchiato sull’erba si stava facendosi annusare dai due cuccioli, curiosi del nuovo volto e odore. Fenrir si alzò per primo, molto meno socievole e molto più diffidente verso gli estranei dei suoi due “figli”, per poi avvicinarsi al trio, dei due cuccioli i quali avevano cominciato, dopo un’annusata all’uomo, a girargli intorno ed ad abbagliare chiedendo di giocare. Gli occhi azzurri penetranti del lupo artico più grande si concentrarono sul ragazzo, perché era un ragazzo, di circa vent’anni, guardandolo sebbene con calma anche con determinazione, come un avvertimento di non fare del male ai cuccioli, anche se non sembrava il tipo.

    Sì… Hati e Skǫll: i cuccioli… e Fenrir: il padre…

    Disse con un cenno del capo all’affermazione e con la mano indicando per primi i cuccioli e per secondo Fenrir, che si era seduto sulle anche, guardando ancora profondamente il ragazzo. Per finire, indicò sé stesso.

    Bróðir Prince

    Bellamy Octavian Marvey


    Edited by Bróðir C. Prince - 13/4/2023, 17:09
     
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    Il vermicolo era di certo una delle bestie magiche più diffuse in Inghilterra, utile per la preparazione di molte pozioni e per recuperare salute dal suo viscido muco.
    Bellamy se ne ritrovò uno sul suo cammino, ma bastò poco perché potesse accorgersi di qualcosa di strano: il vermicolo camminava dal verso opposto ed emanava un odore più nauseante del solito.
    Approcciandosi a lui, il Magizoologo sarebbe riuscito a toccarlo senza causare la sua ostilità e dopo una breve analisi a capire cosa lo affliggeva: la sua coda, notoriamente indistinguibile dalla testa, aveva i segni della forzatura di chi aveva provato a staccarla per poi lasciare la presa. Evidentemente qualcuno doveva aver provato a prendergli la testa, per poi accorgersi dopo di avere sbagliato, infischiandosi del dolore procurato (e rimasto) al povero vermicolo.
    Compresa l'entità del problema, a Bellamy sarebbe bastato spalmare su di lui un po' di Succo di Aloe. Nell'attesa, avrebbe potuto portarlo in una Medicheria per creature o tenerlo con sé in un posto caldo.



    Bellamy Octavian Marvey, trovi un vermicolo ammalato ma riesci ad ottenere la sua fiducia, capire cosa lo affligge e risolvere il problema!
    Per farlo, tuttavia, devi acquistare o trovare del succo di Aloe da spalmare sul vermicolo: se lo farai la guarigione sarà autoconclusiva, ma dovrai contattare il Narratore per stabilire il periodo di Convalescenza della creatura, che puoi tenere con te in casa o in Medicheria.

    Ricordiamo inoltre che:

    • Riuscire a prendersi cura e guarire le ferite della creatura significa ottenere un bonus di +3 esiti positivi in fase di Domesticazione (successiva alla guarigione).
    • Il PG, durante una ricerca, trova una creatura ferita. Può prendersene cura e lasciarla li o portarla nella Medicheria della propria Riserva per tutto il periodo della sua convalescenza. In quest'ultimo caso, il PG riceve un bonus di Empatia che può sfruttare successivamente per avere un vantaggio in fase di "Fiducia".

    Se farai una di queste due cose ricordalo al narratore che provvederà ad inserire i tuoi bonus in scheda PG, insieme a +1 Prestigio!


    Edited by Bellamy Octavian Marvey - 15/8/2023, 00:34
     
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    Era rimasto incantato dalla bellezza dei due cuccioli di cane, ma anche l'esemplare adulto non era da meno: col suo atteggiamento fiero e maestoso, lo osservava da lontano. Bellamy pensava che stesse cercando di capire se potesse essere un pericolo per i suoi figli o meno, dato che aveva appena appreso dall'uomo biondo che si era avvicinato che quello era il padre dei piccolini.
    Annuì nell'apprendere i nomi dei tre animali, poi quando il proprietario si presentò con tanto di nome e cognome, il Magizoologo ritenne giusto fare lo stesso.

    «Oh, Bellamy Marvey. Piacere di conoscerla.»

    Allungò la mano nella sua direzione, in un gesto di pura formalità.
    Non sapeva bene come proseguire la conversazione, ma sapeva che sarebbe volentieri rimasto ore ed ore seduto lì a giocare con quei cuccioli di cane lupo che si rotolavano nell'erba. Fu proprio mentre allungava la mano verso uno di questi che un odore nauseabondo raggiunse le sue narici. Si guardò intorno, convinto fosse colpa di uno dei due cagnolini, quando le sue iridi chiare intercettarono invece qualcos'altro.

    «Un Vermicolo.... »

    Mormorò, a metà tra sé stesso e Brodir. D'improvviso, l'attenzione verso i due cuccioli sparì e si spostò tutta sull'esemplare di Creatura Magica. Piegato sulle ginocchia, si avvicinò a quest'ultimo senza esitare nonostante la puzza che proveniva dalla sua direzione. Era evidente che avesse qualcosa che non andava, e il suo odore non ne era l'unico indicatore.

    «Se ne intende lei, di Magizoologia?»

    Chiese quindi all'altro uomo, ché magari aveva di fronte un altro Magizoologo e non aveva alcuna intenzione di fare una figuraccia con un collega. Bellamy allungò la mano in direzione della creatura che camminava nel verso opposto rispetto a quello in cui sarebbe dovuto andare, cercando di mostrare che fosse innocuo e che non aveva alcuna intenzione di fargli del male, prima di provare poi a mettere il palmo della propria mano sul suo tragitto e lasciare che salisse su di essa.
    Osservò per qualche istante come era fatto, così da poter trarre le sue conclusioni.

    «E' un maschio adulto, ne sono certo...»

    Lo avvicinò un po' di più a Brodir così che anche lui potesse vedere, senza curarsi del fatto che forse l'odore poteva fargli schifo o chissà, anche la visione.

    «E ha la coda mezza staccata! Povero....»

    Era piuttosto visibile, un problema del genere per lui che, nonostante fosse alle prime armi, aveva studiato tanto era di facile comprensione. Ma non aveva con sé nulla per curarlo però, quindi avrebbe dovuto portarlo via da lì. Non ancora però, ché il problema del Vermicolo non sembrava così urgente, non ancora almeno.
    Decise di tenerlo sul palmo della mano ancora per un po', per vedere come si comportava.

    «Le dispiace se lo tengo un po'? Le dà fastidio? Sa, sono un Magizoologo... prima di portarlo via di qui vorrei accertarmi che il viaggio non sia troppo rischioso.»

    Lo disse come se stesse parlando di un paziente umano e come se lui fosse un medico. Più o meno valevano gli stessi concetti, anche se la vita di un Vermicolo non valeva di certo quanto quella di un umano. Ma Bellamy, che per tanto tempo era stato fin troppo misantropo, poteva non essere del tutto d'accordo con quell'affermazione.

    Il Narratore • non avendo con sé l'Aloe, Bellamy si porta in valigia il Vermicolo! (non in questo post ma nei prossimi insomma). Aprirò a breve la riserva, dove lo metterò in medicheria.
    #staystrongVermicolo


    Edited by Bellamy Octavian Marvey - 4/4/2023, 10:47
     
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    Afferrò la mano protesa verso di lui, che sancì la fine dei saluti formali iniziati dal Guerriero e portati a termine dal Magizoologo. L’uomo biondo osservò con la coda dell’occhio il comportamento del lupo bianco adulto, ancora seduto al suo fianco e i cui due occhi azzurri erano ancora fermi sullo sconosciuto, che poi sconosciuto non era più, avevano un nome adesso. Dalla sua visuale, sebbene limitata, Bróðir osservò la posizione precedentemente tesa e contratta dell’animale rilassarsi considerevolmente, ma restando sempre all’arta in caso di pericolo. Pensò, dopo qualsiasi prova o ispezione Fenrir abbia sottoposto il giovane, che fosse sicuro avvicinarsi e intavolare di conseguenza una conversazione, anche se aberrata dal Norvegese, sicuramente incoraggiata dai due cuccioli che, contenti e sovraeccitati, continuavano a giocare ad acchiapparella l’un con l’altro intorno ai piedi di Bellamy. Proprio quando l’uomo davanti a lui si apprestò ad allungare una mano verso uno dei cuccioli, che nel mentre delle presentazioni si erano fermati con l’evidente fiatone, tanto accompagnato dalla lunga lingua ruvida e umida esposta, nel mezzo tra il padre umano e il Magizoologo, Bróðir percepì un’improvvisa ondata di cattivo odore. Essa puzzava talmente tanto, che l’uomo fu costretto a coprirsi il naso con una mano, e ipotizzò che il cambio dell’origine del vento avesse fatto girare con sé anche l’odoraccio emanato, a quanto pare, da un semplice e piccolo – non sembrava poco più grande di una ventina di centimetri – Vermicolo. Il quale avrebbe ritenuto, a primo acchito ed, in seguito, a una veloce occhiata sfuggente, un semplice verme un po’ troppo cresciuto, e al quale non si sarebbe mai e poi mai avvicinato, vista la puzza, ma furono le parole del Magizoologo che chiarirono, sia delle informazioni su lui stesso Bellamy, che sulla creatura (e l'odore nauseabondo da lei emanata).

    No… non me ne intendo.

    Disse, di Magizoologia proprio non ci capiva nulla, non avendo mai davvero partecipato alle lezioni di Cura delle Creature Magiche. Gli unici animali con cui riusciva ad entrare in empatia, o anche solo ad andarci d’accordo, erano i cani (e lupi), con alcuni casi specifici, con i gatti. Per il resto proprio non riusciva a farseli piacere, forse era anche grazie alla sua bassa capacità di immedesimarsi in chiunque tranne se stesso e quelli a lui più cari.

    Ah! E sei riuscito a capirlo solo guardandolo?

    Più che un po’ impressionato, Bróðir si avvicinò al giovane, confidando in Fenrir per contenere sotto controllo i cuccioli ed impedirgli di avvicinarsi, incuriosito e più che un po’ impressionato dalla sua abilità, soprattutto visto quanto sembrasse giovane, ma forse era solo lui che stava sbagliando ad indovinare l’età. Quando il castano allungò il Vermicolo verso il suo viso, il biondo scattò all’indietro con la schiena, quasi spezzandosela, non riuscendo a sopportare l’odore di, a quanto detto dal Magizoologo, malattia.

    Come fa a sopportarne la puzza? Comunque no, non mi dispiace, solo… non avvicinarlo troppo.

    La smorfia di disgusto chiara sul suo viso.

    Bellamy Octavian Marvey
     
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    Non aveva molti dubbi al riguardo, ma dalle parole del biondone di fronte a lui Bellamy intuì che non dovevano essere colleghi. Poteva capitare che ne incontrasse di nuovi ogni giorno, anche se in realtà era lui ad essere quello nuovo del mestiere, ma non era quello il caso. Era comunque notevole il fatto che una persona che non si intendesse di Magizoologia decidesse di tenere in casa con sé dei cani lupo artici, dimostrava un grande spirito di iniziativa ed anche coraggio.
    Alla domanda di Brodir, l'irlandese annuì.

    «Beh, sì! In realtà si nota, se vedi un po' qui.»

    Indicò quella parte di coda che aveva una leggera differenza rispetto a quella della testa, sembrava essere stata a tutti gli effetti tirata. E parlò all'altro abbandonando improvvisamente i convenevoli, ché se fino a qualche istante prima stava continuando a dare all'altro del lei, sembrava proprio non essere più necessario visto che gli stava sventolando davanti alla faccia un Vermicolo dall'odore nauseabondo.

    «Credo sia semplicemente una questione di abitudine. Non so se all'odore o al dover tappare il naso senza l'uso delle mani.»

    Disse con un sorriso. Dava tutta l'idea di essere un ragazzino a posto, affabile e tranquillo. Di fatto lo era, almeno quella era l'impressione che cercava di dare agli sconosciuti.
    Come richiesto dall'altro, allontanò di un po' il Vermicolo così che l'odore desse meno fastidio possibile a chiunque, per poi tornare con lo sguardo sui cuccioli dal pelo bianco ed il loro genitore. Voleva assicurarsi che non fossero un pericolo per il Vermicolo, ché nel giocare e rotolarsi nell'erba potevano rischiare di schiacciarlo o peggio ancora mangiarlo.

    «E loro come sei riuscito a trovarli?»

    Chiese, che era poi un modo implicito per chiedergli anche cosa facesse nella vita. Non era da tutti potersi permettere di gestire ben tre cani lupo, di cui due cuccioli esuberanti. Si chiedeva dove fosse la madre, forse li aveva già trovati tutti e tre insieme, forse aveva fatto accoppiare il padre e poi deciso di tenere con sé i cuccioli alla loro nascita, anche se non era proprio la scelta migliore, decidere di separare dei cuccioli dalla propria madre. Bellamy era piuttosto diffidente nei confronti degli sconosciuti, ma sperava che Brodir avesse fatto tutte le considerazioni del caso prima di tenere con sé degli animali del genere. Era il classico caso in cui il giovane irlandese si preoccupava di più per la salute di esseri viventi a quattro zampe che per quella di membri della sua stessa specie - quella umana. Ma non poteva farne a meno, d'altronde era cresciuto con quella fissa ed era il motivo per cui aveva scelto quella strada.

    Ma BOH
     
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    Assottigliò gli occhi puntandoli verso il punto indicato dal Magizoologo, non riuscendo però a sopportare la puzza, tenne la mano sul viso davanti a naso e bocca, e osservò il Vermicolo dimenarsi nella mano del più giovane. Annuì alle parole pronunciate subito dopo dal giovane, facendo un sorriso stretto, se doveva essere una battuta, non lo faceva poi tanto ridere, anche se avrebbe potuto capire il fascino delle risate che avrebbero potuto suscitare quelle parole, Bróðir era più un uomo da black humor. Decise quindi di glissare e squadrò da capo a piedi il giovane, dava l’idea di uno a posto, responsabile, ma tra tutti il Guerriero era oramai navigato nel diffidare delle persone che si trovavano davanti ai suoi occhi; quindi, la cautela era orami diventata una parte di lui, stare sempre attento di chi si circondava e a cui confidava i suoi pensieri e, in casi molto, ma molto, rari i suoi sentimenti. Fu più che un po’ grato quando il Magizoologo allontanò la creatura lontano dalla sua faccia, l’azione che gli permetteva di concentrarsi sulla sua domanda.

    Tra le foreste ghiacciate della Norvegia, o meglio, è così che ho conosciuto Fenrir… in un certo senso credo mi abbia preso in simpatia.

    I ricordi di quei tempi, o meglio di quella giornata, tornarono prepotenti nella sua mente, e un piccolo sorriso, con delle tracce di amarezza, si fece strada sul viso spigoloso. Come molte delle sue memorie, anche quella conteneva una traccia di tristezza e rabbia, rivolte soprattutto verso suo padre. Infatti, quel giorno, aveva litigato pesantemente con l’uomo più grande ed era fuggito nella foresta che circondava Røros, finendo per perdersi. Nei meandri della foresta era stato trovato da un cucciolo di lupo solitario. Grazie a Merlino, era riuscito a trovare l’uscita da quel labirinto e, quando era arrivato il momento per lui di tornare a casa, Fenrir lo aveva seguito per il villaggio sulla via per il Manor e non aveva più lasciato il suo fianco.

    I cuccioli, invece… la storia è molto più lunga.

    Pensando allo stato sconsolato umore di Fenrir dopo la “fuga” della compagna, la rabbia tornò, come tutte le volte che ci pensava, puntata verso la lupa che aveva abbandonato i cuccioli e il suo amico. Sebbene potesse capire che per lei una vita con gli umani potesse essere soffocante o innaturale per la sua specie, quella del lupo, non riusciva a perdonare il dolore che aveva inflitto consapevolmente e direttamente al suo lupo e indirettamente a Hati e Skǫll. Aveva richiesto a lui e Fenrir tutta la loro conoscenza di sé stessi e dei loro sentimenti, così come la loro bravura ed empatia, per riuscire a non far sentire la mancanza di “qualcosa” ai due.

    Bellamy Octavian Marvey
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    Studiandolo, Brodir non avrebbe scoperto nulla di particolare o sospetto. Visivamente parlando, Bellamy era un ragazzo come tanti altri: alto e ben piazzato, lo sguardo vispo seppur un po' rabbuiato da qualche tempo a quella parte. Sembrava sempre sapere piuttosto bene di cosa parlasse, sicuro di sé e carismatico. Di segni particolari, a parte il colore degli occhi, non ne aveva troppi: soltanto una cicatrice sul volto e un grande tatuaggio sul braccio sinistro, di cui Brodir poteva vedere soltanto la parte finale spuntare dalla manica della camicia color cachi piegata all'altezza di metà avambraccio. Diffidare era sempre bene, ma in quel momento il ragazzo irlandese non sembrava particolarmente minaccioso.
    Mentre ascoltava le parole dell'uomo continuava a tenere sott'occhio il Vermicolo, che non dava cenni di miglioramento ma nemmeno di peggioramento, il che era di sicuro un buon segno. Ancora non troppo tempo e avrebbe potuto portarlo via con sé, per provvedere a dargli tutte le cure che necessitava.
    Nel frattempo però le proprie attenzioni erano rivolte contemporaneamente anche al Guerriero e ai cuccioli di cane lupo che gli giravano attorno.

    «Beh, puoi ritenerti molto fortunato. E' molto raro che accada qualcosa del genere.»

    Ammise allora, che gli sarebbe piaciuto poter vivere un'esperienza del genere. Per quanto anche lui fosse particolarmente empatico con gli animali, quindi gli risultava abbastanza semplice familiarizzare con loro.
    Pensava che la storia dei cuccioli fosse una direttamente legata a quella del padre, ma a quanto pareva non era così. Con un'espressione curiosa continuava a guardare l'altro, un po' indeciso sul da farsi. Ma dopo pochi secondi decise che non aveva poi così tanto da perdere.

    «Mi piacerebbe ascoltarla, se possibile. Ho un po' di tempo da perdere in fondo, devo capire se il Vermicolo peggiora.»

    E non perchè volesse farsi gli affari del norvegese, ma perché quando si trattava di animali, Creature magiche o non che fossero, Bellamy era sempre curioso di scoprire nuove storie e comportamenti che si legavano ad ogni tipo di razza e di specie. Soprattutto se si trattava di specie non troppo comuni, come per esempio i cani lupo artici. Non erano esattamente animali da compagnia, nè la razza più semplice da gestire per l'uomo, ma a giudicare da come i cuccioli ed anche Fenrir si comportavano in compagnia di Brodir, quest'ultimo sembrava cavarsela egregiamente.
     
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    Lo sapeva. Lo sapeva perfettamente, anche se gli piaceva far finta del contrario. Non per un mero desiderio egoistico o per qualche oscura ragione, ma per sua stessa natura Bróðir era un uomo riservato, e molto geloso dei suoi ricordi; quindi, non disposto nella maggior parte dei casi, a confidarsi o a raccontarli a degli estranei o a chi ha appena incontrato, come in quel caso, soprattutto se in quei ricordi i suoi sentimenti più intimi vengono messi a nudo. È un uomo chiuso, abituato a stare e andare a vanti da solo, non gli piace chiedere aiuto o anche solo confidarsi o parlare dei propri sentimenti, preferisce risolvere da solo i propri problemi ed emozioni. Non aveva mai avuto la presunzione di considerarsi un uomo facile, forse tranquillo e semplice nei suoi interessi, ma lui stesso più di tutti quelli intorno a lui era consapevole dei tanti bagagli, soprattutto emotivi, che si portava dietro fin dall’infanzia e dei quali però non aveva nessuna intenzione di parlare, con nessuno. Non era uno da fidarsi, soprattutto delle prime impressioni, anzi molto spesso si faceva condizionare dalla prima sensazione che percepiva proveniente da una persona, e quasi mai, anche incontri casuali successivi, riuscivano a fargli cambiare idea o pensiero. Era titubante a “confidarsi”, certo non era propriamente qualcosa che teneva “nascosto”, semplicemente nessuno aveva mai insistito così tanto per sapere, soprattutto sui lupi, qualcosa di personale, forse non gli era importato abbastanza? O il suo comportamento freddo e chiusa li aveva fatti desistere dal chiedere troppo, e imbarcarsi in qualcosa di troppo personale?

    Per farla breve, la madre dei cuccioli non riusciva a sopportare di vivere tra gli umani, essendo cresciuta nelle foreste, e quindi una volta che i cuccioli sono diventati abbastanza grandi da non aver più bisogno di lei, è fuggita…

    Parlò a bassa voce, cercando di non farsi sentire dai cuccioli, consapevole però che sarebbe stato, come era perfettamente conscio, impossibile non farsi sentire dall’udito sopraffino di Fenrir, che a sentire le parole pronunciate dal suo umano, si era notevolmente irrigidito, e aveva assottigliato gli occhi puntandoli sui cuccioli, rifiutandosi completamente di guardare i due umani che parlavano.

    Bellamy Octavian Marvey


    Edited by Bróðir C. Prince - 24/5/2023, 17:43
     
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