Di Sussurri e Spiritelli

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    Røros, contea di Trøndelag, Norvegia

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    [Fine Agosto - mattina]

    La casa era semplice, dai colori tenui e dal giardino rigoglioso. Era chiaro come il giorno che la casa era una casa, curata nei minimi dettagli e amata dai suoi occupanti, e soprattutto viva e vissuta. Non sembrava che niente di strano affliggesse la struttura che gli stava davanti, ma a detta dei funzionari del Ministero della Magia con cui aveva parlato, la casetta unifamiliare che stava ammirando era perseguitata da un qualche spiritello. In tutta onestà Bróðir non credeva di essere il meglio indicato per questa missione, lui di Creature Magiche, specialmente di spiritelli maliziosi e fastidiosi, non se ne intendeva per nulla, preferendo la razionalità ai sentimenti. La famiglia che abitava quella casa era scappata a gambe levate dalla casa che li aveva ospitati per anni perché, a quanto pare, la casa era infestata dai fantasmi. Non sa come siano stati coinvolti i maghi, ma era sicuro che il Dipartimento delle Catastrofi e degli Incidenti Magici avesse allungato le zampe e si fosse intromessa a causa delle voci sui fantasmi. Seduto sul muretto che delimitava il giardino anteriore, il Guerriero era in attesa dell’Auror a cui avrebbe dovuto guardare le spalle, non sapeva mai in anticipo chi avrebbe dovuto proteggere, e francamente neanche gli importava, il lavoro era lavoro e il suo compito almeno verso il Ministero della Magia, che lo pagava per i suoi servigi, era quello di proteggere o essere di supporto ai loro Auror. Supporto, odiava quella parola, aveva sempre odiato essere di supporto soprattutto quando era Auror e durante la transizione di carriera, da Auror a Guerriero, l’odio per quella parola gli aveva procurato non pochi problemi, ma con gli anni e la crescita, oltre che l’immersione nel suo ruolo di padre, gli avevano in un certo senso reso sopportabile la pronuncia e l’ascolto di quella parola. Come tutte le volte che la mente e i pensieri di Bróðir versavano verso il suo piccolo fascio di gioia, le sue dita serpeggiarono verso l’interno del gomito, luogo di riposo della data del giorno in cui la sua vita cambiò per sempre e per niente al mondo avrebbe cambiato: 19/07/2008.

    Borges +
    Yves Ehiwaz
     
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    Il profilo da filosofo-soldato che era quello di Yves era emerso solo dopo la gravidanza che aveva avuto quando era molto giovane, altrimenti dubitava che avrebbe intrapreso quel percorso, che ora sentiva aderirle alla pelle come un vestito ben cucito di cui aveva fatto prendere le misure.
    Non sapeva se lo avrebbe indossato a lungo no, o per il resto della vita: quando partiva in viaggio per proteggere altre persone, o inseguiva i fuorilegge, o liberava luoghi e abitazioni dal maligno, in realtà lo faceva per rendere il mondo un posto migliore per una persona sola, quella che l'aspettava a casa con una vecchia signora che le faceva compagnia quando lei non c'era.
    Il problema era che lei mancava spesso, e se avrebbe voluto essere chiamata solo per le emergenze, comunque non si tirava indietro quando c'era bisogno. Era quel contrato che non le dava modo di sentirsi a suo agio e al suo posto né quando era in casa, né quando era via, e per questo forse non avrebbe avuto vita lunga.

    Buongiorno, sono Yves Ehiwaz.
    Spero non mi abbia dovuto attendere per molto.


    Materializzata tra i Babbani, aveva cercato di nascondere la veste sotto un lungo mantello, che avrebbe potuto passare per un cappotto scuro: sotto di quello aveva celato anche i lunghi capelli corvini che comparivano solo fino all'altezza del collo, gonfiandosi appena sulle orecchie, di cui quindi al momento non si vedeva la forma a punta. Gli occhi si posarono per un momento sulle dita che accarezzavano una certa parte del braccio dell'uomo, prima di rivolgersi altrove.

    Questa è la casa?

    Avrebbe aspettato che anche l'uomo si presentasse prima di porgli quella domanda, e poi avrebbe alzato lo sguardo sulla casa, il cui aspetto non lasciava trapelare nulla di strano. Qualche fibra del suo essere profondamente connesso con la magia cominciò a drizzarsi per captare una presenza insolita per la quale erano stati mandati lì, ma ora come ora non riusciva a raccogliere alcun segnale.

    È strano, non sembra ci sia nulla di diverso. Forse gli interni ci diranno qualcosa in più.
    Lei ha qualche informazione che dovrei sapere?


    Intanto si era incamminata verso l'entrata e aveva appoggiato la mano sulla maniglia, facendo pressione perché la porta si aprisse.
    I "fantasmi" di cui si erano lamentati i Babbani, che avevano lasciato la casa in fretta e furia, erano molto probabilmente Esseri, o Non-Esseri, per giunta, ma di che tipo fossero e cosa avrebbero comportato erano entrambi lì per scoprirlo.

    Al momento Yves non riesce ad accorgersi di nessuna presenza insolita.
     
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