What will it be?

Torre dell'Orologio

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar


    Group
    Tassorosso
    Posts
    376

    Status
    Anonymous

    [ Qualche giorno dopo gli attacchi del 10 marzo // 17:00 ]


    Si respirava un'aria diversa al Castello ed era stato inevitabile, il sospetto era cresciuto fra gli studenti, ci si domandava come fosse stato possibile compiere atti indicibili del genere e dove si annidassero i veri colpevoli. La notizia sembrava essersi estesa a macchia d'olio e questo valeva anche per Petyr, che quel giorno se ne stava fermo sull'ultimo piano della Torre dell'Orologio, appoggiato con i gomiti sul parapetto. Fissava il lento oscillare del grosso pendolo e spostava saltuariamente l'attenzione sulle due lettere che stringeva fra le mani, due comunicazioni distinte da parte dei suoi genitori e della sua zia Pearl. Ewain e Astoria avevano espresso le loro profonde preoccupazioni sulla sicurezza del loro figlio ma riconoscevano altrettanto che fosse il suo ultimo anno e cambiare tutto quanto sarebbe stato controproducente, a maggior ragione con i M.A.G.O. sempre più imminenti e la prospettiva che vedeva Petyr voler diventare un Auror. Soltanto pochi mesi e sarebbe uscito, aveva aggiunto Astoria, mentre la logica di Ewain aveva fatto notare comunque che sarebbe stato ugualmente esposto ai pericoli, ancora di più nel mondo che faticava ad adattarsi alle conseguenze trascinate dal Felix-Gate. Da come aveva capito il giovane Kirkoven, i viaggi dei suoi genitori si erano sempre fatti più attenti e prudenti come possibile, con alcuni Paesi che sceglievano deliberatamente di dar caccia a maghi e streghe. Il solo pensiero che i genitori avessero fatto un'allusione specifica alla caccia in sé, l'aveva portato ad affrontare e trarre diverse considerazioni. Il passato sembrava starsi ripetendo, le scelte si ripercuotevano sulla sicurezza di tutti, maghi o babbani che fossero, considerando ancora più una tale fortuna che vivesse in Inghilterra, dove le due comunità tentavano ancora di convivere senza dar adito a conflitti che sarebbero solo peggiorati. Stava succedendo in alcuni Paesi e gli esiti che erano venuti fuori non erano esattamente i più rosei. Cosa poteva riservare loro il futuro, solo il Fato poteva saperlo e questo glielo aveva ripetuto anche la zia Pearl. A sua volta aveva consigliato maggior prudenza, che le sue carte suggerivano di dover guardarsi sempre e comunque le spalle, che tutto il sangue non si sarebbe fermato certamente lì e gli ignoti ne avrebbero reclamato sempre di più.

    Era stata forse la prima volta che Pearl si esprimeva molto più del dovuto, anziché favorire il mistero come conseguenza di ciò che era meglio non scoprire preventivamente del futuro. Chiuse gli occhi, gonfiò i polmoni e respirò con quanta più accortezza fosse possibile. Pur sapendo di dover guardarsi sempre le spalle, non se la sentiva di dover arrivare a dubitare anche dei suoi stessi amici. Non poteva tradire la loro fiducia, non poteva mettere in discussione ciò che avevano passato assieme, e questo valeva anche per Venetia. Le aveva comunicato di voler incontrarla lì, sull'ultimo piano della Torre dell'Orologio e in un orario solitamente calmo e tranquillo, l'attendeva volentieri sapendo della lezione di Difesa Contro le Arti Oscure in corso e che si sarebbe conclusa tra non troppi minuti. Per ingannare il tempo, come non faceva altro ultimamente quando restava nella Sala Comune Tassofrasso, si esercitava volentieri con gli incantesimi trasfigurativi, ben immaginando più volte di voler fare la differenza.

    Commutatio.

    Aveva messo da parte le due lettere per brandire la bacchetta, puntando su due scatole accatastate contro la parete a destra, e nulla era successo. Non un flebile spostamento, non un accenno di magia trasfigurativa che facesse presagire qualcosa in arrivo. Non stava applicando la concentrazione come avrebbe dovuto? Il rigore e la disciplina che una materia del genere richiedeva spesso?

    Venetia E. Prewett Il Chiacchierone 1/5

    Il primo tentativo di Commutatio è fallito.

    Si porta dietro anche questo oggetto.
     
    .
  2.  
    .
    Hogwarts sembrava immersa in un insolito ed inquietante silenzio in quei giorni, come se le pareti fossero diventate di vetro soffiato ed il più minimo dei movimenti avesse potuto far crollare in mille pezzi l'intero castello e tutto ciò che lo teneva in piedi. Venetia aveva partecipato alle lezioni del giorno per forza d'inerzia, sforzandosi di apparire comunque ligia al dovere e di mostrarsi agli occhi dei docenti quanto più attenta possibile, anche se ogni volta che l'occhio cadeva sulla seggiola vuota una volta occupata da Eren, la realtà tornava prepotentemente a darle una svegliata. E sentiva una morsa attanagliarle lo stomaco, la voce della professoressa Clagg che diveniva ovattata per qualche secondo prima di riemergere dal vortice di pensieri e preoccupazioni. Ficcò la lettera di suo padre in mezzo al libro di Difesa Contro le Arti Oscure prima di abbandonare l'aula. Era come se volesse nasconderla da chiunque, perfino da se stessa, rifiutandosi di leggere Hector Prewett che la invitava a stare tranquilla, che tanto a lei non sarebbe successo nulla perché era una brava ragazza con addosso un bel cognome, come fosse un gioiello ereditato di generazione in generazione, un accessorio prezioso da indossare abbinato ad un vestito pregiato e confezionato dalle migliori sarte. Dava per scontato che lei sarebbe stata bene, che anche se i suoi amici potevano essere in pericolo, a lei quella sorte non sarebbe mai toccata finché si fosse comportata bene, il che significava semplicemente non esporsi, non come aveva fatto Christian Carrington che quello che gli era capitato se l'era guadagnato. Ma d'altronde Venetia era la sua figlioletta modello, e quindi chi mai avrebbe potuto torcerle un singolo capello? Lui era tranquillo.

    Non aveva aspettato altro che l'ultima campana della giornata suonasse. Poi aveva salito i gradini della Torre dell'Orologio uno ad uno e con tutta la calma del mondo, quasi gustandosi lo scricchiolìo delle assi di legno sotto al peso dei suoi passi. Era difficile guardare negli occhi Petyr dopo aver letto le parole scritte da Hector, nero su bianco e in una calligrafia da dottore. Non era di certo colpa dei due ragazzi, come avrebbe potuto esserlo? Lei, dal canto suo, si sentiva in colpa a vivere in quello pseudo privilegio di ragazza intoccabile, come l'aveva descritta suo padre nella missiva, quando anche solo la vicinanza con le persone a lei più care costituiva un pericolo per tutti.

    « Lo sapevo che avevi già iniziato. »

    Si annunciò ancora in piedi sull'ultimo gradino, con un sorriso un po' smorzato ed indicando con lo sguardo la bacchetta che il Tassorosso stringeva in mano. Venetia pensò che fosse carino da parte sua voler ripassare Trasfigurazione in quel momento, era un ottimo modo per distrarsi e pensare ad altro, ma anche se aveva accettato l'invito, lei non era sicura di essere in vena quel giorno. Tuttavia, si sarebbe avvicinata per salutarlo e guardarlo all'opera, nel caso in cui avesse voluto continuare. Poggiò la schiena sul parapetto, dando le spalle alla vista delle Highlands scozzesi che si estendevano per chilometri e chilometri attorno al castello. Quando vide le due lettere messe da parte un po' le mancò il fiato, ed arrivò a domandarsi quanto potessero essere diverse da quella che aveva ricevuto lei. Probabilmente la sua famiglia era preoccupata per davvero, non come la sua che fingeva solo di esserlo ma si adagiava sugli allori.

    « Ti hanno scritto. »

    Constatò l'ovvio, spostando lentamente gli occhi - che a quell'ora del giorno in cui iniziava a farsi buio erano più grigiastri che azzurri come al solito - dalle lettere al viso di Petyr. Accennò un sorriso genuino, le labbra appiattite tra di loro.

    « Stanno bene? »

    Lo avrebbe chiesto con un po' di titubanza, non troppo certa che l'altro avesse voglia di aprire l'argomento in quel momento. Conosceva Petyr e quanto si fosse sempre esposto fino al massimo delle sue forze per cause come quelle, e sapeva anche che affrontare il discorso con lui avrebbe significato probabilmente trovarsi a parlarne per ore e ore, ma la questione era anche piuttosto fresca.

    « Io sono stata dalla Garfield stamattina. »

    Il Chiacchierone 1/5
     
    .
  3.  
    .
    Avatar


    Group
    Tassorosso
    Posts
    376

    Status
    Anonymous
    Tanti, tantissimi pensieri s'erano impadroniti della mente del giovane Tassofrasso, pertanto che non ci stesse riuscendo ad applicare correttamente l'incantesimo trasfigurativo forse non avrebbe dovuto stupirlo più di tanto. Pensava alla sua sorellina Petra, così fin troppo giovane per un mondo che pareva diventare sempre più avverso; pensava ai suoi genitori che pur definendosi entusiasti di svolgere una mansione come quella degli Spezzaincantesimi, non potevano comunque negare come il mondo si stesse facendo sempre più complesso da districare e accettare, con tutte le conseguenze problematiche che spettavano ad alcune comunità magiche; pensava anzitutto all'ammonimento che gli aveva riservato la sua zia Pearl, che mai era stata così diretta nei suoi consigli attinti dall'Arte Divinatoria. E pensava anche alla situazione attuale che aveva preso ad impossessarsi del Castello, tra interrogatori, sospetti e pericoli di cui sarebbe stato bene tenersi il più possibile preparati ma che non si poteva mai sapere da dove potessero arrivare né tantomeno quando, contribuendo a una tale incertezza che forse era inevitabile. Come lo era la decisione della Preside di andare ad interrogare personalmente lei stessa alcuni studenti, come aveva sentito dire in giro per i corridoi. Così tanti pensieri che potevano solo disorientare la mente di un giovanissimo mago, comportando comprensibilmente il fallimento di tentativi come quello appena fatto con Commutatio. Cionostante si sentì via via preso dallo sconforto e dalla frustrazione che derivavano dal fatto semplice quanto disarmante che pur volendo impegnarcisi, volendo cambiare, volendo dare tutto sé stesso, certe dinamiche non sarebbero comunque cambiate né in un modo né nell'altro. E il motivo che lo portava a sentirsi esattamente così era che naturalmente lo sapeva già, era come un concetto che aveva finito per afferrare nel corso della sua brevissima esistenza, ché il bene non poteva esistere senza il male e così viceversa, in un ciclo che mai avrebbe trovato fine. Gli eroi - o più semplicemente le persone - avrebbero continuato a combattere mettendo in avanti sé stessi per il bene degli altri, così come i cattivi - come gli Alfieri Rossi - avrebbero continuato la loro opera volta al male, perché il giovane Kirkoven non riusciva a vedere diversamente. Quell'ideologia che perpetravano per portare avanti la volontà di commettere atti puramente criminali, non solo era anacronistica ma anche assolutamente sbagliata. Una tale ignoranza che era dannosa, come implicando l'incapacità di riconoscere e agire con coscienza. La magia fioriva indistintamente in un Purosangue tanto quanto un Nato Babbano o un Mezzosangue, fingere il contrario abbracciando l'ignoranza era dannoso a dire del Kirkoven. Chiuse gli occhi, trasse un profondo sospiro e abbassò la mano armata lungo il fianco sinistro nel momento in cui Venetia finì per pronunciarsi, permettendogli di scacciare momentaneamente tutti quei pensieri perché l'attenzione si concentrasse unicamente su di lei.

    Ermm, stavo...

    Ammazzando il tempo? No, la verità era tutt'altra ad essere onesti.

    ... cercando di allenarmi. O quantomeno ci provavo.

    Fu il modo in cui Venetia palesò i suoi pensieri che il giovane Kirkoven finì per rendersi conto che la rossa doveva averlo osservato più di quanto immaginasse, dunque fece per incassare il capo annuendo con un cenno affermativo, la mancanza dell'emozione più vispa a contraddistinguere sovente il volto faceva solo intuire come i risvolti riportati nelle missive fossero tutt'altro che positivi. E non poteva essere altrimenti.

    Sì.
    Cioè sì, per quanto cerchino comunque di cavarsela. Non sta succedendo solo da queste parti ma anche fuori, tutto è cambiato. In realtà, tutto è cambiato dal Felix-Gate e il mondo non è stato più lo stesso.


    Proseguì in un tono vagamente greve a mettere in chiaro la difficile situazione non solo a Hogwarts ma anche in tutto il mondo. Poi pensò che anche Venetia aveva i suoi genitori, gliene aveva parlato una o due volte per quel che ricordava e non seppe come chiederle, finendo per rimuginarci più del dovuto. In questo lasso di tempo lasciò stare le scatole, fece avanti e indietro due o tre volte, infine si appoggiò al parapetto con le spalle rivolte al grosso pendolo, prima di staccarsi da esso e raggiungere effettivamente la rossa, accorciando quanto più possibile la distanza.

    E la tua famiglia?

    Poi la rossa offrì uno spunto abbastanza diverso, cui si appigliò anche per cambiare l'argomento nel caso ella non avesse voluto rispondere.

    Oh, anche io. Da Bumb, ieri pomeriggio. Scusa se non mi sono fatto sentire ieri sera, me ne sono andato subito in Sala Comune dopo la cena, mi trascinavo dietro la stanchezza e tante riflessioni.

    Compresa la situazione degli Alfieri Rossi che evidentemente non se n'erano mai andati dal Castello ed erano rimasti nelle ombre, compiendo chissà che Merlino solo poteva sapere. In effetti aveva finito per rimuginare anche sugli articoli della Gazzetta del Profeta che bene o male si teneva appresso, alcuni anche abbastanza vecchi e che relegava in fondo al baule. Il dubbio che lo tormentava era capire in quanti fossero effettivamente e soprattutto chi, oltre all'unica eccezione che rispondeva al nome di Gideon Greengrass, l'unico Alfiere uscito allo scoperto e di cui permaneva il sospetto che ne facesse parte oppure non più, considerato anche il tentativo da parte di quest'ultimo per redimersi tra studio e condotta. Petyr era solito concedere delle seconde chance, e lo aveva fatto perfino la Preside stessa, ma cosa fare in simili circostanze? Solo il tempo avrebbe potuto fornire le risposte.

    Tu come ti senti? Che cosa ne pensi?

    Venetia E. Prewett Il Pettegolo 2/5 (abbiamo notato che non esiste più la missione, perciò correggiamo)

    Solito oggetto del primo post, cioè l'amuleto portafortuna +4 esiti/3 post.
     
    .
  4.  
    .
    Nel sospiro di Venetia, una volta piena di allegria e di stucchevole brìo, c'erano racchiuse tutte le angosce ed i pensieri che tentava di scacciare con scarso successo. Lesse nel volto di Petyr la medesima condizione di infelicità e sconforto, dovuto a fattori che andavano oltre al loro controllo e che si traducevano in un misero e fastidioso senso di frustrazione. Non s'aspettava di trovare in Petyr ottimismo o conforto, non perché non ritenesse il Tassorosso in grado di offrirgliene, ma perché sapeva che avrebbe trovato un Petyr arrabbiato, deluso e amareggiato dalla situazione. Aveva imparato a conoscerlo abbastanza da immaginare come si dovesse sentire a riguardo, che era un po' come si sentiva lei, anche se per motivi differenti. Dal canto suo, Venetia si sentiva una bambola di porcellana tenuta sullo scaffale più in alto di un'antica libreria, tutta la sua famiglia camminava a passo leggero nei suoi paraggi perché alla prima folata di vento sarebbe caduta e si sarebbe rotta in mille pezzi. Cercavano di tenerla sotto ad una campana di vetro, ma era come se la cupola si fosse crepata e lei stesse iniziando a vedere il mondo attraverso le fessure. Solo che c'era il rischio di ferirsi nel tentativo di attraversarle ed uscire all'esterno.

    « Oh, credimi, lo so. »

    Annuì anche fin troppo comprensiva alle opinioni del Kirkoven. Il Felix-Gate aveva cambiato letteralmente tutto, e le conseguenze erano ben visibili ad occhio nudo anche in quel momento. Era impossibile non notarlo. Tuttavia, riuscì a trovare uno spiraglio di ottimismo dentro a quel vortice di sconforto nella constatazione che almeno la famiglia Kirkoven stesse bene. Quando dovette parlare della sua, però, uno sbuffo colmo di sarcasmo non poté passare inosservato. Abbassò lo sguardo e cercò di trattenere una risata sprezzante, riportando poi gli occhi sul viso di Petyr.

    « Alla grande. Mio padre dice che non ho nulla da temere, sai, dato che sono una ragazza per bene. »

    Man mano che glielo rivelò, però, la risata amara si tramutò in un'espressione spezzata, le labbra che si incurvavano verso il basso e la gola che iniziava a pizzicare senza motivo apparente, e l'ironia lasciò ben presto il posto ad una tristezza impareggiabile. Non ne aveva ancora parlato con nessuno talmente era fresca la faccenda, e solo adesso si rendeva conto quanto la cosa l'avesse toccata nel profondo. Accettò le scuse di Petyr senza opposizione; in realtà non ci aveva nemmeno fatto caso che l'altro fosse sparito la sera precedente. Era sparita anche lei, ma come la sera prima e quella prima ancora d'altra parte. Faticava anche a dormire, perché si chiudeva nel dormitorio e non riusciva a chiudere occhio di fronte al letto vuoto di Celine.

    « Come se non avessi amici, capisci? O, peggio, una mia capacità di pensiero. Perché allora, se non ho nulla da temere, mi sento così... »

    Faticò a trovare le parole adatte, ancor di più a lasciarsi andare del tutto a quello sfogo. Si spostò per dare le spalle al pendolo che continuava a muoversi come se nulla fosse mai successo, poggiando le mani sul parapetto e rivolgendo lo sguardo sulle vaste Highlands.

    « ...impotente? Eppure era sotto gli occhi di tutti. Celine l'aveva detto quanto fosse spaventosa e turbante questa situazione, lo sapevi? Alla Gazzetta del Profeta. Ho ritrovato l'articolo ieri sera. »

    A quel punto invece era difficile mettere a freno la lingua, che rivelò quanto la rossa potesse essere turbata ed infastidita da tutto quello che era successo. Era un po' il suo modo di esprimere le emozioni, quel fare da so-tutto-io che non tardò a palesarsi anche in un'occasione tetra come quella. Fece però un sospiro profondo prima di continuare, chiudendo gli occhi ed inalando la brezza quasi primaverile e gelida della Scozia.

    « Ma è successo comunque. »

    Non si aspettava una risposta vera e propria alle sue domande, ché di certo non cercava in Petyr la soluzione ad ogni suo male, ci mancherebbe. Era solo sconfortata.

    « Dalla Garfield è stato un disastro. Ho... Letteralmente pianto di fronte a lei. Non la mia migliore performance... Però non ci riesco, quando penso ad Eren. »


    Fece un ultimo sospiro e ricacciò dentro le lacrime prima che potessero uscire di nuovo dai suoi occhi. Lentamente, cercò di avvicinare le dita a quelle di Petyr, poggiate a pochi centimetri dalle sue sullo stesso parapetto, così da far sfiorare appena la pelle alla sua.

    Il Pettegolo 2/5


    Edited by Venetia E. Prewett - 29/3/2024, 02:56
     
    .
  5.  
    .
    Avatar


    Group
    Tassorosso
    Posts
    376

    Status
    Anonymous
    Era stato inevitabile il pensiero sul Felix-Gate, come il titolo di un libro che preannunciava molte delle vicende tutte da scoprire capitolo dopo capitolo, e se questo doveva rappresentare qualcosa che seguiva l’inizio, allora non era affatto finita lì. E nemmeno si trovava nel momento più cruciale, come qualcosa che era da plasmare ancora ma che la volontà non mancava affatto, da ambo le parti. Era forse un pensiero freddo e logico, ma era forse una conseguenza dell’evolversi della situazione che l’aveva portato a quella consapevolezza, come era solito facesse poi in simili circostanze. Qualche volta era stata la zia Pearl a dirgli che si trattava solo del suo Occhio Interiore che cercava di emergere e saggiare ciò che l’universo aveva da offrire, qualche volta aveva semplicemente pensato che fosse necessario unire i tasselli con un po’ di sana logica e spingersi intanto a dare a tutto un possibile senso. Intuito e logica si alternavano o collaboravano spesso e volentieri in una persona come il giovane Kirkoven.

    Delle volte ci pensi anche tu? Intendo… come tutto sarebbe cambiato se non si fosse mai verificato.

    Cercò di esibire uno dei sorrisi vispi - che erano inconfondibilmente il suo tratto caratteristico - ma quello che mostrò fu soltanto un accenno, quasi un eco, un peso che non riconosceva esattamente il proprio valore e per tal ragione si vergognava anche al solo pensiero di mostrarlo agli occhi altrui. L’incertezza della curiosità insita nella domanda lasciava esprimere quanto Petyr si fosse spesso interrogato sulle vicende che da qualche anno ormai interessavano tutta la comunità magica internazionale, dall’Inghilterra alla Russia, senza dimenticare gli altri innumerevoli paesi, dove la magia veniva praticamente vista in tre modi differenti. Poi Venetia menzionò suo padre e l’affermazione che ne seguì lo fece riflettere parecchio, come sembrava essere diventato ormai una tradizione in quel periodo. Ragazza per bene voleva dire ragazza purosangue? Il solo pensiero che quella potesse essere la risposta che il padre di Venetia aveva rifilato scambiandola per una rassicurazione, come una carezza sul viso, gli fece alzare un sopracciglio mentre stringeva nuovamente la bacchetta e cercava di fare un po’ di chiarezza, tra idee che gli risultavano sempre e comunque anacronistiche, idee proprie che più o meno si era fatto sulla situazione attuale, idee che cercavano di dare un senso al futuro, soprattutto quello inerente al percorso di Petyr. Un’impresa affatto semplice, tutto sommato, perché non si trattava solo di una studentessa purosangue qualsiasi, lungi da lui riservare preventivamente dei pregiudizi comunque, ma proprio di Venetia Prewett. Il tempo passato con lei lo spingeva a reclamarne altri preziosi secondi, altri pensieri che si scambiavano sovente su argomenti più disparati, anche se talvolta c’erano dei muri che volente o nolente erigevano o per sé o per gli altri, come nel caso della famiglia della Grifondoro che a quanto aveva capito perseverava ancora con simili pensieri e non avrebbe mai visto di buon occhio un possibile evolversi verso qualcosa di più intimo proprio con un Mezzosangue. In ogni caso, con i fatti alla mano, sembrava assurdo pensare che perfino “ragazzi per bene” potessero uscirne illesi, visto quel che era successo e che gli causava confusione non da poco sulle esatte dinamiche. Che era quello il motivo per cui un po’ lo detestava il ritrovarsi così in una situazione dalla dubbia natura, non sapeva ancora se fosse per qualche presunta deontologia Auror che pensava di star sviluppando o per la semplice razionalità che lo imponeva come per dover dare a tutto ogni senso di esistenza.

    Tu sei molto più del tuo cognome, del tuo sangue, dei pensieri e delle aspettative altrui che gravano sulle tue spalle, Venetia.

    Gli venne da dire con tono un po’ più serio, come l’intera questione d’altronde, le iridi color miele che si piantavano con più decisione su quelle della rossa, accorciando pian piano la distanza e prendendole intanto una mano con quella libera, in parte per strofinarne piano il dorso, in parte per comunicarle la certezza di esserci lì per lei al di là di ogni cosa o problema, che fosse un amico o qualcosa di più. Più o meno pensava di propendere verso la seconda strada, che incasellandosi in qualcosa come l’amicizia non gli sembrava esprimesse a dovere il loro potenziale.

    Penso che a un certo punto, in un modo o nell’altro, ci siamo come dimenticati dell’esistenza degli Alfieri Rossi, dal momento che sono spuntate delle vicende che non sembravano molto collegate a loro, focalizzandoci di conseguenza su altro e sbagliando per questo. Sono sempre stati fra di noi, fermarli e arrestarli l’anno scorso non è bastato nemmeno per un po’ di tregua. Quello che abbiamo ottenuto dall’inizio dell’anno scolastico a questa parte non è una tregua ma un’illusione di essa.

    Capì cosa volesse dire la Prewett, capì le sensazioni che stava esternando, il capo che annuiva pian piano alla menzione dell’articolo della Gazzetta del Profeta che in quell’occasione aveva raccolto altre voci oltre a Celine e per questo pensava di ricordarlo ancora a mente, ché più o meno erano stati uno dei tanti spunti di riflessione che avevano rafforzato sempre di più la propensione a voler fare l’Auror.

    E tante sono le incognite a dispetto di tutto, non pensi?

    Proseguì lui prima di interrompersi al racconto della Grifondoro durante l’interrogatorio con la professoressa di Trasfigurazione, spostando le iridi prima sul volto e poi sulle mani. Il pensiero di Venetia con le lacrime sul volto lo colpì più di quanto avrebbe voluto ammettere e per tal motivo esercitò il suo tocco deciso e pieno di calore sul dorso della mano altrui che teneva ancora.

    In qualche modo, nonostante tutto, sono certo trarremo qualche insegnamento da questa triste vicenda. Ci rialzeremo come abbiamo sempre fatto.

    Spinto dalla vicinanza con Venetia tanto quanto dalla prospettiva che ora non dovevano proprio crollare bensì unire le forze ed ergersi come un fronte unito e compatto, esercitando quanta più prudenza possibile. Non c’era più alcuna illusione, solo la cruda realtà, per cui era bene cercare di essere più cauti possibili. Almeno in questo modo riusciva a vederlo il giovane Kirkoven, che nonostante tutte le orribili ferite inflitte ad alcuni, nonostante tutto il peso che era certo si sarebbero trascinati comunque al di là di qualsiasi cura, ciò che li differenziava di più dagli Alfieri Rossi era la loro innata capacità di superare le avversità. Forse non avrebbero dovuto farlo, certo, ragazzi com’erano e con tutta la vita davanti, ma pensava anche che l’universo procedesse in una direzione o un’altra perché tante scelte venivano compiute, mescolando più volte e volte le carte.

    Se non per noi stessi, almeno per Eren e tutti gli altri.
     
    .
  6.  
    .
    Si rese conto in quel momento che forse pensava al Felix-Gate più di quanto si fosse mai accorta di fare; ricordava chiaramente che la vita non era sempre stata in quel modo, che c'era stato un prima e che ci sarebbe stato per forza di cose un dopo. Ma c'erano già arrivati a quel dopo? Era tutto così in corso d'opera che non sembrava affatto che fosse tutto finito, ma che fosse solo l'inizio.

    « Più che altro penso a come tutto cambierà ancora. »

    Gli confessò a voce piatta, un sospiro trattenuto e gli occhi che si spostavano dal panorama per andare alla ricerca di quelli color del miele sul viso di Petyr. Con sua grande sorpresa li trovò a metà strada e lasciò lì lo sguardo, reggendo quello dell'altro senza timore o vergogna. Venetia se lo chiedeva sempre cosa sarebbe cambiato e cosa no, soprattutto nella sua vita di tutti i giorni: da figlia di Purosangue forse non aveva vissuto sulla sua pelle le conseguenze più gravi del Felix-Gate, ma
    474bccbe15f06876cdb188b1f902ee97b5ba5757
    era stata spettatrice di casi ben peggiori del suo banale disagio dovuto dal dover convivere con la popolazione non magica, e l'esempio della famiglia Kirkoven, costretta a viaggiare in lungo e in largo, ne era l'esempio più lampante. Si sentiva anche un po' in colpa per il suo privilegio, tuttavia non la pensava come Hector Prewett: lui era tranquillo perché certe cose non li riguardavano in prima persona, ma Venetia sospettava che fosse solo questione di tempo prima che chiunque si fosse reso conto che un cognome era solo un'accozzaglia di lettere stampate su un documento, e che lo Stato di Sangue poteva contare solo fino ad un certo punto. Quello che era successo a Christian Carrington era un grosso, enorme campanello d'allarme, ma si sentiva come se solo lei stesse rimuginando sulla questione. Ma lì, su quella torre, col tramonto alle spalle, tutto ciò non contava. Non esistevano Mezzosangue, Nati Babbani e Purosangue, non esistevano gli Alfieri Rossi e non esistevano nemmeno i cognomi importanti e tutti i Galeoni che vi giravano attorno: esisteva solo la sua mano e quella di Petyr stretta alla sua, i suoi occhi color del miele e dolci altrettanto, e il suo sorriso vispo che cercava di resistere alle avversità come un filo d'erba che spunta da una landa ghiacciata.

    « Forse hai ragione. Ci siamo fatti distrarre tanto da abbassare la guardia, ma sono sempre stati tra di noi. Celine lo sapeva, noi lo sapevamo, tutti lo sapevano, ma... Siamo stati stupidi. Però non è colpa di nessuno, e se lo è di qualcuno di certo non è la nostra. È questa incertezza del futuro la cosa peggiore: un giorno questa vicenda sarà acqua passata, ci saremo rialzati e ce la saremo lasciata alle spalle. Ma ce ne sarà un'altra, e poi un'altra ancora, finché rialzarsi sarà sempre più faticoso. Però non smetteremo di farlo. »

    Fu incapace di ribattere quando Petyr nominò Eren. Poté solo piantare ancora di più lo sguardo nel suo, annuendo concorde e rincuorata dalle sue consolazioni: era vero che non potevano permettersi di piangersi addosso, o almeno non per sempre, e che quando il dolore sarà stato un tantino più sopportabile dovevano rimboccarsi le maniche e trarre un insegnamento da quello che era successo. Tuttavia, il farlo "per Eren" che aveva suggerito Petyr fece volare la mente di Venetia a qualche giorno prima, quando l'amico era ancora pieno di vita e il sorriso sulle sue labbra riempiva il dormitorio dei Grifondoro. Era stata la loro ultima conversazione, così incoscienti di quello che sarebbe successo il giorno dopo e talmente pieni di speranza da potersi permettere di parlare di argomenti frivoli come le cotte, i baci, chi doveva fare la prima mossa e chi no. Il ricordo la fece sorridere, e all'improvviso la voce dell'amico rimbombò nella sua testa come un tuono: se ti piace qualcuno gielo devi dire chiaramente.

    « A me non importa del mio cognome, delle aspettative e di tutto il resto, neanche di mio padre che mi tratta come una bambola di porcellana. Tu mi piaci a prescindere da questo. E non come mi piace Eren, o Elliott, o Cassian. Intendo tipo... Di più. »

    Più chiaramente di così si muore, pensò Venetia come se stesse avendo una conversazione mentale con Eren, del quale stava seguendo il consiglio. Anche perché era vero: a lei non importava di quelle cose, e non le vide neanche come avversità o come un qualcosa che potesse andare contro di loro. Insomma, suo padre era quello che era ma non era cattivo. Lei era felice insieme a Petyr, e questo sarebbe stato l'importante, no?
    Tuttavia il silenzio conseguente a quella dichiarazione sembrava ancor più profondo di prima, eppure era sempre lo stesso. Sentiva già le orecchie ed il naso farsi più rosei, ma non credeva che sarebbe mai riuscita ad arrivare a tanto. Si sentì strana. Non era vergogna e né paura, si sentì solo... leggera. Non aveva detto niente di male e ne andava fiera, e quello sul suo viso era il primo sorriso sincero da giorni.

    « Anche perché Cassian non mi piace affatto. »

    Ci ridacchiò su per sdrammatizzare: nella foga aveva detto i primi nomi che le erano saltati in testa e quello di Constantine c'era finito ingiustamente di mezzo, ma il pensiero riuscì almeno a divertirla.

    Il Pettegolo 3/5


    Edited by Venetia E. Prewett - 10/4/2024, 01:03
     
    .
  7.  
    .
    Avatar


    Group
    Tassorosso
    Posts
    376

    Status
    Anonymous
    Aveva cambiato, tutt'ora cambiava e avrebbe continuato a cambiare: era questo il peso che il Felix-Gate avrebbe sempre avuto nella Storia, il punto di rottura che aveva segnato la conclusione di un'era iniziata da quando lo Statuto di Segretezza era stato istituito e da allora la comunità magica internazionale aveva cambiato il modo di vivere e quant'altro per sopravvivere un altro giorno in più. Era il peso che lui, giovane studente e ormai prossimo al conseguimento dei MAGO, finiva per avvertire considerevolmente man mano che cresceva. E non poteva che essere inevitabile una sensazione del genere, ché stava sperimentando sulla sua stessa pelle le conseguenze di ciò che il Felix-Gate continuava a trascinare con sé e che aveva portato forzatamente al più recente Statuto di Non-Troppa-Segretezza. Come lui, così tanti altri giovani, compresa Venetia.

    Sai... non mi sembra di ricordare più com'era stato prima del Felix-Gate. Tutto quello che mi resta vivido è una vacanza fatta in Egitto, quando Petra nemmeno c'era e io ero molto, molto più giovane di così. Quando i miei genitori mi avevano portato lì per mostrarmi com'era il loro lavoro, come tutto fosse così entusiasmante e intrigante. Ricordo una Mummia che mi ha inseguito, ricordo come questa visione abbia finito per tormentarmi anche negli anni a venire con i Mollicci che si prendono gioco di me. Ma...

    Sospirò e si fermò come ritrovandosi col fiato talmente corto che era come se non sapesse più respirare. La confessione gli era parso come se provenisse da una memoria distante, come se l'avesse pescata dal punto più profondo di un pozzo che era stato ricoperto di tutte le scelte, le preoccupazioni, i dubbi, non solo adolescenziali ma anche esistenziali con tutti i casini che si verificavano e continuavano a verificarsi, soprattutto l'Ordine degli Alfieri Rossi. Piantò le iridi color miele sul volto della Grifondoro, che sembrò avere l'effetto di una panacea, un rimedio per riportarlo alla Terra.

    ... non ne abbiamo fatte altre di vacanze così, i tempi sono cambiati, i pericoli sempre più grandi. Poi è arrivata Petra, ho sentito il peso delle conseguenze farsi più pesante, non solo su di me ma anche sulle difficoltà che i miei genitori hanno iniziato a riscontrare nel loro lavoro. È capitato a loro di venire braccati in quanto mago e strega da alcuni babbani del posto, se si sono salvati è solo perché conoscevano un goblin ed era in possesso di una passaporta d'emergenza.

    Eppure non poteva fare a meno di sentirsi in una situazione del tutto strana in Inghilterra, dove...

    ... delle volte non ti sembra di vivere in una strana bolla? Dove leggi le informazioni sul mondo circostante e ti chiedi del perché di tutta questa differenza fra l'Inghilterra e alcuni Paesi dove la magia viene vista in malo modo. Non fraintendermi, di questi tempi vivere così sembra più una fortuna che una questione di sopravvivenza, ma è come vedere un mondo spaccato in due parti e ci penso sopra, costantemente.

    Era quello il futuro che volevano lasciare ai loro cari? Alla sorellina Petra? Un mondo composto da un equilibrio sempre più precario dove sarebbe bastato un gesto - piccolo o grande che fosse - per far partire un fuoco forse indomabile, per cambiare le carte in gioco e ritrovarsi così braccati l'una delle comunità dall'altra, non più fortunati di vivere in una società dove era possibile provare a far coesistere due comunità. D'altronde era quello che stava succedendo in altre parti del mondo, e questo faceva sentire Petyr come estremamente piccolo in un mondo sempre più diviso. Gli occhi del giovane Kirkoven non apparivano più dolci, come velati da una maturità che aveva un che di triste ed inevitabile allo stesso tempo, eppure restavano ancorati a quelle altrui, così come la mano che mai lasciava andare e in cui esprimeva quanto lo toccasse tutta la vicenda. La presa talvolta si faceva decisa come a rimarcare l'importanza della presenza di Venetia nella sua vita, non più soltanto un'amica, talvolta si faceva debole come ad esternare ciò che lo lasciava interdetto. Tutto il futuro che sembrava trovarsi all'orizzonte, semplicemente, si prefigurava come sconfortante, ma come accettarlo così? Come accettare l'idea che il futuro fosse quantomeno inevitabile, che certe scelte si sarebbero compiute comunque in un modo o nell'altro, pur provando a fare il possibile per cambiarle in meglio? Forse era per questo motivo che pur nutrendo tantissima considerazione nei riguardi della Divinazione, non la praticava più di tanto a dispetto dei consigli e dei tentativi della zia Pearl per spingerlo su quella strada, per fargli ritrovare la fiducia crollata come un castello di carte. Quando Venetia tirò fuori tutta una sequela di nomi di cui alcuni era certo di averli sentiti in giro per il Castello, Petyr si rese conto di un dettaglio che ai suoi occhi, in quel momento specifico, sembrava aver assunto una sfumatura diversa. Venetia era lì, al suo fianco. Era diventata più importante di quanto avesse immaginato, arrivando a occupare uno spazio non indifferente nella testa del giovane Tassofrasso.
    f57d8838bb03701f413130873c665a6e13131d9a
    Uno spazio in cui riporre sorrisi, sguardi, sensazioni ed emozioni, soprattutto pensieri, come se fosse giusto riservarli a una persona che faceva tanta leva su di lui, sorprendendolo più volte e arricchendo il suo tempo. Sospirò un'altra volta, la mano dominante che lasciava quella gemella di Venetia per andare a scostare all'indietro una piccola ciocca rossa che si era posizionata davanti al volto di ella, forse in un modo di ribellione, prima di sollevarla nuovamente e accarezzare lungo la guancia sinistra fino a toccare il contorno e indugiarvi più di qualche prezioso attimo. Quello spazio aveva sì occupato ma anche riservato per qualcos'altro che in quel momento gli parve sempre più naturale. Sorrise, sorrise e ancora sorrise, intanto che le si avvicinava ulteriormente come se il concetto di distanza fosse diventato effimero nella mente di Petyr. Il respiro che condivideva forse volendolo consapevolmente, le labbra sempre più vicine l'una all'altra come se fosse giusto anche spingersi oltre. La mano sorresse a quel punto il volto della Grifondoro tenendolo da sotto il mento, nessuna parola esistente al mondo sarebbe servita a giustificare né tantomeno spiegare. Era come se fosse giusto lasciar parlare un semplice gesto. Ed era così che quello spazio intimo sembrava volerlo accogliere, aprendosi al contempo perché l'altra percepisse ciò che il tempo passato insieme aveva permesso ad entrambi di costruire ben più di un mosaico. Ed era la prima volta che Petyr si sentiva così, giusto e legittimo nel suo posto.

    Ta-dà! Hai capito bene :f:

    Venetia E. Prewett
     
    .
  8.  
    .
    Pensare agli anni che avevano preceduto il Felix-Gate sembrava l'esatto equivalente di pensare a dieci vite precedenti, il tempo sembrava essersi dilatato fino a creare uno spacco enorme ed insormontabile, come se tutti gli eventi accaduti prima di quel fatidico giorno avessero subito una metamorfosi nella mente di Venetia e fossero diventati ricordi non suoi, ma di altri. A ripensarci quasi non si riconosceva più in quella bambina dai capelli rossi che sgattaiolava per le vie di Chudley alla ricerca dello stadio dei Cannoni di Chudley, quando il solo vederlo da fuori significava aver passato una bella giornata, ma nemmeno in quella ragazzina la cui mamma diceva avesse il Sole in tasca talmente era allegra ed entusiasta della vita. Quelle versioni di Venetia erano esistite e da qualche parte esistevano ancora, ma attorno a loro tutto era cambiato ed aveva raggiunto il punto di non-ritorno. Sua madre non c'era più, lei continuava a sorridere ma dentro di sé era ben lontana
    327b241d84f7e07d28d02ad4b4982ebcd1a50f05
    dall'avere il Sole in tasca, e ormai vedeva lo stadio di Cannoni di Chudley una volta all'anno. Capiva cosa stesse cercando di dirle Petyr, ancor di più capiva come si sentiva a riguardo e quanto potesse essere difficile richiamare alla mente ricordi che apparivano così lontani da sembrare falsi. Restò ad ascoltarli in silenzio, come se fosse un privilegio poter immergere i piedi in quel vasto mare che era la vita di Petyr, soprattutto quella che riguardava un passato in cui lei non c'era, sorridendo all'idea di una versione in miniatura del ragazzo grande e grosso che aveva di fronte inseguito da una Mummia, e ancor di più a pensarlo spaventato di fronte ai Mollicci che assumevano quelle sembianze. Lo trovò tenero, tuttavia alla sua domanda avrebbe annuito con vago sconforto, adattando intanto la stretta di mano alla sua.

    Sì, anche a me sembrano passate dieci vite, e devo fermarmi a riflettere per ricordarmi che sono a malapena due anni.

    Ricordava perfettamente quel 7 di Luglio del 2022, e solo perché era in compagnia di sua madre. Quello era uno degli ultimi ricordi che aveva di lei, nonché uno dei pochi rimasti perfettamente intatti in seguito al Felix-Gate.

    A mia madre piaceva tanto il mare. Mi portava in spiaggia ogni estate e mi insegnava a fare la ruota sulla sabbia, perché diceva che se avessi messo male una mano o un piede avrebbe attutito la caduta e non mi sarei fatta male. Era divertentissima, sempre sorridente, ed una gran sostenitrice dei movimenti anti-Statuto di Segretezza, anche se non credo abbia mai fatto niente nel concreto. Però lei ci credeva fermamente nella convivenza pacifica tra maghi e babbani, sai? Discuteva sempre con mio padre per questo.

    Il ricordo la portò a sorridere, i battibecchi sull'argomento erano all'ordine del giorno a casa Prewett, e Venetia se ne stava ricordando solo in quel momento. Col senno di poi si pentiva di non averla spalleggiata di più e di essersi ritrovata in mezzo a due ideologie così tanto diverse, quella di sua madre e quella di suo padre, senza avere gli strumenti necessari per dare ragione all'uno o all'altro, ritrovandosi a stipulare un'idea tutta sua solo in circostanze così estreme come quelle.

    Quell'anno eravamo in vacanza, e credo che non dimenticherò mai il sorriso sul suo viso all'annuncio del trucco di magia alla televisione del bar. Anche se quello che è successo dopo... Beh, non ne era contenta neanche lei. Se n'è andata qualche mese dopo, e io mi domando sempre, se fosse qui, sarebbe più soddisfatta o arrabbiata? Persino noi che viviamo in questa bolla dei Paesi più tolleranti non ce la passiamo bene, e se qui è così non oso immaginare com'è vivere oltre il confine.

    Era sicura che quello che stavano vivendo non era il sogno di Florence Prewett, che da quando ne aveva memoria Venetia aveva sempre nutrito un certo fascino nei confronti dei babbani e della loro cultura, al punto di volerli integrare in quella magica e viceversa, tuttavia il prezzo da pagare era stato e continuava ad essere fin troppo alto, il desiderio di sua madre appariva quasi distopico di fronte a tutto quello che era successo nei mesi a venire e che lei non aveva mai avuto occasione né di vedere né di vivere sulla sua pelle. A lei non era mai capitato di venir braccata solo perché una strega, ché nella sua visione del mondo senza Statuto di Segretezza non esisteva nemmeno un'eventualità del genere, ma banalmente perché - a suo dire - si sarebbe dovuto fare tutto in modo diverso. Senza violenza e senza spaventare nessuno, ma col senno di poi Venetia iniziava a credere che sarebbe stato impossibile.
    a7015d82261e68282e9519c07da8b273a0f17860
    Aveva abbassato lo sguardo, persa in memorie lontane, ma quando sentì la mano di Petyr staccarsi dalla sua e carezzarle i capelli, se ne stette immobile e lo lasciò fare mentre tornava a cercare i suoi occhi. Non ne aveva mai fatto segreto del debole che aveva per lui, e vedere così da vicino i lineamenti del suo viso lievigati come una pietra carezzata dall'acqua non fece altro che confermare quello che sospettava già da tempo: era iniziato forse per gioco o per una sfida personale. "Vediamo quanto ci mette ad accorgersi di me" era il pensiero che l'aveva spinta giù al campo di Quidditch per giorni interi con la speranza di strappargli qualche parola o qualche sguardo, ma quel sentimento non era più un gioco ormai. Era diventato molto di più.
    Niente avrebbe potuto competere con la felicità di vedere la distanza tra di loro diminuire sempre di più: la sua presenza le riportò alla mente casa sua, quei momenti lontani e privi di drammi dell'infanzia e tutti quei ricordi a lei così cari. Toccò le labbra con le sue ed in un attimo dimenticò l'orrore e le disgrazie, provando all'improvviso, per la prima volta dopo tanto tempo, una gioia calma e serena.

    Edited by Venetia E. Prewett - 11/4/2024, 01:56
     
    .
  9.  
    .
    Avatar


    Group
    Tassorosso
    Posts
    376

    Status
    Anonymous
    Più rammentava la volta dell'Egitto e tutto ciò che ne era conseguito come una delle esperienze più piacevoli che ricordasse, nonché molto probabilmente l'ultima che avesse avuto il suo peso sul giovane Petyr, fatta eccezione naturalmente per la nascita di Petra, più tutto quanto aveva un sapore a tratti malinconico, a tratti errante. Come se fosse istintivo e deleterio insieme arrivare a mettere in discussione i fili intricati che erano le memorie, come incapaci di scontrarsi con una realtà che si faceva sempre più dura e che appariva quantomai distante rispetto a ciò che si ricordava, o almeno che si riteneva di ricordare in un modo o nell'altro. Dalla volta della rottura dello Statuto che aveva tenuto al sicuro la comunità magica per molti, moltissimi anni, nulla era stato più facile. Per i primi tempi, c'era stata la confusione totale sul da farsi, a cui era seguita anche l'estrema incertezza data dal sospetto o dalla paura. Un pensiero, una mossa, una frase o una scelta che avesse tutto un sapore diverso, quanto avrebbe potuto cambiare tutto? In meglio o in peggio? Il giovane Kirkoven chiaramente aveva sperato in meglio da quando aveva visto - più nello specifico lo aveva letto sulla Gazzetta del Profeta - l'ammissione pubblica ad opera di Hermione Granger, che in quell'occasione assai peculiare era stata improvvisata a nuova portavoce di due mondi che avevano sempre coesistito grazie a un velo sottile ma fondamentale, ciononostante questo si era infranto nella maniera più inaspettata di sempre.

    Dev'essere stata una strega straordinaria.

    Aveva ascoltato con gran interesse tutto il discorso della rossa in cui aveva richiamato alla luce i ricordi sulla madre, come l'avesse cresciuta e come si fosse scontrata discutendo con il padre, lo sguardo color miele che scintillava appena di cordoglio e passione insieme, ché non poteva immaginare come ci si potesse sentire in una situazione del genere, da una parte una figura materna che aveva sempre illuminato nonostante tutto e non c'era più, dall'altra parte una figura paterna tutta diversa, forse incapace di comprendere che fossero le differenze ad unire il mondo, non separarlo. Anche il giovane Kirkoven credeva in una possibile convivenza pacifica coi Babbani, tuttavia stava qui la differenza: era sì propenso a un mondo più aperto e coeso ma anche a un mondo che restasse tale e che non si sbriciolasse in cenere fino a lasciare niente di niente alle prossime generazioni. La storia era chiara a proposito: riportava numerose vicende tutte fortunatamente positive per quanto concerneva le interazioni fra la comunità magica e la comunità babbana, tanto da spesso collaborare e farsi forza a vicenda. Erano sorte perfino figure illustri e leggendarie che si erano battuti per difendere questa visione, da Godric Grifondoro a Merlino stesso. Di contro, tuttavia, rammentava anche tutte le vicende affatto positive e per cui maghi e streghe, molto spesso anche innocenti che di magia vera e propria non ne sapevano alcunché, avevano pagato caro la propria vita a causa di Babbani che si erano professati Cacciatori, rappresentando uno scopo volto ad identificare la magia come opera maligna e cui era bene eradicare senza se e senza ma. Erano tempi diversi e da come vedeva qua e là, con le scarpe che teneva ancora nel mondo magico al di là dell'occhio di riguardo che avrebbe sempre riservato al mondo babbano, sembravano pesare ancora sulle famiglie tale da spingere per rafforzare una posizione, l'unica che doveva valere a dispetto di altre posizioni. Era successo più di una volta e c'era voluto tanto perché il tutto si aggiustasse come possibile. Ma con la rottura dello Statuto tutto era diventato incerto, a dispetto delle visioni positive che ognuno avesse sul mondo babbano. In altri Paesi rispetto all'Inghilterra la magia veniva vista come uno strumento da piegare per i propri comodi affatto chiari, altrimenti come qualcosa da eradicare. Lo sconvolgeva ancora sapere come in alcuni posti sembrasse di essere tornati al periodo in cui le cacce contro la comunità magica si erano intensificate da non concedere alcuna tregua. Come vivere dunque, sapendo di dover fare scelte e affermarsi in un mondo assai divisivo?

    È lo stesso pensiero che ho avuto negli ultimi anni, e non posso nemmeno pensare di provare a fare un confronto tra il passato e il presente. Non aiuterebbe in nessun modo, le dinamiche di allora erano assai diverse rispetto a quelle attuali.

    Lo studiava a Babbanologia d'altronde, i loro sviluppi procedevano ormai a gonfie vele da non aver probabilmente bisogno della magia, ma cosa dire dei maghi e delle streghe? Erano rimasti indietro, per così dire, proprio perché avevano potuto fare affidamento su qualcosa di tanto sorprendente come la magia, che c'era da chiedersi come dovessero comportarsi con la tecnologia babbana, sempre più presente in tutte le vite dei Babbani. Non osava immaginare quali implicazioni losche avrebbero potuto beneficiare ai danni della comunità magica, forse perché aveva sempre vissuto in questa bolla tollerante che era l'Inghilterra e non poteva avere la benché minima idea delle condizioni a cui dovevano adeguarsi laddove la magia era condannata a priori.

    Proprio per questo continuo a non capire gli Alfieri Rossi. La loro causa non solo è anacronistica ma mina un equilibrio già precario fra di noi, quando a malapena fatichiamo a mantenerlo quello fra maghi e babbani. Rovinando entrambi, non ci resterà niente di niente.

    Erano pensieri, dubbi, quesiti che più volte il giovane Kirkoven si era interrogato a proposito, ma che tuttavia il momento sembrò voler rimandare tutto a un altro momento. Aveva come perso il respiro quando le labbra di Venetia si erano premute sulle sue, la volontà che strepitava per mettere a tacere la parte spesso logica e razionale di Petyr e riusciva decisamente alla grande, l'accenno di un sorriso che prendeva spuntargli sul volto mentre si abbandonava e le reclamava allo stesso tempo. Saggiava sempre di più quella sensazione di giusto e legittimo, come se a quel punto fosse naturale creare fra di loro una nuova bolla, del tutto esclusiva e intima in cui nessuno avrebbe potuto mettere piede nemmeno volendolo, in cui era concesso soltanto loro due lo spazio per vedersi, capirsi e intendersi molto di più di qualsiasi sangue scorresse nelle loro vene. Sembrava ripercorrere tutto il tempo che avevano speso insieme, giusto dalla volta che le iridi color miele si erano posate su una figura assai curiosa e caratteristica, vuoi per i capelli color rosso fuoco che spiccavano maggiormente in mezzo a tutto il manto bianco, vuoi per il modo in cui era rimasto semplicemente colpito da lei fino ad imparare a discernere e giungere alla conclusione di cosa provasse effettivamente nei suoi confronti.
    Quello che stavano facendo in quel momento, rappresentava a tutti gli effetti la conferma di qualcosa che viaggiava da un cuore all'altro senza alcun ostacolo o barriera ad impedirlo, forse anche perché avrebbe potuto sbriciolare anche con tutto il tempo che ci fosse voluto.

    Venetia.

    Sospirò piano e vispo, aprendo appena gli occhi per poter vedere gli stessi dell'altra fare altrettanto.

    Non importa cosa succederà, non importa come andrà a finire, sappi che avrai sempre il tuo spazio nella mia mente.
     
    .
  10.  
    .
    In quel momento non importavano più i disastri che accadevano nel mondo, neanche quelli che si stavano consumando proprio in quell'esatto momento anche se in luoghi distanti anni luce da quella Torre. Non importava più quanto sua madre fosse stata una strega straordinaria o quanto Petyr sarebbe stato pazzo di lei e viceversa; non poté non pensare, anche solo per un momento, che Florence Prewett avrebbe adorato Petyr, avrebbe approvato e dato la sua benedizione ad occhi chiusi, che si sarebbe fatta in quattro, o in dieci, pur di assicurare a quel ragazzo dagli occhi color del miele un posto sicuro in questo mondo malvagio in cui si erano ritrovati costretti a vivere. Ma non aveva importanza, adesso, il fatto che lei non potesse più fare nulla per lui, quel pensiero bello quanto nostalgico era passato in secondo piano assieme ai pensieri altrettanto brutti e drammatici. Su quella Torre non c'erano Alfieri Rossi e Traditori, Purosangue o Mezzosangue, né Nati Babbani e Suprematisti della razza magica. L'eco di quei discorsi divenne sempre più distante man mano che azzerava la distanza con le sue labbra, premendole alle sue con dolcezza, ma allo stesso tempo come se ne volesse sempre di più e desiderasse che il momento di staccarsi da essi ed uscire da quella bolla che si era formata attorno a loro non arrivasse mai. Era così che si sentivano le persone innamorate? Se lo domandò per qualche momento: quello non era solo un bacio, era il suo primo bacio, e nonostante ciò era tutto così naturale che non si trovò mai a domandarsi quali fossero i movimenti giusti da fare e quali no, come se conoscesse già la strada che stava percorrendo e dove fosse diretta: Petyr era la destinazione.
    Riaprì gli occhi imperlati di lacrime ormai immobili, come se i condotti si fossero chiusi da un pezzo e non restasse altro che delle poche goccioline da sgrullar via. Ancora ad un palmo dal suo naso sospirò, accorgendosi solo una volta tornata a terra di essersi alzata in piedi sulle punte. La sua mano fu la prima cosa che cercò, mentre le sue labbra si distendevano in un sorriso appiattito come se volesse imprimervi il sapore dell'altro affinché non se ne andasse mai.

    Anche tu, sempre.

    Poggiò la testa al suo petto e lo cinse con le braccia; era un bel po' più grosso di lei, Petyr, con quelle braccia possenti e quel fisico da armadio, il che contribuì a farla sentire incredibilmente al sicuro. Sporse lo sguardo oltre al parapetto ad osservare i colori del tramonto, anche se in realtà non lo stava guardando realmente: una fastidiosa sensazione di terrore era ancora in movimento dentro di lei, ma aveva perso velocità e si accingeva a fermare la sua corsa sempre di più.

    Ce la caveremo. Vero?

    Non sapeva dove stesse andando a parare il mondo, il futuro in quel momento successivo al dieci Marzo appariva spaventosamente incerto. Di una cosa però era sicura: sarebbe voluta restare al suo fianco, sempre.

    Il Pettegolo 5/5
     
    .
  11.  
    .
    Avatar


    Group
    Tassorosso
    Posts
    376

    Status
    Anonymous
    Quel sempre aveva tutto il sapore di un piacevole tè alla cannella da bere in una serata tranquilla, seduto di fronte un camino e intento a contemplare il lento danzare delle lingue di fuoco, una sensazione di calma e sicurezza allo stesso tempo che sembrava ormai una merce rara negli ultimi tempi. Petyr lo fece suo, quasi avidamente ma mai per le ragioni più sbagliate, tanto che ricambiò l'abbraccio, prima dolcemente e poi via via pienamente. Le braccia cinsero appena sopra la vita, il volto trovò appoggio tra una spalla e la chioma rossa, gli occhi color miele si spostarono da quest'ultima al grande pendolo che continuava ad oscillare e viceversa, senza un ordine preciso e forzato.

    Ce la caveremo.

    Ripeté lui, più per rafforzare quel qualcosa che sapeva anche di promessa, non un mero concetto fine a se stesso, che per altro. Dal canto suo, avrebbe fatto tutto il possibile per non abbassare la guardia, continuare ad affinare le doti e restare al fianco di chi sapeva essere solo meritevole di considerazione. Chiunque ci fosse stato dietro gli attacchi congiunti del 10 Marzo, Alfieri Rossi o meno, poteva aver scombussolato gli equilibri in negativo e niente di più, ma anche in simili circostanze ci si poteva rialzare e imparare dove guardare bene, rivolgere la fiducia e coprire le spalle. Tra tutte le persone al Castello, indubbiamente, Venetia aveva finito per scalare arrivando in cima alla classifica dei pensieri importanti e prioritari che avrebbe avuto. Anche se, a dirla tutta, c'era già finita a quel punto molto prima di quel bacio, di quelle riflessioni dichiarate a cuor aperto, di qualunque attacco infimo. Aveva solo avuto bisogno di un po' di tempo per rendersene conto effettivamente che l'amicizia non poteva limitarsi ad essere soltanto tale, quella per la Prewett era sfociata in qualcos'altro di estrema importanza per il giovane Kirkoven.

    In virtù di questa promessa, accetteresti questo dono? L'ho visto di sfuggita a Hogsmeade la prima volta, poi ci sono tornato la volta successiva e l'ho comprato perché mi faceva pensare soltanto a te.

    Confessò alla fine, sciogliendo appena l'abbraccio per muovere la mano dominante verso l'interno della toga ed estrarre una simil-busta abbastanza piccola che poteva far intuire su un oggetto come un anello o un bracciale. Si trattava in realtà di una piccola collana d'argento, di forma ovale, con le foglioline disposte lungo i contorni e delle incisioni disposte al centro. Erano lettere maiuscole - U. T. G. E. G. - di una frase latina che Petyr tradusse subito per renderlo comprensibile alla Grifondoro.

    Dovunque tu sia, lì io sarò.

    Petyr consegna l'amuleto a Venetia <3
     
    .
  12.  
    .
    E per qualche motivo, in quel momento Venetia ci credeva davvero. Si sentiva invincibile tra le sue braccia, il posto più sicuro e giusto in cui poteva trovarsi. Perfino più sicure di Hogwarts stessa. Accolse il silenzio successivo a quella promessa come un dono di cui far tesoro, abbandonandosi ad esso come l'aiutante perfetto per far ordine tra i pensieri. Era davvero così sbagliato trovare un po' di felicità in mezzo a quel cumolo di cenere? Sembrava che attorno a loro non vi fossero che rovine, eppure erano rimasti in piedi come due colonne portanti. Forse era stata solo mera fortuna e niente più che al posto di Celine o di Eren non ci fosse stato lui, o forse era solo questione di tempo. Si irrigidì di fronte ad un pensiero del genere, tornando a domandarsi come potesse suo padre invitarla alla calma e a sentirsi tranquilla. Non lo era. Tutti i suoi affetti oscillavano pericolosamente sul filo del rasoio e lei si sentiva troppo impotente per poterli proteggere, troppo acerba e per niente preparata ad un'eventuale attacco. Avrebbe voluto essere un porto sicuro per le persone a cui teneva, eppure le era stata inculcata l'idea di dover restare al suo posto e di non potersi nemmeno sporcare troppo le mani, perché questo ci si aspettava da lei. Ma nell'esatto momento in cui respirò a pieni polmoni il profumo di Petyr così vicino a sé, quel ruolo iniziò ad andarle stretto.

    Cos'è?

    Si allontanò di qualche centimetro da lui pur lasciando le braccia a cingergli l'addome, ed alzando sul suo volto lo sguardo gli avrebbe rivolto un sorriso curioso. Era comunque nata sotto al segno del Leone, Venetia, e non poteva di certo nascondere quanto apprezasse certi tipi di attenzioni. Gli rivolse un'occhiata furba mentre lo osservava tirar fuori dalla tasca una bustina colorata, domandandosi cosa potesse essere quell'oggetto che lo aveva addirittura fatto tornare ad Hogsmeade due volte pur di regalarglielo. Ciò le fece tuttavia pensare che allora era vero che anche lui, per tutto quel tempo, aveva ricambiato il suo sentimento e che non fosse solo nella sua testa quel gioco di sguardi e di premure che andava avanti da qualche mese, e quella fu l'ultima conferma di cui ebbe bisogno. Avrebbe sciolto l'abbraccio solo per scartare il pacchetto e lasciar cadere sul palmo della sua mano il suo contenuto. Il freddo dell'argento entrò a contatto con la sua pelle e poté leggere quell'incisione che sapeva tanto di promessa impressa sul ciondolo, mentre un sorriso di sincera gratitudine prendeva posto sulle sue labbra.

    Grazie, Pet.


    Pensò che doveva aver pensato a quel dono perché l'aveva vista un po' giù in quel periodo, e la cosa la rincuorò parecchio. Si era persa così tanto a rimuginare e rimuginare sulle questioni più spinose che si era quasi dimenticata che non era poi così sola e quanto fosse circondata di amore. Sperò che anche lui potesse sentirsi così in sua presenza. Si alzò nuovamente sulle punte per dargli velocemente un bacio sulle labbra, stavolta con meno timore e più confidenza di prima, la catenina ancora stretta in mano che ora stava consegnando direttamente a lui invitandolo a mettergliela al collo. Si voltò dunque verso il parapetto, col cielo arancione che faceva spiccare ancora di più il colore dei suoi capelli mentre li spostava tutti su un lato per liberare la strada a quel ciondolo, perché era lì che doveva stare. Insieme a lei, sempre.
     
    .
  13.  
    .
    Avatar


    Group
    Tassorosso
    Posts
    376

    Status
    Anonymous
    È un amuleto, di quelli speciali.

    Iniziò a dire in un primo momento, lo sguardo color miele vagamente distratto che si spostava dalla figura di Venetia alle sue mani, infine sulla collana, sempre più cosciente che fosse quello il momento adatto, che il dono potesse solo appartenere ad ella e nessun altro, che sembrasse crederci davvero nel significato intrinseco dell'amuleto, l'incisione stessa e la magia di cui si caricava. Per le prime volte, naturalmente, non ci aveva creduto molto. Nessun oggetto poteva portare così tanta fortuna a una persona, per una mente logica come la sua, che tuttavia aveva sì spezzato una lancia in favore di misteri dell'universo, spesso resi possibili in circostanze che non si sarebbero potute verificare in via teorica. E naturalmente la zia Pearl l'aveva redarguito ancora una volta rammentandogli che niente era certo, che niente sottostava unicamente alle leggi della logica, che la magia stessa non era solo logica stessa ma anche molto altro, soprattutto spontaneità e imprevedibilità. La Felix Felicis ne era anche un esempio, il Felix-Gate non era da meno. Il passato era certo, il presente era plasmabile, il futuro era auspicabile, aveva concluso così quel discorso e Petyr, ancora una volta, pensava di essere fin troppo piccolo in quel mondo, di aver ancora troppo da imparare a dispetto degli imminenti M.A.G.O. non più in lontananza. Forse, se l'era chiesto, non stava in questo il bello della vita? Non smettere mai di domandarsi e interrogarsi su molte cose? Che non si smetteva mai di imparare?

    Forse è l'ultima cosa di cui potresti aver bisogno, forse è più il momento per avere solidità, ma un po' di fortuna potrebbe servirti. Per vivere un altro giorno, per passarlo con me. Per passarlo con chi vorresti.

    Un sorriso caldo e vispo si fece subito largo sulle labbra, il naso si arricciò appena con le lentiggini che parevano danzare sotto i raggi flebili, le iridi del color miele si smarrirono nuovamente in quelle altrui per qualche lungo istante, prima di annuire del tutto determinato. Osservò la rossa scostare la chioma rossa e quasi il cuore smarrì di qualche battito a quella scia scoperta del collo, verso cui alla fine allungò le mani e agganciò la collana perché restasse con lei, ora e per il futuro. Solo allora tornò a mettersi davanti, guardarle in viso e ricambiare il bacio che fino a qualche momento prima la Grifondoro gli aveva concesso. Su quelle labbra sussurrò a sua volta un ringraziamento carico di tutta la forza di cui il suo cuore poteva dirsi capace.

    Grazie a te, Venetia.

    E alzò il capo giusto quel poco che bastava perché vedesse il panorama assieme alla rossa, perché si godessero insieme quei momenti prima che il tempo e la vita li mettessero inevitabilmente su sentieri diversi, pieni di impegni, aspirazioni e, soprattutto, imprevisti.

    [ Role chiusa ]

     
    .
12 replies since 17/3/2024, 00:34   391 views
  Share  
.