Blessed be the mystery of love

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  1. Setoshi Mirai
     
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    Gli faceva piacere sapere di avere il sostegno di Hans, Sabrina ed altri dei suoi compagni e amici, era innegabile. Quello che gli piaceva meno, invece, era che la sua stessa presenza vicino a loro potesse far correre nuove voci per i corridoi del castello, che bastasse stargli accanto per esser contaminati dai torbidi aloni grigio cenere del sospetto.

    Lo so, però... - l’ultima cosa che desiderava era pesare su chi teneva a lui - avete già abbastanza problemi così, non voglio aggiungermi pure io.

    Lamentò sommessamente, più che per giustificarsi per far capire all’amico che non serviva preoccuparsi per lui, non quando di pensieri ne avevano già in quantità, a partire dalla qualunque che cadeva dal soffitto incantato della Sala Grande, agli imminenti esami G.U.F.O., fino ad arrivare ai più spiacevoli attacchi da parte degli Alfieri o chi per loro.
    Lui sarebbe stato bene per conto suo, anche senza poter fare affidamento sulla compagnia altrui per qualche tempo. In fondo gli bastava una tela bianca o un libro a far passare le giornate, pur con gli sguardi più indiscreti e occhiate dubbiose a fissarlo da un capo all’altro del castello.

    Ma a me-
    A me invece interessa non sporcare i vostri colori con i miei, non per come sono adesso almeno.


    Macchiato da un sospetto di cui non conosceva il centro e che pure, nonostante tutte le buone intenzioni altrui, continuava a temere potesse contaminare chiunque gli stesse accanto.
    Ed anche se Hans, poco dopo, gli fece capire che poteva sempre fare affidamento su di lui, Setoshi sperò non ce dovesse essere mai il bisogno: non poteva continuare ad appoggiarsi agli altri, non quando il rischio era di farli cadere con sé. D’altra parte fu bel lieto di accordare alle sue parole un sorriso sincero, ché poteva solo immaginare quanto gli costasse fare un passo in avanti verso di sé quando lui ne aveva fatti due indietro.

    Esatto.

    Piegò con docile entusiasmo la testa in avanti un paio di volte, più che felice di ritrovare in lui gli Arcani rivelati un paio di settimane prima. E nel farlo, al pari di Hans, i suoi occhi incrociarono qualcosa che spuntava appena oltre una catasta di cornici, non per questo mettendo da parte la loro conversazione.

    E alla fine della tempesta, l’arcobaleno.

    O almeno così si augurava, per quanto al momento questi mancassero tanto fra i suoi Tarocchi quanto fra i suoi pensieri, da giorni più prossimi ai riflessi acquosini della Luna e dei propri mutamenti che non del fulgente brillio del Sole.

    Va bene.

    Decretò in un timido cenno del capo, ché ultimamente nessuna delle sue letture gli sembrava aver dato esiti degni nota, particolarmente positivi perlomeno.
    Quando si avvicinò alle cornici, poi, la vide: una sfera di cristallo incrinata, come lui.

    O magari questa.

    Disse alzandola appena sulla linea dello sguardo, pur conscio che prima avrebbe dovuto trovare tempo e modo per farla aggiustare. E chissà, magari guarita la sfera anche tutto il resto attorno a lui si sarebbe sistemato di conseguenza, o almeno così gli piaceva pensare fra uno sguardo sognante e uno malinconico lungo i solchi del cristallo ferito.

    Anche se adesso è rotta... - Sentiva che l’aveva trovata per una ragione, un Destino che apparteneva solo a lui così come soltanto a quell’oggetto infranto - Un giorno tornerà a schiarire il proprio Futuro, non è vero?

    E, ora di nuovo più che mai, era certo lo stesso sarebbe stato per la loro amicizia, i sentimenti spezzati di Hans, le tele incomplete e il suo sguardo portato lontano, al di là dei sospetti, degli attacchi e di ogni mostro che il passato gli aveva offerto fino ad allora.
     
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