Blessed be the mystery of love

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    Corvonero
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    24 marzo, pomeriggio


    Aveva tergiversato una settimana. Ci aveva pensato e ripensato, anche dopo la conversazione avuta con Sabrina. Alla fine però si era dovuto arrendere al fatto che non poteva prendere in giro se stesso, tanto meno Setoshi. Ad inizio febbraio aveva chiesto a Venetia come si potesse smettere di essere innamorati di qualcuno in poco tempo, e la ragazza gli aveva risposto che non si poteva, e così era stato. Avrebbe voluto non sentire più quella sensazione di calore, eppure non poteva fare a meno di sentire, immaginarsi e desiderare altri baci, anche brevi come quello che c’era stato. Non lo faceva stare bene perché insieme a quelle fantasie, gli cadeva addosso il peso della verità quasi ogni volta che si trovava nei pressi del corvonero. Doveva far capire alla propria mente che non ci sarebbero mai stati momenti del genere tra loro, solo che quest'ultima sembrava dimenticarsene ogni qualvolta gli capitasse di guardarlo. Aveva fatto perciò recapitare un messaggio all’amico, chiedendogli di raggiungerlo davanti alla Stanza delle Necessità, per parlare e per cercare qualche oggetto. Nonostante tutto si sentiva tranquillo, molto più di quanto si fosse sentito il quattordici di febbraio, solo un po’ malinconico al pensiero di quello che avrebbe dovuto dire e chiedere a Setoshi. Sperava che avrebbe capito, e forse sarebbe stata anche la giusta occasione per fargli capire davvero quanto fosse innamorato di lui. Quasi aveva voglia di dirglielo chiaramente, in fin dei conti non l’aveva mai fatto, e forse sarebbe stato utile per chiudere definitivamente con quei sentimenti e ricominciare. Aveva anche però paura di farlo soffrire, conseguenza che gli sembrava inevitabile, visto che anche lui non stava prendendo quella decisione a cuor leggero; aveva però cominciato a chiedersi che senso avesse passare il tempo insieme se non riusciva nemmeno a goderselo. E poi anche i suoi sentimenti avevano un valore, giusto? Di quello non era poi molto convinto, vista la tendenza che aveva a preoccuparsi più di quelli degli altri, ma forse sarebbe stato il caso di cominciare a pensare in quei termini. Era appoggiato al muro di fronte a dove si sarebbe dovuta palesare l’entrata della sala. L’aria leggermente pensierosa, la faccia inespressiva, che tanto lo faceva somigliare a sua madre, non fosse stato per il caldo nocciola dei suoi occhi. Si chiese se Helene non avesse finito per detestarli, ma subito si ricordò che “Helene” era una di quelle persone a cui sarebbe stato meglio non pensare in quel momento. Meglio pensare alle ultime lezioni con la Garfield, e alle ore passate sui libri, le più tranquille che c’erano state negli ultimi tempi, e che erano state anche piuttosto fruttuose, vista l’ascesa che avevano avuto le sue medie in Astronomia ed Erbologia; a quel punto manca solo Storia della Magia, e si sarebbe potuto dire soddisfatto.

    Setoshi Mirai
     
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    Era trascorso più di un mese da quel fatidico San Valentino e molta acqua era passata dentro i calderoni, sia attraverso le lezioni di ogni giorno che dopo gli eventi nell’ufficio del Vicepreside, eppure niente era davvero cambiato da quando Hans aveva scelto di prendersi i propri spazi da lui, dagli stessi colori più vividi e accesi che suo malgrado Setoshi non poteva ricambiare in alcun modo. Ci era rimasto male per tutto il tempo, soprattutto continuando a vedere i colori dell’amico mutare attorno a lui senza la possibilità di fare nulla al riguardo se non osservare un mite eppure mesto silenzio.
    Durante i pasti in Sala Grande.
    Nel mezzo di una qualsiasi lezione.
    Persino tra un’ora e l’altra o all’interno degli spazi comuni di Corvonero.
    Quale che fosse l’occasione evitavano - Hans in particolar modo - di stare l’uno da solo in compagnia dell’altro, di scambiarsi qualche parola di troppo o indugiare più del necessario sui reciproci atteggiamenti, e laddove diventava impossibile comportarsi altrimenti interveniva Sabrina o chi per lei a fare da collante al loro rapporto, per quanto temporanea alla fine la cura potesse essere.
    Così quando gli aveva fatto sapere di quell’incontro Setoshi per un attimo non aveva avuto idea di cosa pensare, se credere o meno che l’amico fosse giunto a una decisione definitiva circa la loro amicizia oppure se volesse metterne in chiaro i risvolti presi fino ad allora e quelli che, invece, ancora dovevano venire. E, nonostante ciò, si era preparato al meglio delle sue forze per ogni possibile evenienza.

    Gommene.

    Trasalì evitando per un soffio lo scontro con un paio di studenti di passaggio, ripensando all’ultima volta che aveva condiviso la Stanza delle Necessità con qualcun altro all’infuori di sé. In quell’occasione era andato tutto bene, di un azzurro gelées e polvere di agapanto, il che gli faceva istintivamente ben sperare anche per quel ritrovo dopo oltre un mese di lontananza.
    Si ricordava ancora di quando Hans gli aveva raccontato di quel luogo, scoprendo poi che anche Setoshi ne era venuto a suo tempo a conoscenza – eppure tenuto per sé a onor di una promessa. E quando aveva saputo che sarebbe diventato luogo di incontro, di nascosto dagli altri, aveva provveduto a riporvi dentro alcuni pensieri in memoria del passato e speranza per il futuro, fiducioso di ritrovarli non appena ne avessero varcato la soglia. Fu allora che intravide Hans e, senza sapere come, trovò lo slancio necessario per correre leggero verso di lui e prendere quella stessa iniziativa che entrambi avevano fatto di tutto per negarsi nei giorni precedenti.

    Avanti, entriamo...

    E senza dire null’altro diede rapidamente vita al rito che ormai conosceva bene essere la chiave necessaria per accedere alla stanza, le cui porte emergevano dalla pietra come sabbia dall’acqua o l’inchiostro dalla pergamena.
    Una volta entrati gli spazi all’interno avrebbero dipinto i desideri di Setoshi: una stanza fatta ad arte e per l’arte, un’aula da disegno tutta sua… tutta loro, e da cui si augurava con tutto il cuore poter avere un epilogo migliore.

    Edited by Setoshi Mirai - 28/3/2024, 21:04
     
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    Quando i suoi occhi si posarono sulla figura di Setoshi, che gli correva leggiadro incontro, sentì una spina conficcata nel cuore, che si muoveva al ritmo del suo respiro. Ancora una volta si chiese perché non potesse corrergli incontro così per una spinta del cuore, invece che per altro.
    Tutto quello che avvenne tra l’arrivo dell’amico e la visione della stanza creata per loro, gli ricordò i motivi per cui aveva cercato di evitare Setoshi. Scorgeva nei comportamenti del corvonero una certa speranza e si sentì rammaricato, perché a quel punto era chiaro che anche l’altro avesse aspettato quel momento. Non riuscì a trattenere un sospiro vedendo l’aula da disegno che si apriva davanti ai loro occhi. Certo, meglio di qualsiasi cosa sarebbe venuto fuori se la Stanza avesse accolto i suoi, di pensieri e desideri. Probabilmente la stanza sarebbe stata più buia e asfissiante, e non lo avrebbe aiutato nelle sue intenzioni, visto che si sentiva già abbastanza soffocare di suo. Il luogo però non poteva non ricordargli ciò che era accaduto un mese prima, ed era sicuro che non si trovassero lì per scambiarsi un altro bacio.
    -Devi averci pensato parecchio se la Stanza delle Necessità ha deciso di prendere proprio questa forma.- disse, mentre si guardava intorno, cogliendo le differenze con la sala d’arte della scuola.
    -Anche io.-
    Posò lo sguardo su Setoshi, rivolgendogli un sorriso dispiaciuto e amareggiato. La spina continuava a muoversi, in un dolore persistente. Non riusciva a capire se quella sensazione fosse reale o meno, però c’era, ed Elliott si stava davvero impegnando per non prenderla in considerazione. Si era avvicinato ad uno dei tavoli, dandogli le spalle, prendendo in mano uno dei pennelli e cominciando a giocarci, passandoselo tra le dita, guardando quel movimento fluido. La sua vita sarebbe dovuta girare a quel modo, ma immaginava che non fosse così semplice come gli riusciva giocherellare con l'oggetto che teneva in mano. Mise al suo posto il pennello e si girò, poggiandosi al bordo del tavolo ed incrociando le braccia.
    -Così non va.-
    Lo guardò di nuovo, cercando di non apparire troppo freddo perché non voleva proprio esserlo. Sciolse le braccia, facendole cadere lungo i fianchi, cercando di scollarsi di dosso la sensazione di chiusura che sembrava voler dettare legge sul suo tono e sul suo linguaggio del corpo.
    -Almeno per me.- aggiunse, sempre con lo sguardo fissò su di lui, ma il tono leggermente più caldo. Voleva essere sincero con Setoshi, ma doveva ammettere che parlarne con Sabrina era stato molto più semplice.
    -Tu come stai?- chiese, una domanda che aveva costellato le loro conversazioni tranne che nell’ultimo periodo, forse per timore di sentirne la risposta. Ma adesso erano solo loro due, in un luogo in cui nessun altro avrebbe potuto ascoltarli, neanche di sfuggita, ed Elliott sperava davvero che l'amico avrebbe risposto con la stessa sincerità che gli stava venendo offerta.

    Setoshi Mirai
     
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    Era sembrato così semplice entrare, varcare la soglia e lasciarsi alle spalle il resto del castello. Eppure ora che si trovavano entrambi dentro la Stanza delle Necessità, da soli, pareva bastasse l’eco dei propri pensieri a farne risuonare l’interno in ogni suo angolo: un singolo respiro era sufficiente a prendere per sé tutta l’aria, un passo ad attraversarla per interno, così come poche parole di Hans ad assordarne il primo silenzio.

    Anche io.

    Ripeté senza sapere se fosse speranza o resa quella che aveva animato “parecchio” i pensieri dell’amico al pari suo.
    La verità era che ci aveva pensato sì a lungo ma, allo stesso tempo, la stanza aveva risposto al suo desiderio solo a cavallo fra quello stesso giorno e il precedente, in risposta tanto alla sua volontà quanto a ciò che aveva voluto nasconderci dentro in vista dell’incontro. E mentre Hans passava fra le dita uno dei pennelli, Setoshi non poté fare a meno di pensare a quando questi avevano abbandonato le tele a sé stesse, incomplete e desolate almeno quanto erano diventati i colori dell’amico in quel momento.

    Così non va.
    Certo, vanno puliti prima.

    Per un attimo pensando si stesse riferendo alle setole dei pennelli ancora macchiate di tempera, quando sentendo il suo sguardo su di sé avvertì con più chiara e amareggiata consapevolezza a cosa stesse alludendo.

    Come la polvere di valve d’ostrica prima di diventare bianco resina.

    Ma forse così facendo - come suo solito d’altronde - correva soltanto il rischio di non spiegarsi davvero, salvo tradurre in parole povere anziché in colore ciò che sentiva.

    In sospeso.

    Tra l’amicizia andata e i sentieri della distanza che Hans aveva frapposto a loro, alla sua dichiarazione e il rifiuto ricevuto. In quale altro modo sarebbe potuto stare altrimenti? Ma soprattutto...

    Ciò che conta adesso però è: tu come vorresti che stessimo?

    In fondo era per quello che gli aveva chiesto di trovarsi lì, no? Per dare una definizione al loro rapporto dopo gli eventi del mese passato, per “fare andare” - come aveva appena detto lui - qualcosa in cui al momento non riusciva proprio a trovarsi. O la verità era che aveva già deciso tutto da sé, sia il punto di partenza che quello di arrivo?
    Una parte di lui voleva essere pronta ad accettare qualsiasi cosa, anche la fine purché l’amico ritrovasse la sua pace ed equilibro. Dall’altra, però, neppure era sicuro di avere la risolutezza necessaria a lasciar allontanare l’amico così, di sua volontà, senza neanche provare a persuaderlo del contrario. Era davvero possibile volere il suo bene senza pensare, un minimo, anche al proprio, al fatto di non riuscire a rinunciare all’amicizia di ogni giorno coltivata assieme a Sabrina e il resto dei compagni? Non ne aveva idea, ma immagina che presto o tardi avrebbe dovuto imparare a conoscere la risposta.
     
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    -In sospeso.-
    Una delucidazione sulla frase detta in precedenza, la quale gli fu molto più chiara. Capiva perché Setoshi si sentisse in quel modo, quel pomeriggio di febbraio aveva lasciato più di due tele vuote. Sapeva anche che doveva essere lui mettere un punto a quella sospensione, ancora non gli era ben chiaro però come avrebbe fatto. Sarebbe bastato essere spontaneo? O ad un certo punto si sarebbe sentito patetico? Una parte di lui desiderava credere che non si sarebbe potuto sentire così con Setoshi, ma un’altra, radicata in lui, gli suggeriva che, se non in quell’esatto momento, avrebbe provato vergogna ripensandoci.
    -[...]tu come vorresti che stessimo?-
    -Insieme.-
    Le parole erano scivolate fuori dalle sue labbra, candide e nitide. Era la verità, solo che stava avendo qualche difficoltà a mettere in pratica quel desiderio.
    -Ma ultimamente mi sono chiesto che senso abbia stare insieme, se non sto bene quando lo siamo.- appoggiò la parte bassa dei palmi sul bordo del tavolo, continuando a guardare il corvonero. Era stata una confessione alquanto sofferta, e avrebbe preferito di gran lunga non arrivare al punto di doverla esprimere ad alta voce.
    -Il punto è che io continuo ad essere…- per un secondo scostò lo sguardo, cercando di non pensare poi troppo a ciò che stava dicendo, dando voce semplicemente ai suoi pensieri così com'erano.
    -Ad essere innamorato di te.- decretò alla fine, tornando a guardare il compagno. A discapito dei rossori e imbarazzi mostrati settimane prima, in quel caso Elliott aveva più l’apparenza di una statua di marmo, con due leggere ma evidenti occhiaie, ma non per questo le sue parole erano meno sincere. Solo che a differenza di prima, adesso si sarebbe voluto liberare di quei sentimenti e ogni volta che li sentiva, o ne parlava, ci buttava sopra una secchiata d’acqua, nel tentativo di spegnerli un poco alla volta.
    -E per essere solo tuo amico questo deve cambiare, soprattutto adesso che è chiaro che i miei sentimenti non sono ricambiati.- si fermò un attimo, riflettendo su come continuare quel discorso. In fin dei conti non sapeva quanto Setoshi sarebbe riuscito a comprenderlo, lui non era mai stato innamorato di un suo amico e magari neanche di una sua amica, per quel che ne sapeva Elliott. Questo però non significava che non potesse capire come si sarebbe sentito fosse stato nei suoi panni, ed Hans sperò che Setoshi si sarebbe rivelato capace di farlo.
    -Per rispondere alla tua domanda quindi… vorrei che stessimo insieme, ma adesso non credo di riuscirci.- concluse, incrociando le braccia al petto, come se queste fossero state capaci di creare un muro tra loro due. Sapeva di potersi fidare, ma non riusciva a non aspettarsi qualche colpo mancino. Non era colpa dell’amico, ma di altri che, tra l'altro, con quella situazione non avevano nulla da spartire. Proprio per questo sentirsi così sotto pressione e allerta lo infastidiva ancora di più, perchè si sarebbe voluto sentire tranquillo, ed invece si ritrovava intrappolato dai suoi stessi meccanismi di difesa.
    -Sicuramente anche il periodo non sta aiutando…- aggiunse soprappensiero, pensando a tutto ciò che era successo dall'inizio di marzo, con l’aria un po’ preoccupata, tipica di chi è con la testa da un’altra parte;

    Setoshi Mirai
     
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    Si domandava perché sembrasse così assolutamente difficile mettere ordine alle parole e ai colori che sfarfallavano attorno l’amico, ormai un mulinello senza fine che nei rari momenti in cui non dardeggiava papaveri isolati teneva le stesse nuance dei grigi grafite, cancellati e ricalcati subito dopo a più riprese.
    Lo ascoltava eppure, paradossalmente, continuava ad apparirgli che qualsiasi cosa dicesse in realtà significasse l’esatto opposto. Come si poteva voler stare assieme e allo stesso tempo tenere a distanza chiunque ti facesse soffrire e innamorare contemporaneamente? Qual era il punto di rottura e dove quello di equilibrio?
    Non sapeva come rispondergli e, francamente, neppure era certo avrebbe dovuto farlo. D’altronde cosa poteva avere lui da ridire al riguardo se non concordare con le sue decisioni, sforzarsi di capirlo e venirgli incontro laddove possibile.

    Certo… ti serve tempo.

    La voce comprensiva, ché non poteva essere altrimenti. Quando, di getto, la sua mente prese per un breve momento a guardare lontano, più precisamente in direzione d’un paio di settimane prima nell’Ufficio di Lumacorno, alla Ruota, La Luna e Il Sole.

    Non è un problema, posso dartene tutto il necessario.

    Tutto, si volle convincere, anche fino al prossimo anno purché offrisse una via di fuga ad Hans dai suoi sentimenti non corrisposti. E capiva pure il periodo non fosse dei migliori con quello che accadeva in giro per il castello, fra maledizioni, attacchi a tradimento ed altri in pieno viso sotto forma di fazzoletti dal gusto discutibile. Lui stesso, da che a seguito degli interrogatori era rientrato – per qualche ragione a lui ancora poco nota – nella rosa dei sospettati, non se la passava poi tanto più spensieratamente.

    In ogni caso è meglio così…
    Non sarei comunque un buona compagnia.


    Né per loro né per chiunque altro a dir il vero, almeno stando a sentire tutte le voci che giravano sul conto di chi, come lui, pareva aver sollevato un discreto scalpore a seguito del proprio colloquio con gli insegnanti.
    Non voleva essere compatito, neppure consolato, anche se sarebbe stato sciocco sostenere che non avesse minimamente risentito di quei pettegolezzi o le occhiate di certi compagni. Chissà se era così che si erano sentiti pure lui e Sabrina, come foglie battute dal vento. Scosto appena la testa, poggiandosi al capo opposto del tavolo rispetto l’amico, ché non aveva proprio voglia di affrontare l’argomento, a maggior ragione quando la questione principale di quel giorno era tutt’altra.

    Però, etō, sappi solo che quando tutto questo sarò passato io – Lui cosa? Certo non lo avrebbe potuto contraccambiare, però poteva almeno aspettarlo per vedersi rinnovati assieme - Io ci sarò ancora, ed anche tu. Forse non saremo uguali a prima, ma credo… credo anche che a volte le cose debbano cambiare per rimanere le stesse.

    Lo facevano i colori.
    Potevano riuscirci anche loro.

    #entry671209743
    11-15: oggetto magico potenziato rotto e da riparare da Mondomago
     
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    Setoshi si stava mostrando comprensivo, ed Elliott non si era aspettato niente di diverso. La apprezzava, ma allo stesso momento riusciva ad infastidirlo, come fosse la prova di una sua debolezza. Era un male sperare di essere sempre dalla parte di chi comprendeva, invece che da quella del compreso? Quello che sapeva però era che se avesse potuto, non avrebbe scelto di sentirsi così. Avrebbe preferito essere capace di accettare la comprensione degli altri, senza sentirsi minacciato da un gesto che poteva essere di solo affetto; e se conosceva l’amico, dubitava che dietro a quei toni gentili ci fosse altro che quello.
    -Io non credo “sia meglio così.- rispose, con una punta di rimprovero.
    -Te l’ho già detto che non mi interessa di quello che pensa Vitius,- il tono si era fatto più dolce.
    -E nemmeno del parere di qualche nostro compagno.-
    Non gli erano sfuggite le occhiate rivolte al corvonero e i bisbigli quando passavano nei corridoi. Si chiedeva come fosse possibile che alcuni credessero a voci del genere. Sarebbe bastato parlarci una volta per capire che non era possibile che ci fosse Setoshi dietro a quegli attacchi; o almeno era chiaro per lui. Senza contare che quel pomeriggio l’amico era proprio con lui e Sabrina, e dubitava che il corvonero avesse cominciato ad avere anche il dono dell’ubiquità; e davvero Vitius aveva sospettato di lui? Setoshi era bravo in Divinazione ma non poteva sicuramente dirsi ancora un esperto.
    -È quello che penso anche io.-
    Sorrise leggero, mentre si guardava un po’ intorno. Almeno potevano dirsi della stessa idea, e questo era già un punto a loro favore.
    -Se hai bisogno, potrai sempre venirmi a cercare. Non è che sparisco nel nulla.- si raccomandò di ricordargli, che non voleva che l’amico prendesse troppo sul serio quel distacco, tanto da non sperare nel suo aiuto. Dopo aver detto così, un luccichio attirò la sua attenzione. Fece per avvicinarsi, ma prima si fermò a pochi passi dall'amico.
    -Intendo dire che puoi sempre contare su di me… e poi non è solo questo. Devo ancora rispondere a mia madre.-
    Ricordava di aver detto una settima prima di aver quasi finito di scriverla, ma la verità era che dopo aver ricomposto la pergamena, questa era rimasta nel suo cassetto. Doveva risponderle? O semplicemente sparire nel nulla? Non sapeva se l’ultima opzione avrebbe fermato Helene da riscrivergli nuovamente, e l'idea di riceverne una seconda lo preoccupava abbastanza.
    -Adesso è la Luna, domani sarà il Sole, giusto?- chiese, facendo chiaro riferimento ai Tarocchi letti qualche settimana prima. Potevano anche dirsi circondati da diavoli, e il quadretto non poteva dirsi rassicurante.
    -Prima delle vacanze dovrai per forza farmi un’altra stesa.- disse, mentre tornava ad andare verso il punto in cui gli sembrato di intravedere il riflesso. Le ragioni principali erano due: voleva saperne di più sulle sue vacanze estive, che a quel punto immaginava avrebbe passato in Scozia; e poi perchè credeva che le carte gli fossero state davvero alleate in quelle settimane, oltre che a dargli consiglio.

    Setoshi Mirai
    Lancio dado: x
    Elliott trova un oggetto magico parzialmente funzionante potenziato
     
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    Nell'aria densa che avviluppava la conversazione intima e dolorosa che Setoshi ed Elliott stavano portando avanti, la Stanza delle Necessità era spettatore silente ed accogliente al tempo stesso. Le fattezze di un'aula di disegno, e non propriamente a caso, avevano accolto i due Corvonero che tuttavia, presi dal momento e dalle emozioni da sbrigliare, probabilmente non avevano prestato la dovuta attenzione a ciò che l'ambiente aveva da offrire. In momenti diversi e soltanto quando le rispettive iridi sarebbero state libere di appoggiarsi sulle mensole e sulle superfici, entrambi gli studenti avrebbero potuto notare qualcosa che avrebbe inesorabilmente catturato la loro attenzione. A fine conversazione o nel mentre, Setoshi avrebbe notato una sfera di cristallo che necessitava di cure vista la crepa che ne attraversava la superficie sferica e che tuttavia, proprio per questo, nessuno avrebbe notato se scomparsa. Allo stesso modo, prima o poi Elliott avrebbe posato lo sguardo su quelli che sembravano degli abiti ripiegati e che stonavano proprio con l'ambientazione offerta. Se si fosse avvicinato, avrebbe quindi scoperto una tuta simile in tutto e per tutto a quella di un sommozzatore, in buono stato nonostante alcuni segni di usura.

    Setoshi, trovi una sfera di cristallo potenziata ma rotta, che potrai riparare da Mondomago; hai a disposizione 20 utilizzi.
    Elliott, hai trovato una Tuta Anti Veleno di Lobalug; essendo potenziata ma parzialmente funzionante, mantiene i suoi effetti per 10 post.
     
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    Gli faceva piacere sapere di avere il sostegno di Hans, Sabrina ed altri dei suoi compagni e amici, era innegabile. Quello che gli piaceva meno, invece, era che la sua stessa presenza vicino a loro potesse far correre nuove voci per i corridoi del castello, che bastasse stargli accanto per esser contaminati dai torbidi aloni grigio cenere del sospetto.

    Lo so, però... - l’ultima cosa che desiderava era pesare su chi teneva a lui - avete già abbastanza problemi così, non voglio aggiungermi pure io.

    Lamentò sommessamente, più che per giustificarsi per far capire all’amico che non serviva preoccuparsi per lui, non quando di pensieri ne avevano già in quantità, a partire dalla qualunque che cadeva dal soffitto incantato della Sala Grande, agli imminenti esami G.U.F.O., fino ad arrivare ai più spiacevoli attacchi da parte degli Alfieri o chi per loro.
    Lui sarebbe stato bene per conto suo, anche senza poter fare affidamento sulla compagnia altrui per qualche tempo. In fondo gli bastava una tela bianca o un libro a far passare le giornate, pur con gli sguardi più indiscreti e occhiate dubbiose a fissarlo da un capo all’altro del castello.

    Ma a me-
    A me invece interessa non sporcare i vostri colori con i miei, non per come sono adesso almeno.


    Macchiato da un sospetto di cui non conosceva il centro e che pure, nonostante tutte le buone intenzioni altrui, continuava a temere potesse contaminare chiunque gli stesse accanto.
    Ed anche se Hans, poco dopo, gli fece capire che poteva sempre fare affidamento su di lui, Setoshi sperò non ce dovesse essere mai il bisogno: non poteva continuare ad appoggiarsi agli altri, non quando il rischio era di farli cadere con sé. D’altra parte fu bel lieto di accordare alle sue parole un sorriso sincero, ché poteva solo immaginare quanto gli costasse fare un passo in avanti verso di sé quando lui ne aveva fatti due indietro.

    Esatto.

    Piegò con docile entusiasmo la testa in avanti un paio di volte, più che felice di ritrovare in lui gli Arcani rivelati un paio di settimane prima. E nel farlo, al pari di Hans, i suoi occhi incrociarono qualcosa che spuntava appena oltre una catasta di cornici, non per questo mettendo da parte la loro conversazione.

    E alla fine della tempesta, l’arcobaleno.

    O almeno così si augurava, per quanto al momento questi mancassero tanto fra i suoi Tarocchi quanto fra i suoi pensieri, da giorni più prossimi ai riflessi acquosini della Luna e dei propri mutamenti che non del fulgente brillio del Sole.

    Va bene.

    Decretò in un timido cenno del capo, ché ultimamente nessuna delle sue letture gli sembrava aver dato esiti degni nota, particolarmente positivi perlomeno.
    Quando si avvicinò alle cornici, poi, la vide: una sfera di cristallo incrinata, come lui.

    O magari questa.

    Disse alzandola appena sulla linea dello sguardo, pur conscio che prima avrebbe dovuto trovare tempo e modo per farla aggiustare. E chissà, magari guarita la sfera anche tutto il resto attorno a lui si sarebbe sistemato di conseguenza, o almeno così gli piaceva pensare fra uno sguardo sognante e uno malinconico lungo i solchi del cristallo ferito.

    Anche se adesso è rotta... - Sentiva che l’aveva trovata per una ragione, un Destino che apparteneva solo a lui così come soltanto a quell’oggetto infranto - Un giorno tornerà a schiarire il proprio Futuro, non è vero?

    E, ora di nuovo più che mai, era certo lo stesso sarebbe stato per la loro amicizia, i sentimenti spezzati di Hans, le tele incomplete e il suo sguardo portato lontano, al di là dei sospetti, degli attacchi e di ogni mostro che il passato gli aveva offerto fino ad allora.
     
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    -Se non ti fosse chiaro, per me saresti un problema comunque.-
    La risposta era uscita secca dalle sue labbra, che se in quel momento non aveva bisogno di qualcosa era proprio sentire frasi come quelle che stavano uscendo dalle labbra di Setoshi. Sfortunatamente per l’amico, Hans non era proprio dotato del dono della mediazione, non quando si ritrovava a dover affrontare discussioni spinose come quelle; invece fuoriusciva la parte a tratti brutalmente onesta e fredda, la quale di solito cercava di mitigare.
    -Non sarei qui, se no.-
    Aggiunse con lo stesso tono serio. Forse all’amico non era chiaro il suo stato mentale, ma non era nemmeno sicuro che confessargli qualcuna delle sue fantasie riguardo a loro due fosse una buona tattica per fargli capire il punto focale della situazione.
    -Senti, io capisco che tu possa non avere pensieri di un certo tipo, ma io non sono così, e mentirei se ti dicessi di non aver pensato di venire qui, nella Stanza delle Necessità, per motivi ben diversi da quello per cui siamo qui oggi.-
    Forse si era andato a ficcare in uno di quei discorsi che sarebbe stato difficile portare avanti, ma d’altra parte gli sembrava che Setoshi non avesse ancora chiaro cosa aveva inteso con quel rosso fuoco che aveva tinto la sua tela. Alla frase seguente del compagno, sentì un impeto di rabbia uscirgli direttamente dal petto e che non riuscì a trattenere.
    -SPORCARE?!-
    Aveva alzato la voce, non avrebbe dovuto, ma diamine, era tanto difficile capire che non avrebbe mai pensato che potesse in qualche modo sporcarlo con le voci che gli giravano intorno? E poi Setoshi sporcare lui? Al massimo si sarebbe potuto dire vero il contrario.
    -Ma non lo vedi che i miei colori sono già fottuti da un pezzo?!-
    Il tono si era già placato, ma i suoi occhi dardeggiavano, come se l’amico non avesse potuto dirgli qualcosa di più lontano dalla realtà.
    -Ascoltami bene, Setoshi Mirai.-
    Era così strano chiamarlo per nome e cognome che quasi si pentì di averlo fatto.
    -Niente, e dico niente, di quello che fai può sporcare i colori dei tuoi amici. Tanto più se si tratta di voci idiote e infondate come queste. E fidati quando ti dico che non lascerei il tuo fianco nemmeno se dovessimo andare incontro ad un processo davanti al Wizengamot.-
    L’avrebbe fatto davvero. Sospirò cercando di tornare calmo e pacato.
    -Pensi abbia qualcosa da perdere? Non ho nessuno al di fuori di questo castello.-
    A quel punto il suo sguardo andò a cercare quello di Setoshi; sincero, ferito, con una punta di malinconia e imbarazzo, che pensare di essere così solo lo faceva sentire difettoso e lontano dagli altri.
    -Lo spero.-
    A lui sarebbe bastato anche solo un cielo limpido, senza arcobaleno, con magari anche qualche nuvola qua e là. Sarebbe sempre stato meglio di quello che avevano in quel momento sopra le loro teste. Distratto com’era aveva perso di vista ciò che gli era sembrato di scorgere tra gli oggetti della stanza e ritornò a guardarsi intorno, in cerca di qualcosa di effettivamente interessante. Setoshi, dal canto suo, sembrava aver trovato qualcosa di utile, seppur rotto.
    -Credo proprio di sì… di solito come funziona una sfera di cristallo?-
    Chiese, che di Divinazione non sapeva davvero alcunché, se non ciò che aveva imparato nelle occasioni in cui aveva fatto da cavia ad amici che seguivano la materia.

    Setoshi Mirai
     
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