Apnea

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    [Stanza delle Necessità - qualche giorno dopo, ora di cena]



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    Non era successo niente di particolare, quel giorno, che avesse spinto Gideon a sceglierlo come adatto a passare la serata con Elara nella Stanza delle Necessità. Luogo in cui aveva passato fin troppo tempo negli ultimi mesi e che di conseguenza riportava alla sua mente tutta una serie di immagini e ricordi che aveva cercato, nell'ultimo periodo, di relegare ad un angolino quanto più remoto della sua memoria così da doverli affrontare il meno possibile. Fortuna che quella stanza era conosciuta proprio per cambiare il proprio aspetto a seconda dei desideri di chi ne attraversava l'ingresso, e così quella sera si era mostrata ai due cugini come qualcosa di piuttosto familiare: se avesse esplorato i desideri più dell'uno o dell'altra, era difficile da capire. Infatti l'ambiente che si era mostrato loro non appena entrati era incredibilmente familiare ad entrambi: si trattava di una delle stanze di Greengrass Manor, o di Travers Hall che dir si volesse, in una perfetta commistione dello stile di entrambe le abitazioni. E fu facile per lui riconoscere in quella stanza la famosa "stanza dei bambini", come la chiamavano i loro genitori, la classica stanza piena di giochi e giochini in cui i più piccoli venivano mandati a farsi gli affari loro quando gli adulti dovevano discutere di questioni da grandi. Tutto ciò che però una volta era fatta a dimensione dei piccoli loro, quindi divanetti, poltroncine, librerie, tavolini, aveva assunto in quella stanza le giuste fattezze per gli adolescenti che erano, ed i calderoni giocattolo che una volta non funzionavano erano diventati dei veri e propri calderoni posati su delle postazioni perfettamente utilizzabili, oppure i pupazzi dei Cavalli Alati, dei Quintaped e degli Ippogrifi con cui una volta giocavano... no, quelli erano rimasti dei pupazzi, e davano alla stanza quel tocco di vaga nostalgia infantile che chissà, nell'animo di chi dei due aveva scrutato a fondo la Stanza?
    Poco importava, alla fine dei conti. Erano lì, da soli proprio come piaceva stare ad entrambi, ma la necessità di quell'incontro si era fatta sempre più stringente dopo quanto accaduto qualche giorno prima. Non che non ne avesse già abbondante bisogno da prima, in fondo era passata qualche settimana da quando sul balcone le aveva promesso che si sarebbero messi insieme di fronte ad un calderone, e l'aveva fatto non tanto per il reale desiderio di metterla alla prova - non dubitava affatto delle sue qualità - quanto più per il fatto che aveva un'idea, un bisogno da mettere in pratica e voleva che ci fosse lei al suo fianco in quel momento. Non serviva davvero che mettesse mano anche lei al calderone, agli strumenti o agli ingredienti: poteva tranquillamente fare tutto da solo, l'importante era che gli stesse vicino.
    Aveva manifestato quel bisogno cercandola persino più spesso del solito in quell'ultimo paio di settimane, anche nei momenti in cui doveva passare con Everard e si chiedeva invece dove fosse lei e perchè non potesse stare insieme a loro, insieme a lui. Passare il tempo con Everard era molto più difficile, impegnativo, gli richiedeva uno sforzo maggiore viste le diversità che li distinguevano. Con Elara invece era diverso, era tutto più semplice. L'aveva infatti avvisata del fatto che avrebbe voluto preparare una pozione quella sera, e le aveva anche detto quale, ma se aggiungere ulteriori informazioni in caso di domande.
    Per questo motivo, terminato di disporre gli ingredienti sulla postazione da lavoro, si guardò un po' intorno il tempo che bastò per allungare una mano verso un peluche a forma di Mooncalf, che studiò per un attimo prima di allungarlo verso la bionda.

    Questo sicuro l'hai immaginato tu.

    Perchè figuriamoci se lui potesse mai desiderare dei peluche, nel profondo del suo animo. La verità era che non poteva saperlo. Comunque avrebbe allungato il pupazzo verso di lei, per lasciarglielo tra le mani un po' a modo di presa in giro, mentre tornava a girarsi verso gli ingredienti. Non era di troppe parole, non lo era mai ma in quel periodo ancora meno del solito. Di certo non era colpa della concentrazione che stava cercando di acquisire in quel momento, per prepararsi a mettersi all'opera.

    Elara Travers <3

    Gideon usa gli ingredienti dalla dispensa/acquistati:
    - Bezoar in polvere [1];
    - Olio essenziale di artemisia [1] e [1] acquistato qui: [2];
    - Spine di rosa in polvere [2] acquistate al link sopra;
    - Latte di marmite [1] acquistato al link sopra;
    - Aculei di istrice [2] acquistati al link sopra;
    - Ingrediente base [2] acquistati al link sopra.

    Ho già lanciato i dadi per la prima fase (Preparazione degli ingredienti) che avviene correttamente.
    Pozione della Pace: +20% Forza finale

    In più ha con sè:
    - Pozione della Pace [2] acquistate al link sopra;
    - Spilla della Personalità (uso in questo post, +5 Tecnica, 11 10/15 post).
     
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    Erano giornate complicate, nonostante non riuscisse a capire il perché. Era come se l’aria attorno a lei si fosse rarefatta, ed i suoi polmoni non fossero abituati a quelle condizioni di ossigeno. Così annaspava, cercando di risalire una superficie che le sembrava sempre più lontana, pur sapendo che quella sensazione aveva un nome ed un cognome. Non si aspettava di tornare ad essere così ricettiva nei confronti di Gideon, né avrebbe saputo dire se quella fosse empatia fino in fondo o ci fosse anche una mera frustrazione di calcolo, ma averlo intorno vittima di un silenzio che non sapeva esplorare le rendeva il tempo con il Serpeverde una maratona continua di cui non vedeva mai il traguardo. E più lui la cercava più le sapeva di essergli di aiuto e conforto, ma non sapere per cosa non era di aiuto e conforto per se stessa. Che fosse per gli Alfieri, la famiglia o persino una sciocchezza, il fatto che il cugino non le parlasse la mandava ai matti.
    Aveva però accettato comunque quell’invito nella Stanza delle Necessità, ultimamente suo luogo di rifugio prediletto, ed aveva anche allestito il solito sorriso lungo i corridoi che dai sotterranei li avevano portati fino al settimo piano del castello. Una sfacchinata che aveva richiesto loro di saltare la cena, ed invece avrebbero passato qualche ora a preparare una dose di pozione della pace. La scelta le era sembrava singolare ma di per sé esplicativa, motivo per cui non aveva approfondito sulle prime riservandosi invece di farlo sul momento. In realtà era curiosa di osservare il moro dietro un calderone, meno di mettercisi lei stessa, e fu al pensiero di una serata più scanzonata del solito che si aggrappò mentre seguiva il mago fino a superare la porta apparsa solo per loro. Aveva sorriso, inevitabilmente, davanti alle fattezze che la sala aveva assunto per loro, riconoscendo immediatamente l’aspetto di quelle stanze dei giochi in cui avevano condiviso tanti momenti della loro infanzia. Faceva solo strano ritrovarli lì, sotto quel tetto, con grandezze più consone alla loro età ma comunque stabili nella nostalgia. Si era quindi seduta su uno sgabello posto davanti alla postazione che nel frattempo aveva allestito Gideon, avendolo osservato per tutto il tempo senza disturbarlo ed invece affascinata dai movimenti sicuri e precisi di chi sapeva perfettamente cosa stesse facendo. Dal canto suo, aveva invece l’aspetto dell’osservatrice laddove aveva abbandonato l’impeccabilità della divisa in favore di una tenuta più confortevole e confidenziale. Restava infatti in gonna e camicia, il cravattino allentato ed il resto di maglioncino e mantello abbandonato su un divanetto poco distante.

    «Ma certo, tu avevi solo peluche di Acromantuale e Basilischi.»

    Lo prese in giro, mistificando in parte la realtà ma allungando di fatto le mani verso il Mooncalf che prese poi a stringersi al petto. Era morbido e grande, al punto che lo usò come appoggio per il mento mentre decise che la battuta altrui sarebbe servita a lanciare le sue provocazioni. Gideon non lo sapeva ancora, ma mentre si destreggiava al calderone avrebbe dato alla bionda le risposte che cercava, o non sarebbe tornato a dormire nel suo baldacchino quella notte.

    «Chissà chi sarà più di compagnia, questo peluche che per definizione non parla o Gideon, cui hanno tolto la parola e di cui non ricordo più la voce?»

    Ovviamente stava esagerando, ed aveva in viso l’espressione furba di chi voleva stanarlo senza alcuna delicatezza, ma se non altro lo faceva con il sorriso. Se fosse stata fortunata, magari avrebbe strappato un ghigno al ragazzo che non rideva mai.

    «Che poi, mio caro amico..» Fece quindi la scenetta di rivolgersi direttamente al Mooncalf. «-.. tu lo sai perché proprio la pozione della pace? Voglio dire, se voleva impressionarci poteva almeno preparare un veleno..»

    Edited by Elara Travers - 30/4/2024, 10:17
     
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    Era estremamente paradossale come, nel momento in cui sentiva di aver più bisogno di Elara come forse non era ancora mai accaduto in tutta la sua vita fino a quel momento, Gideon si fosse fatto più silenzioso addirittura nei suoi confronti. Le aveva sempre concesso ogni esclusiva sui propri pensieri, il lusso di potergli leggere l’anima perché pienamente consapevole del fatto che fosse l’unica davvero in grado di farlo, eppure da qualche settimana a quella parte aveva involontariamente aggiunto degli ostacoli alla propria comprensione anche per lei. Non che se ne fosse davvero reso conto, il suo era stato più che altro un istinto incontrollato, un tentativo del suo inconscio di preservarlo, e quindi non aveva contezza del fatto che stesse in qualche modo facendo terra bruciata attorno a se stesso anche con lei e con Everard e che persino la più piccola dei Travers faticava a stargli intorno, nonostante fosse sempre stata l’unica al mondo capace di farlo in ogni situazione.
    E quindi, mentre Elara aveva assunto il ruolo della spettatrice silenziosa, almeno in un primo momento, Gideon si era sfilato il mantello ed il maglione della divisa abbandonandoli insieme a quelli della cugina, restando soltanto in camicia e cravatta, perfettamente indossati. Aveva arrotolato le maniche della camicia fino ai gomiti con una certa cura, così da avere più libertà di movimento nonché meno possibilità di sporcarsi, e poi aveva riempito d’acqua il calderone prima di poggiarlo sul fuoco, inserendovi subito il bezoar in polvere e l’ingrediente base. Aveva mescolato fino a vedere la pozione diventare blu, poi aveva aggiunto il latte di Marmite ed il contenuto del calderone era diventato viola. Ogni gesto del Serpeverde, dal più semplice al più complesso, dal modo in cui teneva gli strumenti a quello in cui metteva gli ingredienti nel calderone, li tagliuzzava, li tritava, li pestava, ogni sua singola movenza sembrava eseguita a regola d’arte, come un pittore che dipingeva un quadro o uno scultore con in mano lo scalpello. Era bravo, almeno nella tecnica, questo era innegabile.
    Fu proprio mentre attendeva il bollore del liquido che diede vita all’intermezzo col peluche, il Mooncalf che venne consegnato tra le mani della ragazza.

    Non sono di gran lunga più belli?

    I peluche di Acromantula e Basilisco rispetto a quelli di Mooncalf. Opinione discutibile, ma nel frattempo se ne stava con le braccia incrociate al petto e con un cenno del capo indicò il pupazzo bianco.

    Ti somiglia.

    Le disse allora, un chiaro riferimento agli occhi grandi e chiari della Creatura Magica che gli ricordavano quelli della cugina. Anche loro grandi, anche loro chiari seppur di colore diverso, lo stesso faccino apparentemente innocente, ma se i Mooncalf il massimo che potevano fare era belare talmente forte da stordire le vittime, Gideon sapeva bene come Elara fosse capace di essere ben più pericolosa. Ma nessuno l’avrebbe mai detto, a vederla lì a parlottare con un enorme pupazzo.
    Il suo intento di smuoverlo un po’ con quel gesto però andò a segno, ché nel sentirsi colto come un bambino con le mani nella marmellata l’erede dei Greengrass sfiatò un risolino dalle narici e piegò appena le labbra in quello che sì, non era niente più di un ghigno divertito. Nel frattempo sentì subito una strana sensazione risalire direttamente dallo stomaco fino a bloccarsi nella sua gola, mentre scioglieva l’intreccio delle braccia ed alzava gli occhi al cielo per qualche istante.
    Nel riabbassare lo sguardo lo puntò direttamente sul calderone, che nel sobbollire aveva assunto un colorito strano. Non viola come sarebbe dovuta essere ma più chiara. Banalmente si era distratto, e ne fu un segno il modo in cui per qualche istante si agitò, infilando nel calderone un aculeo di istrice in precedenza stufato e mescolando di corsa con il mestolo il liquido sul fuoco, che però non stava venendo come da ricetta. Cosa non difficile da capire, visto il modo un po’ stizzito con cui aveva mollato poi il mestolo sul bancone. Ecco perché aveva bisogno della Pozione della Pace.

    Sai a cosa serve la Pozione della Pace, no?

    Non aveva dubbi sul fatto che Elara lo sapesse in realtà: era una pozione molto semplice, che si imparava ai primi anni di scuola, motivo per cui lo innervosiva abbastanza il fatto di aver fallito una parte della sua produzione. Ma questo non lo disse, per quanto non sarebbe stato troppo difficile intuirlo per la bionda. A quel punto c’era una piccola quantità di tempo da aspettare, così decise di cominciare a sbottonarsi, o almeno di provarci. Sapeva che non aveva scampo da quella situazione, eppure aveva deciso lui stesso di chiudersi nella Stanza delle Necessità insieme alla cugina. Forse perché in un certo senso il suo inconscio sapeva che era l’unica cosa davvero utile ed efficace da fare.

    Allevia sentimenti negativi come l’ansia e l’inquietudine di chi la beve, come un antidoto alle emozioni che si protraggono nel tempo.

    Ripetè praticamente a memoria come se stesse recitando una preghiera, ma era solo un paragrafo del libro di pozioni che aveva impresso nella propria mente, marchiato a fuoco. Gideon portava addosso il peso di anni ed anni di sentimenti negativi, pensieri ed angosce che non soltanto si protraevano nel tempo, ma ogni volta che gli accadeva qualcosa le nuove sensazioni negative andavano a mischiarsi con quelle accumulate fino a quel momento, così da diventare un enorme e spaventoso caos.
    Ma sapeva che non sarebbe mai stata una risposta abbastanza soddisfacente per la ragazza seduta di fronte a lui. Poggiò entrambi i palmi sul bancone, di fianco al calderone sulla fiamma, lo sguardo al momento basso tanto che la testa sembrava quasi incassata nelle spalle.

    Sento la mia testa pesare troppo da che ho memoria.

    Perché infatti era ormai talmente tanto abituato ad averla piena zeppa in quel modo che aveva dimenticato di com’era vivere normalmente. Aveva dimenticato di cosa pensasse, come si sentisse, che tipo di pensieri facesse, quando non era altro che un ragazzino qualsiasi al suo primo anno ad Hogwarts, quando suo padre era ancora vivo.

    Ma ultimamente sta diventando insostenibile.

    Motivo per cui aveva bisogno di sentirla più leggera. Era comunque ancora consapevole del fatto che Elara non si sarebbe accontentata nemmeno di quella risposta. Ma era sempre così difficile parlare per lui, parlare di se stesso, ancora di più con quel nodo alla gola che sentiva e che gli rendeva ancora più complesso cercare di esprimersi come avrebbe voluto, o meglio, come lei si meritava.
    Soltanto in quel momento tornò a guardarla, sospirando.

    Ho solo bisogno di un piccolo aiuto.

    E chissà se stava parlando della Pozione della Pace, della presenza della ragazza di Newbury o di entrambe le cose insieme.

    Dadi

    Produzione fallita :( con Tecnica 8 e Chimico I, la Pozione avrà un malus di Forza di -65%, che con la Preparazione riuscita diventa:

    Forza finale: -45%

    Fatica: -0.5; 1/10 (Memoria Tecnica)


    Edited by Gideon G. Greengrass - 30/4/2024, 12:30
     
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    Si incantò letteralmente per qualche istante nel seguire i movimenti di Gideon, che per quanto avesse raggiunto una media pressoché perfetta in Pozioni non poteva in alcun modo paragonarsi al cugino. Conosceva la tecnica e la teoria, ma le mancava non solo l’esperienza data dalla pratica ma anche la fluidità dei movimenti nonché il talento che permetteva al Serpeverde di risultare naturale e spontaneo anche mentre triturava ingredienti in maniera meccanica. Non che lo invidiasse, giacché l’estro di Everard nella stessa arte le aveva fatto desistere da un impegno eccessivo fino a trovare strade tutte sue in cui brillare, e tuttavia non poteva non constatare il fascino di qualcuno immerso nel proprio habitat.
    I pensieri della bionda avrebbero potuto limitarsi a questo se non avesse invece deciso che avrebbe reso quella serata risolutiva per il suo stato d’animo. Non voleva di certo mettere alle strette il Serpeverde, né tantomeno essere invadente, ma se non altro arrivare al perché venisse tagliata fuori così di netto e così all’improvviso. Anche solo per mettersi l’anima in pace, e tuttavia l’ombra di un sorriso che apparve sul volto di Gideon a seguito della sua scenetta con il peluche la fece ben sperare. Certo, le avessero detto che per stare appresso al cugino avrebbe dovuto parlare con il pupazzo di un Mooncalf, probabilmente avrebbe dubitato della sanità mentale dell’interlocutore. Invece eccola lì, ridotta a quei mezzucci per cercare una breccia di cui aveva più o meno sempre saputo la posizione e che invece da qualche tempo aveva perso di vista e non riusciva più a ritrovare.

    «Certo, se sei un bambino inquietante come lo eri tu.»

    Mormorò, ironica. In realtà non aveva memoria di un bambino particolarmente ombroso ed anzi, nei suoi ricordi lei era la bimba più piccola a rincorrerlo perennemente tanto era il suo sole. Tuttavia, per due repressi cronici come loro, le prese in giro erano una sorta di love language familiare.

    «Nel senso che è carino e coccoloso come me?»

    Il tono ironico era sporcato da una sfumatura di sarcasmo e di inevitabile presunzione, dal momento che sapeva di essere carina ma anche di essere troppo pericolosa perché la dolcezza di un Mooncalf le si potesse associare in maniera propria. Ed infatti sfiatò a margine una risatina veloce, che tuttavia mise a tacere nel momento in cui realizzò che qualcosa nella preparazione della pozione non stava andando come avrebbe dovuto. Non osò sporgersi oltre il calderone per non offendere il pozionista pignolo che aveva davanti, tuttavia le bastò osservarne il viso per pregare Merlino in persona che quell’intruglio si raddrizzasse e lei non dovesse passare la serata con un Gideon nervoso, oltre che silenzioso. Le sembrò che quell’invocazione avesse anche successo, ma non volle approfondire ed invece prestò subito l’orecchio alla domanda altrui. Per la verità inarcò anche un sopracciglio, fingendosi offesa per quella domanda la cui risposta era nei libri di testo più semplici.

    «Sì, dovrei averla studiata.»

    Non puntualizzò in alcun modo, ponendosi invece nella maniera più accondiscendente possibile e sistemandosi meglio sullo sgabello. Capì di aver adottato le strategie giuste quando, per la prima volta da settimane, la voce di Gideon le arrivò cristallina nella fatica di raccontarle qualcosa. Fu per lei istintivo allora sorridere, in maniera quasi liberatoria, tornando ad assumere quell’espressione gentile e dolce che nella sua forma più onesta era rivolta a pochissime creature sulla Terra. Non lo incalzò quindi, lasciando all’altro la scelta di tempi e parole, ed invece iniziando a soppesare ogni sillaba come avesse davanti un tesoro. Gideon non era l’unica persona nella sua cerchia più stretta che si esprimeva per lettere anziché per parole, ed era per questo allenata ad insinuarsi soprattutto nella mascolinità tossica che la circondava, per il Serpeverde aveva una predilezione unica perché l’unicità del loro legame le regalavano un intuito incredibile anche laddove non c’era molti elementi concreti su cui riflettere. Anche il quel momento, infatti, le risultò fin troppo facile ipotizzare cosa ci fosse dietro le esternazioni altrui.

    «Come mai?»

    Gli chiese così, delicatamente e senza pretesa di risposte. Anzi, fu lei a fornire da lì a poco qualche spunto. «Riguarda ancora la questione di mio papà e di tua mamma?»

    La prima ipotesi, che tra il regalo che zio Benedict aveva recapitato al nipote e la volontà di quest’ultimo di cacciare la madre, immaginava ci fosse abbastanza carne al fuoco già così. Ma c’era altro, evidentemente, su cui la bionda si soffermava ormai da un po’ e le cui risposte potevano arrivare solo dal cugino.

    «-.. o c’entra un po’ anche quello che è successo in Sala Grande l’altra sera?»

    Ci si era incagliata sopra, quando aveva realizzato che probabilmente Eunjoo Choe non era mai stata soltanto una valida strega da portare dalla loro parte. Perfino l’incontro con la Grifondoro in quell’Aula di Trasfigurazione ora le suonava sospetto, ma erano bastate le reazioni di entrambi dopo quel volantino perché non servissero altre conferme. E se parlare di cuore per loro era un taboo, la Travers stava sommessamente offrendo lui uno spazio sicuro per sfogare qualsiasi cosa lo stesse macerando dentro.

    «Se pensi che una pozione possa aiutare, perché no.»

    Rispose, convinta. «Forse te ne ruberò un sorso.. Questa cosa che se tu hai un problema è come se ce l’avessi anche io è un po’ fastidiosa, lo ammetto.»

    Stava scherzando, ma il concetto che voleva esprimere era chiaro in ogni caso.
     
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    La cosa divertente era che Gideon non era mai stato un bambino ombroso ed inquietante, come lo era quell’adolescente che vagava per i corridoi di Hogwarts come se fosse un fantasma. Tutto il contrario: il suo carattere era cambiato completamente a cavallo tra l’estate del suo primo e secondo anno nella scuola di Magia, tanto che chiunque l’avesse conosciuto prima aveva fatto fatica a riconoscerlo una volta ricominciate le lezioni e così era rimasto. Si poteva anzi dire che, nonostante quei cambiamenti, nel recuperare il rapporto con i cugini fosse comunque riuscito a far riemergere una piccola parte di quel bambino giocherellone e scanzonato che era una volta. Con le dovute accortezze ovviamente, che sia mai potesse mostrarsi ad occhi esterni immaturo ed infantile come lo era ogni ragazzino della sua età, ma comunque con loro era sempre stato più semplice abbassare un minimo la guardia e lasciargli lo spazio di approcciarsi al Gideon che avevano riconosciuto, di cui era rimasta qualche briciola nell’attuale erede dei Greengrass.

    Tu non sei carina e coccolosa.

    Rispose all’ironia ed al sarcasmo altrui ignorando il primo dire riguardo se stesso, stranamente poco desideroso di mettersi al centro dell’attenzione, concentrandosi piuttosto su di lei.

    O meglio, con me lo sei. Anche più di carina e coccolosa.

    Sul carina, persino un cieco avrebbe potuto dissentire. Elara non era solo carina, aveva una bellezza magnetica che nella maniera più oggettiva del mondo avrebbe attratto praticamente chiunque. Il fatto che fosse il cugino non significava che non avesse gli occhi o che non sapesse giudicare in maniera tanto oggettiva quanto soggettiva il suo aspetto. Quindi, carina era un eufemismo. Ed anche coccolosa lo era, ché sempre con lui più che essere coccolosa era qualcosa di molto di più: era casa, era un rifugio, un riparo dal mondo esterno. Braccia in cui rifugiarsi e una spalla su cui piangere, quel poco e ponderato contatto fisico che si erano scambiati fino a quel momento era sempre stato pregno dell’intensità e dell’importanza che Gideon dava a quel genere di cose. Al momento giusto, nel modo giusto, Elara sapeva sempre cosa fare con lui.
    A questo pensava mentre le diceva che era “più di carina e coccolosa”, seppur non fosse in grado di esprimerlo a parole, lo sguardo addirittura tenero che le stava rivolgendo in quel momento lasciava poco spazio all’interpretazione per chi, come lei, sapeva vedere un miliardo di colori dietro l’oscurità delle sue iridi.

    Col resto del mondo fingi. Ed anche molto bene.

    E questo la rendeva ai suoi occhi, oltre che carina e coccolosa, anche estremamente encomiabile e degna di tutte le sue attenzioni e le sue lodi.

    Basta che con me resti sempre così, però.

    Ed eccolo, un primo indizio su dove fosse finita quella breccia nella sua armatura che Elara aveva perso di vista. C’era sempre, era lì da qualche parte, ed ora Gideon stava cercando inconsciamente di farglielo capire. Di fatto quelle parole suonarono quasi come una supplica, una preghiera, l’espressione da cucciolo abbandonato sull’autostrada che non aveva ancora lasciato il suo volto.
    Senza nemmeno rendersene conto si era già esposto molto più di quanto non avesse fatto negli ultimi mesi, o da quando si erano ritrovati in quell’inverno burrascoso. Dopo di che, la conversazione col pupazzo da parte della cugina l’aveva costretto a cominciare ad esprimersi, suo malgrado, pur sapendo che era lì esattamente per quello. Solo che le parole gli andavano sempre tirate fuori dalla bocca con le pinze, o con le tenaglie, o con qualche incantesimo di attrazione estremamente forte. Gli serviva tempo, gli serviva spazio, per misurare ogni mossa da fare. Come se dovesse tastare il terreno su cui muoversi, che comunque Elara gli offriva nella migliore delle condizioni possibili. Gli offriva un terreno morbido, che non gli avrebbe fatto male se fosse caduto. Gli offriva un terreno libero da ostacoli, accogliente, e lui stava cercando di ambientarsi su di esso, come un cucciolo che veniva portato in una nuova casa per la prima volta. No, non era la prima volta che la più piccola di casa Travers si offriva come paracadute per la discesa libera di Gideon, ma era la prima volta da quando non erano più dei bambini.
    Infatti, nel sentire nominare quello che era successo in Sala Grande l’altra sera finì istintivamente per incassare ancora di più la testa nelle spalle, neanche gli avessero dato una martellata sul capo. Non stava soltanto macerando dentro, stava letteralmente crollando su stesso a seguito di un’implosione che aveva avuto il suo culmine proprio quella sera.
    Però pensava che chiudersi nel mutismo selettivo potesse essere una buona idea, certo.
    Gli si strinse appena il cuore nel sentirle dire che riusciva a percepire i suoi problemi come propri, un po’ per il senso di colpa – perché non era giusto che pure lei si portasse dietro quei pesi, un po’ per la tenerezza.

    Penso che non berremo questa, in ogni caso. Sta venendo male.
    Per fortuna ho la riserva. Quindi per te ce n’è ben più di un sorso.


    Accennò con il secondo ghigno divertito, ignorando le domande riguardo il tema delle sue preoccupazioni almeno in quel momento. Aveva già previsto il coinvolgimento della ragazza bionda in quella faccenda e se aveva portato la scorta era stato proprio perché, nel caso in cui la pozione fosse uscita male, avrebbero avuto comunque di che divertirsi per quella sera. Infatti svolse gli ultimi passaggi, constatando che comunque parte dell’efficacia della pozione sarebbe stata compromessa, e nel momento in cui fu necessario lasciar tutto in sospeso per attendere la cottura si allontanò di qualche passo dal bancone pulendosi le mani con un canovaccio, che poi abbandonò sulla postazione.
    Sospirò di nuovo, come se buttare fuori ossigeno pesante come il piombo dalle narici potesse aiutarlo a sentirsi più leggero ma in realtà non serviva proprio a nulla.

    Riguarda un po’ tutto.

    Accennò soltanto in un primo momento, mentre prendeva la via del primo divanetto disponibile lungo il suo tragitto dando per qualche istante le spalle alla giovane. Prese posto, piegandosi in avanti per poggiare i gomiti sulle ginocchia così da poter tenere lo sguardo basso sui propri piedi.

    A proposito dell’altra sera…

    Tirò fuori improvvisamente. Sapeva che Elara non si stava riferendo al Torneo Tremaghi annunciato in quell’occasione, ed era proprio per questo che non aveva alcuna intenzione di parlarne. Ma sapeva pure che era la punta di quell’iceberg contro cui prima o poi, volente o nolente, la nave che stava guidando Gideon si sarebbe dovuta schiantare.
    Rimase in silenzio per un po’. Non sapeva nemmeno cosa dire, né come farlo. Ma era davvero necessario dire che quanto scritto su quel biglietto era – o almeno in passato lo era stato – vero? Forse sarebbe bastato invece dire che era acqua passata.

    Pensavo che saremmo potuti essere la stessa cosa. Che mi avrebbe seguito ovunque.
    Ma ho fallito.


    Poche parole, ponderate, ma in realtà la sintesi perfetta di tutto. Pensava che lui ed Eunjoo fossero fatti l’uno per l’altra, pensava che quello che c’era stato tra loro, che avevano persino chiamato amore tanto era stato forte – e magari lo era stato davvero, nella forma immatura che assumeva l’amore adolescenziale – sarebbe stato in grado di cambiarla. Invece aveva fallito, e questo significava che non c’era più nulla che lo legasse alla coreana. L’aveva conosciuta Traditrice, aveva sperato di cambiarla, di combattere con lei a suo fianco, non c’era riuscito. Era rimasta una Traditrice, almeno ai suoi occhi e per quel che ne sapeva lui.

    Non volevo cambiaste… cambiassi idea su di me. – che avrebbe pensato di lui, Elara, se avesse saputo che si era innamorato di una traditrice del proprio sangue? - Ma ora non ha più importanza.

    Perché Gideon aveva scelto. Al bivio tra amore e famiglia, aveva scelto senza esitare la famiglia. Forse il fatto che Benedict Travers avesse deciso di scrivergli quella lettera proprio in quel periodo della sua vita era stata una ricompensa del karma.
    Alzò lo sguardo su di lei per la prima volta da parecchio tempo, mentre aveva iniziato senza accorgersene a muovere nervosamente una gamba, battendo la suola della scarpa in un ripetitivo ticchettio sul tappeto.

    Col mio fallimento ho deluso tutti voi. – finire ad innamorarsi di una traditrice era stato un fallimento, mostrarle i suoi punti deboli, confessarle i suoi segreti. Soprattutto, non riuscire a cambiarla. - Ho deluso mio padre.

    Ecco cosa c’era, appena sotto la superficie dell’acqua che dava verso le profondità. Unì le mani davanti al volto e poggiò il mento sui pollici, lo sguardo che si spostò da Elara per perdersi in un punto alle sue spalle.

    Dadi

    Gestione del Calderone: 66%, X - 1/40 al Regolamento attuale

    Forza finale: -45%

    Fatica: -0.5; 2/10 (Memoria Tecnica)


    Edited by Gideon G. Greengrass - 30/4/2024, 20:59
     
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    La sua voleva essere una semplice battuta. Da smentire, certamente, che nessuno più di Gideon aveva le prove di quanto micidiale sapesse essere se lasciata libera di esprimere e sfogare le sue parti più violente, ma nulla più di quello. Avere davanti il moro, tuttavia, traslava ogni conversazione su un piano diverso, più filosofico e riflessivo, ed ogni volta si stupiva dell’incapacità altrui di accogliere con leggerezza le cose. La sua profondità di visione era tanto un dono quanto una maledizione, anche se in quel preciso istante le regalò uno spaccato che non si aspettava di vedere e che le permise di prendere aria ben più che uno scambio ironico. Le era impossibile, infatti, non soffermarsi sullo sguardo tenere che Gideon le stava ora riservando, in totale contrasto con l’aria corrucciata e stranita che aveva avuto per giorni, e quell’apertura valeva già da sola un piccolo successo. Accompagnata però dalle parole del Serpeverde, ebbe la capacità di farla arrossire come le accadeva solo con lui. Elara Travers aveva chiuso a doppia mandata i propri sentimenti nel cassetto tanto tempo fa, ma nei confronti del cugino aveva ancora quella sottile riverenza ed adorazione infantile che le faceva sciogliere il petto quando veniva accarezzata da un complimento o da una nota di apprezzamento pronunciate dal giovane mago.

    «Credo di averne fregati più di qualcuno.»

    Commentò quindi boriosa, allungando un occhiolino irriverente che non era comune vedere sul volto altrimenti sempre pacato e gentile. Una maschera che ormai calzata alla perfezione, come un automatismo, ma che meno aveva possibilità di sfogo e più pesava. Dopo gli attacchi di marzo sembrava aver ritrovato un buon equilibrio, ed invece ora scricchiolava di nuovo pericolosamente come la bomba ad orologeria nella bocca del coccodrillo di Peter Pan.

    «Perché non dovrei.»

    Lo assicurò subito dopo, allungando una smorfia dolce sul viso dagli zigomi alti. «Sei l’unica persona qui dentro con cui posso essere davvero me stessa, non potrei mai rinunciare a noi due.»

    Sfiatò quindi in un sussurro, che aveva riconosciuto quell’aria da cucciolo abbandonato e sapeva che era proprio quello il Gideon più vero di tutti. Era quella parte che andava nutrita e coccolata perché il Serpeverde che tutti temevano in giro per il castello continuasse ad essere tale, la bionda ne aveva la certezza più assoluta e si candidava come sostegno ideale per tutte le volte che il moro avesse avuto bisogno di un po’ di affetto e di umanità.

    «A parte che la me di otto anni sarebbe morta sul colpo, se le avessi detto che era più che carina e coccolosa.»

    Le venne spontaneo un sorrisetto divertito, tuffandosi con la memoria ai loro giorni di sole trascorsi tra le rispettive tenute in cui lei era solo una bimba sdentata che viveva per i due ragazzini più grandi con cui passava ogni giorno. E se l’attaccamento ad Everard era assoluto e viscerale, come se fossero effettivamente due facce della stessa medaglia, Gideon aveva piano piano assunto contorni più romantici ed idealizzati. Glielo aveva mai detto che aveva avuto una cotta per lui da bambini? Probabilmente mai, allontanati come sono stati all’improvviso, ma ora l’idea la faceva sorridere di tenerezza.

    «Ti sto distraendo?»

    Chiese invece appena allarmata, che davvero non voleva che quella serata andasse male ed ora allungando il collo legittimamente al calderone. In effetti si rese conto anche lei di come il colore del liquido non fosse quello corretto, ma non aggiunse altro che non fosse una scrollata di spalle. «Poco male, vorrà dire che ci divertiremo prima.»

    Mormorò sorniona, mentre quell’intramezzo serviva a scivolare lentamente verso il vero argomento a cuore della bionda. Puntellò così i gomiti sul ripiano da lavoro, sorreggendo il viso tra i palmi mentre si trincerava dietro un silenzio che era puro ascolto. Era faticoso, incredibilmente faticoso, ed era probabilmente anche per questo che negli ultimi tempi stava cercando rapporti che fossero solo facili e che non le richiedessero particolare impegno e sforzi, dal momento che le sue relazioni più profonde o comunque necessarie erano tutte ad alto tasso di concentrazione. Cosa che la frustrava ma da cui non sapeva sottrarsi, addestrata com’era a tenere tutto sotto controllo. Si limitò quindi ad annuire, sperando che quella prima ammissione venisse seguita da qualche dettaglio mentre Gideon si spostava sul divano e lei ruotava invece sullo sgabello per poterlo osservare. Inchiodò quindi le iridi verdi su di lui nel momento in cui lo vide sottrarsi al loro incrocio ed invece fissare il pavimento, sospirando fino a che la voce del cugino non le solleticò di nuovo l’orecchio e le diede un alito di speranza.
    Qualcosa le si incrinò dentro, a quel ”pensavo che saremmo potuti essere la stessa cosa”, e non avrebbe saputo dire se fosse istintiva ed umana tenerezza verso la sofferenza di qualcuno per cui avrebbe sacrificato la vita o invece una riflessione più profonda verso la tristezza della loro condizione esistenziale. Perché sì, vivevano per un fine più alto ed in nome di quello sarebbero probabilmente morti, ma la loro cieca dedizione non cancellava del tutto le rinunce e le privazioni cui erano costretti. Rendeva solo più sopportabile un fardello che in giorni pesava come un macigno e li schiacciava a terra esausti. E perfino una intransigente come Elara, una radicale cresciuta tra i radicali, percepiva una stonatura nelle parole di Gideon. Erano semplicemente troppo dure, per qualcuno che aveva ancora ed ancora mostrato la sua fedeltà pur nella debolezza. Per questo scivolò giù dalla propria seduta, muovendosi piano verso l’altro e provando ad inginocchiarsi direttamente davanti a lui. A quel punto, avrebbe provato ad accarezzargli il mento con le dita della destra nel tentativo di portare di nuovo il verde ed il nocciola ad incontrarsi.

    «Ascoltami bene, Gì.»

    Si fece così seria, per quanto il tono di miele rendeva tutto meno perentorio.

    «Non ti dirò che è stata una mossa furba, o che tu non sia caduto in errore. Non so fino a che punto si siano spinti i tuoi sentimenti verso di lei..» E qui una nota nella voce faceva intendere che invece lo aveva percepito benissimo. «-.. ma è nella natura della nostra missione fare in modo che le emozioni non siano di intralcio e che le nostre relazioni profonde siano solo ed esclusivamente con chi condivide la nostra visione del mondo.»

    Sembrava dura, eppure manteneva in volto una sfumatura accogliente che non si allineava benissimo con il tenore del suo discorso. Che infatti cambiò registro, l’attimo dopo.

    «E questo è quello che so io, che sai tu e che sappiamo tutti noi.» Quasi sarcastica. «Ma poi c’è la vita, Gì, e ci sono i tentativi come ci sono i fallimenti.»

    Che se Gideon avesse provato a spostare lo sguardo altrove, lei avrebbe tentato di ricondurlo a lei con le mani. Serviva che lo guardasse, tale era l’importanza che riponeva in quello scambio.

    «Hai conosciuto una ragazza, ne hai visto il potenziale, hai provato a portarla dalla nostra parte.. Non ci sei riuscito, e magari nel mentre hai pure indugiato in altri pensieri..» Non disse appositamente la parola innamorato, per non mortificarlo ulteriormente. «-.. ma perché mai questo avrebbe dovuto deludermi o fami cambiare idea su di te, se nel momento in cui hai capito che non era possibile l’hai semplicemente lasciata andare al suo destino?» Non ne vedeva il motivo, o il senso. «O addirittura deludere Simon?»

    Era un colpo basso, lo sapeva, chiamare Greengrass senior per nome. Ma era anche utile, necessario, per scuotere davvero il Serpeverde. «Ci addestriamo tutta la vita non a diventare infallibili, ma a rimetterci in piedi ed a non perdere mai di vista la nostra causa. Tu, Gideon Greengrass, sei la riprova perfetta ed il figlio che chiunque avrebbe voluto avere.»

    Non scherzava, non c’era traccia di indulgenza o di carineria nella voce. Era tremendamente convinta.

    «Se avessi detto a tuo padre che hai fallito nel far diventare Eunjoo Choe un Alfiere, lui non avrebbe guardato all’occasione persa da una insulsa traditrice che spreca il dono del suo sangue.. Lui avrebbe guardato alla forza di suo figlio che, pur coinvolto, sa perfettamente qual è il suo ruolo ed ha saputo compiere l’ennesimo sacrificio.»

    Le brillava ora lo sguardo, e quello che il moro avrebbe saputo leggerci era una fiamma di puro orgoglio. «Ed è il motivo per cui ti stimo, Gì.. Io sarò anche capace di fare cose orribili, ma la vita non mi ha ancora mai chiesto di scegliere. A te sì, e non vacilli mai.»
     
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    Gideon aveva perso da un bel po’ di tempo la capacità di vivere le cose con leggerezza, il ché non gli faceva troppo onore. Era un ragazzino ma era convinto di tenere sulle spalle il peso del mondo intero, quando magari qualcuno avrebbe fatto bene a prenderlo per le spalle, scuoterlo fortissimo e dirgli che l’universo non era tutto in bianco ed in nero, che non era necessario stare sempre così sull’attenti, in guardia, reprimere qualsiasi istinto e desiderio, qualsiasi emozione e sentimento, che non serviva assolutamente a niente. Che crescendo si sarebbe reso conto del tempo perso e che non l’avrebbe mai più riavuto indietro. Ma si sarebbe accorto di tutto ciò quando sarebbe stato troppo tardi, perché in quel preciso istante della sua vita non c’era un modo più giusto, per lui, di essere. Non pensava minimamente che quello sbagliato fosse lui e non le persone che lo circondavano, perché loro non potevano capire e non avrebbero capito mai cosa significasse essere Gideon Gellert Greengrass.
    Solo che a quelle parole e a quell’occhiolino irriverente da parte della cugina, sentì una parte di sé stuzzicata che non poteva fare a meno di venire a galla quando si trattava di far sapere al prossimo che lui sapeva più cose di quel che volesse far credere.

    Sì eh? Credo anche io.

    Accennò soltanto senza fare nomi, eppure era chiaro sia dallo sguardo che dall’intonazione della voce che il giovane Greengrass era venuto a conoscenza di cose che la riguardavano. Cose che dovevano essere private, in teoria, o che almeno lui avrebbe voluto lo fossero state se fosse stato lui il protagonista della faccenda, ma che qualcuno invece si divertiva a spiattellare in giro nonostante fosse perfettamente sapevole che ad Hogwarts anche i muri avevano le orecchie.
    Detto ciò si lasciò andare a quel raro momento di tenerezza, in cui la implorava implicitamente di essere sempre così com’era con lui, di non cambiare mai. E la sua risposta gli scaldò il cuore di pietra, dandogli un po’ di sollievo in quel periodo della sua vita in cui niente sembrava in grado di dargliene. La ringraziò ancora con lo sguardo da cucciolo bastonato di cui non poteva fare a meno in quel momento con lei, ma piegò lievemente le labbra in un sorrisetto divertito gemello di quello della ragazza alla sua affermazione spontanea.

    E la te di sedici anni?

    Chiese con aria curiosa, dando per scontato che l’Elara di sedici anni non sarebbe morta sul colpo nel sentirsi dire certe cose, anche perché la vedeva lì e tutto gli sembrava tranne che morta sul colpo. Che ne poteva sapere lui di quale fosse la vera risposta, d’altronde. In realtà, nella più ingenua delle maniere, non aveva mai capito e non sapeva che la piccola cugina avesse avuto una cotta per lui durante l’infanzia, che poteva saperne d’altronde? O capirne, per com’era al tempo. Poi erano stati prepotentemente separati, per cui aveva perso di vista qualsiasi possibile indizio la bionda bambina avesse mai potuto dargli al riguardo.
    In ogni caso, la pozione sotto al suo naso stava venendo fuori molto peggio di quel che avrebbe voluto, ma ormai non valeva nemmeno la pena buttare tutto il composto con gli ingredienti usati. Per quanto avesse speso una cifra irrisoria per procurarseli, comunque ormai era tutto sul fuoco in fase di cottura e tanto valeva portare a termine la preparazione.

    No, tranquilla.

    Non era lei a distrarlo, era tutto il resto, ma tanto ormai era andata. Per fortuna aveva ben pensato di procurarsi la pozione in altri modi, anche se non sarebbe stata forte come quella da lui preparata, ma se la sarebbero fatta andare bene lo stesso. Infatti annuì alla sua affermazione, fino a raggiungere il divano, prendere posto e poi cominciare a raccontare. Consapevole che prima o poi quel momento sarebbe dovuto arrivare, iniziò a snocciolare la questione dal punto più superficiale a quello più profondo. Anzi, nemmeno quello più profondo, ma uno un po’ più in profondità.
    Fino poi a ritrovarsi a guardare il vuoto, ma le iridi nocciola intercettarono necessariamente la figura della cugina farsi sempre più vicina, ed in un attimo era di fronte a lui, in ginocchio, che gli alzava la testa così che potessero guardarsi. Erano vicini, tanto vicini che Gideon non sarebbe potuto fuggire dal suo sguardo nemmeno volendolo. Non voleva però, che in quegli occhi verdi ci vedeva il verde dei giardini di casa sua, ci vedeva quello dei colori della loro Casa, ci vedeva tutto ciò che in qualche modo lo teneva ancorato alla realtà. Ci vedeva il suo riflesso ma ci vedeva anche la personalità di Elara, forte e stabile, almeno nei suoi confronti, era sempre la roccia che lo teneva in piedi.
    Ascoltami bene, Gì.
    E lui l’ascoltò. L’ascoltò in silenzio, gli occhi fissi sul suo volto che si facevano appena lucidi un poco alla volta, la fiamma debole delle lanterne e delle candele sparse per tutta la stanza che rendevano il discorso della cugina ancora più potente.
    Ma poi c’è la vita.
    Proprio quella con cui dovevano fare i conti tutti i giorni, che quando si trattava di colpire lo faceva forte, e non importava quanto fossero preparati a subire. Non importava nemmeno quanto avessero cercato di fare piani, di programmare tutto, di tenere tutto sotto controllo. C’erano i fallimenti, come quello che Gideon credeva di aver appena raggiunto, nonostante Elara stesse cercando di fargli capire che non era così.
    Sentire il nome di suo padre pronunciato in quel modo, nel mezzo di quel discorso, gli causò un brivido prepotente lungo tutta la spina dorsale, come se avesse preso la scossa, o come se avesse preso fuoco. Era un colpo bassissimo, ma la bionda sapeva sempre quali corde toccare. A dirgli che era il figlio che chiunque avrebbe voluto avere, a dirgli che suo padre sarebbe invece stato fiero di lui ed a dirgli che lei lo era, che lo stimava, perché aveva sempre scelto la cosa giusta.
    Quelle parole lo stavano scuotendo nel profondo, ma non aveva detto tutto. Il problema più grande era ciò che non le aveva ancora detto.

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    Ho fatto una cazzata, El.

    Mormorò, il tono colpevole di chi sapeva di essere nei guai fino al collo nonostante fino a quel momento non ne avesse avuto prove, e già il fatto che avesse detto una parolaccia, la seconda nel giro di un paio di mesi, lui che non ne diceva mai e sarebbe stato capace di stare anni interi senza dirne – non si addiceva ad un gentiluomo come lui – ne aveva detta un’altra perché dire “stupidaggini” non sarebbe stato abbastanza. Aveva fatto proprio una cazzata, e lo mormorò verso di lei mentre cercava di districare il proprio sguardo dal suo per passarsi i palmi delle mani sugli occhi, ad asciugare via quel velo umido che si era creato.
    A quel punto, prima di tornare a guardarla, decise di scendere dalla seduta del divano perché aveva intenzione di stare alla sua stessa altezza. Aprì così le gambe una volta seduto a terra, facendosi più vicino, di modo che la figura inginocchiata della cugina si incastrasse con la sua, chè solo seduto a terra si meritava di stare, non meritava troni né altro. Ma nel suo stare seduto a terra, avrebbe cercato di allungare le mani verso il volto della cugina per farsi guardare, come se avesse avuto paura che dall’attimo successivo in poi non l’avrebbe più fatto, non l’avrebbe guardato più, al contrario di quanto gli aveva detto poco prima e di come lo aveva rassicurato.

    Le ho detto di me, sa cosa sono.

    Quella era stata la grande stronzata, la più grande di tutte, e quella che più lo feriva in assoluto. Quella che più lo stava facendo impazzire. Non i sentimenti, non la nostalgia, niente che riguardasse Eunjoo, perché Gideon era a conti fatti una persona pessima che con le emozioni non era minimamente in grado di convivere – anche se per lui era giustissimo così. Non era quindi la fine della storia con la coreana a farlo struggere in quel modo, era il fatto che le avesse messo in mano l’unica cosa che avrebbe fatto meglio a tenere per sé. Ed ora Eunjoo avrebbe potuto usarla contro di lui in qualsiasi momento. Non l’aveva ancora fatto, ma niente gli assicurava che prima o poi non si sarebbe vendicata di lui in quel modo. Certo, aveva bisogno di prove, chè a puntare il dito contro di lui non sarebbe stata né la prima né l’ultima.

    Ero con le spalle al muro.
    E credevo che sarebbe stato utile a raggiungere l’obiettivo.


    A quel punto avrebbe cercato di poggiare la fronte contro la sua, chiudendo gli occhi perché forse di essere guardato non se lo meritava nemmeno, le mani con tanto di tatuaggio ed anello di famiglia che avrebbero cercato di restare poggiate ancora contro il suo volto.

    Se avessi detto a mio padre che ho rischiato di compromettere tutto senza nemmeno arrivare fino in fondo, senza riuscire a vincere, l’avrei ucciso. Ma è morto già, quindi l’ho ucciso di nuovo.

    Una tragedia immane, secondo lui. Al punto che quel pensiero gli toglieva il fiato, gli rendeva difficoltoso respirare. E allora capì che non c’era più molto tempo da perdere.
    Con gli occhi lucidi, una volta riaperti avrebbe staccato una mano dal volto di Elara per prendere le due fialette di Pozione della Pace nella tasca dei pantaloni. Ne avrebbe data una a lei, l’altra invece l’avrebbe aperta togliendo anche l’altra mano dal suo volto ma restando nella stessa posizione di poco prima. A quel punto avrebbe atteso di fare un veloce brindisi, facendo scontrare tra di loro le fialette, prima di buttare giù il contenuto della sua in un solo sorso.

    Gideon beve una dose di Pozione della Pace [1] e l'altra la dà ad Elara [1], quindi vanno rimosse entrambe dal suo Bagaglio.

    Fatica: -0.5; 7/10 (Memoria Tecnica) (non avevo conteggiato i post delle altre role, per cui ho modificato!)

    +2 PP per questo post <3


    Edited by Gideon G. Greengrass - 2/5/2024, 18:04
     
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    Era piuttosto sicura di non aver parlato ad anima viva degli sviluppi più recenti della sua vita privata. Riservata fino allo stremo, al punto da tenersi dentro anche ciò che le faceva male, non avrebbe mai commesso la sciocchezza di raccontare dettagli così futili e soprattutto così disallineati di sé. Per questo, lo sguardo e la nota furba che percepì nella voce di Gideon la presero in contropiede al punto che ogni segno di irriverenza sfumò per lasciare spazio ad un’espressione decisamente più seria. Infastidita, a tratti.

    «E cosa credi?»

    Lo incalzò, cercando di mitigare lo sguardo accusatorio nel momento in cui realizzò come Gideon potesse essere solo l’ambasciatore di quella pena. Sospirò quindi, come a voler gettare fuori di sé il nervosismo improvviso dato dalla perdita del controllo, ed invece cercò di nuovo lo sguardo nocciola come se quello potesse fungere da antistress. Perché sì, era curiosa di sapere, ma anche conscia del fatto che qualsiasi spiegazione le avrebbe inevitabilmente mandato di traverso l’umore ed era anche l’ultima cosa che voleva per quella serata. Si costrinse quindi a sorvolare, in attesa di risposte che sperava fossero diverse da quelle che tristemente immaginava, ed invece si concentrò di nuovo su quell’occhiata rarissima nella sua tenerezza. Antidoto perfetto a qualsiasi male, per un solo istante si sentì perfettamente a posto.

    «La me di sedici anni per fortuna non ha solo Gideon Greengrass come unico essere umano di genere maschile da frequentare.»

    Del resto, il principale motivo di quell’infatuazione infantile era che il cugino era praticamente l’unico altro bambino che avesse mai frequentato in maniera assidua insieme al fratello. « -.. ma lo sai anche tu che avrò sempre un debole per te.»

    Aggiunse però, in uno sfiato onesto che in altri momenti forse non si sarebbe permessa, ma che in quel frangente le sembrava azzeccato. Le fragilità del moro erano qualcosa da trattare con cura, da bilanciare in maniera sapiente perché si sentisse accolto ma non compatito, in un continuo equilibrio su cui la bionda aveva imparato a muoversi tempo fa semplicemente perché in molte cose si assomigliavano più di quanto non si dicessero. Così, si prese la licenza di mostrarsi umana anche lei, capace di preferenze che non avevano niente a che fare con il calcolo, la convenienza o l’utilità e che invece si basavano solo sulla sensazione di benessere che provava quando aveva a che fare con il Serpeverde. Accompagnò allora quella piccola rivelazione con un sorriso dolce, ben diverso dall’aria torva che aveva assunto poco prima, annuendo infine alla questione del calderone e della pozione imperfetta senza controbattere. Un po’ le dispiaceva non aver assistito ad una prova perfetta, ma del resto intuiva come lo stato emotivo del cugino tendesse a ben altro che alla concentrazione necessaria per preparare un intruglio. Al contrario, più quella conversazione dispiegava i suoi contenuti, più la Travers aveva la sensazione che in realtà lo scambio era stato voluto da entrambi e non cercato solo da lei.
    Seduta ancora sulle ginocchia, in una modalità che esprimeva solo comprensione e non giudizio, cercò di far passare a Gideon quella che era la sua visione delle cose. Presuntuosa abbastanza da ritenere che certi rischi non l’avrebbero mai riguarda ma parimenti troppo realista per credere che tutti fossero fatti della stessa sostanza dell’abnegazione come lei, aveva da tempo imparato a convivere con l’idea che il fallimento, se non evitato, andava saputo gestire. Che loro, anche loro, come qualsiasi altro essere umano dovevano fare i conti con l’imperfezione e la complessità del loro essere, ma che l’unica cosa che contava era la fedeltà. Salda quella, ogni cosa poteva essere aggiustata fintanto possibile. A maggior ragione a sedici anni, a maggior ragione se la colpa era aver perso la testa per una ragazza qualsiasi. Se non altro non era una nata babbana, che se pensava ai numerosi rapporti promiscui che intratteneva suo fratello le saliva il vomito. Tuttavia, pur percependo distintamente di aver pizzicato le corde giuste, allo stesso tempo sentiva che non sarebbe finita lì. Immaginava di dover rincarare la dose, perché era suo interesse tornare ad avere un Gideon al cento per cento anziché questa versione mozzata, ma non si aspettava una cazzata.
    Sgranò così gli occhi verdi, che già soltanto la scelta lessicale era abbastanza da farle intuire che avrebbe ascoltato una seconda parte della storia, e ben più grave. Per questo si mutò, proiettandosi immobile davanti al cugino mentre questo scivolò via dal divano per raggiungerla a terra. Non si sottrasse quindi all’intreccio che le gambe del Serpeverde le costruirono intorno, per quanto il silenzio altrui montarono in lei un’ansia che faceva fatica a placarsi. Il respiro si fece quindi appena più corto, ma non potè trattenere comunque l’istinto di andare incontro con la guancia alle mani di Gideon per trasformare in una carezza qualsiasi cosa avesse in mente di fare il Greengrass. Sarebbe poi rimasta lì, con il mento incastrato tra le sue dita, ad osservarlo in una smania apprensiva che voleva soltanto essere quietata. E quando finalmente seppe, non sapeva se sospirare di sollievo o di frustrazione laddove quella confessione le generò un’ondata di sentimenti contrastanti. Da un lato, tornava a pesarle quel ruolo da assistente che aveva sempre tenuto e che cominciava a starle stretto, l’idea che a brillare fossero gli altri anche quando era lei a tenerli in piedi. Dall’altro, la consapevolezza che se si trattava di Gideon, non si sarebbe sottratta mai a quel compito, e da lì furono schegge quanto di conforto che di rabbia ad imbrattarle lo sguardo chiaro. Che se il problema era davvero solo quello, non lo considerava di certo insormontabile come le veniva descritto. Tuttavia, l’idea che Gideon si fosse fatto mettere con le spalle al muro fino a rischiare un segreto del genere, ed ancora di più che qualcuno pensasse di poterlo anche solo ricattare, le esacerbava quella vena protettiva che le era stata inculcata da sempre nei suoi confronti e che ora le faceva desiderare la testa della Grifondoro su un vassoio da portata. Prese allora un profondo sospiro, che non poteva di certo dare fiato ai suoi pensieri nell’esatto ordine in cui le si erano formati in testa, ed invece modulò voce ed espressione per non sembrare aggressiva o altro. Non con lui, se non altro.

    «Gideon.»

    Lo richiamò, questa volta con il nome di battesimo per dare maggiore enfasi mentre sentiva la fronte altrui contro la propria ed il viso senza scampo.

    «Sì, hai fatto una cazzata.»

    Usò quindi le sue stesse parole, citandolo in maniera pedissequa prima di iniziare la sua arringa. Il tono era sicuro, per quanto appesantito. «Ma staremmo qui a parlarne se la Choe fosse entrata negli Alfieri? No, perché probabilmente sarebbe stata la mossa che l’aveva portata a fidarsi di te, o che so io.»

    Andava chiaramente a braccio, ma non mentiva. Tanto quanto era in grado di leggerlo, sapeva anche come Gideon aveva la capacità di intuire da qualsiasi sfumatura della sua voce, ed allora era una battaglia che tra loro non poteva essere combattuta. Voleva essere sincera, brutale se necessario, ma indubbiamente di aiuto.
    «Hai corso un rischio, ti sei esposto, non è servito. E sicuramente a posteriori suona azzardato e controproducente, ma probabilmente nel momento in cui le hai raccontato quello che sei avrai anche calcolato pro e contro.»

    Era troppo intelligente per crederlo del tutto inebriato dall’amore, ed in ogni caso si rifiutava di credere che avesse confidato quel segreto alla Grifondoro solo per puro desiderio di condivisione. «La verità? Per quanto lei abbia ora nelle mani qualcosa su di te, cosa potrebbe farne? Se lo rivelasse, ammetterebbe di aver avuto una relazione con qualcuno che avrebbe dovuto denunciare ben prima che dopo essere stata lasciata.»

    Agli occhi della bionda, non c’era modo per la coreana di salvare la faccia. «Inoltre, la tua condotta quest’anno è stata irreprensibile, e non c’è nessuno che possa testimoniare il contrario. Se pure volesse accusarti, sembrerebbero soltanto i vaneggiamenti di una isterica che non ha accettato la fine di una storia.. Voglio dire, guarda come ha dato di matto l’altra sera.»

    Un comportamento che la Travers aveva disdegnato in maniera profonda, esattamente come disdegnava chi non era in grado di salvaguardare la propria dignità. «E per ultimo.. Dopo quello che abbiamo fatto, è davvero così arrogante da pensare di potersi mettere contro di noi?»

    Anche solo quello, nella sua testa, rappresentava un buono scudo. E non perché pensava agli Alfieri come a chissà quale gruppo di cavalieri oscuri, ma perché il vociare di quegli ultimi mesi li aveva dipinti come pericolosi e spietati, al punto che dubitava una sola strega, per quanto capace, volesse metterseli tutti contro semplicemente per uno sgarbo amoroso. Cosa che non la rendeva meno pericolosa, perché c’erano altri modi per colpirli alle spalle, ma la riteneva sveglia abbastanza da non agire per le vie plateali.

    «Per cui insomma, non mi sembra che tu abbia corso un rischio avventato e senza alcune protezione.»

    In ogni caso, le ultime parole del cugino le suggerirono che non era neanche quello il vero problema. Lo spettro di Simon Greengrass che aleggiava attorno al figlio più come una morsa che come un angelo protettore.

    «Gì, lo so. Lo so che non averlo qui, non poterlo sentire con la sua voce, ti fa credere che nulla ti sia perdonabile. Però credimi..» Ed ora avrebbe cercato di staccare la fronte da quella del Serpeverde solo per poter prendere a sua volta il viso altrui tra le mani. Un incastro di sguardi inevitabile, ma necessario. «-.. credimi se ti dico che tuo padre ti amava sopra ogni cosa e non gli sarebbe interessato quanto del risultato, ma più di come ci hai provato. Chi non osa, non sbaglia mai.»

    Ci stava provando con tutta se stessa, ma in effetti non le risultava troppo difficile semplicemente perché erano le stesse cose che suo padre le ripeteva fin da bambina. Anche per questo era rimasto così deluso dopo i fatti di Durmstrang, perché quello corso da lei e da Everard era stato un rischio fine a se stesso e che non avrebbe dato alcun valore aggiunto. Al contrario di ciò per cui aveva combattuto Gideon, e detestava che non riuscisse a vederlo anche lui. Che se l’attimo prima si era sentita superiore al moro, più sviscerava quella situazione più in realtà ne coglieva il profondo merito.

    «Per cui no, non l’hai ucciso di nuovo. Penso invece che sia proprio soddisfatto di come tu, completamente da solo, sia comunque cresciuto nei suoi ideali e stia cercando un modo di portarli avanti. Per il resto..» Un altro sospiro, più grave dei precedenti. «-.. sistemeremo tutto. Insieme o con gli altri, ma troveremo una soluzione.»

    Tuttavia, dal tono che aveva assunto la voce della ragazza, era in qualche modo chiaro come non sarebbe stata quella serata il momento giusto per piani ed iniziative. Al contrario, le sembrò il momento più giusto per inghiottire una pozione che sperava potesse rendere quella serata leggera come l’aveva immaginata in partenza. Così a sua volta liberò il volto altrui dalle dita della destra, che invece brindò di buon grado prima di allungare la fiala alle labbra e berla in un unico gesto.

    Elara beve una dose di Pozione della Pace.


    Edited by Elara Travers - 2/5/2024, 15:53
     
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    Ingerita fino all'ultima goccia della Pozione della Pace contenuta nelle due fialette, i due Serpeverde non avrebbero dovuto attendere molto prima di cominciare a sentirne i tanto desiderati effetti. Nel giro di qualche secondo, infatti, qualsiasi spiacevole sensazione affollasse la loro mente si sarebbe dissolta, lasciando spazio ad un piacevole vuoto, ad una sensazione di benessere che soltanto l'assenza di sentimenti negativi nel proprio animo sapeva dare. Si sarebbero sentiti più leggeri, almeno per un po', ché tutte le emozioni ostili che si portavano dietro da tempo avrebbero li avrebbero lasciati in pace per quella serata.



    Per aver bevuto la Pozione della Pace guadagnate un bonus di +5 Volontà e +5 Percezione per 5 post a testa in questa role, dopo di che l'effetto finirà.
    Al momento non avrete nessun malus in quanto la Pozione è stata assunta in una dose consona.

    Buon gioco <3
     
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    Non immaginava che la sua affermazione potesse causare una reazione del genere nella cugina, di cui potè notare lo sguardo farsi all’improvviso più serio. In un certo senso credeva che quella fosse già una risposta abbastanza netta e chiara a quelle che erano le idee che si era fatto, motivo per cui dovette trattenere un risolino per non far sembrare che volesse prendersi gioco di lei, limitandosi quindi a scuotere appena il capo.

    Niente… supposizioni mie.

    Cercò così di abbandonare quel discorso nella speranza che la bionda non decidesse di approfondirlo ulteriormente in quel momento, anche perché in realtà aveva come l’impressione che una volta bevuta la pozione sarebbe stato molto più semplice parlare di qualsiasi cosa. Solo che quel momento doveva ancora arrivare, per cui nel frattempo dovevano necessariamente continuare ad interagire nella loro naturalezza, che per Gideon non era un problema, dato che la versione di sé che Elara gli offriva era sempre la migliore che potesse aspettarsi o desiderare, visto il rapporto più che speciale che avevano. Meno fortunata quella sera lo sarebbe stata lei invece, a dover avere a che fare con un Greengrass particolarmente compromesso, in un modo che persino lui odiava ammettere a sé stesso. Eppure era così, e se in un certo senso nel profondo del suo animo si sentiva anche in piccola parte in colpa per doversi mostrare così a lei, senso sapeva di non poterne farne a meno e che in realtà era qualcosa che solo e soltanto con lei poteva tirare fuori.
    Come quello sguardo tenero che le rivolse, dedicato solo a lei in risposta a quelle parole che furono in grado di scaldargli il cuore e, per qualche istante, anche farglielo andare un pelo più veloce. Che se dovette mordersi la lingua per non rispondere al fatto che non fosse più lui l’unico essere umano di genere maschile che lei frequentava, perché sapeva bene che avere attorno solo e soltanto lui sarebbe stato più velenoso che piacevole, alla confessione successiva non potè fare a meno di piegare appena le labbra e lasciarsi sfuggire uno sbuffetto d’aria dalle narici, ricambiando il suo sguardo giusto per vedere il suo sorriso dolce prima di abbassarlo sul calderone.

    Ed io per te.

    Ammise allora, non senza fatica ma allo stesso tempo sentendolo quasi necessario in quel momento. Perché sì, per tanto tempo la stessa cosa era valsa anche per lui: non aveva frequentato assiduamente tanti altri bambini durante l’infanzia, soprattutto altre bambine, ed il legame speciale che si era creato con lei proprio in virtù di quella vicinanza ma anche dell’affinità dei loro caratteri era stato qualcosa di magico destinato a rafforzarsi col tempo. E chissà come sarebbe stato a quel punto se non fossero stati costretti ad interrompere bruscamente ogni contatto, perdendo un po’ di vista i binari dell’altro. Anche se a vederli in quel momento non sembrava di certo che si fossero mai separati, anzi, sembrava piuttosto che non avessero passato soltanto un minuto lontano dall’altro in tutto quel tempo. Per forza avrebbe sempre avuto un debole per lei: non era stato per l’affinità del sangue che qualche sera prima in Sala Grande l’aveva protetta, o che volesse sempre sempre il suo bene, che si preoccupasse per lei quando in realtà era la persona più egoista del mondo… era per l’affinità dell’anima che Elara sarebbe sempre stata un suo punto debole.
    Perché nel momento in cui con la pozione non restava altro da fare se non aspettare cuocesse, prese vita un momento totalmente catartico di cui Gideon aveva bisogno come l’aria che gli mancava da settimane, mesi, anni. Non si era nemmeno reso conto di aver cominciato a sbottonarsi in maniera così spontanea, di punto in bianco e quasi a cascata: non che si fosse lasciato andare ad ampie digressioni sul proprio stato mentali, sui propri pensieri, su come si sentisse; tuttavia, il poco che aveva detto faceva perfettamente il paio con il suo linguaggio del corpo, che sapeva Elara fosse in grado di leggere come nessun altro al mondo. Tanto nella sua testa quanto sulla sua pelle, la cosa bella di parlare con lei era proprio il fatto che fosse facile. Ecco perché non parlava con nessun altro. Chi mai avrebbe potuto capirlo in quel modo? Senza il bisogno di spiegarsi, senza il bisogno di dire di più di quel che riusciva a dire.
    Che poi fosse estremamente drammatico, tragico, teatrale in quel che per altri non sarebbe stato davvero niente di che, niente di irrimediabile, soprattutto niente di cui un diciassettenne dovesse davvero preoccuparsi, quello era un caso a parte. Di fatto, il suo mettersi seduto a terra, afferrare tra le proprie mani il viso della cugina nella convinzione che poi non avrebbe mai più voluto guardarlo, era tutto molto esagerato perché nella sua testa si era creato dei mostri più grandi di lui, oltre cui era difficile vedere, che gli bloccavano la strada, gli coprivano la luce, lo tenevano inchiodato al suo posto.
    Gideon.
    Quel nome, il suo nome, detto da lei suonava persino più importante di quanto non lo fosse davvero. Poggiare la fronte contro la sua era stato infatti un modo per restare stabile, con la testa piantata sulle spalle, ancorato a lei, a loro. Sì, aveva fatto una cazzata. La conferma da parte di Elara servì a fargli guadagnare ancora più consapevolezza.
    Ma mentre l'ascoltava parlare, pur non guardandola, cercava di allineare il respiro col suo, inspirando profondamente e buttando fuori l’aria quasi al ritmo delle sue parole. Tutta la lucidità e la capacità di razionalizzare che la cugina gli stava mostrando era tutta quella che lui aveva perso negli ultimi minuti, rompendo gli argini e lasciando che fosse lei a ricomporli pezzo per pezzo.
    Aveva ragione, era tutto giusto quel che diceva. Erano le loro parole una contro l’altra, non c’erano prove contro di lui, e loro tutti insieme erano davvero pericolosi. Mettersi contro di loro significava rischiare parecchio.

    No.

    Rispose sussurrando a quella domanda retorica come se gli servisse per crederci ancora di più, eppure lo sapeva che Eunjoo non sarebbe mai stata sola nella guerra contro gli Alfieri, il giorno in cui avrebbe voluto scatenarne una. Perché l’aveva visto in tutto quel tempo, l’aveva osservato con i suoi stessi occhi il modo in cui stava insieme ai suoi amici, Sanguesporco o Traditori che fossero, ed erano tanti. Tutti uniti erano molti di più di loro, e se tutti si fossero messi a cercarli era certo che in un modo o nell’altro li avrebbero scovati. Ma non era quello che lo spaventava, non aveva paura di essere scoperto. Temeva soltanto che, in quel modo, avrebbe messo a rischio anche Elara ed Everard. E loro non se lo meritavano, non si meritavano di essere puniti per il suo comportamento sempre troppo sciocco.
    Ma era anche vero che non era la Grifondoro ad occupare maggiormente i suoi pensieri, né gli Alfieri, quanto una questione ben più grande di lui che gravava sulle sue spalle da anni. Tanto che aveva dimenticato com’era vivere senza.
    Nel momento in cui si sentì prendere il volto riaprì gli occhi ed incastrò le iridi nocciola in quelle verdi della ragazza. Le sue parole lo colpirono come schiaffi in faccia, nonostante la delicatezza con cui le sue mani gli tenevano il volto.

    Mi amava sopra ogni cosa…

    Ripetè ancora, mormorando quasi tra sé e sé come a rendere più concrete quelle parole nella sua testa. Era forse la prima volta che se lo sentiva dire, ed il fatto che fosse stata Elara a dirglielo e non sua madre era una bella testimonianza di una delle tante cause del caos nella testa del Serpeverde. In altre occasioni si sarebbe fermato a chiedersi come lo sapesse, che suo padre lo amava sopra ogni cosa. Come faceva a dirlo, lei, che cosa ne sapeva? Nelle sue peggiori condizioni, Gideon sarebbe stato capace persino di dubitare delle parole della persona che più gli era vicina, con cui condivideva qualsiasi cosa, ma in quel momento no.
    Non l’aveva ucciso di nuovo, gli stava dicendo mentre la guardava negli occhi, mentre le sue iridi verdi scavavano direttamente nell’anima del moro.

    Mi manca, El. Mi manca mio papà.

    Sfiatò allora mentre lei gli teneva ancora il viso. E così riuscì a dirlo. Per la prima volta, da quando era successo. Non era mai accaduto prima, che Gideon riuscisse a dare un nome a quel sentimento. Chè ammettere a sé stesso di avere una mancanza significava essere insoddisfatto di quel che il presente dava, ammettere una sconfitta nei confronti di se stessi, una debolezza. Almeno questo era quello di cui Gideon era convinto: sentire la mancanza di qualcuno era da deboli, anche se quel qualcuno era la persona più importante della sua vita. Ma in quel momento lo tirò fuori all’improvviso, senza avvisare, senza pensarci ulteriormente. Chiamandolo papà, e non padre come sempre, per la prima volta dall’ultima volta che l’aveva fatto direttamente con Simon. L’ultima volta che aveva pronunciato quella parola era stata per chiamare lui, durante le vacanze di Natale del suo primo anno ad Hogwarts o in qualche lettera a lui indirizzata prima che scomparisse. Poi non aveva più avuto il coraggio di pronunciarla, né di ammettere la propria nostalgia, nonostante il vuoto che avesse all’interno del petto fosse enorme ed incolmabile. Perché sì, non riuscire a sentire la sua voce al punto che ormai la stava dimenticando, così come stava dimenticando il suo odore, mentre cresceva la consapevolezza che avrebbe visto il suo volto da vecchio soltanto specchiandosi, giorno dopo giorno, anno dopo anno, chè Simon sarebbe invecchiato insieme a lui nei lineamenti che condividevano come due gocce d’acqua.
    Poteva bastare così, con quelle lacrime che riuscì a ricacciare indietro l’attimo prima che uscissero dai suoi occhi, nel buttare il capo all’indietro per bere tutto il contenuto della fialetta. Il liquido aranciato scivolò giù per la gola quasi come se fosse acqua, più o meno dello stesso sapore indefinito, e quando Gideon tornò con lo sguardo sulla cugina cui ancora era estremamente vicino poteva già sentire qualcosa cambiare dentro di lui.
    Qualche istante di silenzio gli bastò per sentire la testa alleggerirsi, per la prima volta dopo anni, in una sensazione che aveva totalmente dimenticato. Era così piacevole che quasi lo destabilizzava, incapace di pensare a qualsiasi cosa negativa avesse avuto nel cranio fino a quel momento, o meglio: riusciva a formulare pensieri, su suo padre, sugli Alfieri, su Eunjoo, eppure nessuno di questi gli bloccava la gola o ribaltava lo stomaco.

    Wo.

    Disse soltanto in un primo momento, mentre allargava le braccia e le poggiava insieme alle spalle contro la seduta del divano, e con loro per qualche istante anche la testa. Nel frattempo, le gambe circondavano ancora la figura di Elara, chè quelle non sembravano intenzionate a spostarsi. Per un attimo portò la mano al colletto della camicia e alla cravatta, che portava sempre stretti e mai fuori posto, ma che sentì il bisogno di allentare. Slacciò quindi il primo bottone del colletto della camicia ed allentò il nodo della cravatta, tornando poi a spalmarsi contro la seduta del divano come se fosse sulla baia di Bristol a prendere il sole.

    Allora basta discorsi depressi.

    Era stato davvero Gideon Greengrass a dire quelle parole? Sì, un Gideon Greengrass sotto gli effetti di una pozione, ma pur sempre lui.

    Nathan Lestrange.

    Così, di botto, all’improvviso. Quel che aveva taciuto prima sfuggì dalle sue labbra come se stesse raccontando cosa aveva mangiato per pranzo. Eppure di certo non aveva potuto dimenticare quel che le sue orecchie avevano ascoltato ormai qualche settimana prima in Sala Comune, anzi, era stato un tarlo abbastanza fastidioso che si era insinuato nella sua mente senza abbandonarlo mai.

    Lui ha detto che non è stata colpa sua, ma io non ci credo. È evidente che non ti conosce per niente.

    Sembrava stesse delirando, eppure non c’era una sola parola inventata in quelle che aveva pronunciato. Ma riusciva ad essere criptico e misterioso pure sotto gli effetti di una pozione che distendeva le ansie. Certo, cancellava le emozioni negative protratte nel tempo, ma mica i modi di fare di una persona. Soprattutto se radicati come la capacità di Gideon di omettere, e dire esattamente quello che voleva dire, quando voleva dirlo.

    Fatica: -0.5; 8/10 (Memoria Tecnica)
    Pozione della Pace: 1/5
     
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    Fu quasi grata al cugino per aver voluto glissare sull’argomento. Che già la testa della Travers aveva iniziare a fare viaggi tutti suoi, gli stessi che si immaginava confermai da lì a poco e che invece dovette mettere nel cassetto. Non che la questione potesse dirsi del tutto superata, ma il fatto che si trattava soltanto di supposizioni del giovane mago la mettevano al riparo da conferme ben più pesanti. Qualcosa nel suo atteggiamento magari poteva averla tradita, ma un conto era un sospetto ed un conto un fatto. Si limitò quindi a scrollare le spalle, che valeva ancora l’intenzione di non rovinarsi la serata, ed invece andò avanti con la grazia di chi avrebbe approfondito in separata sede con i suoi modi. Al momento era molto più importante ciò che di intimo si stavano raccontando, che se era stato naturale per lei raccontare di quella naturale inclinazione che aveva nei confronti del Serpeverde, di certo non si aspettava di essere ricambiata. O quanto meno di sentirselo dire davvero, a voce, che magari avrebbe anche potuto intuirlo e tuttavia in quell’istante faceva tutta la differenza del mondo.

    «Non pensavo l’avresti mai ammesso.»

    Mormorò, scegliendo con cura le parole perché non tradissero a pieno la profonda emozione che quell’ammissione le aveva suscitato. Si nascose così dietro la falsa pretesa di averlo sempre saputo, come se fosse scontato e l’unica difficoltà era l’indole assai poco comunicativa dell’altro, ma in cuor suo aveva riconosciuto benissimo quel fiotto caldo di soddisfazione. Si nutriva di poche cose terrene e quella sera ebbe la consapevolezza che Gideon era una di quelle, dopo aver sparso segnali praticamente ovunque. Le servì anche, quella conferma, perché affrontare il carico emotivo che le venne riversato addosso senza alcun preavviso o precauzione altrimenti le sarebbe stato ancora più complesso. Invece, con il riconoscimento di quel ruolo tanto unico quanto speciale, accolse con maggiore solidarietà lo sguardo del Serpeverde fino ad empatizzare quasi con la situazione che l’altro stava vivendo. Non era un caso che non avesse usato parole sprezzanti di giudizio nei suoi confronti, e che invece ne aveva provato a capire i lati deboli per trasformarli in elementi di forza. Avrebbe potuto limitarsi alla teoria delle cose, ed invece volle esplorarne gli aspetti più fragili perché solo così avrebbero potuto davvero imparare la lezione. Era un tentativo anche per lei, un modo per abbracciare il relativismo di cui il mondo era composto, e se nel farlo fosse anche riuscita ad alleviare la colpa del moro allora avrebbe potuto dirsi un successo.
    Non fu in ogni caso facile, che ogni parola spesa in quell’arringa aveva lo stesso peso specifico del piombo tale ne era la pesantezza, e perfino nominare Simon Greengrass era un azzardo che non era sicura di potersi permettere. Ma non aveva molte frecce al suo arco e fece il meglio possibile con gli strumenti che aveva a disposizione. Capì quasi sicuro che il vero dramma Gideon lo covava dentro e non era di certo ciò che raccontava al di fuori, ma come poteva lei risolvere i traumi di un bambino di undici anni rimasto improvvisamente solo al mondo? Non era possibile, e tuttavia poteva fargli sentire con tutte le sue forze che non era solo.

    «Certo che sì.»

    Lo incalzò, quando lo sentì ripetere le sue stesse parole. Ne respirava il bisogno di conferme ed allora premette su quel tasto ancora ed ancora, fino ad imprimerglielo addosso. «E lo vedo dalle foto che avete insieme, i vostri sorrisi.. Ma soprattutto lo vedo attraverso te, Gì, perché solo un padre che ti ha amato tanto poteva vivere nel figlio come lui fa con te.»

    La cosa divertente è che, se avesse ascoltato questo discorso fatto da chiunque altro, lo avrebbe trovato ridicolo nella sua stucchevolezza. Ma lì, in quel momento, era la persona più seria del mondo. Che se i sentimenti erano di ostacolo e di intralcio, la perversione e l’esclusività della loro esistenza li rendeva eccezione delle loro stesse regole. Si doveva odiare, eppure era l’amore ciò che in ultima istanza li salvava. Un amore distorto, accecato, velenoso ma che aveva esattamente lo stesso calore che mancava alle loro vite.

    «Lo so, lo so.»

    Sussurrò piano, muovendo appena le dita contro il suo per una carezza leggera. «E non c’è nulla di male in questo, non è qualcosa di cui vergognarti.. Devi abbracciare questo sentimento, o ti schiaccerà vivo.» Lo capiva perfino lei, che non era di certo particolarmente abile nell’interpretazione umana, che era proprio il vuoto lasciato dal padre ad essere voragine per ogni passo del figlio. Che invece doveva andare avanti, in qualche modo. «So anche che non è facile, ma finché non ti perdonerai per essere sempre quel bambino di undici anni che piange per il suo papà, non riuscirai mai ad essere davvero te stesso.»

    Provò a dirglielo nella maniera più dolce possibile, ma per quanto il tono potesse edulcorare si trattava comunque di una medicina amara. Stiracchiò così un sorriso, mentre sperava che l’uso della pozione potesse venire loro incontro nell’alleggerire una serata che si era rivelata densa come lava. Necessaria senza dubbio, e probabilmente solo la prima di tante se era vero che stava scoperchiando il vaso di Pandora dell’anima di Gideon, ma anche faticosa come scalare una montagna. Bevve così dalla fiala augurandosi una tregua e fu incredibile come l’effetto di quel liquido aranciato la pervase dopo una manciata di istanti. Si sentì leggera come non lo era mai capitato, perché nulla ora le opprimeva il petto e nulla le affollava la mente. Si concentrò per un attimo sul proprio respiro e scoprì che non c’era niente a frapporsi tra se stessa ed il moto ripetitivo del proprio diaframma ad alzarsi ed abbassarsi. Era una sensazione inebriante, che condivide con il commento altrui.

    «E’.. pazzesco.»

    Concordò allora, mentre a sua volta approfittava del cambio di posizione altrui per muoversi di rimando. Era stata in ginocchio fino a quel momento, mentre si alzò appena solo per incrociare le gambe ed assumere una postura più comoda. Rimaneva comunque incastrata tra le gambe altrui, ed anzi si scoprì ad essersi incantata nei gesti che portarono l’altro ad allentare colletto della camicia e cravatta. Le risultarono ipnotici per una ragione non precisata, la gola secca all’improvviso mentre sentì l’impulso di allungare la mano destra verso la stessa cravatta verde ed argento per completare l’accenno del Serpeverde. Ne avrebbe infatti intrappolato il nodo solo per scioglierlo del tutto, liberando il Greengrass da quella costrizione senza che vi fosse nulla nella sua testa a suggerire di non seguire quell’istinto.

    «Di che vuoi parlar-..»

    Ma sgranò lo sguardo, sorpresa, perché non si aspettava di certo quel nome all’improvviso. Non c’entrava nulla con loro due, con quel contesto, e tuttavia non riusciva a provare lo stesso fastidio che avrebbe invece sicuramente provato se non fosse stata sotto effetti di alterazione. Che una Elara sobria ed in pieno possesso delle sue facoltà mentali sarebbe impazzita all’idea che Nathan andasse in giro a raccontare dei loro incontri, e sarebbe stata senza dubbio la sua reazione il giorno dopo al ricordo di quello scambio, ma seduta lì, per terra, non riusciva a rintracciare anche solo mezzo motivo per arrabbiarsi. Al punto che, incredibilmente, si mise a ridere.

    «Non è stata solo colpa sua.»

    Lo corresse allora, divertita senza un reale motivo mentre assumeva l’aria di chi la sapeva lunga. Era forse una versione nuova per Gideon, vedere la cugina in atteggiamenti meno rigidi e più selvatici, mentre saliva con una mano a scuotere i capelli appena sopra la fronte.

    «E forse.. Forse da quel punto di vista mi conosce meglio lui, sai?»

    Almeno a ben vedere da come erano andate le cose durante l’ultimo incontro che aveva avuto con il Lestrange. «Ma non mi giudicare, ti prego. E’ che davvero, certe volte mi trovo noiosa da sola nel fare sempre la santarellina tutta sorrisi e bei voti.»

    Le si stava sciogliendo la lingua, al punto che anche il registro che usava scemava verso una colloquialità che di solito non si concedeva mai. «E Nathan.. E’ scattato qualcosa dalla prima chiacchierata, ed in qualche modo devo pur evitare di impazzire, no?»

    Incredibile come pace per lei significasse togliere di mezzo quei freni che ogni giorno le impedivano di lamentarsi, e che invece la costringevano ad un ruolo che non aveva scelto ma che ormai interpretava così bene da fondersi con la sua reale personalità. Che tuttavia rimaneva integra e delineata, a reclamare per sé uno spazio appena ne vedeva l’occasione. Si concesse uno sbuffo, mentre incastrò di nuovo il verde con il nocciola.

    «A chi lo avrebbe detto?»

    Perché comunque voleva sapere.

    Pozione della Pace [1/5]
     
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    Si capiva?

    Se Gideon fosse stato un po’ più insicuro e leggermente più sensibile, probabilmente sarebbe arrossito a quell’affermazione da parte della ragazza. Non si aspettava di esser stato così facile da leggere, eppure chissà perché se ne meravigliava, visto quanto fosse semplice per Elara farlo e quanto bene lo conoscesse. Eppure stavano tutti dicendo, seppur a mezza bocca, delle grandi verità. Che avevano sempre avuto un debole l’uno per l’altra e che ce l’avevano ancora, e Gideon non si era mai impegnato nemmeno troppo per nasconderlo. Era stato evidente dal primo momento che i due Travers avevano messo piede ad Hogwarts, quanto fosse stato fondamentale per l’erede dei Greengrass averli entrambi al suo fianco. Ma Elara, l’altra faccia della sua medaglia – della stessa medaglia, gli era servita a ricordarsi chi era, cosa che aveva un po’ perso di vista negli ultimi tempi.
    E glielo stava ricordando in quel momento preciso, chi era, qual era il suo scopo, ma soprattutto il fatto che non fosse un fallimento totale. Le poche frecce che aveva avuto a disposizione erano servite, erano bastate per colpire il centro del bersaglio con precisione chirurgica. Come faceva ad essere sempre così brava con lui, Gideon non l’avrebbe capito mai. Allora annuiva appena a sentirsi dire che suo padre l’aveva amato ed anche tanto, si fidava di lei, non si domandava come facesse a saperlo.
    Eppure mentre ammetteva il fatto che Simon gli mancasse e si lasciava accarezzare, si sentiva vulnerabile come non lo era mai stato prima. Non c’era nulla di male? Era tutto da vedere, che nella testa del Serpeverde non c’era invece niente di peggio. Tanto che nel sentirla pronunciare quelle successive parole strinse appena gli occhi e la osservò quasi offeso pur non essendolo davvero, come se gli fosse stato fatto un grande affronto.

    Io non… non piango.

    Mormorò, che era anche vero. Non aveva mai pianto per la morte di suo padre. Non aveva pianto quando lo aveva saputo, non aveva pianto al suo funerale, non aveva pianto quando l’aveva visto finire sotto terra. Non aveva mai pianto per anni, fino a quel pomeriggio nel Bagno dei Prefetti, in cui si era concesso di essere vulnerabile agli occhi di Eunjoo perché ad un certo punto era stato tutto semplicemente troppo, e poi era successo tutto quel che era successo nei mesi successivi.
    Bere la pozione in quel preciso istante fu l’idea migliore che potessero avere, che non aveva bisogno di nient’altro se non di quello. Di liberarsi la mente, di alleggerirsi il petto, ed era tutto così nuovo e così inebriante che gli sembrava davvero di volare. Di camminare a dieci metri da terra, come se fosse a cavallo di una scopa e stesse sfrecciando nei cieli scozzesi. Leggero come non si sentiva da una vita, tanto che persino i vestiti che era solito stringersi addosso nemmeno fossero catene iniziarono a risultargli soffocanti. Gli sarebbe bastato sbottonare il colletto della camicia ed allentare un po’ il nodo della cravatta, quando vide le mani della cugina allungarsi proprio verso quest’ultimo per scioglierlo, e lui non si oppose minimamente a quel gesto, anzi. Osservò le piccole mani della ragazza impegnate in quel piccolo gesto, e quando furono lontane di nuovo terminò lui il lavoro di squadra lasciato a metà togliendosi direttamente la cravatta dal collo e tenendola tra le mani per qualche secondo, il tempo di ascoltare le prime parola in risposta all’argomento preso da lui stesso. Lui che prendeva l’iniziativa, lui che tirava fuori un argomento del genere all’improvviso. Quella pozione era miracolosa.
    Ma alzò comunque un sopracciglio con aria sorpresa all’ammissione di colpa della cugina, chè non se lo aspettava affatto. Mentre le parole successive gli fecero provare qualcosa di contrastante, che non avrebbe saputo definire. Sì, non l’aveva mai vista più sciolta e meno rigida, impostata, ma lui stesso lo era in quel momento. Bastava notare la sua posizione, ancora con la schiena poggiata contro la seduta del divano, le gambe una piegata ed una distesa di fronte a sé e nel mezzo Elara seduta.

    Mh… il punto di vista della ribellione?

    Non è che gli piacesse troppo, quell’idea che Nathan la conoscesse meglio di lui in qualcosa. Era lui la persona che la conosceva meglio di chiunque altro. Però rideva. Il ragazzo che non rideva mai, in quel momento lo stava facendo.

    Non ti giudico.

    Non l’avrebbe giudicata mai, nemmeno in quelle condizioni, perché sapeva fin troppo bene cosa volesse dire vivere costantemente con una maschera sul viso. Eppure un brividino gli corse lungo la schiena nel sentire come con il Lestrange fosse scattato qualcosa fin dalla loro prima chiacchierata.

    Certo, non va bene se impazziamo.

    Perché poi si finiva a fare la sua fine. O quella dei suoi genitori, in alternativa. Ed ecco la fine che avevano fatto, uno non c’era più, l’altra amava una Mezzosangue. Nessuna delle due fini si addiceva alle sue ambizioni, e nemmeno a ciò che augurava alla cugina.

    Quindi ti piace?

    Chiese allora, tanto diretto e spontaneo quanto allo stesso tempo ingenuo. Il Gideon senza il piombo nell’anima sapeva essere un ragazzino della sua età, incredibile a dirsi. Sapeva essere capace di avere diciassette anni, cosa che non si sarebbe mai potuta dire a vederlo camminare per i corridoi di Hogwarts ogni giorno.
    Con chi aveva parlato, Nathan?

    A Zabini. Tristan. – Specificò, sia mai venisse confuso con la sorella. - Li ho sentiti mentre chiacchieravano. Elogiava le tue doti di provocatrice.

    Era parzialmente vero, ma non ci si poteva di certo aspettare che non travisasse qualche tipo di discorso sulla base della sua soggettività. Però si poteva percepire dalla vaga inclinazione della voce come non gli piacesse troppo l’idea che qualcuno andasse in giro a parlare in quel modo di sua cugina. Ma non c’era spazio per la rabbia e per i sentimenti negativi quella sera, non in quel momento almeno. Proprio perché aveva voglia di stare bene, seppur grazie ad una pozione, allungò la mano in direzione della giovane e con un sorrisetto a suo modo dolce sul viso le fece cenno con la mano di avvicinarsi, mollando da una parte la cravatta del tutto inutile. Cosa le stesse chiedendo non era ben chiaro, sicuro che la voleva più vicina, ma avrebbe lasciato la scelta a lei su come stare comoda. Lui aveva le braccia spalancate e la schiena poggiata contro il divano, sarebbe stato molto più semplice alzarsi e sedercisi sopra, e invece no. Era molto più da ribelli stare così, a terra. Quella sera sarebbero stati ribelli contro loro stessi.

    Fatica: -0.5; 9/10 (Memoria Tecnica)
    Pozione della Pace: 2/5
     
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    Se si fosse capito o no, in realtà Elara non avrebbe mai saputo dirlo davvero. La bambina che fu era stata vittima di una venerazione così forte nei confronti del cugino che non si sarebbe mai sognata neanche solo di pensarlo, e su quella scia l’adolescente che aveva ritrovato il Serpeverde ad Hogwarts aveva ignorato qualsiasi segnale di qualsiasi natura per non accendere aspettative e non appesantire un quadro già delicato di suo. Con il passare dei mesi ed il rinsaldarsi del loro rapporto aveva ritrovato la consapevolezza del loro legame, ma da lì a rivendicare un posto speciale nel cuore altrui ce ne sarebbe passata. Le era bastata la botta sui denti in Sala Grande qualche giorno prima, scoprendo di Eunjoo, per farle capire che non era ancora abbastanza. Eppure, lì su quel pavimento magico che rievocava i loro momenti più nostalgici, stava avvenendo esattamente il contrario. Non volle tuttavia caricare di significati ulteriori quello scambio, che già di per sé era quanto di più intimo avessero mai avuto.

    «Non proprio.»

    Lo rassicurò allora, piegando appena la testa di lato. «Diciamo che ci speravo un po’.»

    Rivelò, una sfumatura ironica nella voce che voleva stemperare la portata di quelle frasi. Che non avevano implicazioni particolari, se non il bisogno tutto umano di avere qualcosa che ci tenesse ed a cui importasse al di là del suo ruolo e delle sue capacità. In Gideon aveva sempre avuto qualcuno in grado di leggerla, e per questo di capirla laddove lei stessa non poteva spingersi a raccontare. Lo stesso poteva dirsi al contrario, ed anche per questo gioì internamente quando vide anche le ultime resistenze del Serpeverde venire meno ed invece abbracciare finalmente le sue parole. Non era sicura le avesse fatte sue ma ci sarebbe ritornata sopra, accontentandosi per il momento di non essere smentita o contraddetta. Non per la maggior parte, almeno.

    «Ogni tanto dovresti, allora.»

    Non che lei fosse un’esperta ed anzi, faceva quasi ridere quel suggerimento dato da lei, ma del resto era verissimo anche per lei come fosse brava con i consigli altri e non a se stessa. Sorrise comunque, a stemperare quella stessa atmosfera che da lì ad un attimo sarebbe cambiata radicalmente e l’avrebbe proiettati in una dimensione del tutto differente. Non soltanto più leggera ma libera, in cui si ritrovarono a parlare ed a muoversi in una spontaneità che forse neanche loro stessi conoscevano davvero. C’era spazio per stupirsi, ma anche per conoscersi senza filtri e senza quelle dannate maschere di ogni giorno. Le venne quindi spontaneo a liberarsi della cravatta, in un gesto naturale e confidenziale che non aveva nulla di male ma che non necessariamente si sarebbero concessi, ed a sua volta imitò il cugino nel liberarsi del proprio di cravattino per allungarlo a terra oltre le gambe del Serpeverde. Stava meglio, e soprattutto più in linea con quello stato d’animo completamente nuovo ma che dettava regole sue. Fece così saltare anche i primi due bottoni della camicia soltanto per il gusto di liberare del tutto il collo, mentre la conversazione venne spostata da Gideon su binari che non si aspettava e che sulle prime la lasciarono anche interdetta. Poi, però, volle stare semplicemente al gioco.

    «Il punto di vista della libertà

    Specificò, allungando quindi un sorrisetto malizioso che alludeva perfettamente a quale libertà si riferisse la bionda. «Ed anche quello sessuale, visto che immagino pure tu come Everard mi consideri una sorta di monade di ghiaccio.»

    Lo incalzò sfacciata, ma non le dispiaceva togliersi qualche sassolino dalla scarpa. Nathan era stato anche la sensazione di essere vista davvero, dietro i sorrisi gentili ed i modi pacati, ed era qualcosa cui non aveva saputo rinunciare perché veniva in maniera del tutto spontanea e senza pretese. Ridacchiò, fino a rendersi conto di un miracolo.

    «Stai ridendo!»

    Già. «Gideon stai ridendo, miseria » Sembrava davvero scossa dalla cosa, come l’avesse travolta. «Sei molto più bello quando ridi, vedi che dovresti farlo di più.»

    E nell’allungare l’ennesimo occhiolino, incassò anche la benedizione altrui rispetto i suoi trascorsi non proprio onorevoli con il compagno di Casata. Portò quindi i palmi ad unirsi davanti a lei e simulò un inchino di ringraziamento per quella concessione, prima che la domanda così diretta e spontanea del cugino la costrinse a sbattere le palpebre un paio di volte.

    «Sì.» Fu la prima, immediata risposta. Come poteva mentire? «Ma finisce lì.» Corresse però anche il tiro, a suggerire come non ci fosse nessun altro tipo di complicazione ulteriore. Almeno al momento, ma la Travers era determinata a non commettere errori sciocchi ed inutili. «Perché?»

    Glielo dovette chiedere, dal suo punto di vista soprattutto perché Gideon conosceva Nathan da molto più tempo e se qualcuno doveva metterla in guardia era sicuramente il candidato ideale. Non di certo dalla reputazione del Lestrange, che invece conosceva benissimo e che era la principale contro misura a che quel rapporto non evolvesse mai nel tempo.

    «Ah, Zabini.» Quel dettaglio mitigava un po’ la disastrosa situazione in cui Nathan si era infilato, ma decise di lasciare cadere momentaneamente l’argomento. Chiaro che l’indomani avrebbe dovuto affrontarlo e probabilmente in termini molto meno rilassati di quelli che stava avendo ora, ma lì per lì non le sembrava neanche troppo importante. Sarebbe stato un problema dell’Elara di domani, mentre l’Elara del presente stava cercando di interpretare al meglio delle sue possibilità quella mano che le veniva allungata e quel sorriso addolcito spedito al tuo indirizzo. La confusero, eppure non vedeva perché negarsi a quella richiesta solo perché non ne coglieva il senso. Fece quindi per strisciare appena a terra fino a coprire quei residui di centimetri che la separavano dal cugino, per poi ruotare appena fino a portare entrambe le gambe stese verso la sinistra del Serpeverde ed idealmente sopra una delle sue gambe. Il busto invece si sarebbe arroccato contro quello altrui, le mani unite contro il petto ed il viso che avrebbe cercato di incastrarsi nell’incavo offerto da collo e clavicole. Se le fosse stato concesso, altrimenti avrebbe assunto qualsiasi altra posizione.

    «Hai sempre profumato di buono.»

    Pozione della Pace [2/5]


    Edited by Elara Travers - 3/5/2024, 01:04
     
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    Se Elara non avesse usato un pizzico d’ironia per confessargli il fatto che ci sperava un po’, nel fatto che avrebbe sempre avuto un debole per lei, probabilmente Gideon sarebbe stato confuso e nemmeno poco dalle sue parole. Invece stemperare un po’ servì almeno a dargli quella leggera spintarella per domandare:

    Ah sì?

    Un po’ sorpreso, mentre in quel frangente era ancora in piedi davanti al calderone, gli ultimi attimi prima che la conversazione assumesse la forma di una montagna russa che andava alla velocità della luce: l’attimo prima erano in cima alla salita, l’attimo dopo in fondo alla discesa.
    In cima alla salita con Elara che gli accarezzava il volto e gli suggeriva che avrebbe fatto bene, di tanto in tanto, a piangere lasciandogli intendere che non ci fosse nulla di male al riguardo, Gideon annuiva appena non troppo convinto ma comunque facendosi bastare il modo in cui quella premura e quella gentilezza da parte della cugina lo cullavano. Le avrebbe dato ragione a qualsiasi cosa, quella sera, almeno fino a quando non bevvero entrambi la pozione, a quel punto si sentiva paradossalmente meno compromesso e più libero di dire esattamente quello che pensava.
    Era facile, quando non c’era il peso dell’ansia e della continua pressione a gravare sulle sue spalle, che lo spingeva a ponderare ogni parola, ogni gesto, dalla più fugace occhiata al minuscolo segno di assenso o dissenso fatto con la testa o con un mugugno. E quindi anche togliersi quella cravatta fu un simbolo di quell’improvvisa leggerezza, di quella volontà di allentare le catene che si imponevano da soli, almeno per quella sera. Ma senza nemmeno rendersene conto, nel momento in cui notò Elara portare le mani al proprio colletto per sbottonare, seppur soltanto un minimo, la camicia, l’erede dei Greengrass osservò lo sfilarsi dall’asola del primo bottone e quando se ne rese conto abbassò appena lo sguardo in tempo per non vedere che lo stesso accadeva al secondo. Appena in imbarazzo perché sì, aveva gli occhi, ma era pur sempre sua cugina, e lui era sotto gli effetti di una Pozione della Pace ma era sempre un gentiluomo.
    Fortuna i discorsi successivi, che comunque la pozione l’aveva sciolto abbastanza da consentirgli di farsi gli affari altrui esattamente come aveva smaniato di fare nelle settimane precedenti. Tanto che a quell’improvvisa ammissione della bionda sgranò gli occhi, preso alla sprovvista di da quelle parole, che dal brividino che corse lungo la sua schiena nel sentirle provenire dalle sue labbra.

    Un po’ sì.

    Confessò allora, rendendosi conto l’attimo dopo che forse l’iceberg tra i tre cugini era lui, nonostante tutto.

    Non lo sei?

    A quel punto chiese conferma, ma ridacchiando con aria divertita perché il suo intento non era metterla in imbarazzo, solo curiosare su quegli aspetti della vita della cugina che di solito gli erano preclusi. Non perché ci fosse qualcosa di male, ma perché per qualche motivo se li precludevano a vicenda come una sorta di argomento taboo. Ed infatti rideva nel constatare la naturalezza di come gli uscivano spontanee quelle domande, tanto che nel momento in cui Elara glielo fece notare non si tirò indietro come avrebbe fatto in altre occasioni, ma anzi sembrò anche divertito.

    Ma poi perdo la reputazione da pregiudicato se inizio a ridere.

    Invece di prendersi semplicemente quel complimento preferì rimarcare quel modo in cui ormai tra le mura della scuola era conosciuto, come se i pregiudicati non potessero ridere mai, e come se fosse veramente quello il motivo per cui non lo faceva.
    Ridacchiò al suo ringraziamento, a cui cercò di togliere importanza con un lieve cenno della mano, come a dire che non c’era bisogno di ringraziarlo per quello. Fino a quel momento era stata lei ad accoglierlo senza giudicarlo, senza dirgli una parola fuori posto, non poteva fare diversamente lui. Tuttavia, apprendere che alla cugina piacesse il Lestrange gli procurò un altro brividino istantaneo, per qualche ragione a lui sconosciuta. Semplicemente doveva fare i conti con una realtà diversa da quella che si aspettava, una realtà diversa che però era più che normale. L’effetto della pozione tuttavia gli impediva di provare sentimenti negativi di sorta, motivo per cui si limitò a stringersi appena nelle spalle.

    Così, per sapere.

    Disse soltanto in un primo momento, poi decise di aggiungere un paio di parole in più.

    Non ci sarebbe nulla di male se non dovesse finire lì.

    Ed in quel modo stava cercando di dirle che non soltanto non c’era nulla di strano in Nathan, a parte il fatto che fosse – per quel che ne sapevano loro – un Traditore, ma lui era l’ultima persona al mondo a poter commentare al riguardo, ma anche il fatto che per l’appunto, non avrebbe giudicato un eventuale sentimento da parte sua nei confronti del Lestrange. E sempre perché la pozione non gli permetteva di provare emozioni negative, si limitò tuttavia ad un sorrisetto un po’ sghembo prima di passare all’azione, dando forse voce tramite i gesti a qualcosa di più recondito che si trovava in fondo al suo cuore. Allungò quindi la mano, invitandola a farsi più vicina, le sorrise tenero ed attese che lei capisse quello che voleva. Per un attimo ebbe il timore che Elara non volesse avvicinarsi, ma quando poi la vide muoversi le lasciò la libertà di mettersi come preferiva. Nemmeno gli avesse letto il pensiero, la bionda si piazzò esattamente dove voleva lui e come voleva lui. Infatti la lasciò sistemarsi come meglio credeva, e quindi accolse la sua testa contro la sua spalla e le braccia che aveva allargato cominciarono invece a stringersi un po’.

    Ho sempre avuto degli Elfi diligenti.

    Scherzò ridacchiando, mentre tuttavia cercava di stringere le braccia attorno al busto della ragazza, cingendola in un abbraccio in cui lei sarebbe potuta stare due volte, tanta era la differenza di altezza tra loro due.

    Tu sei sempre stata delle dimensioni giuste per le mie braccia.

    Confessò allora, altrettanto sincero ma anche tenero. Che avrebbe potuto dire qualsiasi altra cosa, ma invece scelse quella, decidendo così di farglielo notare. Ed era una fortuna che la sua mente non potesse formulare pensieri negativi, o meglio, che il suo cuore non potesse darvi vita, perché in realtà se le aveva chiesto di avvicinarsi così tanto c’era un motivo preciso. Voleva stringerla, sì, voleva sentirsela addosso come avevano più o meno sempre fatto – seppur con una spontaneità diversa quella sera, ma per un motivo.

    Restiamo così un po’. Devo stringerti forte tutto il tempo.

    Cercò così di voltarsi appena, per fare in modo che le sue labbra potessero facilmente trovare la fronte della ragazza e tentare di lasciarvi un bacio tenero, dolce, che sapeva di premura, una premura che Gideon non aveva mai avuto nei confronti di nessun altro. Un gesto che non si sarebbe nemmeno concesso in altre occasioni, già piuttosto oltre la loro solita soglia di contatto fisico.

    Perché poi quando lo farà Nathan Lestrange non mi vorrai più.

    Avrebbe mormorato contro la sua fronte, accompagnando quelle parole ad un sospiro decisamente meno pesante del solito, ma comunque un sospiro. Perché ora era quello che pensava: li dava già per coppia fatta e finita, chè sarebbe bastato poco ad innamorarsi, e per la gente che frequentava i loro stessi ambienti funzionava così. Si conosceva ad Hogwarts, si frequentavano in quegli anni, appena diplomati si sposavano e mettevano su famiglia. Quindi non vedeva come potesse Elara sfuggire a quel loop, o lo stesso Nathan, che nonostante la sua reputazione dava già per assodato che non potesse esserci nessuna ragazza migliore di sua cugina in quella scuola – o nel mondo – con cui poter stare.

    Pozione della Pace: 3/5
     
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    Non le sembrava di aver detto chissà quale novità sconvolgente, dal momento che dal suo punto di vista era perfettamente logico far maturare quel tipo di speranza. Erano stati lontani per tanto tempo e quando aveva capito che Gideon era rimasto importante esattamente come lo era un tempo, non aveva potuto non incrociare le dita perché lo stesso fosse per lui.

    «Beh, si.»

    Replicò allora, anche piuttosto schietta in quell’atmosfera ovattata che si era andata comunque creando. «Non ero sicura mi avresti voluta intorno come un tempo.»

    Un tempo lontano, che li aveva visti diversi da come si erano ritrovati. Altre esperienze, altri trascorsi e soprattutto altre relazioni nel mezzo a minare quello che un tempo sarebbe stato certo e che d’un tratto non lo fu più. Erano stati fortunati, almeno in quello, a ripartire esattamente da dove si erano lasciati e semplicemente con qualche anno in più. E se quelle frasi potevano lasciare intendere qualcosa di più, l’assenza della pozione ancora nel sangue le impedì di approfondire per non mettersi in imbarazzo e per non imbarazzare il cugino. Dopodiché sarebbe stato tutto più facile, ed emblematico del momento fu come intrapresero un argomento fino a quel momento completamente taboo tra loro e che soprattutto fu proprio Gideon a tirarlo fuori. In condizioni normali, probabilmente non sarebbero stati in grado di sostenere quella conversazione con la leggerezza degli adolescenti che erano. Gideon per deformazione ed Elara per deformazione, si fingevano in qualche modo intangibili da questioni così umanamente becere in una maschera che li rendeva creature quasi mistiche. Invece, cadute le maschere, erano esattamente come tutti gli altri. Fu una fortuna quindi che la bionda non notò l’indugiare del Serpeverde sul proprio bottone, dando invece alcuna valenza a quel gesto che le aveva liberato appena il collo senza scoprirsi un centimetro di più. Tuttavia rise, mulinando i capelli chiari, alla conferma di quanto aveva sempre sospettato.

    «Neanche un po’.»

    Rivelò, lasciandolo curiosare in quegli aspetti come probabilmente non ci sarebbe stata mai più occasione. «Non che sia una scostumata, nel senso.. Mi piace come a tutti, solo che devo far finta di no.»

    Ed era facile intuire perché, considerando come si mostrava ogni giorno al mondo. Eterea ed aggraziata, una creatura delle favole che volteggiava a qualche metro da terra e che non sembrava fatta per le cose terrene. Ma quella era semplicemente il vestito che indossava per celare la sua vera natura, per irretire meglio il prossimo e portare avanti i propri piani con maggiore probabilità di successo. «A te no?»

    Gli domandò quindi di rimando, che fino a quel momento stavano soltanto parlando della Travers e questo improvvisamente non le piacque più. O meglio, lo sarebbe stato se non avesse avuto pace liquida in circolo, ed invece si limitò ad assumere un’aria sorniona per poi scuotere appena la mano a mezz’aria.

    «Giusto.»

    La reputazione da pregiudicato era tutto. «Allora puoi ridere con me, o con Everard.. Però fallo.»

    Un invito il suo, che non aveva poi molto a che fare con l’aspetto incredibilmente luminoso che aveva notato assumere il volto altrui quando rideva ma più che altro con la volontà di provare ad alleggerire l’animo del Serpeverde. Anche partendo da quelle piccole cose, che poi così piccole non erano. E lei avrebbe continuato a parlare volentieri di quello, ma venne di nuovo presa in contropiede dall’argomento Lestrange. In realtà non capiva perché fosse tanto in voga dal momento che lei stessa non gli attribuiva chissà quale importanza trascendentale, ed invece venne costretta a fare un cenno di diniego con il capo più e più volte.

    «Lo so.»

    Lo sapeva, che non ci sarebbe stato nulla di male. Al netto di tutto, a Nathan non mancava nulla per essere definito un ottimo partito. «Ma non mi interessa, non in quel modo.» Ribadì quindi, sbattendo appena le palpebre ma cercando di infondere alle sue parole quanta più convinzione possibile. «A parte che è successo una volta sola, per cui..» Non era neanche detto sarebbe continuata in qualche modo, soprattutto perché l’indomani si sarebbe svegliata incarognita per quanto aveva scoperto. «-.. ma lui è una boccata d’aria fresca, se deve diventare una gabbia come tutto il resto allora non ha più senso.»

    Era in quei termini che Elara Travers leggeva le relazioni. Gabbie, sbarre di ferro dietro le quali avrebbe dovuto interpretare ancora ed ancora il suo ruolo. Ma tanto più le persone le si avvicinavano, tanto più lei era chiamata a fingere in un gioco pericoloso in cui rischiava solo di mettersi alle strette. Lo avrebbe evitato, crogiolandosi invece nelle sensazioni selvagge che aveva provato e che le avevano donato uno spazio nuovo. Tutto lì, e davvero non aveva niente da aggiungere mentre cercava di capire le intenzioni altrui. Alla fine, cedette a quella richiesta e si accoccolò contro il corpo del cugino, respirando lentamente l’odore dei vestiti altrui nonché della pelle e sospirando impercettibilmente quando sentì la stretta delle braccia farsi più serrata attorno al proprio busto. Istintivamente rilassò i muscoli, crollando leggera ed invece assumendo una posizione incredibilmente comoda. Non erano nuovi a quel tipo di contatto fisico ma era un po’ che non avveniva con quell’intensità, ed allora si concesse il lusso di socchiudere le palpebre mentre ridacchiava divertita.

    «Dovresti dare loro un premio..»

    Suggerì quindi ironica, che figuriamoci se nel suo pensiero classista trovava spazio la possibilità di trattare gli Elfi non da pari ma quanto meno come creature da gratificare e non come oggetti da possedere. Ma approfittò di quell’intramezzo per strusciare appena la guancia contro la camicia del giovane mago, quasi volesse imprimere il proprio di odore. La confessione di Gideon però la lasciò di stucco, che mai avrebbe pensato di sentirgli dire una cosa del genere. Non a lei, non con quella tenerezza. Che la spiazzò, così come era perplessità quelle che sentì galleggiare sul fondo dello stomaco dal momento che non aveva idea di come interpretare quelle ultime richieste ed esternazioni. Sentiva che stava succedendo qualcosa ma sentiva anche di non essere lucida abbastanza da capire cosa fosse, ed allora si limitò a basarsi sugli input che riceveva.

    «Da quanto è che lo pensi?»

    Chiese così curiosa, sistemando meglio in quello che era ormai un vero e proprio abbraccio e realizzando che sì, in effetti ne sarebbe entrata un’altra di Elara lì in mezzo. Scoprì però che non avrebbe voluto condividerlo con nessuno, almeno non per quella sera in cui si erano ritrovati talmente vicini da confondersi a vicenda. E se il giorno dopo sarebbe stato difficile districare la matassa di quei pensieri che sarebbero tornati prepotenti a chiedere il conto di quella serata, il presente li vedeva incerti a camminare su un sentiero sconosciuto ma se non altro liberi da costrizioni e sinceri. A quel punto fu però lei a provare un brivido lungo la schiena quando l’idea di una qualche forma di gelosia da parte del cugino prese piede tra le sue considerazioni. Incassò così quel bacio sulla fronte e quelle frasi mormorate a fior di pelle, socchiudendo ancora gli occhi per poi scuotere la testa. Divertita quasi, incredula per lo più.

    «Sembra quasi che importi più a te che a me.»

    Fece notare, staccandosi ora un poco dal corpo altrui solo per poterlo guardare di nuovo negli occhi. Ne cercò infatti le iridi nocciola, in uno sguardo che non ammetteva repliche e che caricò di una intensità nuova che la bionda riservava solo alle cose serie. Da lì, avrebbe avvicinato il viso solo il necessario per far scontrare i nasi. «Non basterebbe uno squadrone di Nathan Lestrange per battere un solo abbraccio di Gideon Greengrass.»

    Volle così specificare, dolcemente. «Ora restiamo così, ma potremo rifarlo domani e dopodomani e per tutto il resto della vita.» Non ci sarebbe stato nessuno, almeno nella testa della bionda, capace di annullare tutto quello. Perché se le relazioni erano utilità e tornaconto, il rapporto con Gideon era la cosa più vera che aveva ed anche l’unica che non sarebbe mai cambiata perché era casa, sangue. Era tutto, ed anche per questo non resistette all’impulso di depositare un bacio leggerissimo all’angolo esterno delle labbra del ragazzo. Impalpabile ma inequivocabile, tremendamente sbagliato ma in quel frangente anche incredibilmente giusto.

    Pozione della Pace [3/5]
     
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