Felix Felicis ~ Harry Potter GdR

Posts written by Christian Carrington

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    Quando Christian aveva accettato l'invito da Lumacorno non avrebbe mai potuto pensare a quello che un semplice brunch sarebbe potuto diventare: Newt Scamander, che fin dal suo primo giorno aveva detestato come nessun altro, aveva organizzato una specie di manifestazione insieme ai suoi studenti di serie B - cerchia anche chiamata Newtclub - facendo in questo modo sfoggio di tutta la sua mancanza di cervello e lucidità; glielo si poteva anche perdonare alla sua età, ma azzardare una mossa simile superava largamente ogni confine stabilito e immaginabile. E così, quello che doveva essere un momento elitario, soltanto perché corrotto dalla frustrazione di volpi che non arrivavano all'uva diventò un'improvvisata gara di Pozioni che, in teoria, avrebbe decretato il gruppo migliore tra i due.
    Come giustamente avrebbe poco dopo detto Cursa, non c'era nessun motivo di svolgere quella competizione per due semplici motivazioni: la prima era che l'ufficio apparteneva a Lumacorno, e Newt non aveva nessun diritto di irrompervi e pretendere quella sfida; il secondo era che non c'era obiezione che potesse tenere di fronte alla differenza abissale che c'era tra il Lumaclub ed il Newtclub, il primo basato su principi di merito e d'onore, il secondo aperto a chiunque non fosse abbastanza da poter entrare nel primo. Non si trattava, dunque, della distanza che c'era tra una serie A ed una serie B, ma tra una serie A ed una squadra che nemmeno si trovava in campionato.
    Convenne su Eunjoo quando propose la sua strategia, ché Gideon e Cursa, sebbene non avessero voti particolarmente più alti dei loro, erano di certo molto più portati ed interessati alle Pozioni, e questo dava loro un vantaggio non indifferente. Allo stesso tempo, la Grifondoro ed il Serpeverde avrebbero potuto giocarsi altre carte a loro favore, quali la dialettica e lo charme.
    Iniziarono quindi i preparativi della Pozione, e come previsto vi misero sopra le mani soprattutto il Greengrass e la Zabini. A Christian un po' infastidiva doversi fare da parte, ma non poteva che riconoscere di essere molto più talentuoso in altre branche della magia. Così, si affiancò ad Eunjoo, che se in un primo momento assunse il ruolo di bodygyard, subito dopo si fece coraggio e si mise dietro un Calderone, pronta a preparare una Pozione tutta sua. Le loro conoscenze in materia erano però quasi alla stessa stregua, ecco perché Christian fu in grado di capire che ci fosse qualcosa di strano nel suo procedimento.

    Jo, non mi pare che sia il procedimento giusto.

    Tentò di avvertirla, quindi, sui suoi sospetti.
    Magari anche Christian l'avrebbe raggiunta, ma non prima di aver intrattenuto Oliver, cosicché la smettesse con i suoi tentativi di distrazione.

    Se pensi che si farebbe problemi, allora è evidente che non la conosci.

    Disse, riferendosi a ciò che aveva detto su Eunjoo. Quella ragazza aveva infatti forza e coraggio da vendere, e se fosse stato necessario non avrebbe avuto nessun problema a mettere riccioli d'oro al suo posto davanti a tutta la classe - o tutta la Scuola, addirittura.

    Andiamo, Ollie, non è un po' svilente essere usato sempre come testa d'ariete dai tuo compagni? E' anche ora che inizino a sfruttarti per il tuo cervello, oltre che per la tua chilometrica lingua ed il tuo discutibile umorismo.

    Christian conosceva un solo modo per catturare le attenzioni dei suoi avversari e fargli perdere la pazienza: una continua, pungente e fastidiosa provocazione.

    -Anch'io mi trovo qui, insieme a Gideon, Cursa ed Eunjoo (W il Lumaclub e scusate il ritardo!).

    Edit: mi ero scordato di lanciare il dado per Eunjoo (X)


    Edited by Christian Carrington - 3/4/2024, 13:49
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    Le assicuro che si tratta di un Oblivion, mi creda.

    Tentò di spiegarsi con quanta più passione riuscisse, per quanto gli fosse possibile in quel momento, ché era sicuro al cento per cento che si trattasse di un incantesimo di Memoria. Chi glielo aveva lanciato, infatti, non era probabilmente padrone di quella magia al cento per cento, tant'è che bastò poco al ragazzo per capire il motivo per cui i ricordi sembravano non esistere più nella sua testa; e invece esistevano eccome, erano solo stati nascosti dall'Oblivion.
    Avrebbe quindi presto avuto a che fare anche con un Mentalista, cosicché i suoi ricordi potessero ripristinarsi, ma nel frattempo era alla cure di Mikal che doveva affidarsi. Christian non sapeva nulla di Medimagia, quindi si limitava ad ascoltare la donna e a seguire i passaggi che gli venivano detti, punto per punto, senza farsi domande o prestare particolare attenzione a quel che gli veniva fatto. Negli anni in cui era stata la sua professoressa di Astronomia, la strega si era fatta conoscere dal ragazzo come affidabile e sincera, motivo per cui non aveva nessun dubbio sulle sue competenze.
    Soltanto una volta che ebbe finito, lasciò che la Medimaga gli rammentasse i successivi passaggi della sua convalescenza, e una volta girate le spalle per andare via avrebbe tentato di trattenerla giusto un momento di più.

    Professoressa Levischmiedt, la ringrazio molto.

    Le sussurrò con un sorriso, piegando poi il volto dall'altra e chiudendo lentamente le palpebre, lasciando che la luce della luna filtrasse dal vetro della finestra e illuminasse il suo voto, quasi desiderosa di consolare un ragazzo che per tutta la vita era stato così rispettoso delle ore notturne. Avrebbe pianto un'altra volta, e probabilmente non sarebbe stata nemmeno l'ultima, ma decise di voltarsi dall'altra nel tentativo di non farsi vedere da nessuno, ché non voleva mostrarsi in quello stato di fragilità a chicchessia. Non perché riteneva che fosse sbagliato provare emozioni, ma perché farlo in quel momento significava darla vinta a chiunque gli avesse fatto quelle cose, e non poteva permettere che accadesse.

    Post convalescenza 1/5
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    Cercatore! :serpe:
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    Grazie.

    Rispose con un sorriso sincero, ché Christian, sebbene non ne avesse bisogno, apprezzava molto i complimenti che riconosceva essere sinceri. E ormai aveva imparato a capire che la Choe, qualora non gli fosse piaciuto un suo outfit, non avrebbe senz'altro mancato di dirglielo, e quindi non c'erano dubbi sulla veridicità delle sue parole.
    Non fece in tempo a capire cosa Eunjoo avesse intenzione di fare che se l'era già ritrovata incredibilmente vicina, a smanettare con un bottone della sua camicia. Lo mise e lo tolse dall'asola, senza permettergli di giudicare quanto aveva fatto.

    Sì, così è meglio...

    Concordò con Eunjoo sul lasciare le cose esattamente come le aveva messe lui, osservandola con perplessità. Non solo perché nessuno si permetteva mai di intromettersi nelle sue scelte di stile, ma anche perché era un atteggiamento un po' insolito, persino per una come lei.
    Ma non ci fece poi tanto caso, ché un'altra persona si unì a quell'improbabile terzetto: Gideon Greengrass.

    Gideon.

    Salutò il concasato nello stesso modo di sempre, pronunciandone soltanto il nome; si stupì invece che Gideon non lo avesse appellato con il cognome, com'era solito fare, ma ci penso quel tanto che bastava per capire che fosse solo un caso. Era infatti vero che tra loro fosse iniziata una sorta di tacita tregua, non decretata né richiesta da nessuno dei due ma solo dal comune bisogno di tranquillità, ed era quindi così che avrebbe trattato il ragazzo: indifferenza ma educazione. Per comprovare la sua sincerità, permise all'altro di salutarlo, sebbene il gelo trai due fosse palpabile, e lo osservò poi dirigersi verso Eunjoo, avvicinandosi a lei molto più di quanto avesse fatto con Cursa. E se il ragazzo credeva che il Serpeverde non avesse fatto caso al fatto che la Grifondoro fosse l'unica che non aveva salutato, allora aveva senz'altro sottovalutato la sua attenzione ai particolari.
    Non era però il momento di fare congetture, ché Lumacorno li stava probabilmente già attendendo nel suo ufficio per il brunch. Acconsentì quindi a fare da accompagnatore a Cursa e le cedette il braccio, cosicché potesse prenderlo per ancorarvi il suo, e cominciò poi a camminare, ascoltando la conversazione che i suoi compagni stavano intavolando.

    Io preferirei una cosa tranquilla, senza esterni da intrattenere o con cui dover fare bella figura. Soltanto noi del Lumaclub.

    Aveva davvero bisogno di un momento di tregua per stare con gente piacevole - quasi tutti - e in un ambiente che fosse un minimo selezionato, in modo tale da non pensare ad esami e problemi di altra natura, che almeno per un momento sarebbero potuti rimanere fuori dalla porta.
    Se almeno una volta non ci fossero stati esponenti della comunità magica, quindi, gli avrebbe soltanto fatto piacere, ché aveva ancora un anno e mezzo per allargare le sue conoscenze in vista del futuro lavorativo.

    Cursa V. Zabini Eunjoo Choe Gideon G. Greengrass


    Edited by Christian Carrington - 18/3/2024, 19:45
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    Se soltanto gli avessero detto che nel giro di poco più di ventiquattro sarebbe stato ricoverato al San Mungo, probabilmente Christian non ci avrebbe creduto. Lui non faceva mai niente di avventato o pericoloso, quindi perché avrebbe anche solo dovuto immaginare che sarebbe stato vittima di un attacco tanto bestiale? Inoltre quel giorno aveva tutt'altro a cui pensare: Lumacorno aveva organizzato un brunch tra pochi intimi del suo Lumaclub, e lui aveva ovviamente accettato di buon grado l'invito. Se c'era una cosa che quell'anno lo faceva stare bene, infatti, era proprio appartenere ai pochi eletti di Hogwarts, ché era un ambiente che lo faceva sentire al suo posto.
    Non essendo necessario un dress code importante come quello richiesto alla festa di Natale, Christian optò per una semplice camicia bianca e dei pantaloni neri, e si sistemò i capelli tirandosi un po' indietro con del gel. Era in questo modo formale e adeguato, ma non così tanto da sembrare un pinguino.
    Uscì dalla Sala Comune, quindi, con il pensiero di andare da solo nell'ufficio di Lumacorno, ché non essendo previsti inviti da parte loro non aveva avuto modo di organizzarsi con nessuno. Poco gli importava, a dirla tutta, ché stare da solo non gli era mai dispiaciuto. Ma gli bastò fare qualche passo per vedere altri due membri del Lumaclub, proprio in mezzo al corridoio.

    Ciao ragazze. Che bei vestiti.

    Salutò Eunjoo e Cursa, avvicinandosi a loro e complimentandosi per gli abiti scelti.
    Che la Zabini si trovasse lì era ovvio, ché subito dietro di lei c'era la Sala Comune dei Serpeverde, ma che ci fosse anche la Choe era alquanto strano. Se era nell'ufficio di Lumacorno che dovevano andare, come mai era arrivata fino a lì? Ed ecco che la conversazione avuta qualche mese prima riaffiorò, e il pensiero di lei e Gideon si fece un po' più concreto. Ma forse stava fantasticando e in realtà era proprio lui che stava aspettando; se così fosse stato, allora avrebbe fatto presto a capirlo.

    Vogliamo andare?

    Gli chiese, aspettandosi che non ci fosse nessun altro da dover attendere - o per meglio dire sperando che non ci fosse nessun altro.
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    Sala 9



    La ferita sul braccio, i dolori delle cure, i fumi delle Pozioni che la Medimaga stava usando; tutto in quel momento passava in secondo piano, preceduto da un interrogativo che continuava a frullargli nella testa: cos'era successo e come mai non riuscisse a ricordare nemmeno di essere andato nello spogliatoio in cui era stato trovato? Guardando ancora nello stesso angolo, pensava e ripensava a ciò che era accaduto e a ciò che non gli tornava, provando a comprendere meglio. Ma era come se la sua mente gli impedisse di trovare una risposta, nascondendola dietro un velo che per lui era impossibile da spostare. Il problema era che non c'era spiegazione a questa cosa, ed ecco che una nota iniziò a suonargli strana, stonata, sospetta.
    Era proprio per questo velo che sentiva esserci che iniziò a credere vi fosse di più: l'informazione c'era, seppur celata da qualche parte, ma era semplicemente per il momento irraggiungibile. Non era un'operazione che il suo cervello sarebbe stato in grado di compiere da solo, e c'era quindi bisogno di qualcun altro, qualcuno che voleva impedirgli di ricordare. Era il suo aggressore? Molto probabilmente sì. Ed ecco che finalmente riuscì a comprendere: l'Oblivion, un potentissimo incantesimo mentale; qualcuno aveva manomesso la sua memoria, e se ben aveva capito il funzionamento dell'incanto non aveva poi molto tempo per recuperare i ricordi prima che questi svanissero completamente.
    Interruppe così la Medimaga dopo che ebbe finito con la Pozione d'Oro.

    Posso chiederle una cortesia, professoressa? Chiami un Mentalista, è importante. Temo che la mia memoria sia stata manomessa.

    Fu la prima volta in cui guardò la Medimaga negli occhi, la prima non solo in quella serata, ma la prima dopo due anni passati senza averla mai vista. Chiamarla "professoressa" gli venne spontaneo dopo aver passato così tanto tempo ad averla in cattedra, ma non era di certo quello su cui avrebbe voluto porre l'attenzione: serviva un esperto che riuscisse a fargli recuperare i ricordi, e serviva quanto più in fretta si potesse.
    Fu sincero sui motivi, ché non aveva senso l'omertà o la premura: la donna era lì per aiutarlo, e avrebbe esaudito le sue richieste se avesse saputo tutti i dettagli.

    Secondo i dadi Christian capisce che la sua memoria è stata manomessa dall'Oblivion.


    Sala d'attesa



    Intanto Marianne Carrington, inconsapevole di essere a solo qualche passo dal figlio, continuava a fissare un punto nel vuoto, domandandosi tra quanto avrebbe avuto notizie. Si alzò, ché stare seduta le faceva soltanto male, e si piazzò in mezzo al corridoio, a braccia e caviglie incrociate, ancora vestita del lungo cappotto bianco che nascondeva un vestito avorio; se lo tolse solo poco dopo, avendo iniziato a sentire caldo - più per la situazione che per l'effettiva temperatura.
    Poi, ecco che sentì dei passi giungere in sua direzione, e, convinta si trattasse di un Medimago, si voltò per osservare meglio. Ma non appena vide la figura di Donna Mason, giornalista della Gazzetta del Profeta, dovette trattenersi per non fare una smorfia infastidita, ché la sua presenza al San Mungo proprio quella sera non prometteva nulla di buono.

    Signorina Mason.
    Sì, deteriorante.


    Fredda, austera, rivolse persino un'occhiata alla coppia ancora seduta, domandandosi cosa stessero pensando loro. Ciò che pensava lei era che non voleva avere giornalisti tra i piedi in una situazione tanto delicata, specie se questi giornalisti vivevano di indiscrezione e invadenza.

    Come mai è qui?

    Chiese, certa di sapere già la risposta ma curiosa di sentire cosa si sarebbe inventata. Perché non poteva avere la faccia tosta di ammettere che fosse lì solo per cercare uno scoop, non avrebbe mai potuto di fronte a genitori affranti per quanto fosse accaduto ai loro figli.
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    Oblivion post 1, sì se 1-13: 8
    • 1d30
      8
    • Inviato il
      15/3/2024, 14:42
      Christian Carrington
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    Serpeverdeeeee :serpe:
    Iscrivo anche Thomas Foster per Narratore.

    Edited by Il Narratore • - 1/4/2024, 21:20
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    Sala Nove, ore 21:39



    Era successo tutto così in fretta che, adesso che ripensava alle ore passate sul lettino di quella sala del San Mungo, gli sembrava quasi che non fosse lui lo studente aggredito. Gli sembrava di avesse assistito a tutto da fuori, che non avessero trovato lui sul pavimento degli spogliatoi, che non avessero trascinato lui fino in infermeria, e che non fosse lui a dover subire le conseguenze di un azione tanto feroce. Si sentiva estraniato dal suo corpo, eppure nulla di tutto ciò era vero, era solo un mezzo di autodifesa per non fare i conti con la realtà. A partire dal risveglio nell'Infermeria della Scuola, dove, sotto le cure di Madama Chips, aveva ripreso coscienza. Erano seguiti minuti di dolore lancinante, il più forte che avesse mai provato in vita sua, e tutti nella zona del braccio destro; ebbe modo di capirne la ragione soltanto qualche momento dopo, quando il dolore non era tanto da costringerlo a contorcersi, e non appena la parola "Traditore", scritta a caratteri rosso sangue, si riflesse nelle sue pupille lo prese una morsa allo stomaco. Ricordava di aver vomitato, su quello non c'era alcun dubbio, e di aver pianto istericamente, toccandosi la ferita e impregnando la mano di sangue; il suo sangue, lo stesso che gli Alfieri - non c'era spazio a tesi diverse - avevano fatto in modo di fargli uscire con un gesto di così tanta crudeltà che ancora non realizzava fosse vero. Era poi stato preso e trasportato al San Mungo per essere operato in modo più serio da Medimagi esperti. Aveva sentito qualcosa a proposito di ustioni e vesciche, ma non si era interrogato più di tanto su questo: anche avesse capito, cosa sarebbe cambiato? Ci sarebbe stato tutto il tempo del mondo per farsi quelle domande.
    Si distese sul lettino e istintivamente portò lo sguardo verso sinistra, in un punto non definito dalla parte opposta del suo braccio destro, lì dove qualcuno l'aveva marchiato. Si domandava dopo quanto sarebbe andato via - perché nella sua testa non poteva essere nulla di eterno - e cosa fosse successo; aveva un enorme vuoto di memoria che non riusciva a colmare, ma in quel momento non aveva nemmeno le forze per provare a farlo.
    Quando la Medimaga iniziò ad operare, Christian ancora guardava lo stesso punto di poco prima. Lei era gentile, ma lui non riusciva ad essere presente: annuiva e scuoteva il capo debolmente, senza proferire parola. Si sentiva privato del suo corpo, del tutto messo a nudo e abusato sotto ogni punto di vista. Non si era mai sentito così sporco in vita sua, ed era una sensazione terrificante. Se avesse potuto si sarebbe staccato la pelle per indossarne una nuova.

    Sì.

    Uscì flebile, come fosse un sussurro, tant'è che non fu nemmeno certo che la Medimaga fosse riuscita a sentirlo. Intanto lacrime lente continuavano ad accarezzargli le guance quasi stessero cercando di dargli conforto, ma non c'era nulla in quel momento che potesse davvero dargliene. Nulla e nessuno.

    Sala d'attesa, ore 20:50



    Nel frattempo in sala d'attesa era arrivata anche Marianne Carrington, madre di Christian, che, non appena aveva saputo da Hogwarts che suo figlio sarebbe stato portato in sala operatoria, aveva lasciato il lavoro e aveva raggiunto il San Mungo. Era sola perché suo marito Connel era impegnato in un affare di diplomazia a Tokyo e non avrebbe fatto in tempo a tornare, ma già si stava mobilitando per essere dal figlio la mattina successiva.
    Superò l'atrio con rapidità, non lasciandosi fermare dai Medimagi che le chiedevano un po' di pazienza né da chiunque altro volesse frapporsi tra lei e suo figlio. Camminava a passo spedito, facendo riecheggiare i suoi tacchi a spillo per tutto il corridoio. Non erano stati chiari sulle circostanze dell'accaduto, né su quello che gli era stato fatto; avevano detto essere stato aggredito da un atto di terrorismo magico, ma nulla di più.

    Mio figlio, Christian Carrington. Dov'è?

    Parlava a vuoto, attendendo di essere accompagnata nella sala dove suo figlio stava per essere operato. Fermò la sua rapida camminata in un corridoio con una ventina di sale, lì dove aveva capito che ci fossero i casi urgenti.
    Sebbene fosse visibilmente agitata e tesa per la situazione, Marianne dava sempre l'impressione di avere la situazione sotto controllo, per quanto possibile fosse in certe circostanze: non alzava la voce, non gesticolava nervosamente, ché tutta la decisione e la fermezza di cui aveva bisogno traspariva con chiarezza dal suo tono di voce autorevole.

    Qualcuno mi porti da lui, per cortesia.

    Concluse, incrociando le braccia e attendendo che le sue legittime richieste trovassero un effettivo riscontro e venissero ascoltate da qualcuno. Ma non c'erano persone in camicia nella zona, quindi non c'era poi molto che potesse fare.
    Rassegnata all'idea di dover quantomeno attendere l'arrivo del personale, si sedette a gambe accavallate su una delle sedute, proprio accanto ad una coppia che discuteva di qualcosa. Ma non li stava ascoltando, ché la sua mente era completamente sul figlio.

    Edited by Christian Carrington - 14/3/2024, 23:29
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    La domanda di Elara gli arrivò dritta e rapida: gli dispiaceva di essere così poco ben voluto dai suoi compagni di classe? In realtà era una cosa su cui si era già interrogato altre volte e a cui sapeva rispondere, ché aveva piena consapevolezza della sua lucidità e si fidava molto della sua capacità di giudizio.

    Per nulla. Non sottovaluto il valore dei rapporti umani, ma credo fermamente che ne abbiano solo se selezionati con cura. E ti renderai presto conto che, per quanto la Scuola ti possa sembrare grande, di studenti degni di nota non ce ne sono che una decina, forse nemmeno.

    Ammise con tranquillità, lasciando trasparire tutta la sincerità di cui quelle parole erano pregne. Era probabilmente uno dei pochi, a distanza di un paio di mesi dal suo arrivo ad Hogwarts, a non averla spinta a fare quante più conoscenze riuscisse, ed lui lo vedeva davvero come un gesto di altruismo: lui ci aveva messo del tempo a capire che non tutti potessero essere al suo livello e adesso Elara ci avrebbe senz'altro messo molto meno - sempre che decidesse di dargli retta ovviamente.
    Parlando poi di Lumacorno, saltò fuori anche il nome del fratello di Elara, con cui, da quando aveva avuto modo di vedere, lei era abbastanza legata.

    Everard, giusto?

    Ne era certo, in realtà, un po' per le sue abilità in Pozioni e un po' perché faceva parte della sua stessa Casa, ma aveva comunque domandato per non rischiare di passare come un osservatore seriale. Cosa che in realtà era: Christian passava moltissimo tempo a guardarsi attorno, a studiare e comprendere l'atteggiamento degli altri, i loro modi di camminare e quelli di gesticolare mentre parlavano; era per questo che sapeva essere tanto attento ai dettagli, cosa che in realtà poteva essere anche un male, quando si realizzava di notare proprio tutto, tutto, tutto.
    Quando la conversazione fu prepotentemente spostata su suo cugino, Christian ascoltò cosa Elara avesse da dire in merito, ponendo attenzione ad ogni singola parola. Era una questione che per ovvi motivi lo interessava, e gli dispiacque sentire che, ancora una volta, la strega non esprimesse alcun giudizio su quanto fosse accaduto; ma non poteva domandarlo, certo che no, quindi sarebbe rimasto con la curiosità.

    Chiaro.

    Rispose in prima battuta, limitandosi ad annuire e voltare le spalle alla ragazza, soffermandosi su una credenza su cui era posta qualche vecchia cornice priva di fotografie. Ne ispezionava il perimetro e gli ornamenti dorati, in apparenza, ma la verità era che la testa era da tutt'altra parte, ancora ferma alla questione appena discussa da Elara. Aveva un commento da fare a riguardo, ma gli rimaneva incastrato in gola e non riusciva sputarlo fuori.
    Si schiarì la voce, adesso o mai più.

    In ogni caso non sarai mai peggio di chi, senza conoscerti, ti giudica soltanto per i tuoi legami di sangue. Non sei la tua famiglia e di certo non sei Gideon, né tutto quello che ha fatto.

    Quel discorso sembrava ovvio, eppure sempre più persone facevano fatica a comprenderlo e ad accettarlo. Christian non parlava solo di Elara, sebbene fosse nel suo contesto che si erano calati, ma anche di sé stesso e di tutte le persone che venivano giudicate - o su cui veniva fatta pressione - soltanto per il proprio cognome e la propria famiglia di nascita. E che la ragazza fosse arrivata a scuola sole poche settimane dopo il rientro dalla sospensione di Gideon non aveva di sicuro aiutato, ed era infatti certo che un sacco di studenti e studentesse l'avevano guardata storta per un po', additandola come la cugina di un Alfiere. Ma Christian preferiva giudicare personalmente tutto quello che lo circondava, e ciò che aveva da dire su di lei, basandosi sulle sole interazioni di quella giornata, era di certo positivo.
    Si voltò, allora, soltanto nel momento in cui fu certo di aver cambiato discorso, e proiettò i suoi occhi sulla Ricordella che Elara stringeva in una mano. Era stata molto più fortunata di lui, in quella ricerca, ma non ci fece poi troppo caso.

    Da Mondomago sì, immagino. Al massimo te ne compri una nuova.

    Per Christian le cose erano sempre funzionate così: niente saldature, niente cerotti, niente scotch; se una cosa si rompeva a Villa Carrington, semplicemente la si ricomprava.
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    If you're gonna be sad you might as well be sad in Paris
    Christian:6
    Maxwell: 5

    Se presenti:
    FH: Gli Amiconi - Livello Facile
    • Premio: Ad entrambi 5 PP

    Note: //
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    Le sconfitte insegnano sempre qualcosa
    Christian:2
    Elara: 4
    Elara: 4

    Se presenti:
    FH: "Il PG voleva solo mutilare o ferire gravemente" - Livello Difficile
    • Premio: Ad Elara e Gideon 2PP per post e 2 Malvagità

    FH: "Lo Sleale" - Livello Medio
    • Premio: Ad Elara 1 Malvagità

    FH: "Lo Spiato" - Livello Facile
    • Premio: A Christian 1.5 PP per post

    Note: MANNAGGIA OH

    - Sostituire l'aspetto fisico di Christian con:
    CODICE
    Christian è alto poco più di un metro e settantacinque e si presenta con un fisico asciutto. Non ama lo sport, ma giocando a Quidditch riesce comunque a mantenersi in forma. Ha occhi azzurri con sfumature verdi, ciglia molto lunghe, sopracciglia ordinate, naso dritto e labbra molto carnose di un bel rosa acceso. I capelli sono marroni e gli piace giocarci: alle volte li tiene pettinati all'indietro, altre li lascia cadere sulla fronte in un ciuffo ordinato ed altre ancora li separa al centro. La pelle è chiara, ma nelle stagioni più calde prende colore con facilità. Quando è libero dalla divisa segue la moda old money: camicie, cardigan, maglioni con collo a V, dolcevita e polo; detesta l'abbigliamento sportivo, di qualunque tipo sia. Per lui l'ordine, la pulizia e in generale l'apparenza è di fondamentale importanza. E' impossibile vederlo tanto fuori posto da accorgersene.
    Sull'avambraccio destro ha la cicatrice di una scritta incisagli durante un[url=https://msg.forumfree.it/?t=80143073]attacco[/url] sleale da parte dell'Ordine degli Alfieri Rossi, che lo ha etichettato come "Traditore".


    Edited by Christian Carrington - 11/3/2024, 17:09
  13. .
    Lasciò che l'intero peso del suo volto fosse sorretto dalle mani, le cui dita premevano con delicatezza sulle guance, sulle palpebre chiuse, sul naso. Era come se volesse accertarsi che fosse tutto ancora lì; tutto, nonostante quello che gli capitava da un anno e mezzo a quella parte, o forse ancora da prima, da quando Cole lo aveva lasciato. Quello che gli accadeva non lo stava cambiando, se lo doveva ripetere per trovare l'ancora che gli serviva a non lasciare tutto, a non abbandonarsi alle onde di quel mare in tempesta. Si domandava quando quel vortice avrebbe cessato di inghiottirlo, ma non c'era modo di saperlo. Poteva soltanto tirare avanti e restare a galla, sebbene le pietre che portava ai piedi fossero tante.
    In quel momento, nella sua testa tutto taceva: c'era un fastidioso rumore di sciacquone, ché chiunque fosse nel bagno continuava a tirarlo a ripetizione senza un apparente motivazione, ma Christian si concentrava solo su sé stesso e sull'estenuante sensazione che sentiva appiccicata alla pelle, come fosse sudore o una patina d'umidità. Era appesantito da tutto quello che era successo e stava succedendo, e persino da quello che sarebbe successo in futuro: le aspettative che suo padre aveva sul suo ruolo di Cercatore, manifestate largamente dalla reazione che aveva avuto alla notizia che non era stato lui a prendere il Boccino, e quelle che sua madre aveva sul suo proseguo scolastico, ché ormai le aveva promesso la spilla di Caposcuola e non poteva di certo permettersi di mollare la presa soltanto adesso; ma anche quelle dei suoi professori, dei suoi compagni, dei suoi amici e persino dei suoi nemici. Era tutto dannatamente pesante, e a quel punto dell'anno non poteva più privarsi di momenti di quiete come quello, unici attimi in cui riusciva a tirare una boccata d'aria che sapesse davvero di ossigeno.
    Non si accorse dell'ingresso di qualcuno nello spogliatoio, e in effetti non avrebbe nemmeno saputo dire se fosse entrato dopo di lui o se si trovasse già dentro; magari era la persona nel bagno che tirava lo sciacquone, magari qualcun altro ancora. Tutto ciò di cui si accorse fu una luce che lo inghiottì, seguita dal nulla. Il nulla più totale con le sembianze del buio.

    Poi, di nuovo una luce, quella del sole, che troneggiava alto in un cielo pulito di ogni nuvola. Era abbagliante e illuminava un prato di erba verdissima in cui vi si trovava soltanto una grande quercia a creare un po' di ombra, non più di una chiazza in mezzo a quell'immenso e brillante verde. Christian aveva la divisa dei Serpeverde addosso, ma non si chiese come mai fosse lì né come ci fosse arrivata, e anzi non perse tempo e andò subito sotto l'arbusto, come d'istinto; aveva infatti visto una panchina su cui sedeva un ragazzo, e mosso dalla curiosità aveva scelto di raggiungerlo. Soltanto una volta avvicinatogli si rese conto che si trattava di suo fratello Cole, morto ormai da quasi cinque anni, eppure la notizia non lo sconvolse affatto: era come se non se ne fosse mai andato via. Si sedette accanto a lui, e solo per un momento i loro visi si cercarono, riflettendo le sfumature chiare dei loro occhi in quelle dell'altro, come spesso accadeva nella quotidianità di qualche tempo prima. Poi, entrambi voltarono lo sguardo verso il cielo, senza proferire una singola parola.
    Christian sentiva una sensazione di quiete che lo riscaldava e lo faceva sentire protetto, come un neonato tra le braccia di sua madre. Tutto ciò che sapeva era che avrebbe potuto stare lì per sempre: la sensazione di peso era scomparsa.

    Stregato dalla Pozione che nel mentre i suoi aggressori gli stavano somministrando, Christian non poteva rendersi conto che qualcuno lo stava marchiando come Traditore della sua specie, né che stessero modificando la sua memoria.
    Soltanto lui sapeva del prato, di suo fratello Cole e del sole, per chiunque altro il suo sarebbe potuto sembrare un corpo morto e torturato da un avversario crudele e spietato. E fu probabilmente questo che avevano creduto Selils e Scorpius quando lo avevano trovato steso sul pavimento. Allarmati e corsi in suo aiuto, adesso lo stavano trascinando verso l'infermeria, chiedendo agli studenti nei corridoi di fare loro spazio e di permettergli di tentare di salvare la vita ad un ragazzo. Qualcuno inorridiva alla vista del Carrington, portato come un animale morto in giro per il Castello, e chissà se qualcuno stava anche piangendo. Quanti lo avrebbero fatto? Se solo avesse potuto trovare un po' di coscienza se lo sarebbe di sicuro chiesto. Ma lui era ancora accanto a suo fratello, contemplando silenzioso l'orizzonte.

    Role Conclusa



    GRAZIE GIDEON E' STATO BELLISSIMO RUOLARE CON TE...........


    Edited by Christian Carrington - 11/3/2024, 00:33
  14. .
    L'ho amato tanto. E lo amo ancora.

    Sì, Christian lo amava ancora, sebbene alle volte avesse provato a convincersi del contrario. Non perché volesse, ma perché aveva per così tanto tempo provato rabbia che accorgersi di non provarne più era strano e destabilizzante, come se la terra sotto i suoi piedi avesse ripreso a tremare. Prima aveva qualcosa a cui aggrapparsi, un modo per nascondere il suo dolore, mentre adesso non poteva fare altro che viverlo e superarlo, sperando di non metterci più di quanto fosse necessario. E non pretendeva che la sofferenza andasse via, quello era certo che non sarebbe mai accaduto, ma sperava che potesse almeno spostarsi dietro a qualcos'altro, così da non essere regina del suo spettro emotivo.

    Me lo ricordi tantissimo, Maxie. Non credo di avertelo mai detto.

    Lo aveva notato subito, fin dalla prima volta in cui si erano incontrati. Forse dal modo in cui sorrideva, o da quello con cui osservava il mondo; dalla postura nel camminare o dalle movenze che faceva con le mani. Avevano la stessa visione del mondo e lo stesso modo di approcciarsi ad esso, con l'unica differenza che uno era libero di farlo, mentre l'altro no. Ma era un paragone che non aveva mai espresso e che soltanto adesso si sentiva di rivelare a Maxwell, così da fargli sapere che la sua presenza nella sua vita lo aiutava anche a non dimenticare mai, ed era un dono molto prezioso per chi di dimenticare non aveva alcuna intenzione.
    Quando fece cenno al paesaggio che li circondava, e non prima di allora, Christian spostò gli occhi dall'amico a Parigi, perdendosi nelle sfumature aranciate che il cielo cominciava ad assumere.

    L'avrebbe amata. Quando eravamo piccoli salivamo spesso qui insieme.

    Parlarne ad alta voce era davvero strano: Christian era sempre stato abituato a tenere per sé i ricordi di Cole e a non farne parola con nessuno, ché credeva fosse un dolore soltanto suo che non aveva alcun senso condividere con qualcun altro. Così, si ritrovava molto spesso da solo in camera a riflettere, ripercorrendo gli anni trascorsi insieme al fratello e osservandoli da lontano come fosse un estraneo; era cambiato così tanto che non si sentiva nemmeno più lui ad averli vissuti, e questo gli faceva male, poiché sentiva reciso ogni contatto avuto un tempo. Nemmeno con la sua famiglia riusciva a confessarsi, ché aveva sempre avuto l'impressione che si trattasse di un discorso un po' tabù, un qualcosa su cui riflettere in solitudine, tant'è che più di una volta si era ritrovato a chiedersi se fosse l'unico davvero triste per quanto era successo fosse lui. Ma non avrebbe mai osato domandare una cosa simile. Ma adesso che dava voce ai suoi pensieri di fronte a Maxwell, riuscendo addirittura a snocciolare qualche memoria, si sentiva alleggerito da un peso gigantesco.

    E la amo anch'io, soprattutto con te qui. Sono davvero felice che tu sia venuto.

    Parlava con sincerità, gli occhi ancora luccicanti e una lacrima incastrata tra la pelle della guancia destra. Che Maxwell avesse deciso di trascorrere quel tempo a Parigi con lui era il dono più grande che potesse fargli e che gli avesse mai fatto, ché ormai l'amico era diventato tanto essenziale per lui che non avrebbe saputo rinunciarvi per un'intera estate. Inoltre, come gli aveva anche già detto, quella città faceva parte del suo cuore, e mostrargliela era una gioia che non riusciva nemmeno a descrivere, oltre che un grandissimo onore.
    Tirò poi un sospiro, passandosi la lingua sulle labbra.

    Ma non voglio fare ombra su questa nostra felicità.

    Si passò le mani sulle guance, sorridendo visibilmente, così da scacciare qualunque forma di malinconia navigasse in quel momento sul suo volto per lasciare spazio soltanto alla gioia che lo riempiva; ne era colmo ogni qual volta si trovava in compagnia di Maxwell, ma forse in quell'occasione lo era ancora più del solito. Gli era piaciuto condividere quegli scorci di Cole con lui, un po' perché riusciva sempre a farlo sentire capito e accettato e un po' perché non ne riusciva mai a parlare con nessuno, ma erano insieme a Parigi e tutto ciò su cui si dovevano concentrare erano proprio loro due.
    A tal proposito, Christian poggiò l'addome sulla balaustra e sporse un braccio oltre ad essa, indicando un punto preciso vicino alla Senna.

    Lo vedi quello? E' un ristorante di pesce buonissimo, uno di questi giorni dobbiamo andarci a cena.

    E fosse stato per Christian avrebbero potuto continuare così ancora a lungo, ad osservare, sporti dalla balaustra della Tour Eiffel, i luoghi più belli di Parigi, lì dove il Carrington aveva ricordi d'infanzia da condividere e altri ancora da creare con Maxwell. Sentiva il cuore in pace come non lo sentiva da tantissimo tempo.
    Ecco che finalmente se ne rese conto: in quel momento sì che era davvero felice.
  15. .
    A differenza di quello che Christian aveva potuto immaginare, Elara sembrava essere una ragazza cortese e a modo. Ma non poteva che rimanere un po' sul chi va là, ché anche Gideon all'inizio era sembrato cortese e a modo, e se il sangue davvero non mentiva...

    Mh.

    Decise di non rispondere alle parole di Elara, ché prima si voleva prendere qualche minuto per interpretarle. "Ma ho capito subito che non sarebbe stato il suo forte", aveva detto, ma a cos'è che stava facendo allusione? Al solo brutto carattere di Gideon o a tutto quello che gli era capitato - o che, per meglio dire, aveva fatto in modo che gli capitasse?
    Seguì quindi il proseguo del discorso, riservandosi la possibilità di riprendere quel tema in un secondo momento, qualora lo avesse trovato utile e interessante.

    No, non siamo decisamente una famiglia felice. Ma non è solo con loro il problema, è più in generale... diciamo che non sono tra gli studenti più amati. Affatto.

    La Casa dei Serpeverde era probabilmente la più divisa tra tutte, e di questo ormai Christian ne era piuttosto certo: ogni qual volta si ritrovavano insieme in Sala Comune, a parlare di quella o di quell'altra cosa, finiva sempre che qualcuno si metteva a lanciare frasi velenose contro qualcun altro, accendendo una miccia che non ci metteva molto ad esplodere e a coinvolgere chiunque vi fosse attorno. L'ultimo episodio era successo solo poche settimane prima, quindi non si parlava di fatti chissà quanto lontani o sporadici; era una regola a cui purtroppo era difficile trovare eccezioni. Probabilmente il motivo si trovava nel fatto che fossero tutti caratteri forti, che se da una parte stavano bene insieme proprio per questo, dall'altra era difficile che riuscissero ad andare d'accordo, ad eccezione di piccoli gruppi o coppie. I Corvonero, ad esempio, erano molto più uniti di loro, tant'è che lui vedeva sempre insieme Setoshi, Sabrina ed Elliott, cosa che tra i figli di Salazar non succedeva mai. Ma il discorso di Christian era molto più alto e non si circoscriveva soltanto alla sua Casa: per quanto popolare, non erano poi tante le persone a cui lui stava davvero simpatico, anche e soprattutto perché in effetti simpatico non lo era; era al contrario silenzioso, arrogante e pignolo, alle volte indiscreto e del tutto privo di empatia. Non era facile prenderlo a cuore, ma lui aveva la presunzione di credere che una volta fatto non era poi così facile lasciarlo andare via - il gioco valeva la candela, insomma.
    Varcate poi le porte dei magazzini e data una rapida occhiata a ciò che vi era dentro, Christian sorrise appena alle parole di Elara sul loro Responsabile di Casa, convenendo in effetti che quello non fosse il luogo più ospitale del Castello.

    Diciamo che Lumacorno se può demandare, demanda. Eppure lo apprezzo, anche se non ti saprei dire perché.

    Lumacorno era presuntuoso, lunatico e svogliato, sempre fuori luogo e indiscreto. Non erano molti i motivi per cui si potesse fare amare dai suoi studenti, eppure non solo aveva conquistato il ruolo di Responsabile dei Serpeverde e Vicepreside, ma anche la stima di Christian, che lo guardava da sempre con molta ammirazione. In parte era dovuta al suo celebre Lumaclub, a cui aveva da un po' fatto accesso e che amava profondamente, ma c'era anche dell'altro nella sua persona che risultava intrigante oltremisura agli occhi del ragazzo.

    Sì, certo.

    Annuì, iniziando a guardasi attorno in quel magazzino strapieno di oggetti polverosi. Con la bacchetta illuminava le mensole e i cassetti, osservando da vicino tutte le cianfrusaglie lì presenti e constatando con delusione che non ci fosse altro che quello: cianfrusaglie vecchie e perlopiù rotte. Nulla riuscì a colpire la sua attenzione, ma non si sarebbe ancora dato per vinto.
    Giusto per rompere il silenzio creatosi, Christian decise comunque di rispolverare l'argomento che aveva lasciato da parte poco prima, così da creare nuova conversazione

    Il discorso di prima, su Gideon. Ti associano a lui e a quello che ha fatto?

    Domandò con innocente curiosità.

    I dadi mi amano e trovo.... nulla! :wub:
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