Una Grifondoro, un Serpeverde e una Strega Orba

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    Grifondoro
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    Ernie Bradshaw, una delle sue compagne di dormitorio, era arrivata terrorizzata in Sala Comune dopo aver assistito, a suo dire, ad una delle peggiori previsioni della professoressa Cooman durante l'ultima lezione di Divinazione: la morte improvvisa di almeno uno dei pony presenti nel Sussex, come conseguenza della recente moria di unicorni della Gran Bretagna.
    Un gruppetto di stupide idiote l'aveva allora circondata con l'intento di consolarla, visto che proprio Ernie ne aveva uno nella sua casa di campagna estiva.
    Celine si era rifiutata categoricamente di iscriversi a quel corso, più convinta dell'esistenza della forza della mente che del “terzo occhio”, forse per filiale deformazione professionale. Sbuffando all'idea di dover starsene in Sala Comune a sentire tutte quelle stupidaggini, allora, Celine decise di alzarsi dal divano e di andare a cercare un altro posto del Castello in cui rilassarsi e poter leggere in santa pace, magari proprio la biblioteca. Aveva portato con sé il suo immancabile quadernino rosso e un classico della letteratura inglese fantasy, Il Signore degli Anelli, volume I.
    Per i suoi gusti era fin troppo articolato e descrittivo, ma non poteva negare che quell'autore fosse capace di trascinarla all'interno di una realtà che, benché in qualche modo vivesse ogni giorno, riusciva comunque ad incuriosirla e a farle desiderare di visitare la Terra di Mezzo almeno una volta nella vita.
    Scese dunque dalla scala a chiocciola della Torre di Grifondoro per poi attraversare a passo svelto il quarto e il terzo piano, sperando di non incrociare nessuno di noto che potesse separarla dal suo meritato riposo post-lezioni.
    E, come ogni volta che passava da quel piano e dalla Galleria delle Armature, non poteva fare a meno di lanciare un'occhiata alla statua della Strega Orba, brutta e orripilante come soltanto una megera poteva essere, e chiedersi quale fosse la sua storia e perché i fondatori di Hogwarts avevano deciso di riporre una sua statua proprio in quel punto del Castello. Forse, fra un capitolo e l'altro della Sala degli Hobbit, avrebbe potuto cercare qualche informazione in più su di lei fra i libri della Biblioteca.

    Christian Carrington
     
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    Fin dal suo primo anno ad Hogwarts, Christian era sempre stato un vero e proprio topo da biblioteca. Ormai la biblioteca era abituata ad accogliere quotidianamente il suo passo svelto e deciso, così come la bibliotecaria a segnarlo tra coloro che erano passati da lei per prendere dei libri in prestito. Il genere era in tutta onestà variabile, ché passava dai romanzi rosa ai saggi sulla Trasfigurazione, o ancora ai classici della letteratura magica inglese. Aveva l'abitudine di dedicarsi a quell'attività, però, in altre aule che non fossero la biblioteca, che per quanto silenziosa era a suo dire troppo piena di persone; quindi, sebbene quella poteva essere l'occasione di conoscere altre persone con la sua stessa passione per i libri, Christian decideva ogni volta di spostarsi altrove, in cerca delle zone più appartate in cui rifugiarsi. Ogni tanto finiva persino nei bagni in disuso pur di non avere fastidiosi brusii nelle orecchie.
    Così, anche in quella giornata, il Serpeverde passò in biblioteca per restituire un libro di narrativa e prenderne un altro che si era fatto mettere da parte qualche giorno prima, promettendo che sarebbe passato a ritirarlo il prima possibile. E in effetti così fece, per poi infilarlo nel suo zainetto e custodirlo come fosse un tesoro inestimabile. Salutata allora con un cenno la signora, Christian uscì dalla biblioteca, percorrendo i corridoi del terzo piano a braccia incrociate e con lo sguardo leggermente rivolto verso il basso. Ignorava chiunque chi passasse accanto, senza accorgersi di aver girato un angolo sbagliato, finché non si ritrovò in una zona quasi del tutto deserta: la Galleria delle Armatura non era mai stata particolarmente affollata, e ritrovarsi attorniato da un silenzio tanto spettarle lo fece sentire al sicuro, paradossalmente. Lì non c'erano voci alte e sguardi indiscreti, se non quelli di ferrosi elmetti da cui non poteva sentirsi giudicato né osservato, per quanto ad Hogwarts non si potesse mai davvero sapere cosa si celava nell'oscurità.
    Lo percorse guardandosi attorno, finché, nascosta dalla penombra di quel luogo, non riconobbe l'inconfondibile chioma rossa di una Grifondoro del suo stesso anno, e che quindi conosceva per forza di cose. Ne sapeva soltanto il nome, il cognome e le inclinazioni scolastiche, ma non aveva mai approfondito la conoscenza con lei - così come con praticamente nessuno dei suoi coetanei.

    Celine.

    Disse rallentando il passo, utilizzando il nome dell'altra come saluto. Non era sicuro di volersi fermare a chiacchierare con la ragazza, ma si fermò comunque di fronte alla sua figura, facendo cadere lo sguardo su ciò che stringeva tra le braccia: era un libro, e questo già gli suggeriva che anche lei ne fosse un'amante. Oppure una disprezzatrice intenta a cercare il primo camino in cui dargli fuoco, chi poteva dirlo.

    "Il Signore degli Anelli".

    Lesse il nome scritto in copertina, e alzò appena un sopracciglio in un espressione confusa. Christian bene o male sapeva quali fossero i libri della biblioteca scolastica, eppure di quello non aveva mai sentito parlare. A questo c'era soltanto una possibile spiegazione: non era stato scritto da un importante mago o strega, bensì da un babbano; non che il Carrington li mal tollerasse, ma tendeva a preferire che i loro due mondi rimanessero ben distinti, e quindi a non fare uso di ciò che era loro. A mettere queste barriere ci aveva sempre pensato lo Statuto di Segretezza, ma con gli ultimi avvenimenti...

    E' babbano?

    Chiese allora, più alla ricerca di sapere di aver avuto ragione che per pura curiosità. Avrebbe allora spostato i suoi occhi blu su quelli dell'altra ragazza, specchiandosi in essi in attesa di una risposta, che sperava non tardasse ad arrivare. Christian era abbastanza paziente, ma non quando si parlava di attendere le persone, specie quelle sconosciute.
    Quando spostò lo sguardo altrove, facendo nel mentre strofinare i palmi delle mani l'uno contro l'altro per il freddo, notò di aver arrestato il suo camminare proprio davanti ad una statua che gli mise i brividi. Christian non era un cuor di leone, e bastava poco per farlo spaventare, ma sapeva nasconderlo, cosa che fece anche in quel caso. Si limitò ad osservare la megera dritta negli occhi, cercando di leggervi qualcosa; ma non ci riuscì, naturalmente, ché quella non era altro che una statua. O almeno così pensava.

    Questa statua è... inquietante.

    Si limitò a dire, continuando ad osservarla con attenzione.

    • Il Narratore • Dado fortuito
    Novimana!
     
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    Non fu difficile scorgere una figura riccioluta dietro l'enorme naso della strega orba e a Celine bastò avanzare di qualche altro passo per riconoscere le sembianze del compagno di Serpeverde, Christian Carrington.
    La Grifondoro, come la gran parte dei suoi concasati, non aveva un'ottima opinione di quella Casa di Hogwarts, tuttavia, Christian e pochi altri studenti verde-argento rappresentavano una piccola eccezione per lei. Celine ricordava bene, infatti, il viaggio in treno verso Hogwarts durante il quale il Serpeverde rifiutò di collaborare con gli Alfieri Rossi, proteggendo invece Celine e gli altri nati babbani presenti in quel vagone.

    Christian...
    Sì.


    Eppure, come riflesso involontario, Celine nascose dietro la schiena quel libro subito dopo essere stato notato dal ragazzo: inconsciamente voleva tenere per sé ciò che rappresentava la sua intimità e i libri, per Celine, non erano altro che la strada più veloce per arrivare alla sua anima.
    Non voleva condividere nulla che non avesse scelto lei stessa di mostrare, consapevole anche che di quei tempi e fra quelle mura non fosse bene sbandierare la propria provenienza o le sue origini. A quel pensiero, la parte Grifondoro che era in lei cominciò a prendere fuoco, ferita nell'orgoglio, ma si trattava di paure e timori che appartenevano ad un sostrato di coscienza poco noto alla ragazza.
    Si ritrovò tuttavia a concordare con lui con un piccolo cenno del capo, scrutando la statua della Strega Orba a metà fra il disgusto e l'imbarazzo di essersi trovata improvvisamente in compagnia di una persona che conosceva molto poco.

    Eppure rimaniamo qui a fissarla.
    Chissà mai perché.


    In effetti, da quando Celine aveva fatto pace con la presenza di Christian nelle vicinanze, non aveva staccato gli occhi dalla statua, che di solito osservava soltanto di sottecchi per vagare da un piano all'altro.
    Quando però quella si mosse, rivelando agli occhi suoi e del compagno un tunnel sotterraneo, Celine non poté non indietreggiare e poggiare la mano sulla sua bacchetta, sconvolta e spaventata allo stesso tempo.

    Cosa diavolo è appena successo?!
     
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    Celine gli era sempre sembrata una ragazza con la testa sulle spalle. Non se la tirava né cercava ammirazione, ma anzi pareva il tipo di persona che del giudizio altrui se ne fregava altamente. Se questo fosse vero o meno, però, lo avrebbe scoperto poi. Sapeva anche essere una ragazza attenta a chi lo circondava, ché ricordava bene che era stata lei a salvare Arizona, la studentessa ferita durante l'attacco al trano da parte degli Alfieri e che si era ritirata da scuola poco dopo, probabilmente traumatizzata dalla facilità con cui ad Hogwarts le persone finivano nei guai.

    Inquietante anche questo.

    Rispose a mo' di battuta, portando nuovamente gli occhi sulla statua. Non riusciva neanche lui a capire come mai stessero parlando proprio lì davanti, in realtà, ma da quella prospettiva la strega di pietra sembrava molto più magnetica di quanto non fosse di solito.
    Per qualche ragione non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, e proprio quando iniziò a realizzarlo questa cominciò a muoversi. Non sapeva cos'avesse fatto per attivare quel meccanismo, ma in ogni caso qualcosa stava succedendo: là dove prima c'era la Strega Orba, adesso fatta da parte, un lungo corridoio si mostrò ai due ragazzi.
    Christian afferrò subito la bacchetta e la puntò contro al varco, reazione che gli venne quasi spontanea, ma la abbassò non appena il rumore si acquietò: non sarebbe uscito niente di pericoloso da lì, ma forse il pericolo era entrarvi.

    La statua si è... aperta.
    Dici che è un passaggio segreto?


    Domanda dalla risposta scontata, forse, ma fu la prima cosa che gli venne in mente di chiedere.
    Gli bastò sporgere un po' la testa per osservare quanto lungo fosse il tunnel che si celava dietro la statua della Strega Orba, e, almeno in teoria, se aveva un inizio doveva avere anche una fine. Ma da dove sarebbe usciti? In una zona di Hogwarts? Negli esterni? O ancora più lontano?
    Riuscì a sentire le farfalle nello stomaco per qualche attimo, fatte volare dalla consapevolezza che, finalmente, poteva essere successo qualcosa di interessante e nuovo riservato soltanto a pochi eletti. In quell'ultimo periodo - che durava in realtà da diversi mesi, se non di più - Christian aveva aveva la sensazione di star vivendo in un interminabile loop: tutte le giornate erano uguali e ormai scontate. Ad eccezione di ciò che era accaduto sul treno, la sua routine giornaliera era ormai sempre la stessa. Quello, quindi, sebbene fosse un accadimento apparentemente senza valore, per lui significava avere la possibilità di scoprire qualcosa di nuovo.

    Di solito odio infrangere le regole, ma non mi spiacerebbe sapere dove porta.

    Ammise il più sinceramente possibile, ché se era vero che Christian odiasse con tutto sé stesso il brivido del pericolo, lo era anche che era un ragazzo curioso. Vedere quel tunnel buio e in disuso mostrarsi davanti ai loro occhi come un chiaro passaggio segreto per chissà dove quasi lo costringeva a chiedersi fin dove portasse, e se fosse stato salo ci sarebbe già entrato per scoprirlo.
    Accanto a lui, però, c'era anche Celine, che sarebbe stata testimone di quella sua piccola infrazione, cosa che non poteva permettere accadesse. Doveva quindi capirne le intenzioni ed, eventualmente, convincerla a seguirlo lì dentro.
    In quel momento non aveva alcuna certezza, ché non la conosceva abbastanza bene.

    Tu ci vuoi entrare?

    Chiese alla ragazza spostando di nuovo lo sguardo su di lei, lasciandole l'onere di decidere se infrangere o no quella regola. Per il momento non avevano infatti compiuto alcun male, ma stranamente Christian aveva la volontà di farlo. Ma se ne era lavato le mano, demandando il compito di decidere a colei di cui ancora non sapeva il pensiero a riguardo.
     
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    Facciamo finta che la mia risposta sia “sì”.

    Per qualche strana ragione, Celine era convinta del fatto che tutti i Serpeverde fossero dei cafoni infrangi-regole impossibili da frenare o contenere e se non tutti, quasi.
    Eppure, nonostante l'ovvio che si stava spianando davanti ai loro occhi, Cristiano sembrava tutto tranne che sicuro di voler andare contro il regolamento scolastico, il che colse Celine abbastanza di sorpresa.
    In ogni caso, la Grifondoro non poteva dirsi totalmente disinteressata a quella proposta: la curiosità di scoprire dove li avrebbe condotti quel tunnel e soprattutto la straordinaria sensazione di fortuna ricevuta dall'averlo scovato in maniera totalmente casuale, la spingevano più a voler varcare quel passaggio che a non farlo.
    Ma, c'era sempre un ma.

    Sappiamo come rimetterla al suo posto?

    Al momento erano soli, ma non era sicuro che la situazione sarebbe rimasta la stessa anche al loro ritorno: se fossero stati seguiti da qualcuno, magari da un Prefetto o un insegnante?
    Ma soprattutto: se si fossero fatti punire, o peggio, espellere?
    Celine iniziò a guardare il compagno con un cipiglio a metà fra il perplesso e il preoccupato, guardando ora alle spalle del Serpeverde ora alle sue per accertarsi che non ci fosse nessuno in arrivo che potesse rovinare i loro sogni di gloria prima di inseguirli.

    E soprattutto, sappiamo come riaprirla?

    Supponendo allora fossero arrivati fino alla fine del passaggio chiuso alle loro spalle, in che modo avrebbero potuto riaprirlo al ritorno per sbucare esattamente lì dove si trovavano in quel momento?
    C'erano troppe incognite in quel piano per i gusti della ragazza, e tuttavia capiva anche che quella fosse una situazione da o no: continuare a pensarci e a gettarsi nella paranoia non avrebbe fatto altro che diminuire il tempo a loro disposizione e le loro chance di cogliere l'attimo.

    In ogni caso stare qui come due salami non ci è di alcun aiuto.

    Rimase quindi ferma ad osservare l'ingresso con le braccia conserte e un piede tremante dal nervosismo, cercando in qualche modo – ed incredibilmente - sicurezza nello sguardo del compagno Serpeverde.
     
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    Celine gli interessava. Non in senso amicale o tantomeno romantico, ma in quello vero e proprio del termine: era una ragazza che trovava interessante. Lo aveva sempre sospettato in realtà, ché spesso Christian perdeva tempo ad osservare la gente e il suo modo di fare, ma quel giorno ne aveva avuto la prova. Quel modo di rispondere e quel continuo stare sul chi va là gli facevano intravedere un cervello sotto alla lunga chioma di capelli rossi.

    Non abbiamo tirato leve o premuto pulsanti.

    Ragionava ad alta voce così da far sentire anche a Celine, mentre camminava avanti e indietro davanti alla statua. La osservava con meticolosa attenzione, avvicinandosi ad essa senza però toccarla: non voleva chiudere accidentalmente il passaggio, quindi si limitava a studiarla da lontano.
    Chiuse gli occhi a un certo punto e ripercorse tutto ciò che aveva fatto nei minuti precedenti. Era sicuro di aver in qualche modo attivato l'apertura della statua, ma come? Ricordava di averla guardata attentamente negli occhi e di essere rimasto colpito dal fatto che sembrasse non averli; si era quindi avvicinato per osservarla meglio, urtando anche con la spalla sul naso della strega, e aveva poi notato che gli occhi li aveva, erano solo vuoti.
    Ripercorse e ripercorse queste azioni nella sua testa per un minuto circa, poi capì.

    Le ho toccato la punta del naso. Per sbaglio, ma l'ho fatto.

    Esclamò rapido, palesando l'accensione della lampadina nel suo cervello.
    Sperava che quello che aveva detto fosse giusto, un po' perché non aveva davvero idee alternative a quella, un po' perché non voleva fare brutta figura davanti a Celine. Dell'opinione altrui in genere non gli importava, ma la Grifondoro era una delle poche di quella Casa che non reputava montate inutilmente ma anzi capace di ragionare e di farlo anche bene.
    Non attese comunque una risposta da lei, che in quel momento voleva soltanto verificare un'ipotesi che aveva avuto: se dall'esterno si poteva entrare toccando la punta del naso della strega, magari dentro al tunnel c'era una statua gemella a quella.

    Fammi vedere se...

    Con un colpo di mano fece illuminare la punta della sua bacchetta e varcò poi la soglia del tunnel. Dentro era buio e, nonostante l'incantesimo, ancora non riusciva a vederne la fine, ma in quel momento non era quello a interessargli.
    Si voltò e, come da aspettative, vide la megera guardarlo. La penombra la rendeva ancora più inquietante di quella che c'era fuori.

    C'è una copia qui: una strega identica a quella di fuori.
    Entra e verificheremo questa teoria.


    Il tono di voce era pacato, ché non voleva farla passare per un'imposizione. Ma dovevano fare veloci, ché l'ultima cosa che voleva era essere beccato in flagrante da un Prefetto.
     
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    E così, per svelare un passaggio segreto della secolare scuola di magia era stato sufficiente toccare il naso di una brutta statua senza occhi?
    In effetti, si trattava di una soluzione talmente demenziale ed eccentrica da essere perfettamente sensata per gli standard di Hogwarts.
    L'espressione a tratti stupita e divertita di Celine fece però posto al dubbio e all'indecisione nel giro di qualche secondo: Christian voleva davvero che la Grifondoro lo seguisse dentro un passaggio buio, polveroso e illegale senza prima essere certi del suo funzionamento? E se fossero rimasti incastrati al suo interno, senza sapere come uscirne? O peggio: se fosse arrivato qualcuno proprio mentre si trovavano al suo interno senza ancora essersi chiusi la statua alle spalle? No, Celine non era tanto stupida da rischiare senza prima essere sicura di ciò che stava facendo almeno all'ottantacinque percento.

    Tu entra e prova a toccarle il naso.
    Io rimango qui a salvarti il culo nel caso in cui la copia ti tradisca.


    A quel punto sarebbe stato Christian a doversi fidare di lei, che di certo avrebbe potuto abbandonarlo lì dentro a marcire lasciando che chi lo trovasse potesse condurlo da qualche Prefetto o Docente per togliergli punti Casa, con il benestare dei suoi compagni Grifondoro.
    Ma Celine non era quel tipo di persona, e benché Christian non la conoscesse abbastanza da poterlo sapere, avrebbe dovuto fidarsi di lei perché da lì non si sarebbe schiodata.
    Almeno finché non sentì dei passi arrivare in loro direzione.

    Merda.

    Il panico non poté che prendere il sopravvento e Celine, che avrebbe potuto soltanto scappare o cercare rifugio nel passaggio segreto per nascondere la sua presenza in quel punto del castello, seguì la strada più immediata mandando a quel paese ogni suo razionale proposito.

    Fammi spazio, veloce!

    Celine spinse il ragazzo perché potesse entrare all'interno del passaggio e sfiorare velocemente il naso della gemella orba, sperando che l'ingresso si chiudesse davanti ai loro occhi e i loro volti venissero nascosti a chiunque sarebbe passato da lì nei secondi a venire.
     
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    Come vuoi.

    Non aveva niente da ridire sul piano che Celine aveva escogitato, ché se questo serviva ad essere più sicuri allora lui ne era anche contento e si sarebbe messo a disposizione, pur rischiando di rimanere chiuso lì dentro da solo. Se ciò fosse accaduto allora avrebbe percorso quel tunnel da solo e avrebbe trovato il modo di uscirne, senza che la Grifondoro avesse il tempo di fregarlo prima.
    Proprio mentre stava per toccare, questa volta intenzionalmente, il naso di pietra della strega, seguendo quindi quanto gli era stato detto, Celine imprecò qualcosa che non riuscì a sentire e balzò dentro al passaggio, anticipando il ragazzo e mandando a quel paese ciò che lei stessa aveva proposto.
    Come da aspettative il passaggio si chiuse in fretta e il silenzio inghiottì i due ragazzi, adesso invisibili agli occhi di chiunque stesse passando per quel corridoio.

    E' un Prefetto?

    Le sussurrò per non farsi sentire da chiunque si trovasse dall'altra parte, visibilmente agitato.
    In quel momento tutto ciò che Christian stava provando era paura di essere scoperto e, come al solito, questo portava il suo stomaco a rivoltarsi e contorcersi provocando al ragazzo delle fitte alla pancia non indifferenti. Tentò però di nascondere quel suo stato d'animo di fronte a Celine, ché non aveva alcuna intenzione di spiegare i suoi problemi a gestire i momenti di tensione come aveva fatto qualche mese prima con Maxwell, quando ne aveva parlato con qualcuno che non fossero i suoi genitori per la prima volta. Così si limitò a poggiare una mano sul basso ventre, come se davvero potesse servire a qualcosa.

    Non ho intenzione di essere punito per un'infrazione tra l'altro involontaria.

    Continuò, sempre a bassa voce.
    Questo era certo, ché Christian era davvero un ragazzino solitamente ligio al dovere e se per una volta decideva di seguire la sua curiosità, stimolata senza che lui lo volesse, non poteva essere punito. C'era chi a scuola si divertiva ogni giorno a infrangere il regolamento scolastico senza conseguenze, lui stesso era stato letteralmente schiantato nei bagni senza che nessuno muovesse un dito, quindi non poteva permettere che alla fine a pagare fosse lui.

    Ora percorriamo il tunnel e vediamo dove ci porta, sperando di ricomparire in qualche altra zona del castello.

    Di nuovo: non glielo imponeva, ma se davvero a qualche passo da loro c'era un autorità scolastica era decisamente meglio allontanarsi da lì. Magari sarebbero sbucati nelle cucine, in una serra o sulla torre di astronomia, e questo gli avrebbe garantito che nessuno potesse scoprire quello che avevano fatto. Era un po' un lancio nel vuoto, ma in un momento come quello l'alternativa era denunciarsi e farsi togliere dei punti per la Casa, e Christian non ne aveva alcuna intenzione.

    Prego.

    Tono di voce ancora basso e bacchetta illuminata alla mano, si fece allora di lato per far passare prima lei. Lui l'avrebbe seguita subito dopo.
     
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    Celine agì con il corpo prima che con la mente, rendendosi conto soltanto troppo tardi di cosa aveva appena fatto, con il rischio di perdere punti casa ad un palmo dal naso. La vicinanza con il Serpeverde era asfissiante più della paura di perdere punti casa. Per di più, nel voler affermare a tutti i costi quanto tenesse alla sua reputazione, stava rischiando di farli beccare entrambi.

    Sh.

    Sospirò decisa in sua direzione, accompagnando il verso con un gesto della mano, l'indice destro a ridosso del naso ad indicare di fare silenzio: il ragazzo aveva sussurrato, sì, e Celine era sicura che nessuno dei due volesse mettere a rischio l'altro a quel punto del gioco, ma la prudenza non era mai troppa, soprattutto quando le voci si andavano facendo sempre più vicine.
    Ascoltò la sua domanda senza rispondergli subito, più attenta ad origliare ciò che stava accadendo dall'altra parte della statua, accertandosi che i passi e le voci sparissero prima di concedere a Christian una delle sue solite occhiatacce.

    E pensi invece che io lo voglia?

    Nessuno lì dentro voleva essere punito, e questo doveva oramai essere abbastanza chiaro ad entrambi. Allo stesso modo, i due si trovavano sulla stessa barca e sarebbe spettato loro navigare insieme per non perdersi e avere altre due mani con cui provare a salvarsi in caso di tempesta.
    Un solo pensiero rassicurò Celine mentre alzava gli occhi al cielo: Hogwarts era certamente colma di segreti, ma scommetteva che nessuno avrebbe portato gli studenti alla morte.
    Camera dei Segreti e sale della Pietra Filosofale a parte, ovviamente...

    Muoviamoci.

    Sospirando spazientita, allora, Celine superò Christian nel momento in cui le lasciò libero il passaggio, puntando la bacchetta di cipresso verso il buio.

    Lumos.

    La ragazza iniziò a camminare a piccoli passi, guardando il pavimento per evitare di inciampare su alcuni sassi o qualcos'altro. Sperava vivamente di trovare presto l'uscita, perché di quel passo l'assenza di ossigeno si sarebbe di certo fatta sentire, così come la sua impazienza.

    Se muoio, fai scrivere sulla mia lapide che probabilmente sto meglio da morta.

    Sentenziò lapidaria, svoltando sulla sinistra.
     
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    Christian era già andato più volte contro gli spigoli caratteriali di Celine, e si conoscevano soltanto da una ventina di minuti. Molti li condividevano, su altri invece divergevano, e questo rendeva quella bizzarra accoppiata pericolosa, tanto in positivo quanto in negativo.
    Lei come lui aveva un carattere molto forte, a tratti antipatico e scorbutico, ma non era niente che Christian non sapesse o non volesse gestire; in fondo si trovava lì con lei, quindi o se la faceva andare bene e tentava di collocarla tra le sue simpatie, oppure quel tempo insieme sarebbe stato più spiacevole per entrambi.

    Di nulla...

    Commentò ironico dopo aver visto Celine passargli davanti senza neppure accennare ad un ringraziamento, ché se era vero che ciò che aveva fatto lui era un gesto di cavalleria, lo era anche che non aveva alcun obbligo o dovere nei suoi confronti. Il loro genere non valeva come motivazione: il Serpeverde era soltanto molto educato, niente di più.
    Comunque non se la prese più di tanto, ché riconosceva tranquillamente che un tipo come lui non potesse fare la morale sulla scortesia a nessun altro, e passò così oltre, senza rancore o animosità di alcuna specie.
    Fu la Grifondoro a rompere il silenzio giusto qualche attimo dopo, ma, inconsapevolmente lo fece nel peggior modo possibile: aveva detto di desiderare la morte. O almeno era questo che Christian aveva sentito. La sua mente fece un passo all'indietro, com'era ovvio che fosse, a quando lui la morte l'aveva vista davvero; negli occhi di suo fratello prima di tutto, che aveva volutamente scelto di togliersi la vita, e successivamente nei suoi, che sebbene fossero ancora vivi non riuscivano più a comunicare niente. Per un attimo ebbe l'istinto di sedersi, quasi per necessità, ma chiese alle sue gambe di resistere e alle sue braccia di fare un ultimo sforzo, solo il necessario per estrarre dal suo zaino un piccolissimo barattolo di medicinali senza etichetta, tentando di non farsi vedere. Prese una pillola e mezza, come al solito, e lo aveva fatto talmente tante volte che ormai le metà si trovavano già spezzate nel contenitore e non doveva neppure farlo più lui.

    La morte non fa stare meglio nessuno: soffre chi muore e soffre chi viene lasciato.

    E di questo lui ne sapeva qualcosa. Di tutta la sua famiglia lui era infatti quello che per la morte di Cole aveva sofferto di più, per il semplice motivo che fino a quel fatidico giorno i due erano sempre insieme; non per niente nel suo biglietto non citava praticamente nessun altro. Condividevano poco, eppure in qualche modo e per qualche strana ragione si trovavano.
    Passati quattro anni poteva quindi mettersi nella posizione di dire con certezza che la morte di suo fratello non aveva fatto stare meglio nessuno, e forse nemmeno lui, e che i suoi effetti ancora danneggiavano chi orbitava attorno a quel decesso: Christian sentiva l'eco della sua risata, ormai rimasta solo un ricordo, nei momenti di solitudine, e questo era solo il migliore degli effetti.

    Sei davvero così infelice? Voler morire è... tanto.
    A me la morte fa paura.


    Ammise allora, senza alcuna difficoltà. Tutti avevano paura di qualcosa e non gli importava di aver appena rivelato cosa temesse lui ad una ragazza praticamente sconosciuta, ché la paura di morire non era un qualcosa da poter usare contro di lui per manipolarlo. Lo poteva uccidere, certo, ma in quel caso avrebbe potuto giocare solo con un corpo morto: nessun ricatto, nessuna prepotenza, nessun guadagno e quindi nessun motivo per farlo.
    Con quelle parole non voleva giudicare i pensieri di Celine, anche se forse un po' lo stava facendo, ma voleva solo capirli un po' di più, certo che la sua idea a riguardo non sarebbe comunque cambiata.
     
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    Celine si muoveva con velocità fra le rocce e l'oscurità, limitandosi ad ascoltare passivamente ciò che diceva il ragazzo senza fermarsi ad osservarlo.
    Tuttavia, quando dalle sue labbra fuoriuscirono delle parole inaspettate, la Grifondoro fu costretta ad arrestare il passo e a ripetersi nella mente ciò che aveva appena sentito.
    Non conosceva bene Christian né tanto meno il suo passato familiare, ma qualcosa le diceva che le sue parole fossero dettate da esperienze pregresse: sebbene Celine si ritenesse di norma insensibile al prossimo e soprattutto a ciò che formulavano le sue labbra, non poté fare a meno di sentirsi in qualche modo in difetto, consapevole che a volte cedesse con fin troppa facilità ad un sarcasmo macabro più del necessario.
    Sempre che di sarcasmo si trattasse.

    Non so.

    Si limitò ad affermare, senza ancora voltarsi verso il compagno, più interessata ad osservare la luce della sua bacchetta fino ad accecarsi.
    Celine aveva dentro un mare di emozioni che, semplicemente, non riusciva ad esprimere. Il suo quadernino rosso aveva il compito di aiutarla a superare le sue barriere, ma molto spesso finiva per contenere pensieri colmi di ironia e ben poca consapevolezza.
    Il risultato era che la Grifondoro viveva in balia degli eventi sapendo già che tutto ciò a cui avrebbe avuto accesso emotivamente sarebbe stato il vuoto, ben lungi dal sapere che fosse soltanto apparente.

    So solo che a volte è come se non sentissi nulla.

    Non le importava di risultare antipatica, maleducata, scortese; di parlare ad alta voce e con ironia di cose che di solito turbavano la gente, ad esempio la morte.
    A Celine importava veramente di poche cose e a volte faticava anche ad inquadrarle.
    Christian, invece, con quelle parole, le aveva fatto capire di avere toccato un nervo scoperto, il che, al di là di tutto, significava solo e soltanto una cosa.

    Tu sì.

    Lui sentiva.
    Lui provava dispiacere, forse persino dolore, magari rabbia. Non rinchiudeva quelle emozioni dentro uno scrigno del suo animo, o fra le pagine ingiallite di uno stupido quadernino. Lui le provava e benché potesse soltanto immaginare quanto fosse difficile conviverci e rimanere a galla con esse, per lo meno le sentiva e a Celine sembrava un incredibile passo avanti rispetto a ciò che viveva lei ogni giorno.

    Sei fortunato.

    Di conseguenza, non poté non lasciarsi sfuggire quell'ultima considerazione, pur consapevole del fatto che probabilmente sarebbe stata interpretata in modo sbagliato.
    E, anche in quel caso, a Celine probabilmente non sarebbe importato più di tanto.
     
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    Christian continuava a seguire Celine senza fare domande, anche perché in quel tunnel non c'erano bivi o possibilità di sbagliare. In un altro momento avrebbe anche fatto a gare a chi dovesse condurre la nave, ma in quello semplicemente non gli interessava, ché la sua attenzione era completamente focalizzata sui suoi piedi, che tentava di non far inciampare su qualche sasso facendosi luce con la bacchetta.
    Che non fosse una gran chiacchierona era ormai un dato che Christian poteva dire di aver appreso, e il fatto che nemmeno lui lo fosse li avrebbe potuti portare a passare tutto il tempo in silenzio, attendendo forse che fosse l'altro a dire qualcosa o, più probabilmente, a godersi il silenzio. Invece così non fu, ché senza nemmeno che il Serpeverde se ne rendesse conto la conversazione aveva preso una piega decisamente più profonda e affine ai discorsi per cui lui era più portato e che gli interessava fare maggiormente.
    Capiva cosa intendesse Celine quando diceva di avere l'impressione di non sentire niente, e non perché lui non sentisse, su quello il pensiero della ragazza era corretto, ma perché per qualche settimana aveva fatto lo stesso anche lui qualche anno addietro, quando aveva capito di aver perso per sempre suo fratello. Poi aveva scelto di provare tutto il dolore e di incanalarlo in qualcos'altro, ed era stata una soluzione assolutamente efficace.

    Fortunato dici? Non lo so.

    Per una vita intera si era sentito chiamare fortunato da chiunque, ma quella era la prima volta che qualcuno lo faceva senza pensare alle superficialità di cui la sua vita era strapiena.
    In genere ciò per cui tutti lo consideravano, appunto, fortunato era la sua enorme disponibilità economica, i suoi voti superiori alla media, la famiglia numerosa che aveva. Persino dopo aver perso Cole gli era stato detto che aveva la fortuna di avere due genitori e una sorella a cui stringersi in un momento tanto difficile.
    Celine però era andata oltre: per lei lui lo era perché capace di provare emozioni, di sentire, come aveva detto lei. E aveva ragione, quella era senza dubbio una grande fortuna, ma al ragazzo non bastava affatto.

    Non mi ci sento granché in realtà.

    Celine non sapeva, ed era giusto così. Quella frase sarebbe quindi potuta suonare drammatica o vittimistica alle sue orecchie, ma a lui tutto ciò non interessava nemmeno: era cosciente e convinto di ciò che aveva detto, ma in quel momento non poteva giustificarlo. Già averlo fatto una volta era stato dannatamente difficile, e ci aveva messo un anno.

    Però sento, è vero.
    Forse tu non hai ancora vissuto qualcosa che valesse la pena di essere sentito.


    Quella supposizione gli scivolò fuori dalla bocca quasi da sola, ché Christian non sapeva se ciò che aveva detto corrispondesse al vero né solitamente si cimentava in pensieri come quelli con altri suoi coetanei. Ma Celine sembrava più profonda degli altri, più di Thomas, Séan o Jude, e questo era un bene.
    In ogni caso per lui ciò che aveva detto aveva senso: forse il suo sentimento doveva essere stimolato da un qualcosa di grande prima di uscire fuori, un qualcosa che lei non aveva ancora trovato. Ma, di nuovo, non era altro che un'ipotesi.

    Ad esempio cosa vorresti poter sentire?

    Erano tantissime le cose che avrebbe potuto sentire, ma una che gli mancava più delle altre doveva esserci.
     
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    Una persona diversa avrebbe potuto fraintendere facilmente le parole di Celine, che considerava fortunato chi potesse provare dolore.
    Solo che la Grifondoro, nell'esprimere quel pensiero, non era stata tanto insensibile quanto si potesse pensare e Christian sembrava averlo compreso.
    In qualche modo, quella presenza ombrosa e taciturna si stava rivelando meno fastidiosa del previsto.

    Mio padre dice che io in realtà sento, “sento molto”.

    Certi concetti erano troppo complicati persino per lei che in quella roba ci navigava fin dalla nascita. Il padre l'aveva inoltre convinta a frequentare un suo collega psicologo qualche anno prima, un certo Raven, ma le sedute non avevano ottenuto chissà quale successo. Per questo motivo era stata spinta ad utilizzare il suo quadernino rosso per confidargli ogni tormento: se non voleva essere ascoltata dal padre o da altri psicologi certificati, lo avrebbe fatto da sola attraverso la mediazione di quelle pagine. O almeno, questa era la speranza di suo padre Peter.

    Ma tendo a reprimere per... non ho ben capito.

    Forse l'incapacità di sopportare le emozioni negative, o forse ancora di percepirsi vittima del fallimento. Non lo sapeva, Celine, e francamente non le importava neanche tanto, e chissà se per paura di scoprire la risposta o per reale mancanza di interesse.
    Probabilmente la Grifondoro si trovava all'interno di un circolo vizioso da cui sarebbe stato difficile uscire.

    E' uno Psicologo, per inciso.

    Celine non era certa della provenienza magica di Christian: se fosse stato Purosangue avrebbe saputo cos'era uno psicologo? Esistevano gli psicologi nel mondo magico? O gli unici capaci di torturare la mente delle persone erano i legilimanti?
    Inoltre, non aveva idea di quando quell'incontro fortuito si fosse trasformato in una seduta improvvisata di terapia e confidenze, eppure Celine non ne era affatto disturbata, forse perché entrambi, a modo loro, non erano stati per nulla invadenti pur avendo in qualche modo ammesso all'altro qualcosa della propria intimità, qualcosa che Celine, ad esempio, aveva rivelato soltanto a Jude.
    Intanto, la Grifondoro parve cogliere dei barlumi di luce da lontano, segno, forse, dell'avvicinarsi del punto d'arrivo del passaggio segreto.

    Quella è luce o è impressione mia?
     
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    Ma tendo a reprimere per... non ho ben capito.

    Non soffrire, immagino. Sentire può essere doloroso, ma ne vale comunque la pena.

    Quel pensiero era piuttosto spontaneo, e Christian credeva davvero in ciò che aveva detto: persino il dolore poteva aiutare, e non sentirlo non lo avrebbe eliminato, ma solo nascosto. Bisognava invece accettare di provarlo e tentare con tutte le proprie forze di non porlo al centro del proprio essere, cosa che, sebbene fosse tanto facile da dire, nemmeno lui riusciva a fare sempre. Ma andava bene così.
    Camminarono per un bel po' di tempo, entrambi concentrati a non inciampare sui sassolini che sempre più frequentemente intralciavano il passaggio. Ad attirare l'attenzione del ragazzo fu però, di nuovo, Celine, che gli fece notare uno spiraglio di luce. Erano forse arrivati?

    Sì.
    Fa piano.


    Si trattava di uno spiraglio di luce che proveniva dal soffitto, ma era troppo alto perché loro potessero raggiungerlo da lì. Christian, con la bacchetta sempre salda in mano, si osservò attorno cercando un modo per arrivarci, e giusto di un attimo dopo si accorse di una ripida scalinata che si ergeva giusto a qualche passo di distanza da loro. Fece cenno a Celine di seguirlo, indicandogli i gradini con l'olmo illuminato, e cominciò poi la sua salita. Spinto dalla curiosità, che doveva ammettere essere sempre di più, non si accorse nemmeno di quanti passi stesse facendo né della fatica: voleva sapere, e ormai era troppo tardi per tirarsi indietro.
    Arrivato sulla cima, Christian dovette abbassarsi un po' per non battere la testa là dove Celine aveva visto la luce, adesso situata proprio sopra al suo naso. Tentando di fare il più piano possibile, spinse con la mano che gli rimaneva libera quella che sembrava essere una botola, aprendo in questo modo un varco che potesse consentire loro di uscire da lì. Il primo a farlo fu proprio lui: aiutandosi con le braccia riuscì a lasciare il passaggio segreto, trovandosi in una stanza non tanto più illuminata e strapiena di scatole. Ma prima di guardarsi attorno avrebbe teso la mano verso Celine per offrirle il suo aiuto a salire, qualora lo avesse voluto.

    E'... un seminterrato. Cosa se ne fanno di tutte queste caramelle?

    Facendo qualche passo in direzione degli scatoloni, non poté fare a meno di notare che la stragrande maggioranza di essi conteneva barattoli e buste di caramelle di ogni tipo. Per essere la cantina di una casa gli sembrava una quantità di zucchero decisamente esagerata, ma in quel momento non vide alternative.
    Poi perse qualche momento a riflettere: avevano camminato per un'eternità, e ciò voleva dire che erano ben distanti da Hogwarts, e si erano ritrovati in uno scantinato pieno di caramelle. Per non parlare del fatto che, dalla porta in legno posta in cima ad un'altra ma più corta rampa di scale, si udiva un vociare leggero e un campanellino tintinnare di tanto in tanto.
    Gli venne un'idea.

    A meno che...

    Guardò Celine con uno sguardo eloquente, domandandosi se ci avesse pensato anche lei.

    Per la descrizione della fine del passaggio e del seminterrato mi sono attenuto a quanto è scritto nei libri :3
     
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    Celine aveva lasciare cadere la loro conversazione nel buio del passaggio segreto, incapace di continuarla o di concluderla in modo sensato: molto meglio il silenzio, a suo avviso, che parole superflue, soprattutto rispetto ad una questione tanto delicata come la sofferenza e il dolore repressi.
    Fu quindi felice per più di un motivo nel vedere una piccola luce illuminare i loro passi: essa, mano a mano che si avvicinavano, diventava ovviamente più grande, fino a quando non li avvolse totalmente.
    Dovettero faticare un po' per riuscire ad uscire fuori da quella trappola mortale fra scale, botole e porte chiuse. Ci pensò un attimo prima di afferrare la mano di Christian, Celine, per poi alzare gli occhi al cielo e mandare a quel paese ogni resistenza: non aveva più senso a quel punto tenere il broncio al Serpeverde, pur essendo un Serpeverde.
    Probabilmente con lui aveva condiviso ben più di quanto non avesse mai fatto con altri lì ad Hogwarts, Jude a parte.
    Cercò di togliersi la polvere di dosso, tossicchiando piano: quel posto puzzava di chiuso, di umido e di muffa. Eppure, pareva essere anche l'Eldorato dei dolci e delle caramelle.
    Non esitò un istante ad afferrare uno stecco al cioccolato nell'istante in cui ne vide alcuni cadere da una scatola: si meritava un po' di ristoro, dopotutto.

    Non-o so ma so-o de-i-ss-iose.

    Commentò con la bocca piena, incapace di contenere un sorriso: Celine sembrava persino meno Celine del solito con un po' di zucchero in circolo, soprattutto se sottratto da una cantina alla fine di un Passaggio Segreto scovato ad Hogwarts.
    Incredibile anche solo a pensarci.
    Non appena mandò giù un altro boccone zuccherato, la Grifondoro poggiò gli occhi chiari su quelli del compagno, cercando di capire dove volesse andare a parare.

    ...Mielandia.

    Disse stupita, lasciando che sul suo volto si tingesse un vero e proprio sorriso, di quelli che era un miracoli vedergli cuciti addosso.

    Un passaggio facile e comodo per arrivare da Hogwarts ai dolci?
    Direi che ne è valsa la pena.


    E così dicendo andò a trafugare qualche altro stecco dolce e torrone, felice come una bambina al parco giochi.
     
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