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Aula di Storia della Magia

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    Serpeverde
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    [ Aula di Storia della Magia - seconda metà di aprile - fine lezioni del mattino ]



    Un'altra lezione di Storia della Magia era appena terminata, in quella tarda mattinata di metà aprile inoltrato. Gli studenti del quinto anno, come sempre, tendevano a sparire piuttosto velocemente quando il professore smetteva di parlare. Quel fantasma aveva qualcosa di altamente soporifero nel tono della voce. Axter se ne era lamentato più volte a casa, giustificando in questo modo i suoi voti non ottimali in quella materia. Ma sua madre gli aveva risposto che quelle non erano scuse, che anche lei aveva avuto lo stesso professore ed era riuscita comunque ad essere la prima della classe, che tutto stava nell'impegnarsi nello studio, perché sapere la storia era importante per comprendere come affrontare il futuro senza ripetere gli stessi errori del passato. E ok, magari aveva anche ragione nel pensarla in questo modo, ma Axter non aveva ancora mai trovato un modo per affrontare correttamente quella materia.
    Non era raro, quindi, che al termine delle lezioni si soffermasse un po' più a lungo in aula. A volte lo faceva per cercare di svegliarsi, così da non schiantarsi contro un banco una volta messosi in piedi. Ma altre volte, restava indietro con il libro di testo aperto alla pagina della lezione del giorno, ed un foglio di pergamena accanto con gli appunti che era riuscito a prendere durante la lezione, prima di perdere il filo del discorso. Questa volta, in una mattinata della seconda metà di aprile, stava facendo esattamente questo: se ne era rimasto al suo banco, senza curarsi minimamente di chi stava lasciando l'aula e chi no, e si era messo a fissare l'argomento su cui avrebbe dovuto fare un lungo tema come compito.
    Il professore era già fluttuato oltre la parete, perciò non c'era il rischio che lo scoprisse, quando il ragazzo sbuffò rumorosamente e poi lasciò cadere la testa contro il libro che aveva aperto davanti.

    Non ce la farò mai... non ce la farò davvero mai...

    Borbottò quelle parole più fra sé e sé che rivolgendosi ad altri, sebbene nel silenzio della classe ormai praticamente vuota, chi altro fosse rimasto indietro lo avrebbe certamente potuto sentire senza il minimo problema. Sospirò, tirando su la testa e scrocchiando il collo con un gesto leggero e veloce. Prese quindi un lungo respiro, e poi piantò lo sguardo sull'argomento per il quale avrebbe dovuto scrivere un tema. Cosa che, anche con tutte le ricerche in biblioteca del mondo, non avrebbe mai potuto scrivere con un senso compiuto, se prima non avesse compreso davvero di che cosa si stava parlando.

    La caccia alle streghe del periodo medievale...

    Si trovò a leggere ad alta voce l'argomento su cui avrebbe dovuto scrivere un tema. Un argomento che era già stato toccato negli anni passati, ma su cui il professore aveva deciso di tornare negli ultimi giorni, probabilmente perché provava gusto e piacere nel far sanguinare le orecchie dei suoi studenti, o semplicemente per la soddisfazione personale di poter fare loro del male. L'espressione sul volto di Axter era rassegnata, e non era certo che sarebbe riuscito ad andare molto avanti senza un aiuto. Aiuto che, al momento, non voleva chiedere per una questione di orgoglio.

    Setoshi Mirai
     
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    Corvonero
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    Setoshi era il genere di persona che faceva del suo meglio per cercare di imparare dai propri errori, ma certe volte era più forte di lui e finiva inevitabilmente col ricadere nelle vecchie abitudini: nonostante avesse alzato da pochi mesi la sua media in Storia della Magia, infatti, continuava imperterrito a distrarsi durante le lezioni del professor Rüf, cominciando a concentrarsi sul proprio album da disegno piuttosto che sui grigi uggiosi che aleggiavano per l’aria assieme le spiegazioni dello spettrale docente. Di quel passo non ci sarebbe voluto molto perché la sua media tornasse all’antica e nefasta serie di Troll e Desolante vari, eppure a dispetto di ciò l’unica cosa che riusciva a fare mentre l’insegnante declamava le proprie spiegazioni al suo ritmo monotono ed estremamente tedioso era, sì, disegnare il mondo fantastico e multicolore che si portava dentro. Al punto che in un’intera ora di lezione si era dato pena solo a scrivere il titolo principale dell’argomento su un foglio di pergamena e occuparne un’altra mezza dozzina, invece, con schizzi e bozzetti di sorta.

    La caccia alle streghe del periodo medievale.

    Rilesse piano fra sé e sé mentre metteva via le proprie cose, consapevole del fatto che fortunatamente fosse una di quelle volte in cui il professore aveva voluto riprendere le fila di argomenti già trattati, sia in vista degli imminenti esami di fine anno sia perché delle volte dava quasi l’impressione di avere a cuore un’unica e sola missione… quella di far sbadigliare l’intera aula all’unisono.
    E proprio mentre si alzava per prendere l’uscita assieme al resto della classe, notò che qualcun altro poco distante da lui stava dando voce a quello stesso pensiero, seppur con note e sfumature di tutt’altro genere. E forse perché Serpeverde o per la situazione in sé, ma per certi versi lo riportò a quanto accaduto poco tempo addietro con Nathan e la sua avversione per la volta celeste: che fosse quello un modo particolare di certe persone che volevano aiuto senza realmente chiederlo? In quel caso, allora, lui poteva dargli il proprio senza di fatto offrirglielo per davvero.

    Già...

    Espirò fuori mentre gli si avvicinava e prendeva posto lì accanto, assumendo la stessa posa che grossomodo aveva tenuto anche per l’intera ora di lezione, con lo sguardo incantato rivolto più al suo mondo interiore o quello di carta e matita che non dell’aula di Storia della Magia.

    Anche se di vere e proprie streghe cacciate poi non è che alla fine che ne fossero molte.

    Prese a commentare con la solita aria trasognata, mentre attraverso le dita iniziava a dare vita a un’altra delle sue forme d’arte preferite, l’origami.

    E di quelle poche catturate e messe al rogo, beh… sopravvivevano praticamente tutte, buffo no?

    Assai meno, certamente, per gli innocenti che loro malgrado finivano nelle mire della stessa inquisizione. Ma alla fine non era quello il punto centrale della lezione, quanto non lo era piegare perfettamente la carta affinché la testa della gru non risultasse eccessivamente guastata.
     
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    Tra un sospiro e l'altro, Axter se la stava prendendo particolarmente comoda. Da una parte, non si era ancora ripreso dal torpore in cui le lezioni di Storia della Magia tendevano a trascinarlo, e dall'altra aveva intenzione di afferrare quanto più possibile l'argomento della lezione, prima di uscire dalla porta e vederlo scivolare completamente via. Il problema era che, per quanto si trattasse di un argomento già trattato in passato, era sempre difficile dire se il fantasma decideva di toccarlo perché voleva aggiungere qualcosa che non aveva spiegato negli anni scorsi o perché ci teneva ad offrire ai suoi studenti le lezioni più pallose che si fossero mai tenute in una scuola di magia.
    Qualcosa ricordava anche di ciò che aveva studiato in passato sull'argomento, alcune cose gli erano rimaste fisse in testa, mentre altre erano evaporate e probabilmente avrebbe dovuto ripassarle in vista dei G.U.F.O. che si sarebbero tenuti alla fine dell'anno scolastico. Ma per qualche ragione, a ripensare all'argomento trattato nella lezione odierna, si trovava con più dubbi rispetto a quando avevano toccato quell'argomento per la prima volta. Senza contare che, se fosse stato spiegato da qualcuno in grado di mettere enfasi, o anche solo una tonalità qualsiasi alle sue parole, probabilmente si sarebbe trattato anche di qualcosa di interessante. Ma probabilmente il professor Rüf sarebbe riuscito a rendere mortalmente noiosa anche la telecronaca della più avvincente partita di Quidditch, visto il modo in cui parlava. E quello era un grosso problema, perché il non riuscire a sentirlo parlare senza rischiare di addormentarsi complicava non poco lo studio della materia.
    Assorto nei suoi pensieri, per un momento Axter non si rese conto che qualcuno si stesse muovendo nella sua direzione, finché non si sedette vicino a lui. Solo a quel punto, sollevò lo sguardo sul ragazzo di Corvonero.

    Mirai.

    Lo chiamò per cognome, visto che non aveva con lui chissà quanta confidenza, e quella semplice parola fu il suo modo di salutarlo. Cortese, ma non esageratamente amichevole, visto che i due non è che avessero mai avuto qualcosa a che spartire. In effetti, Axter non era nemmeno certo di aver mai sostenuto con lui una conversazione che andasse oltre l'occasionale saluto.
    Eppure, quando lo sentì cominciare a parlare dell'argomento della lezione del giorno, lo ascoltò con attenzione, trovandosi poi ad annuire alle parole dette dall'altro. Sì, ok, quello lo ricordava. Della gente che veniva catturata, poche erano streghe vere, e di solito non venivano nemmeno bruciate realmente. Trovavano sempre qualche modo per svignarsela, divertendosi a prendere in giro i babbani che le avevano catturate. Ecco, quello era forse il punto che maggiormente gli era rimasto impresso di tutta quella faccenda, perché lo aveva sempre trovato molto divertente. Ma oltre quello... il vuoto. Accennò comunque un ghignetto divertito.

    Usavano incantesimi per raffreddare le fiamme e si divertivano a far finta di bruciare. Credo sia la mia cosa preferita di tutta questa parte di storia.

    Il suo commento venne espresso con voce alquanto divertita, perché nel trovarsi a parlare di questo argomento con qualcun altro, era giusto che anche questa persona venisse messa al corrente del suo punto di vista. Anche se, un momento dopo, la sua espressione si fece più seria.

    Anche se, purtroppo, ho qualche buco su tutto ciò che è più dettagliato di così. C'era una strega che si è fatta catturare un numero record di volte, ma non mi ricordo nemmeno come si chiamava o quante volte effettivamente si è fatta bruciare. Senza contare che il tirare in ballo questo argomento oggi mi ha lasciato un po' spiazzato: ha aggiunto cose nuove che dobbiamo sapere, o qualcosa che potrebbe tornare utile per gli esami? Perché durante l'ultima ora mi sono appisolato abbastanza a lungo da non aver capito niente di quello che ha detto il professore.

    Non si fece troppi problemi ad ammettere quest'ultima parte, perché in fondo era normale, quasi tutti si addormentavano durante le lezioni di Storia della Magia. Anzi, era davvero raro trovare qualcuno che fosse in grado di restare sveglio per tutta l'ora, attento a seguire le spiegazioni ed a prendere appunti. Insomma, sicuramente l'altro ragazzo avrebbe potuto comprendere la sua incapacità a restare sveglio durante quella lezione.
     
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    Faceva strano sentirsi chiamare per cognome da qualcuno che non fosse un insegnante, perlomeno lì dove la maggior parte degli studenti si rivolgevano ai compagni direttamente per nome, ché a Mahoutokoro e in generale in Giappone invece era decisamente più comune il contrario. Non fosse stato cresciuto da Soledad, la donna più latino americana che conosceva - oltre che l’unica - , forse pure lui avrebbe faticato a discostarsi dalla tradizione orientale di appellarsi a chicchessia, coetanei compresi, prima con il nome di famiglia anziché quello proprio. Eppure aveva scoperto che c’era chi era uso a quella maniera persino in occidente, Axter Caulfield compreso evidentemente. Ma non se ne sarebbe comunque mai fatto un problema, ché in ogni caso aveva sempre dato più importanza ai colori delle persone piuttosto che a come volevano chiamare gli altri o essere chiamate.

    Caulfield.

    Restituì di conseguenza, col tono sospeso fra due mondi che da sempre gli era appartenuto, pensando così facendo di ripagare il compagno con la moneta che più lo metteva a proprio agio.
    A quanto pareva, poi, lo stesso Serpeverde dimostrò una padronanza dell’argomento ben maggiore di quella che si sarebbe aspettato, perlomeno dal mormorio stanco ed esasperato che gli era parso di sentire poco prima.

    Freddafiamma, sì.

    Puntualizzò senza troppa enfasi, ché magari era a conoscenza persino di quel dettaglio senza bisogno che glielo dicesse lui, ma valeva comunque la pena disturbarsi ad aggiungerlo alla conversazione visto che era il genere di particolari che il professor Rüf pretendeva da ciascuno di loro.

    Anche a me piace molto, – espirò sognante, rispondendo a quella che si era rivelata essere probabilmente la parte preferita della storia per l’altro – l’azzurro Freddafiamma si avvicina molto a un blu ortensia con tocchi di aerino acceso.

    Anche se per ragioni del tutto differenti.
    E mentre da un lato fantasticava sulle tinte più vive e vibranti di azzurro cielo, dall’altra cercava di tenere il passo alle parole del compagno di classe, a quanto pareva preoccupato tanto dalle lacune lasciate da determinati particolari quanto dal fatto di poter essersi perso novità di fondamentale importanza.

    No, niente di nuovo.

    Cercò di rassicurarlo nonostante la calma piatta della sua voce, che tra l’altro non poteva vantare di aver seguito o contribuito in alcun modo alla lezione con maggior entusiasmo, al massimo lo stretto indispensabile da sapere di cosa stesse parlando e che gli interessava decisamente di più regolare i toni di chiaroscuro sul proprio disegno che non prendere appunti di Storia della Magia. Così come adesso gli interessava maggiormente definire gli ultimi angoli e forme della propria gru di carta, piuttosto che soffermarsi più del necessario sui radi ricordi dell’ultima ora.

    Oh… ti riferisci a Wendelin la Stramba, anche detta Guendalina la Guercia; ha preso così tanti travestimenti che persino il suo nome a volte cambia a seconda delle versioni che ne raccontano la storia.

    Disse rammentandosi la nota del professore su uno dei suoi primi compiti, quando ancora si trascinava a fatica verso l’Accettabile e continuava a sbagliare o invertire i nomi dei personaggi storici ad ogni ciclo lunare.

    Tutte però riportano lo stesso numero che l’ha resa famosa, ovvero che si è fatta bruciare al rogo per, sì… per ben quarantasette volte.

    Declamò piano, puntando appena il dito sul retro di una delle sue figurine delle Cioccorane, la stessa che riportava una breve didascalia con le gesta della strega britannica, assieme le relative caratteristiche e un ritratto incantato dall’altro lato.

    Che poi è anche lo stesso numero di volte che serve piegare la carta per fare un fiore di loto.

    Un’osservazione che per lui, a dispetto di tutto, valeva più di quanto detto fino ad allora, soprattutto adesso che la sua gru di carta aveva preso vita.
     
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    Considerando la situazione familiare in cui era cresciuto, Axter aveva ricevuto un'educazione molto formale. E per quanto avesse preso l'abitudine, da quando aveva iniziato a frequentare Hogwarts, di essere circondato da coetanei, non si era mai sciolto del tutto. Non utilizzava forme di cortesia nel parlare con gente della sua età, ma aveva l'abitudine di chiamare per cognome coloro con cui non aveva instaurato un rapporto che andasse oltre il saluto saltuario. Gli bastava chiacchierare un paio di volte con qualcuno, comunque, che sarebbe diventato più semplice chiamarlo per nome. Ma con il Corvonero, al momento, era ancora nella fase del cognome, e dunque non si stupì né ebbe strane reazioni quando sentì l'altro rivolgersi a lui nello stesso modo, chiamandolo per cognome.
    Si trovò ad annuire, quando sentì l'orientale menzionare lo specifico incantesimo utilizzato per far finta di ardere al rogo. Sì ok, ora che lo aveva sentito menzionare, ricordava di averlo sentito dire. Ma quando l'altro partì con una descrizione della fiamma bluastra, il giovane Serpeverde lo osservò per alcuni istanti con gli occhi sbarrati.

    Questo però non verrà chiesto agli esami, no? Rüf è sempre stato pignolo sui dettagli, ma questo è troppo anche per lui, spero.

    Perché un conto era memorizzare avvenimenti, date, nome e dettagli rilevanti, un altro era descrivere le tonalità di colore dell'incantesimo usato in una specifica situazione storica. Se l'esame fosse stato così, avrebbe fatto prima a rinunciare, consegnando in bianco il suo G.U.F.O. di Storia della Magia.
    Scoprì poi che il professore non aveva detto nulla di nuovo, cosa che lo portò a sospirare. Allora perché accidenti aveva tirato in ballo un argomento vecchio? Giusto per mettere confusione negli studenti e generare il panico fra loro? Quelle erano torture che il resto del mondo non avrebbe mai potuto nemmeno immaginare! Sarebbe stato un miracolo se tutti gli studenti fossero arrivati in fondo alla scuola sani e salvi, con tutte le loro facoltà mentali intatte.
    Sentì poi i dettagli riguardanti la strega che si era fatta ardere viva ben quarantasette volte, un numero che non gli era ancora mai entrato in testa, e cercò di fare mente locale anche sul suo nome, stando a sentire quello che il compagno di classe aveva da dirgli. Si passò appena i denti sul labbro inferiore, con fare pensieroso, trovandosi poi a sbattere le palpebre con una certa confusione quando venne fatto il paragone con una tecnica per piegare la carta, quella orientale di cui Axter non ricordava il nome.

    Questi credo siano dettagli che devo assolutamente memorizzare, perché è il tipo di bastardate che metterebbe Rüf in un compito: i vari alias di una strega che si è fatta bruciare viva quarantasette volte nel medioevo. Anche se dubito che chiederebbe come piegare la carta in un fiore di loto.

    L'ultima parte non aveva esattamente motivo di essere detta, ma Axter la pronunciò lo stesso, forse per fare il simpatico, forse perché era davvero talmente disperato riguardo a Storia della Magia che, arrivato a quel punto, avrebbe potuto considerare verosimile qualsiasi cosa, anche che il professore chiedesse degli origami nell'esame.
     
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    In effetti Setoshi non aveva aggiunto quel dettaglio perché in funzione dell’argomento in sé, quanto più perché in funzione di sé stesso e la sua irriducibile passione delle sfumature che lo circondavano, il che lo portò a scuotere appena la testa con fare confuso e comprensivo a un tempo verso il compagno di classe.

    No, non dovrebbe.

    A meno che anche il professor Rüf non avesse iniziato, a propria insaputa, a nutrire il suo medesimo attaccamento per il mondo dei colori. Il che a dirla tutta gli avrebbe fatto soltanto piacere, ben curioso di conoscere quali tonalità potessero percepire le iridi grigio-perlacee di uno spirito mai trapassato. Le avrebbe forse viste attraverso un velo di un argento opaco? Oppure sarebbe state filtrate da una lente fumosa e dai riflessi freddi? Chissà, forse una volta o l’altra avrebbe dovuto provare a intavolare l’argomento con l’insegnante, per quanto temesse che tutto ciò che gli avrebbe offerto in risposta sarebbe stata l’ennesima delle sue soporifere lezioni.

    Dubito pure io.

    Una nota di vaga desolazione al pensiero che, purtroppo o per fortuna – a seconda dei punti di vista –, non avrebbe mai potuto mettere nero su bianco in una pergamena d’esame l’arte dell’origami. Non solo perché se ne sarebbe dimostrato padrone come pochi, ma pure per la possibilità di veder istruiti i più circa le tradizioni del proprio paese d’origine.

    Anche se sarebbe comunque interessante, non credi?

    O almeno, come minimo, certamente più dei travestimenti adottati dalla strega assuefatta alla combinazione di roghi e Freddafiamma, così come dell’esorbitante numero di volte che si era impegnata per mettere in pratica quest’ultima.
    Nel dirlo, infatti, prese a incantare prima e far involare poi la propria gru di carta, che adesso svolazzava leggera per gli spazi altrimenti spogli dell’aula.

    E quali credi che potrebbero essere le altre – gli sfuggiva ora il termine esatto in inglese usato dal compagno, ma fece comunque del suo meglio per ricavarlo dalla propria memoria – dastarbate che il professore potrebbe chiedere?

    Dopotutto, anche se era il Ministero della Magia il primo responsabile dell’organizzazione degli esami, anche i vari docenti spesso avevano voce in capitolo a sufficienza da poter stabilire un paio o poco più dei temi da inserire per la rispettiva materia, il che nel caso di soggetti come Rüf era raro facessero presagire particolarmente bene.

    Forse oggi ha spiegato della caccia alle streghe per poi tornare a parlare nelle prossime lezioni della Conferenza Internazionale dei Maghi del 1289.

    Un argomento non meno tedioso del precedente, ma sicuramente assai più prolisso di quanto qualsiasi studente fosse disposto a ricordare, lui compreso, contro cui aveva sbattuto diverse volte piuma e testa prima di arrivare ad eccellere nella materia.
     
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    Dopo aver ricevuto una conferma del fatto che le sfumature di colore dell'incantesimo Freddafiamma e il metodo di piegatura della carta per formare un fiore di loto non sarebbero sicuramente stati chiesti all'esame di Storia della Magia, forse Axter si sentiva leggermente più confortato, ma nemmeno di tanto: c'erano ancora mille dettagli insignificanti che il professore avrebbe potuto chiedere loro, e sarebbe stato praticamente un incubo cercare di ricordarli tutti. Probabilmente Storia della Magia non sarebbe mai diventata una materia in cui sarebbe riuscito ad eccellere, ma di certo non poteva ricevere voti insufficienti, se voleva evitare le ire della madre.
    Si limitò a scrollare le spalle, quando il compagno di classe menzionò come sarebbe potuto essere interessante se all'esame venisse chiesta la piegatura della carta. No, Axter non la pensava certamente allo stesso modo, ma non aveva nemmeno intenzione di mettersi ad argomentare su un simile concetto. Si trovò invece a sorridere divertito, quando gli venne chiesto quali altre bastardate pensava che il professore avrebbe messo nell'esame. E non sorrise per il concetto della domanda, ma perché l'altro non era riuscito a dire "bastardate" correttamente.

    Bastardate. Sono cose cattive e infami.

    Pronunciò la parola lentamente, per essere sicuro che lo straniero avesse modo di assimilare il termine. E fornì anche una piccola spiegazione del significato, per aiutarlo a comprendere meglio la lingua, così da poter utilizzare liberamente anche lui quel termine. I suoi cugini sarebbero stati estremamente fieri di lui, se lo avessero visto. Insegnare ad un ragazzo straniero le basi fondamentali della lingua inglese: le parolacce. Sua madre probabilmente lo avrebbe punito, se gli avesse sentito utilizzare termini del genere, ma per fortuna sua madre non era a Hogwarts.
    Solo dopo aver dato una spiegazione rapida del termine, così che l'altro potesse imparare ad utilizzarlo correttamente, Axter si dedicò a rispondere alla domanda che aveva ricevuto in merito.

    Che so, da Rüf mi aspetto domande tipo: che forma aveva il naso del goblin che ha guidato la rivolta dei goblin del... in che anno è che si sono rivoltati?

    Il suo inizio di spiegazione riguardo a quello che pensava essere una domanda degna del loro professore finì con una domanda, chiaro segno che, ancora una volta, aveva menzionato un argomento di studio di cui sapeva molto meno di quanto non avrebbe dovuto in vista dei G.U.F.O. di fine anno. E dunque il suo esempio finì con una domanda, in attesa di ricevere una delucidazione riguardo a quello che sarebbe probabilmente stato chiesto all'esame.
    Alla successiva menzione della Confederazione Internazionale dei Maghi del 1289, lo sguardo di Axter si fece particolarmente vacuo, mentre veniva posato sul Corvonero. Chiaro segno che non avesse idea di che cosa l'altro stesse parlando.

    Cos'è che è successo nel 1289 alla Confederazione Internazionale dei Maghi?

    Non poté fare a meno di porre quella domanda, perché chiaramente non aveva la più pallida idea di quali importanti avvenimenti si fossero verificati. Forse una qualche decisione che era stata presa, o qualcosa del genere. Perché se ci fosse stato qualcosa di più interessante, tipo un Nundu che aveva interrotto la riunione sbranando metà dei presenti, sicuramente se lo sarebbe ricordato. Attese quindi che fosse il compagno di classe a dargli qualche maggiore delucidazione, magari facendogli anche scattare qualche ricordo in merito all'argomento, sebbene di questo dubitava lui stesso.
     
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    Annuì con un misto di convinzione misto a sorpresa all’esatta spiegazione di quella parola, ché per quanto fosse fluente in inglese su determinati termini tendeva ancora a perdersi o fare una certa fatica. Un po’ come era avvenuto con il “cyborg” descritto da Hans durante le compere a Hogsmeade e la parte del mondo VIP rivelatogli in Sala Comune dai propri compagni; pareva quasi che ogni giorno volesse stupirlo con nuovi spicchi di conoscenza come quel gioco da tavolo di cui gli avevano parlato mesi addietro: com’è che era? Trova Pochet, Trovi Purchase, Trivia Suite oppure qualcosa del genere.

    Nel 1612, agli inizi della rivolta arrivarono a occupare persino Hogsmeade.

    Aggiunse di sua iniziativa, memore di quando un vecchio mago lì al villaggio magico lo aveva preso da parte per raccontargli nei dettagli la storia di come uno dei suoi trisavoli avesse tenuto in piedi il fuoco della resistenza, il che per qualche ragione gli era rimasto impresso nella mente più di qualsiasi capitolo avesse letto di Storia della Magia fino ad allora, forse perché mentre gli narrava di quelle antiche e tramandate vicende emanava un ocra pergamena tanto lucente quanto impolverato da parti di grigi ardesia.

    Comunque era come quella di un Bubotubero.

    Pigolò poco dopo fuori dal nulla, salvo rendersi poi conto che probabilmente sarebbe stato il caso di spiegarsi meglio agli occhi del compagno di classe.

    La forma del naso.

    Intendendo il primo – vero o meno che fosse poco importava – dubbio espresso poc’anzi, guardandosi persino bene di puntualizzarlo mentre indicando il proprio di naso provvedeva a riprodurlo su di sé attraverso l’innato incanto della propria metamorfomagia, cercando al meglio delle sue possibilità di imitare quanto raffigurato su alcune antiche rappresentazioni intraviste in biblioteca.

    Più o meno così.

    Concluse infine, storcendo appena le narici fino a farle tornare alla normalità. Dopodiché ricominciò a osservare il suo origami svolazzare per la stanza, beandosi di un tipo di arte e magia che contrariamente alle lezioni del porfessor Rüf mai lo aveva annoiato. Le stesse lezioni di cui adesso, suo malgrado, si trovava a parlare con Caulfied.

    Ecco, è in quel periodo che si sono riuniti maghi e streghe da tutto il mondo, arrivando poi a fondare quella che è l’attuale Confederazione Internazionale dei Maghi.

    Dalla quale la ragione per cui agli inizi si parlava di “Conferenza Internazionale”, anziché vera e propria “Confederazione”, come d’altro canto prese a far notare puntando l’indice su una delle pagine del suo libro di testo con relative annotazioni in merito.

    E il suo primo Supremo Pezzo Grosso fu Pierre Bonaccord, la cui politica contro la caccia ai Troll ai tempi determinò il rifiuto da parte del Lich-Lechstan - ci mise un po’, ma dopo qualche altro tentativo riuscì finalmente a raggiungere un livello adeguato di pronuncia dell’ostico Stato europeo - Liechtenstein di unirsi alla Confederazione; mentre altri dei suoi membri fondatori furono, per esempio, personaggi del calibro di Ignatia Wildsmith.

    Nonché inventrice della Polvere Volante, sulla quale sperava non dover mai ricorrere per viaggiare all’interno del suddetto paese, ché come minimo con la sua pronuncia il rischio sarebbe stato quello di trovarsi trasportato verso qualche più remoto e sconosciuto angolo di mondo.
     
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    Chiaramente non aveva la più pallida idea di quando fosse stata la rivolta dei Goblin. Ma ehi, almeno ricordava che ce ne era stata una, quindi erano decisamente punti a suo favore, no? Almeno qualcosa sapeva anche lui di Storia della Magia, non era così capra da non sapere nemmeno le basi. Erano i dettagli il problema, una cosa per cui sua madre lo avrebbe certamente punito, se le avesse rivelato quella sua difficoltà. Ma per fortuna, sua madre non era a Hogwarts e quindi non poteva vedere, ed Axter avrebbe migliorato le sue conoscenze in materia prima che la donna si potesse accorgere del suo pessimo risultato accademico su certi soggetti.
    Nel sentire quando la rivolta aveva avuto luogo, non poté fare a meno di annuire, mostrando un'aria pensierosa. Stava mentalmente prendendo appunti sulla questione, per poter poi memorizzare l'avvenimento. Tuttavia, quando sentì l'altro rispondere anche alla domanda sulla forma del naso del Goblin, non ebbe il tempo di restare sorpreso dall'informazione. Perché il compagno di classe aveva dato dimostrazione di quale fosse la forma corretta, facendola assumere al proprio naso. Ed Axter, che non conosceva il ragazzo a sufficienza da sapere di questa sua caratteristica peculiare, per poco non ebbe un infarto.

    WOAH!

    Gridò mentre perdeva l'equilibrio, reggendosi con entrambe le mani al banco per non finire in terra, mentre si sbilanciava pericolosamente dalla sedia. Insomma, era rimasto a dir poco esterrefatto. Un po' perché l'altro sapeva che forma avesse avuto il naso del Goblin, un po' perché aveva riprodotto quella forma con la dimestichezza che solo un Metamorgomagus poteva possedere. Sapeva qualcosa riguardo a quel potere, aveva sempre pensato che sarebbe stato molto interessante da possedere, ma mai avrebbe potuto immaginare di conoscere qualcuno che lo avesse, visto quanto era raro. Ciò non era altro che una dimostrazione di quanto poco conoscesse i compagni di classe. Cosa che, in questo caso, era anche comprensibile: era solo ai primissimi anni che Axter era stato socievole con tutti, ma quando Mirai era arrivato a scuola, il Serpeverde aveva già smesso di dare confidenza a quasi tutti, rivolgendo attenzioni solo a poca gente selezionata, perciò oltre a qualche giorno di curioso interesse, non aveva dato chissà quanta importanza al compagno di classe straniero che era arrivato alla fine dell'anno scolastico precedente.
    Beh, ora si stava quasi pentendo di non averlo scoperto prima.
    Ripreso un minimo di contegno, ora nuovamente stabile sulla sedia, Axter tornò a concentrarsi sulle risposte che il compagno stava dando alle sue domande da completo ignorante di Storia della Magia. Eppure, mentre il Corvonero parlava di politica internazionale e caccia ai Troll, tutto ciò su cui Axter era in grado di concentrarsi era il naso dell'altro ragazzo, che adesso era tornato ad essere completamente normale. Annuì distrattamente alla spiegazione che era stata fatta, senza nemmeno domandare chi fosse Ignatia Wildsmith, visto che non ne aveva la più pallida idea. Rimase in silenzio qualche istante troppo a lungo.

    Se puoi cambiare aspetto così facilmente, come faccio ad essere sicuro che quella sia davvero la tua faccia?

    Ebbene sì, ecco la domanda geniale che non riusciva a tenere per sé. Ma in fondo, il quesito era meno stupido e più contorto di quanto potesse sembrare. Da una parte, se quello davanti a lui era davvero un Metamorfomagus, poteva anche non essere Setoshi Mirai, ma qualcuno che lo stava impersonando, sebbene non avesse idea del motivo per cui qualcuno potesse mai voler prendere i panni di un Corvonero del quinto anno. E l'altra opzione, quella che gli sembrava più probabile visto che lo avrebbe fatto anche lui se avesse avuto quel potere, come poteva essere certo che l'aspetto mostrato fosse quello reale? Nel senso, se Mirai aveva il potere di mutare il proprio aspetto a piacimento, il volto che mostrava in giro era quello che possedeva anche "a riposo", oppure era donato dall'utilizzo del suo potere? Perché Axter avrebbe più che volentieri usato un simile potere per apparire sempre con un altro aspetto, così da apparire "sotto copertura", in un certo senso. E ok, magari questo ragionamento era un po' delirante, ma per quanto fosse abituato a ragionare molto sulle cose, da un certo punto di vista il Serpeverde era ancora un bambino, e certe stupidaggini prendevano facilmente il sopravvento nella sua mente.
     
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    Più dell’urlo e della reazione del compagno, ad allarmare sguardo e respiro di Setoshi in quel momento fu la paura d’essere il diretto responsabile per la sua rovinosa caduta dal posto, che per fortuna non ebbe luogo – interrotta dalla prontezza di riflessi di Caulfield, da Madama Sorte o chi per entrambi. Sicché si ritrovò subito dopo a tirare un sospiro di sollievo, che al pari del naso ora fecero tornare anche i suoi capelli al proprio stato naturale, tinti per pochi istanti di un plumbeo azzurrino misto a giallo colza per la paura.

    Tutto bene?

    E aveva dovuto fare persino un ragguardevole sforzo per non chiederlo in giapponese, tanto gli sarebbe venuto decisamente più spontaneo farlo.
    Gli erano già capitate in passato le più disparate reazioni per la sua particolare condizione di metamorfo, ma in qualche modo ciascuno gli pareva sempre unica e singolare, fosse stato pure soltanto per gli sprazzi di colore che ogni forma di sorpresa portava con sé, diversa da persona a persona. Quella del Serpeverde, per esempio, aveva assunto la stessa tonalità giallo colza dei suoi capelli, solo più lucente e screziata qua e là da ampi riflessi verde pistacchio. Mentre ricordava ancora quando lo avevano saputo alcuni compagni di Mahoutokoro, vivaci ed entusiasti neppure fossero riusciti a scoprire tutti i gusti più uno delle omonime gelatine magiche inglesi. Lui dal suo canto, come era normale che fosse, ormai non ci faceva più troppo caso, anche se ogni tanto avrebbe voluto poter tornare indietro nel tempo per scoprire quale colore o reazione avessero offerto a quella magia tanto i suoi genitori biologici quanto l’unica madre che tutt’oggi riconosceva come tale.

    Faceva così tanta impressione?

    Si domandò poi tastandosi appena il naso con entrambe le mani, ripensando alla forma forse troppo realistica o bubotoberosa che gli aveva fatto assumere, fosse pure a favore dell’imprevisto ripasso per la materia. Anche se di lì a breve ebbe problemi di tutt’altro genere di cui occuparsi, quale per esempio il fatto che Caulfield mettesse in dubbio in toto il proprio aspetto… se non addirittura la sua intera identità visiva. In effetti era un’osservazione lecita, per quanto assolutamente improbabile. E sebbene sarebbe stato decisamente più naturale metterla in discussione con argomenti ferrei, quali i principi base di trasfigurazione; la testimonianza dei più; o il fatto che non fosse possibile mantenere a tempo illimitato magie del genere, per quanto innate; l’unica cosa che la sua mente trasognata fu in grado di produrre furono brevi suoni di meraviglia e una risposta più seria e concreta di quanto in realtà probabilmente non fosse necessario offrire.

    Se ti fa stare meglio puoi sempre lanciarmi un controincantesimo per assicurartene… - replicò con fare conciliante, per poi aggiungere subito dopo, con appena più riguardo - A patto però che poi non faccia stare peggio me.

    L’ultima cosa che voleva, poco ma sicuro, era dover far visita per la terza volta in meno di sei mesi all’Infermeria del castello.
     
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